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Autore: Horror_Vacui    12/08/2015    3 recensioni
Primo settembre, Londra, stazione di King's Cross, binario nove e tre quarti.
Come sempre, anche in quel giorno, la vita dava dimostrazione della sua crudele indifferenza allo scorrere del tempo e alle persone che erano state strappate via dal giardino del mondo.
Il sole continuava a sorgere, il vento a soffiare forte, la pioggia a cadere incessante, mentre a soli pochi mesi di distanza si era consumata la tragedia della Seconda Guerra Magica.
Il dolore avviluppava nelle sue spire scure le anime scucite dei superstiti, mentre i cuori sanguinavano per le ferite inferte dalle perdite subite.
Eppure eccoli lì, riuniti sul binario che aveva sancito il loro ingresso nel mondo degli adulti, gli studenti che avevano combattuto quell'ultima battaglia, pronti a concludere il percorso iniziato insieme anni prima, inconsapevoli della nuova minaccia che si profilava all'orizzonte.
Genere: Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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Capitolo 4. La statua della Chimera

Babbanologia.
Se un anno prima qualcuno gli avesse detto che avrebbe frequentato il corso di babbanologia, avrebbe portato il malcapitato al San Mungo. D'urgenza.
"Malfoy" e "babbano" non potevano rientrare nella stessa frase, cozzavano, stridevano come unghie sulla lavagna!
Gli tornavano in mente i discorsi sul sangue che suo padre gli faceva ogni sera, seduto sulla grande poltrona davanti al camino. Era una questione di educazione, non poteva stimare i nati babbani e i sangue misto dopo aver passato tutta la vita a sentir parlare di loro come di deboli e ignobili imitazioni dei purosangue. Nessun bambino sarebbe stato tanto nobile d'animo da comprendere l'errore dietro un'ideologia estremista come quella che aveva mosso i mangiamorte sulla strada della distruzione.
Non che si fosse del tutto ricreduto, certo. Benché fosse contrario allo sterminio di massa o all'assoggettamento della razza inferiore, continuava a ritenere i babbani molti gradini più in basso rispetto a lui o a qualsiasi altro mago. I babbani erano esseri umani a metà, incapaci di estendere la loro energia al di là dei confini del proprio corpo e della propria mente. Si circondavano di tristi surrogati della magia per convincersi di essere la razza superiore e stavano riducendo l'intero pianeta ad un cumulo di rifiuti tossici per mantenere quello status illusorio. Lui lo sapeva bene, Lucius non si era limitato alle parole, ma gli aveva portato molte volte delle copie di quotidiani babbani per avvalorare le proprie tesi. Dieci punti a suo padre, era riuscito nel proprio intento.

Babbanologia.
In un anno molte cose erano cambiate, la sua vita era stata stravolta e nuove immagini e nuovi ricordi erano associate a quel termine. Come avrebbe potuto dimenticare le urla, il volto contratto dal dolore e il cadavere di Charity Burbage divorato da Nagini?
Fu per questo che, varcata la soglia della classe, alla vista del ritratto della professoressa sentì le viscere contorcersi e la nausea farsi sempre più forte. Asciugò svelto le goccioline fredde di sudore che gli imperlavano la fronte e prese posto tra gli ultimi banchi. Era ancora troppo presto, mancavano più di cinque minuti all'inizio ufficiale delle lezioni e lui era stato il solo idiota a presentarsi in netto anticipo nell'unica aula in cui un Malfoy non sarebbe mai dovuto entrare.

Trovarla non era stato così difficile come credeva, anzi, gli era bastato affacciarsi all'interno per capire che fosse proprio quella l'aula in cui la magia era bandita.
Centinaia di sciocche cianfrusaglie erano ammonticchiate su decine di mensole e scaffali addossati ad ogni parete della stanza, le foto e i poster appesi negli spazi liberi erano drammaticamente statici e in fondo, proprio dietro la cattedra, c'erano dei manichini di diverse dimensioni agghindati con abiti leggeri e sgargianti. Persino l'odore era strano, non assomigliava a niente che riuscisse a ricordare, così pungente e 
innaturale, non riusciva a capire da dove arrivasse.
Su ogni banco erano stati posti dei semplici cestini di vimini e dentro vi erano degli oggetti che non aveva mai visto, molti dei quali, neri e lucidi, riflettevano il sole che entrava dalle ampie finestre laterali. Ciò che però lo incuriosì fu un'assurda rappresentazione di una papera, gialla, con dei grandi e inquietati occhi azzurri. Si guardò alle spalle per controllare che non ci fosse ancora nessuno e la toccò per saggiarne meglio la consistenza. Era morbida e liscia e... puzzava. L'avvicinò al naso e si rese conto che l'odore nauseabondo proveniva da quell'oggetto. Rigirò ancora per qualche istante la paperella di gomma tra le mani, senza riuscire a capacitarsi di quale utilità e quale funzione avrebbe potuto svolgere nel mondo babbano.
«Ti piace?» Brett Dukes, il nuovo insegnante, scese le scale del suo piccolo ufficio e si avvicinò con aria sorniona alla cattedra.

L'aveva beccato, com'era potuto succedere? Era così concentrato su quella cosa da non aver neppure sentito la porta aprirsi! Gettò la paperella nel cestino e quella emise un fischio che lo fece trasalire. L'insegnante trattenne a stento una risata «Un oggetto molto affascinante, seppur così semplice» disse raggiungendolo.
Draco sfoderò l'espressione più superba del suo repertorio: ci voleva ben altro per mettere in imbarazzo un Malfoy.
«Non so a cosa si riferisca» disse gelido e tagliente.
«Oh, scusa. Devo essermi immaginato tutto» rispose il signor Dukes con un altro sorriso rassicurante.
Diamine, lo odiava già! Avrebbe scommesso ogni singola goccia del suo sangue che quello era un ex-Tassorosso: il sorriso sempre stampato in faccia, il tono di voce gentile e pacato e quel tocco di goffaggine che aveva dimostrato di avere a cena. Era chiaro che non aveva voluto entrare in contrasto con lui, spinto da chissà quale intento caritatevole. Che volesse convertirlo all'amore per i babbani? Al solo pensiero gli venne spontaneo sbuffare e passarsi una mano sugli occhi. Tutto, qualsiasi cosa, ma non quello. Aveva già parecchie cose a cui pensare senza che ci si mettesse quell'idiota di un Dukes.
«Mmh, no. Non ero un Tassorosso, mi spiace deluderti».
Il suddetto "idiota" aveva parlato con noncuranza, leggendo quelli che avevano l'aria di essere appunti. Aveva usato la Legilmanzia e lui non se n'era neppure accorto! Per quanto tempo e fino a che punto gli aveva frugato in testa? Il timore che avesse potuto scoprire i suoi piani lo fece raggelare, ma non poteva andare a finire in quel modo.
Si alzò in piedi, pronto ad affrontare quell'insegnante o presunto tale, quando dalle porte aperte giunsero le voci dei suoi compagni e nel giro di pochi minuti l'aula fu piena di occhi e orecchie indiscrete.
Draco lanciò uno sguardo penetrante in direzione del signor Dukes, ricevendo in cambio un mezzo ghigno. Qualcosa gli diceva che non fosse finita lì, ma che era stato tutto rimandato ad un 'dopo' da definire. Si rimise a sedere e guardò il posto vuoto di fianco a sé. Non era abituato ad essere considerato un appestato, ma anche quella era una cosa a cui avrebbe fatto il callo molto presto. La sua posizione, però, gli permetteva di osservare indisturbato gli altri studenti che lo avevano raggiunto in quell'antro di futilità.
Grifondoro e Serpeverde.
Per quanto il corpo docente si sforzasse, non c'era alcuna possibilità che le due Case andassero d'accordo e le lezioni in comune non facevano che peggiorare la situazione. Come avrebbero potuto amare i Grifondoro quando c'era la Granger che con quel braccio sempre alzato guadagnava punti a raffica? Già, la Granger... non vedeva la testa straripante di ricci della so-tutto-io.
«Buongiorno! Oh, scusi il ritardo professore, prometto che non accadrà mai più!»
La Granger che arrivava di corsa e che provava a mettere insieme una frase di senso compiuto nonostante il fiatone. Dov'è che aveva già visto quella scena?
«Non si preoccupi signorina, non avevamo ancora iniziato. Lei deve essere...»
«Hermione Granger, signore! Sono la nuova Caposcuola» era scattata come una molla sull'attenti.

Brava, fatti riconoscere...
«Riunione dei prefetti, eh?» Dukes sistemò gli occhialetti sul naso, senza alzare lo sguardo dai propri fogli.
Coglione. Spero che tu stia sentendo.
«Sì, esatto» un sorriso e poi le guance le si imporporarono.
Oh, cielo. Ditemi che non è vero!
«Ah, immagino! Beh, ma un ritardo non cancellerà la sua nomea. Si dice che lei sia la strega più brillante del suo corso».
Un'altra parola o un altro sorriso smielato e avrebbe vomitato il caffè nero appena bevuto. Non poteva credere di aver assistito a quella scena patetica, era come se stessero flirtando incuranti del resto della classe. Perché lei sembrava così in imbarazzo e perché tutte le altre galline la guardavano scambiandosi battute e risolini? Osservò meglio il professore: non se ne intendeva molto di bellezza maschile, ma eliminando occhiali e abiti da sfigato babbano, forse poteva risultare attraente alle sue coetanee.
«Ora però si sieda, così potremo cominciare».
La Granger si guardò intorno spaesata, come un cucciolo strappato a mamma orsa, finché il famoso Prescelto la salutò ridendo dall'alto del suo secondo banco.
Credeva di avere l'esclusiva della stronzaggine, ma il signor Salvatore-del-mondo-magico aveva deciso di rubargli anche quel primato.

D'altra parte, Draco non aveva niente di meglio da fare e il suo passatempo preferito gli era appena stato servito su di un enorme piatto da portata. Allungò la mano e mostrò alla povera, piccola, ingenua Caposcuola la triste verità: l'unico posto disponibile era accanto al temibile mangiamorte. Lei si sforzò di non dare a vedere il proprio disappunto, sedendosi con la stessa aria altezzosa di sempre. Il signor Dukes stava ancora sistemando decine di piccoli fogli, quindi perché resistere alla tentazione?
«Pare che il processo di beatificazione per San Potter sia ancora lontano» disse a voce bassa.
Alcuni compagni risero alla battuta, Hermione invece lo ignorò, tirando fuori dalla borsa un grosso rotolo di pergamena e una lunga piuma bianca.
«Una babbana che prende appunti sui babbani in una lezione tenuta da un mago. Patetico» le sussurrò allora a pochi centimetri, perché solo lei potesse sentirlo.
«Un Malfoy costretto a seguire Babbanologia, ecco cos'è patetico» lo fulminò con lo sguardo.
Colpito e affondato. Stava per partire al contrattacco, ma l'intenzione di ribattere fu stroncata sul nascere dal professore.
«Bene, adesso che ci siamo tutti, direi che è il momento di iniziare. Il mio nome è Brett Dukes e sono il vostro insegnante di Babbanologia. Al contrario di quanto più della metà di voi pensa, la mia materia è molto importante, addirittura fondamentale per la vita di ogni mago che si rispetti. Non esiste infatti modo di poter mantenere segreti i nostri segreti se non conoscendo la cultura della gente da cui ci nascondiamo».
L'aria bonaria era scomparsa e all'improvviso il professore sembrava molto più autorevole di quanto Draco avesse immaginato. Era pacato, ma allo stesso tempo riusciva ad imprimere forza nella voce e nei gesti ampi con cui rimarcava ogni concetto espresso.
«Dopo gli ultimi eventi, il Ministero ha ritenuto fosse giusto istruire le giovani generazioni sul mondo babbano, per abbattere il muro di pregiudizi e per aiutarli nel loro percorso al di fuori della scuola» si appoggiò di schiena alla cattedra e prese in mano un cestino identico a quelli a disposizione degli studenti.
«Molti di voi, forse tutti, non hanno mai seguito neppure una lezione di Babbanologia, perciò vi toccherà fare un corso accelerato quest'anno. Con voi il mio approccio sarà diverso, meno accademico. Qui dentro» lo sollevò davanti a sé «troverete tutti gli argomenti che tratteremo».
Il famigerato cestino pieno di cianfrusaglie rappresentava un intero programma di lezioni?

Che tristezza...
«So già che ai vostri occhi sembrerà un mucchio di cianfrusaglie, ma vi assicuro che non è così» disse, rivolgendo a Draco un'occhiata carica di sottintesi.
Era chiaro ormai che stesse usando la Legilmanzia su di lui, ciò che non riusciva a spiegarsi era il modo di fare del professore. Cosa stava cercando di dirgli?
«Iniziamo con le cose semplici,» prese la famigerata paperella e la mostrò alla classe «questa è una paperella di gomma, un comune giocattolo usato per convincere i bambini a fare il bagno. Tutte le teorie circolanti intorno a questo affarino sono false: non controlla la mente, non serve da richiamo per babbani e, soprattutto, non è una merce di valore. Spero di non doverne parlare mai più.» Sospirò affranto, come se avesse ripetuto quelle parole per l'ennesima volta.
«Questo tubicino, invece, è una penna» rigirò la biro tra le dita.
Molti Grifondoro si dimostrarono interessati, al contrario dei Serpeverde che reagirono con sdegno e incredulità di fronte a lo “sciocco ritrovato babbano”.
Spostò l'attenzione sulla Granger, che non smetteva di torturarsi le labbra mentre il rossore delle guance raggiungeva le orecchie. Una ciocca di capelli era appena sfuggita al sobrio chignon accarezzandole il collo, lei l'afferrò distratta attorcigliandola attorno alle dita e... il tono concitato di Dukes lo fece trasalire.
«Certo che scrive! I babbani non hanno la magia dalla loro parte, ma trovano comunque il modo di migliorare la loro vita attraverso invenzioni ingegnose e la biro rientra tra queste! E non solo, presto vi mostrerò molti altri oggetti perfezionati».

«Perfezionati? Cosa ci trova di così perfetto in questa stupida penna?» Pansy espresse l'opinione di gran parte dei Serpeverde con una singola, disgustata domanda.
«È leggera, compatta e non necessita di pratica per essere utilizzata. Grazie al sistema a sfera metallica, non c'è il rischio di macchiare la carta come avviene con le normali piume d'oca» replicò la Granger con il solito zelo. Odiava il tono squillante che assumeva, era fastidioso come il miagolare di un gatto intento a difendere il territorio.
«Ben detto! Cinque punti a Grifondoro!» proclamò il professore entusiasta.
«Signorina Parkinson, so che lei nutre una profonda ostilità nei confronti dei babbani, ma sono certo che presto cambierà opinione» disse serio, mantenendo comunque il solito tono gentile. Pansy si limitò a gettare la penna nel cestino senza controbattere.
Il professore poi proseguì elencando gli altri oggetti: una lattina di Coca-Cola, un cellulare, un lettore MP3, un libro tascabile e la pagina di una rivista di moda. La prima, disse, era una bevanda molto amata dai babbani, ma era anche il simbolo della loro società basata sul consumo di prodotti. Il secondo era il loro mezzo di comunicazione più rapido e utilizzato... e poi si perse.
Impegnato com'era a schermare la mente, non avrebbe potuto preoccuparsi anche delle inutili parole del signor Babbanofilo. La Granger, poi, non era d'aiuto. Lo scorrere frenetico della piuma sulla pergamena ruvida era una distrazione sufficiente a fargli perdere il filo del discorso e lei non aveva smesso di trascrivere ogni parola da quando il professore aveva iniziato a parlare.
Dukes disse qualcosa come "Vado a prenderlo, restate lì" e salì nel suo studio. Nello stesso istante la Granger poggiò la penna nel calamaio e Draco sentì i nervi distendersi.
«Finalmente,» scandì con lentezza afferrando la piuma «un altro minuto e le avrei dato fuoco».
Guardò la ragazza di traverso per analizzarne la reazione. Aveva ancora il viso arrossato, le labbra di un delizioso rosso ciliegia e gli occhi castani carichi di disprezzo. Ah, il caro vecchio disprezzo Grifondoro, era una delle poche cose rimaste immutate.
«Perché? Vuoi passare alle penne babbane?» lo provocò a sua volta.
Non c'era un vero motivo che lo spingesse a infastidire la Granger, a parte il piacere personale di vederla strepitare in preda a una crisi di nervi.
Allungò una mano per riprendersi la piuma, ma lui la allontanò avvicinandola al muro in modo che fosse il più lontano possibile da lei.
«Malfoy, non costringermi a fare scenate» gli intimò a bassa voce, ma Draco ridacchiò per nulla spaventato da quella minaccia.
«Sei la strega più brillante di tutta la Gran Bretagna passata, presente e futura, usa un incantesimo di richiamo» la sfidò ghignando divertito.
«Stupido idiota! Non possiamo usare la magia qua dentro. Ridammela e basta.» Era evidente quanto si stesse sforzando per non farsi sentire dagli altri.
«Vedi, Granger, io non ne posso più di sentirti scrivere e tu non hai davvero bisogno di farlo, per cui...» diede un'occhiata alla piuma più da vicino, facendola rotolare tra l'indice e il pollice con fare annoiato. 
Voleva vederla esplodere e riderne fino alle lacrime, la Granger che conosceva l'avrebbe fatto.
Quella però doveva essere una copia difettosa della so-tutto-io, perché invece di prenderlo a pugni si era limitata ad un grosso sospiro e si era voltata dall'altra parte, appoggiando il viso alla mano destra, così che lui non potesse vederlo.
Era certo che ne avesse almeno un centinaio in quella maledetta borsetta e allora perché darsi tanta pena per un'insulsa piuma? La osservò meglio e vide delle lettere incise su un lato: R.B.W. 
Oh, com'era scontata e noiosa!
Rimise la penna nel calamaio senza dire una parola, quando il professore aprì la porta del suo ufficio e ne uscì tenendo fra le mani una grossa scatola nera, la poggiò con un rumoroso tonfo sulla cattedra e li guardò entusiasta.
«Che roba è?» Pansy, voce del popolo eletta all'unanimità.

«Roba?» Dukes sembrò punto sul vivo «Questo è un televisore!» esclamò con enfasi, ma nessuno ebbe la reazione che forse si aspettava.
«Nessuno di voi qua dentro sa cosa sia?!»
La mano della Granger si sollevò prontamente e Draco sentì crescere il desiderio di dare uno schiaffo a quelle piccole dita bianche, ma non fu la sola. Per la prima volta un'altra mano si levò in alto, un evento più che raro, eccezionale, tanto che persino lei sembrò stupita dell'accaduto.
«Potter! Dicci tu cos'è un televisore!»
«Sì, signore. Il televisore è il centro della vita dei babbani, il loro svago maggiore. È come le nostre radio, ma con l'aggiunta delle immagini in movimento. Una specie di pensatoio a cui migliaia di persone possono accedere contemporaneamente... e, beh, so che il discorso è più complesso...» incespicò sulle ultime parole.

Stupido Potter.
La Granger era così fiera di lui in quel momento che quasi gli venne da vomitare. Di nuovo. Non aveva mai visto nessuno rallegrarsi per il successo di qualcun altro e quel sorriso ebete, misto allo sguardo luccicante di soddisfazione, gli fece rivoltare le budella.
«In effetti è proprio così ed è per questo che il televisore sarà tra gli ultimi argomenti che tratteremo, come ben sai...»
Staccò di nuovo il cervello, non aveva voglia né tempo di ascoltare altre baggianate sul mondo babbano. Di colpo aveva avvertito molte difese Serpeverde cadere, quindi avrebbe potuto scavare nelle loro menti indisturbato per un po'. O meglio, avrebbe voluto.
«Signor Malfoy, la mia lezione sta disturbando le sue erudite elucubrazioni mentali? Vuole condividerle con la classe? Devono essere davvero interessanti per averla distratta così a lungo».

Cazzo! Quell'idiota non sapeva quanto quel rimprovero avrebbe potuto cacciarlo nei guai, non ne aveva la minima idea.
«Mi perdoni signor Dukes, ma devo farle notare che sono costretto a stare qui. Come lei già saprà, ritengo la babbanologia un inutile spreco di tempo» si era alzato in piedi, in modo da poter guardare il professore dritto negli occhi.
«Quindi per lei tutto questo non conta?» disse indicando l'aula e gli oggetti intorno a sé.
«Esatto» rispose laconico Draco, mentre nella stanza era calato un silenzio di tomba.
«Bene. Dieci punti in meno a Serpeverde per la sua maleducazione, anche se sono certo che i suoi compagni la accoglieranno come un eroe, nonostante la perdita. Ah, e prima che me ne dimentichi, stasera verrà qui a scontare la sua punizione» proclamò con la stessa flemma, rimettendo gli oggetti nel cestino e sistemando alcune pergamene sparse sulla cattedra. Avrebbe condannato a morte un innocente con la stessa quieta indifferenza, Draco ne era certo.
«Punizione? E cosa dovrei fare? Scrivere un trattato su un giocattolo per bambini come i suoi stupidi colleghi?!» disse senza pensarci.
«No, dubito che lei abbia le doti intellettuali per scrivere un trattato di qualsivoglia genere». 
Draco serrò le mascelle incassando la stoccata. Se il piano di non farsi notare era fallito, poteva comunque arginare i danni.
Potter, come molti altri, si era voltato a guardarlo con un sorriso si scherno stampato in faccia, mentre la Granger lo aveva ignorato controllando il foglietto con l'orario delle lezioni. Non avrebbe saputo dire quale dei due atteggiamenti odiasse di più, ma era chiaro che reagire fosse fuori discussione.

Di positivo c'era che quella notte non avrebbe dovuto inventarsi una scusa per lasciare il dormitorio, né avrebbe dovuto utilizzare incantesimi di disillusione per girovagare tra i corridoi. Se, dopo aver scontato la punizione, avesse accidentalmente smarrito la strada per i sotterranei, avrebbe potuto inventarsi di non conoscere quell'ala del castello.
Nel frattempo la lezione era giunta al termine e la Granger schizzò via senza nemmeno aspettare l'amichetto del cuore. Diede una rapida occhiata all'orario delle lezioni: lo aspettava un'emozionante ora di Erbologia con i Tassorosso.
Si alzò per andarsene ma, anche se la porta era vicina, gli sembrò di non riuscire a trovarla e, in breve, rimase l'ultimo all'interno dell'aula. Chiuse gli occhi un paio di volte e scosse la testa per scacciare quella fastidiosa sensazione di confusione e poi si diresse verso l'uscita, ma questa venne magicamente sbarrata.

«Perché tanta fretta, Malfoy?» lo fermò, trattenendolo per un braccio «Noi due dobbiamo ancora chiarire i termini della tua punizione».
Draco sentì la minaccia velata dietro quelle parole, nonostante la sensazione di smarrimento non lo avesse ancora abbandonato. Scosse di nuovo la testa e scrollò le spalle per liberarsi dalla stretta di Dukes, ma questi sembrava parecchio determinato. La mano corse alla bacchetta...
«Non vorrai mica schiantare un professore, giusto Malfoy?» lo canzonò sfacciato. 
Dov'era finito il mite e imbranato Brett Dukes? Si era lentamente dissolto durante l'ora e, in quel momento, le ultime tracce stavano scomparendo lasciando il posto all'uomo spavaldo che lo teneva in trappola.

«Farò tardi alla prossima lezione, quindi se non le dispiace...» lasciò cadere la frase e fece per andare via, ma stavolta Dukes si parò di fronte alla porta con uno strano sorrisetto a incurvargli le labbra. Era alto quasi quanto Draco e non dimostrava più di trent'anni e, malgrado il maglione infeltrito, si intravedevano i muscoli definiti delle braccia e delle spalle larghe. Per quanto si sforzasse di apparire un noioso topo di biblioteca, non avrebbe mai avuto l'aspetto di un professore e ora Draco ne stava avendo conferma.
Giunti a quel punto era inutile continuare a opporre resistenza. Qualunque cosa Brett Dukes avesse intenzione di fargli non avrebbe potuto fermarlo in nessun caso. Sospettava che fosse più abile di quel che aveva dato a vedere.

«Va bene,» sollevò le mani in segno di resa «andiamo nel tuo ufficio».
«Bravo, non avevo nessuna voglia di schiantar
ti» disse con una risatina, facendogli strada verso il piccolo studio in cima alle scale.
«Tu non smetti mai di ridere?»
«Dovrei?» lo invitò ad entrare con uno spintone e poi richiuse la porta dietro di sé.
Il famigerato ufficio era una stanza spoglia, fatta eccezione per la scrivania centrale, qualche scaffale di libri e alcune lampade. C'erano poi la poltrona del professore e altri due posti a sedere di fronte allo scrittoio. Era strano, perché in genere ogni professore arredava il proprio studio in modo molto personale e lo riempiva di oggetti e libri che potessero servigli durante le lezioni.
Draco rimase in piedi accanto alla feritoia nel muro, unica finestra e fonte di luce, mentre Brett, lanciati diversi incantesimi di protezione e sigillata la porta, gettò via gli occhiali e si accomodò sulla poltrona stendendo le gambe sopra il tavolo.
«Vuoi restare fermo come una statua ancora per molto?» persino il suo accento era diverso, molto più... irlandese?
«Sì! Mi vuoi spiegare chi sei e che cosa vuoi da me? Vuoi uccidermi? Torturarmi? Prego,» allargò le braccia «ma fai in fretta perché mi sono rotto di questo giochetto del cazzo!» esclamò esasperato.
«Mi avevano parlato di te come di un gelido figlio di puttana e, invece, sei solo una donnetta isterica» si alzò con un colpo di reni per fronteggiarlo.
«Di cosa stai parlando?» sibilò velenoso come un serpente a due passi da lui.
Brett non si lasciò impressionare dal suo sguardo tagliente, ma accese con calma una sigaretta presa dall'interno della giacca.
«Risparmiami la scenata, ti prego,» disse serio «e piuttosto, vedi di non costringermi mai più a salvarti il culo, chiaro? Se non fosse per me saresti stato scoperto e addio alla copertura, cocco!» alzò il tono sventolandogli un dito davanti alla faccia.
«Salvarmi? Copertura?» un'idea cominciava a farsi strada nella mente del ragazzo, un'idea difficile da metabolizzare e che gli fece corrugare la fronte.
«Dai, ci sei quasi, un ultimo sforzo!» disse Brett con quel suo tono irritante.
Draco passò in rassegna le possibili ragioni che avrebbero dovuto spingere quello strano individuo a parlare di "salvargli il culo".
Scartò a priori l'ipotesi della vendetta, se avesse voluto ucciderlo avrebbe trovato un modo più discreto e meno compromettente, ma soprattutto non si spiegava da cosa lo avesse salvato. Un babbano che si finga mago per poter insegnare quella stupida materia era fuori discussione, non avrebbe neppure trovato il castello... poi, l'illuminazione. La parola chiave era un'altra: copertura.
Le mani tra i capelli, gli occhi sgranati e la pelle bianca ancora più bianca. Non voleva crederci.
«Tu sei il mio contatto?!» quel bizzarro irlandese privo di tatto, che si fingeva un tranquillo professore di Babbanologia era il suo unico contatto con l'esterno? Quell'idiota sbruffone avrebbe dovuto aiutarlo?!
«Sì e non credere che la cosa mi renda felice, quindi smetti i panni della ragazzina con il ciclo e... e piantala di darmi dell'idiota! Non sei abbastanza abile per schermare la tua mente come si deve!» squittì irritato.
«E tu smettila di leggere nella mia mente!»
«Sono un Legilmens, idiota! Cerca di sradicare la convinzione che gli irlandesi siano stupidi da quella testolina se non vuoi rogne!»
Draco fece un respiro profondo e prese posto in una delle poltroncine. Continuare a urlarsi contro non avrebbe portato da nessuna parte e, se quello era davvero il suo contatto, dovevano imparare a tenere una conversazione civile.
«Va bene, dimmi quello che c'è da sapere».
«Tanto per cominciare, non provare mai più a leggere la mente dei tuoi compagni quando sono così vigili e attenti. Per quanto possano essere alle prime armi, ti assicuro che non sei abbastanza discreto da non farti notare. Detto questo,» spense il mozzicone dentro un posacenere, sedendosi di fronte a Draco «il mio vero nome non è Brett Dukes, ma tu sei ancora in prova e non posso di certo svelarti la mia vera identità. Ti basti sapere che sono un Auror e che, se ti azzardi a fare un passo falso, ti farò il culo e poi ti regalerò un biglietto di sola andata per Azkaban, okay?»
«So già qual è la procedura, non c'è bisogno che me la ricordi» rispose stizzito.
«Meglio così! Ora, come avrai intuito, la punizione è solo un pretesto per farti uscire indisturbato. Verrai qui, resterai un po' di tempo e poi ti recherai al quinto piano, alla statua della chimera».
«Che c'è al quinto piano?» Ricordava vagamente quella statua perché era lì che le Corvonero si facevano trovare quando avevano un appuntamento. Dicevano che non era troppo lontano dal loro dormitorio, ma nemmeno così vicino da destare sospetti.
Brett incrociò le mani sulla scrivania, puntellandosi sui gomiti, con una buffa espressione simile a quella dei bambini che abbiano appena commesso una marachella. Doveva aver letto anche quell'ultimo pensiero.
«Quando la Parkinson ha fatto la sua stupida osservazione sulle penne babbane, ho approfittato del momento di distrazione per scavare più a fondo nei suoi pensieri e ho scoperto che ha un appuntamento a mezzanotte proprio nei pressi di quella statua» disse senza nascondere una certa soddisfazione.
«E non sei riuscito a scoprire altro?» la situazione cominciava a farsi seria e lui voleva quante più informazioni possibili per non farsi trovare impreparato.
«Solo che deve vedersi con un Corvonero, ma non ho voluto rischiare oltre. In fondo è compito tuo svelare il mistero» schizzò sulla poltrona e cambiò di nuovo posizione, mettendo una gamba sul bracciolo.
«Pansy che incontra un Corvonero dietro la statua della chimera? Potrebbe trattarsi di una semplice scopata!» strinse i pugni per costringersi a non urlare.
Brett sbuffò seccato «Un Legilimens non carpisce solo informazioni, ma anche emozioni, ricordi, sentimenti. Se ti dico che c'è sotto qualcosa puoi metterci la mano sul fuoco. In caso contrario ci penserò io a sistemare la faccenda, okay?»
Annuì a fatica, non aveva altra scelta: doveva fidarsi, anche se quello era l'auror più assurdo che avesse mai incontrato.
«Ovviamente dopo tornerai di corsa al tuo dormitorio e mi darai tutte le informazioni domani mattina. Ho letto il tuo orario e so che hai un'ora buca».
«E secondo te non è sospetto che Draco Malfoy usi quel tempo per far visita al professore di Babbanologia?» chiese con tono di sufficienza e un sopracciglio alzato fino all'attaccatura dei capelli.
«Certo! Ma la punizione prevede che tu debba catalogare, con mezzi babbani, tutti gli oggetti che ci sono in aula e, ti assicuro, sono davvero tanti. Sarebbe impossibile finire tutto in una notte, per cui sarai costretto a tornare domani e per chissà quanti altri giorni. Quando la scusa non reggerà più ti farai punire di nuovo!» ghignò e si accese un'altra sigaretta.
Un raggio di sole entrò dalla feritoia e colpì le volute di fumo argenteo che volteggiavano pigre verso l'alto. Cominciava ad abituarsi all'intenso odore di tabacco misto ad un fiore che non aveva riconosciuto.
«Rosa canina» disse tranquillo Brett, incurante della cenere caduta dalla sigaretta che teneva mollemente poggiata sulle labbra.
Draco sollevò gli occhi al cielo «Piantala, dannazione!»
«Su, su, mio caro rampollo in disgrazia, non disperare. Farò in modo di inserire qua e là qualche lezione di Occlumanzia, sei contento?» di nuovo quel ghignò e di nuovo la voglia di farglielo sparire a suon di pugni.
«Se questo ti rende felice» mormorò a denti stretti. «E comunque vorrei proprio sapere perché con un'intera squadra di auror qui a scuola, tu...»
Brett si rabbuiò «Loro non c'entrano, questo caso appartiene alla mia squadra»
Il cambiamento d'umore repentino turbò il Serpeverde che si chiese quante cose ci fossero ancora da scoprire sugli auror.
«Hai fatto bene a tirare fuori l'argomento,» spense il mozzicone, prese una fiaschetta dal cassetto e ne bevve un sorso «quegli auror non sanno chi sono perché non hanno mai avuto la fortuna di conoscermi. Se lo sapessero potrebbero mandare all'aria tutta l'operazione».
«Ah sì? Quindi non vivete tutti nella stessa stanza e non mangiate tutti dallo stesso piatto?» scosse la testa con finta incredulità, ma Brett ignorò la battuta.
«Matthew Turner è bravo nel suo lavoro, ineccepibile, porta a termine le missioni come una mortale macchina da combattimento. Durante la seconda guerra magica ha ucciso parecchi mangiamorte, sia sul campo che nel corso degli interrogatori, l'unico problema è che ha qualche rotella fuori posto».
Guardò Draco dritto negli occhi: «Stai molto attento, Malfoy. Per lui sei solo l'ennesimo falso pentito, ricordatelo» finì lapidario e sospirò stiracchiandosi.
«Fammi capire,» si passò la lingua sulle labbra secche «dovrei credere che tu sei un auror basandomi sulle tue parole? Chi mi dice che tu non sia un Legilimens molto astuto che finge di essere il mio contatto solo per trarmi in inganno e smascherarmi?»
Senza dire altro l'auror mise una mano sotto il collo del maglione e ne tirò fuori un pendaglio d'oro, il quale scintillò alla luce del sole che ormai aveva inondato la piccola stanza. Si trattava di una placchetta su cui era stato inciso il simbolo del Ministero della Magia, colorato poi con uno speciale inchiostro opalescente. Suo padre gli aveva spesso parlato di quel ciondolo, era dato in dotazione solo agli auror che avevano superato le prove di addestramento. Molti mangiamorte avevano provato a riprodurne una copia per infiltrarsi nei reggimenti, ma era impossibile perché solo il Ministero conosceva la formula di quell'inchiostro. Rubarli era fuori discussione: una volta tolti si dissolvevano, inviando un messaggio ad un apposito ufficio del Ministero che aveva la funzione di ritrovare gli auror scomparsi o dispersi.
Brett lo fece penzolare con sguardo di sfida «Vuoi dargli un'occhiata più da vicino?»
«Va bene, mi fido» si arrese. «C'è altro che dovrei sapere?»
«No, per il momento puoi andare» sventolò le mani davanti a sé per rimarcare il concetto.
Draco, ancora frastornato per tutte le informazioni e le rivelazioni ricevute, si avviò verso la porta ma quando fu sul punto di aprirla si rese conto di essersi dimenticato la cosa più importante.
«Sta bene» disse Dukes, semplicemente.
«Chi?» si girò a guardarlo e vide un altro sorriso comprensivo sul volto del finto professore.
«Tua madre, sta bene».



*



Che Draco Malfoy avesse detto la verità era già di per sé un evento eccezionale, ma che Draco Malfoy avesse addirittura detto la verità a Hermione Granger poteva significare solo che l'apocalisse era vicina. Aveva poca importanza che volesse qualcosa in cambio, la notizia era comunque talmente sconvolgente che, se avesse voluto creare un pettegolezzo più grosso di quello che la riguardava, avrebbe avuto materiale per mesi interi.
Le supposizioni di Pansy si erano diffuse tra la prima e la seconda ora, avevano camminato veloci, di bocca in bocca, per tutto il castello e già all'ora di cena tutti sapevano che Hermione Granger urlava nel sonno in preda a incubi terribili.
Era sorpresa e un po' delusa dalla mancanza di ricami e merletti intorno alla sua storia, si sarebbe aspettata un po' più di fantasia, ma probabilmente la presenza di così tante testimoni aveva contribuito ad arginare la situazione.
Il suo piano di saltare la cena e tutti i pasti per i restanti mesi di permanenza a Hogwarts andò in fumo quando si rese conto che avrebbe solo peggiorato la situazione, per cui si fece coraggio e si inoltrò all'interno della Sala Grande. L'odore forte e speziato dell'arrosto e quello dolciastro del pudding le avevano riempito subito le narici nauseandola. Cercò Harry con lo sguardo tra la folla e quando lo vide si sforzò di andargli incontro sorridendo per non destare sospetti. Le voci sarebbero rimaste tali solo se lei non le avesse confermate.
Giunta al tavolo i suoi amici la squadrarono di sottecchi, incapaci di porle la domanda da un milione di sterline, quella che tutti gli studenti di Hogwarts bramavano di farle. Calì e Lavanda fremevano al loro posto, in attesa del più piccolo segnale di disagio da parte della compagna per poter partire all'attacco, ma lei era troppo scaltra per lasciarsi cogliere impreparata.
«Hey tu!» puntò il dito contro Harry «Non credere di averla passata liscia, te la farò pagare per oggi!»
«Che è successo oggi?» chiese Ginny addentando un tramezzino.
«Il tuo ragazzo non mi ha aspettata e si è seduto accanto a Seamus, così a me è toccato Malfoy! Ci puoi credere?» si finse oltraggiata, mentre provava a riempire il piatto con qualcosa che non fosse troppo unto né troppo solido.
«Mi spiace davvero, ma se poi tu non fossi arrivata in tempo e fosse toccato a me? Addio lezione, bentornata infermeria! Abbi un po' di cuore».
Lo guardò in cagnesco ancora per qualche secondo, ma poi scoppiarono entrambi a ridere. Esultò mentalmente per il modo in cui era riuscita a simulare quella risata, nonostante lo stomaco facesse i capricci.

Sto ridendo, sto mangiando, mi comporto come sempre... dovrei aver convinto tutti.
«Oh, senti Hermione, te lo devo chiedere, non ce la faccio più!» esplose Calì.
«Dimmi pure» disse Hermione continuando a ridacchiare.
«Beh, da oggi si vocifera che sia stata tu a urlare stanotte. Ma non lo faccio per me!» si affrettò a dire «Non è giusto che dicano delle falsità su di te, perciò...»
«Oh, sì ho sentito una cosa del genere oggi in biblioteca, ma mi dispiace deluderti, ieri sera stavo facendo la mia ronda notturna».
Grazie a Malfoy (purtroppo) aveva avuto tutto il pomeriggio per rimuginare sulla versione migliore da dare in caso di domande dirette come quella. Tra i compiti dei Caposcuola c'era anche quello di controllare che gli studenti, Prefetti compresi, fossero tornati nei loro dormitori dopo cena. Di solito le ronde si protraevano per qualche ora e quando i Caposcuola andavano a letto tutti stavano già dormendo. Era quindi certa che l'avessero sentita rientrare: aveva un alibi di ferro.
«Ma allora chi è stato?!» delusione, shock, paura, tutte queste emozioni attraversarono il volto di una Calì sconvolta dalla rivelazione del secolo.
«Non saprei, magari qualcuno che ha avuto un incubo» fece spallucce.
«Merlino! State ingigantendo tutta la faccenda. A chi vuoi che interessi?» era stata Ginny a parlare, ormai al limite della sopportazione.
«A me interessa!» saltò su Lavanda «Dopo tutto quello che è successo l'anno scorso non voglio ritrovarmi ad utilizzare incantesimi di difesa, magari nel cuore della notte, perché voi avete deciso di lavarvene le mani!»

Catastrofe.
Quando Ginny e Lavanda iniziavano a discutere civilmente i capelli di entrambe allacciavano le cinture, pronti a vedersi strappare via dalle rispettive teste. Non era un odio scaturito da un litigio, ma un'intolleranza atavica stabilitasi nel momento in cui i loro sguardi si erano incrociati per la prima volta. Le due erano inoltre agli antipodi, una frivola e civettuola, l'altra pragmatica e schietta, non c'era speranza di vederle parlare in modo tranquillo.
«Rimangiati tutto, stronza» sibilò minacciosa la piccola Weasley, stritolando quel che rimaneva del tramezzino.
«Ti piacerebbe!» rispose sprezzante Lavanda «Sappi che se state nascondendo qualcosa...»
«Ragazze, smettetela di litigare» intervenne Neville mettendo un tappo su quel vulcano in eruzione.
Aveva un inquietante sorriso a trentadue denti e gli occhi sgranati.
«Neville, stai bene?» chiese incerta Hermione.
«Sì, ma Turner ci sta osservando e non mi piace per niente. Harry, non voltarti per nessun motivo».
Da quella posizione lei e Neville avevano la visuale perfetta sull'auror e il resto degli insegnanti.
Hermione spostò lo sguardo sulla McGranitt, che stava seduta al centro, poi su Vitious che era il più vicino a Turner, all'estremità destra del tavolo. Era vero, li guardava con insistenza e l'espressione sul suo viso non era delle più amichevoli. 
«Credete che possa sentirci?» sussurrò Lavanda impaurita, guardando il piatto con interesse.
«No, ma muore dalla voglia, ecco perché non dobbiamo dargli nessun pretesto per venire qui a indagare» disse Neville pacato, tornando a mangiare la sua fetta di torta.
Hermione si chiese se le voci che circolavano su di lei non fossero arrivate anche alle orecchie degli auror.

Tutta colpa di quella faccia da carlino, pensò guardando il tavolo Serpeverde.
Pansy si godeva il momento di gloria, ciarlando di come fosse riuscita a smascherare Hermione Granger. Il suo sguardo, però, venne catturato da una testa bionda. La solita 
odiata testa bionda.
Per quanto fossero seduti vicini, era evidente che Malfoy fosse escluso dal resto del gruppo. Doveva aver finito di mangiare da un pezzo, o forse non aveva neppure iniziato, restava fermo al suo posto ignorando i suoi compagni di Casa e guardandosi intorno con aria di sufficienza.
Non poteva credere che Mr. Spocchia avesse davvero provato ad aiutarla e cominciava a temere che ci fosse sotto qualcosa. 
Sì, ma cosa? 
Lo avrebbe detto a Harry, se questo non avesse comportato il suo coinvolgimento diretto nella faccenda. Si era appena liberato di un grosso fardello, non voleva mettergliene un altro sulle spalle e Malfoy avrebbe potuto rivelarsi piuttosto pesante.
Tornò a guardarlo per accertarsi che stesse facendo lo stesso a sua volta, ma lui la stava deliberatamente ignorando. Brutto segno o magari buono? Era brava a consigliare gli altri, correggere gli errori le veniva naturale, ma sbagliare da sola era diverso. Il fallimento era dietro l'angolo e lei non aveva una Hermione a guardarle le spalle.
Era così impegnata ad immaginarsi come sarebbe stato avere un clone di se stessa come amico, da non accorgersi della bomba finché questa non esplose. Lavanda non era mai stata brava a gestire la tensione e quella sera il pasticcio di carne non doveva aver aiutato il suo fragile apparato digerente a contenere l'emozione. Ebbe appena il tempo di vederla gonfiarsi come un rospo, ma non di ripararsi almeno con un tovagliolo.
«M-mi dispiace!» 
Hermione pose una mano davanti a sé, imprimendo forza su ogni singolo dito teso, per bloccare le scuse di Lavanda, mentre il resto del corpo restava rigido come un pezzo di legno.
Aveva il vomito della ex ragazza del suo ex ragazzo attaccato ai capelli e su metà del viso. Non voleva delle scuse, voleva la bacchetta per compiere uno sterminio di massa.

*



Draco uscì di soppiatto dal dormitorio, risalendo svelto in superficie. Sperava che Prefetti e Caposcuola non avessero modificato il classico e collaudato giro di ronda, che aveva studiato con attenzione al sesto anno per potersi recare nella Stanza delle Necessità. Per quanto riguardava Gazza e quella sua gattaccia spelacchiata... chi ne avrebbe sentito la mancanza?
Giunto al secondo piano, bussò alla terza porta sulla destra senza ricevere risposta. Provò ad aprirla con l'alohomora, ma l'unico risultato fu ricevere una lieve scossa elettrica. Era ormai sul punto di darle fuoco, quando la porta cigolò sui cardini e la mano di Dukes spuntò per attirarlo dentro.
L'aula era appena illuminata da alcune candele fluttuanti, che orbitavano attorno all'auror donandogli il lugubre aspetto di un fantasma. Un fantasma assonnato e molto spettinato.
«Avevi dimenticato l'appuntamento?» disse Draco allibito.
«Forse,» rispose l'auror sbadigliando «e comunque sei in ritardo, avresti dovuto raggiungermi subito dopo cena, testa vuota».
«Ho avuto i miei buoni motivi. La Brown ha vomitato in faccia alla Granger!»
«Prima cosa, ugh che schifo. Seconda cosa, non dirlo che se le due cose fossero collegate».
«E invece lo sono» ghignò beffardo. «Ne abbiamo riso così tanto che alla fine siamo finiti a bere in Sala Comune, come se fossimo ancora vecchi amici».
«E ti illudi che questo significhi qualcosa?» gli chiese scettico.
«Certo che no! Ma è già un passo avanti».
«Voglio credere che sia così, è già tardi e non abbiamo altro tempo da perdere. Ora, guardami bene negli occhi» puntò gli indici verso il suo viso.
«Piuttosto la morte».
«Ah, come sei schizzinoso! Arriva al quinto piano dalla scala secondaria, lei userà quella principale. Si vedrà con il Corvonero vicino alla statua della chimera e tu dovrai nasconderti proprio lì. È tutto chiaro? Hai bisogno di una mappa o magari vuoi che ti accompagni tenendoti per mano?»
«Aspetta! Vuoi che mi nasconda nel punto esatto in cui si incontreranno?! Forse non sai cosa significhi nascondersi!» avrebbe ucciso quello sciocco irlandese prima di portare a termine il proprio compito.
«Ti tratterei da adulto, credimi, se solo non fossi davvero un moccioso viziato» sbuffò spazientito.
«Usa dei cazzo di incantesimi di protezione! E comunque la statua è davvero enorme, basterà che ti sistemi sul lato opposto a quello da cui arriverà la Parkinson».
Un ex mangiamorte inglese e un auror irlandese, messi insieme avevano la carica esplosiva di una pozione preparata da Seamus Finnigan. La loro collaborazione era iniziata da neppure un giorno e avevano già litigato così tante volte da potersele far bastare per il resto della vita.
Draco non rispose, intento a schermare la mente carica di pensieri di morte verso l'auror, e Dukes interpretò a modo suo quel silenzio.
«Li conosci, vero? Muffliato, Salvio Hexia...» prese ad elencare incantesimi di protezione come fossero ingredienti di una semplice pozione. 
«Sì, li conosco, falla finita!» sbottò stanco di tutte quelle chiacchiere.
Brett non sembrò prenderla bene, lo spinse fuori senza troppe cerimonie intimandogli di tornare con delle informazioni utili e poi sigillò di nuovo la porta.
Era fuori dall'aula di Babbanologia, ce l'aveva fatta.

Le zampe della bestia acquattata artigliavano il massiccio basamento di pietra, tre fauci spalancate proiettavano le lunghe ombre delle zanne sul pavimento, mentre la luce lunare metteva in evidenza le scaglie del drago sulla schiena arcuata e tre file di grossi spuntoni. Le ali semi-spiegate gli offrirono il rifugio che temeva di non trovare, s'infilò nell'incavo tra la statua e il muro, poi recitò gli incantesimi di protezione e restò in attesa.
Guardò l'orologio: mancavano poco meno di dieci minuti alla mezzanotte. Chiuse gli occhi, appoggiò la testa contro la parete fredda e fece un respiro profondo. Sentiva il sangue pulsargli nelle orecchie e le gambe doloranti, ma non era il momento di farsi prendere dal panico. Il suono di passi leggeri riecheggiò nel silenzio del corridoio. Come aveva detto Brett, Pansy era arrivata dalla scala principale e si era fermata davanti alla finestra. Riusciva a vederla attraverso le ali della chimera, aveva la preoccupazione dipinta sul volto e si stringeva nelle spalle guardandosi intorno senza lasciare il cono di luce. Sobbalzò e puntò la bacchetta davanti a sé quando il rumore di altri passi giunse dalla scala buia. Era lui, ne ebbe conferma quando vide Pansy rilassarsi. Indossava il mantello con lo stemma dei Corvonero cucito sul petto e aveva il cappuccio calato sulla testa.
«Allora? Quanti sono?» chiese Pansy con l'impazienza che la contraddistingueva.
«Non quanti speravamo. Ho dovuto usare l'Oblivion parecchie volte, sono troppo astuti».
«Ti ho chiesto quanti» sgranò gli occhi verdi con rabbia, il suo viso contratto era l'unica cosa che Draco riuscisse a vedere da quella posizione.
«Nessuno, tranne lei» rispose pacato l'altro. Sembrava che niente potesse turbarlo.
«Lei?! Ci farà ammazzare tutti, lo sai» la Serpeverde era sempre più agitata, tanto che faceva fatica a mantenere un tono di voce basso.
Quello stralcio di conversazione, all'apparenza incomprensibile, aveva confermato le teorie degli Auror e Draco sentì brividi di terrore percorrergli la schiena. Un amico in quel momento gli avrebbe fatto comodo, senza dubbio. Qualcuno di intelligente, in grado di reggere la tensione e pensare in fretta, qualcuno come...
«Shh! Hai sentito?» sussurrò Pansy spaventata.
Non l'aveva vista, era giunta lì silenziosa come un gatto e si era accostata alla stessa ala dietro cui lui era nascosto. Intravide il profilo dei ricci castani, mentre un passo alla volta indietreggiava, appiattendosi al muro. Doveva aver usato un incantesimo, perché le sue scarpe non producevano alcun rumore, ma le sarebbe servito a ben poco se quei due l'avessero scoperta. Ormai si era avvicinata davvero tanto, a Draco sarebbe bastato allungare la mano per trarla in salvo, ma era rischioso: e se gli incantesimi non avessero retto? Perché rischiare tutto per una stupida Grifondoro ficcanaso? 
Pansy, la punta della bacchetta brillante di luce chiara, stava avanzando nella loro direzione, seguita a ruota dal Corvonero. Draco prese per mano Hermione e la attirò a sé un attimo prima che la Serpeverde illuminasse il corridoio.
«Ti preoccupi per niente, qui non c'è nessuno» Draco si maledì per non aver mai prestato attenzione ai Corvonero, di sicuro avrebbe riconosciuto quell'insopportabile tono saccente.
E continuò a maledirsi mentre provava a non ingoiare i capelli della Grifondoro che gli solleticavano il viso. La stringeva al petto tappandole la bocca, in modo che non fiatasse e non si muovesse, perché non sapeva quale degli incantesimi fosse ancora attivo.
«Mi sembrava di aver sentito il respiro di qualcuno, proprio qui, dietro la statua» soffiò Pansy con tono tremante.
«Ah sì? Be', ma allora dovremmo controllare» disse il ragazzo, una nota maligna ad animargli la voce.
Siamo fottuti, pensò Draco mentre il Lumos del Corvonero lo accecava.
«Uff, Pansy non sei per niente adatta. Sicura di essere figlia di un mangiamorte? Sembri una Tassorosso che viola per la prima volta il coprifuoco!» ridacchiò dando loro le spalle.
«Ma io ho sentito qualcosa!» protestò lei come una bambina.
«Sarà stato un fantasma» disse chinandosi a baciarla.
Hermione fremette tra le sue braccia, forse disgustata quanto lui da quello spettacolo di lingue e gemiti. Per loro fortuna, però, non durò molto. 
«Devo andare prima che qualcuno si accorga della mia assenza».
Pansy non rispose, ma si staccò da lui e sollevò la mano sinistra, in modo da mostrargli il palmo, il Corvonero fece la stessa cosa e poggiò la mano su quella di Pansy.
«Rózsák Örokké!» dissero all'unisono e poi si separarono, ognuno per la sua strada, inghiottiti di nuovo dall'oscurità.
Draco allentò la presa su Hermione, ma lei non si mosse, forse troppo scioccata per poter dire o fare qualcosa. Forse.
«Credo siano andati via» disse con ancora il mento incastrato fra i suoi capelli. 
Hermione trasalì. Lo spazio era davvero stretto, ma riuscì comunque a girare su se stessa per poterlo guardare in faccia: «Tu!» esclamò fuori di sé.
«Tu! Tu! Tu! Che ci facevi nascosto qui dietro?!» quasi gli conficcò l'indice nel petto.
«Ahia! Dovresti ringraziarmi!» disse bloccandole i polsi ai lati del corpo.
«Per cosa?» Già, per cosa? Dirle la verità era fuori discussione, non aveva bisogno di San Potter e di tutta la combriccola tra i piedi. Aprì e chiuse la bocca un paio di volte senza riuscire ad articolare una frase di senso compiuto.
«Dimmi almeno perché sei qui!» esclamò a pochi centimetri dal suo viso, pestandogli un piede.
«La vuoi smettere di farmi male?!» mostrò i denti come una fiera ferita. La ragazza sapeva difendersi e gli avrebbe fatto un occhio nero se non avesse parlato, ne era certo.
«Io... io mi trovavo qui per caso».
«Mi stai insultando, Malfoy. Sei coinvolto, non è vero?»
«No che non lo sono! Come ti viene in mente?»
«Continui a insultarmi e... e lasciami!» si liberò con uno strattone. «Devo per caso elencarti tutti i motivi che mi spingono a pensare che tu sia coinvolto? Sul serio, Malfoy?»
Sputava il suo cognome come fosse un boccone particolarmente amaro e quel “Malfoy” ripetuto con enfasi cominciava a suonare come un insulto. Un orribile insulto. Non sarebbe stato facile trovare una scusa che potesse convincerla a lasciarlo in pace, ma, d'altro canto, conosceva bene il nobile animo Grifondoro, così attento e sensibile ai problemi degli altri, che sarebbe bastato toccare i tasti giusti per indurla a desistere.
«Vuoi davvero sapere perché ero nascosto dietro questa statua?» disse con una punta di esasperazione. L'aveva distratta abbastanza per elaborare una scusa plausibile, era il momento di entrare in scena. Sospirò con teatralità e abbassò lo sguardo per poterla guardare negli occhi.
Lei sembrò sorpresa da quella reazione, forse si aspettava qualche maledizione e invece lui stava per parlarle con il cuore in mano, come un tenero grifoncino impaurito. Ripensò all'espressione terrorizzata di Paciock undicenne e disse: «Ho paura, Granger. Sono in una posizione scomoda, i miei compagni mi odiano e comincio a temere che tramino qualcosa contro di me. Stasera ho origliato una conversazione tra Pansy e Millicent e quando ho saputo che sarebbe venuta qui, l'ho preceduta» si passò una mano tra i capelli senza interrompere il contatto visivo.
Erano in penombra, la scarsa luce che filtrava attraverso la statua creava ombre sui loro visi, ma Draco riuscì comunque a vedere il lieve rossore che colorò le guance di Hermione. Avvertì il suo cuore battere più veloce, accompagnato dal ritmico alzarsi e abbassarsi del seno premuto contro il suo petto. Sapere di averla messa in imbarazzo lo riempiva di una maligna euforia. Negli anni di scontri in corridoio l'aveva messa alla prova, curioso di sapere fin dove avrebbe potuto spingersi prima di vederla crollare. Riteneva ingiusto che una Nata Babbana come lei fosse migliore di lui in tutto e voleva distruggerla; ricordava bene la sensazione che gli provocava vederla, la voglia di schiacciarla come fosse un brutto insetto e si rese conto di non provare più le stesse cose. O quasi.
Le mise una mano sulla spalla «Stai bene? Sembri turbata».
«D-dovremmo uscire, quale che fosse il motivo tu non dovresti essere qui e io devo finire la mia ronda» disse incerta.
L'aveva convinta ed era riuscito a farle dimenticare l'ultima parte della conversazione tra Pansy e il Corvonero. Le avrebbe chiesto di lui, se questo non avesse significato spostare di nuovo l'attenzione della Grifondoro su quell'argomento. Ciò che aveva visto meritava di essere obliviato senza esitazione, ma lui non era abbastanza bravo con quel tipo di incantesimo e non era il caso di cancellare la memoria alla Granger, rischiando di attirare altre attenzioni negative su di sé.
«Sì, hai ragione. Dopo di te» poggiò le mani sui fianchi della ragazza e la spinse oltre l'ala di marmo della chimera. Hermione non sembrò apprezzare quel gesto e, anzi si guardò intorno preoccupata e, dopo aver sistemato la divisa, lanciò un Homenum Revelio in ogni direzione.
«Credevo che solo i maghi e le streghe più esperti sapessero usare quest'incantesimo».
«E infatti io lo sono, Malfoy» di nuovo sembrò che stesse cercando di offenderlo.
Lui ignorò la provocazione, ansioso com'era di tornare nel suo personale covo di serpi prima del loro risveglio.
«Be', Granger, non posso dire sia stato un piacere...» fece per andarsene.
«Aspetta...!» 
Draco, ora giri i tacchi e te ne vai per la tua strada.
Fece alcuni passi, superò un grosso arazzo e due armature, ma poi fu costretto a fermarsi quando si ritrovò la Granger attaccata al mantello.
«Che vuoi?» utilizzò l'ultimo briciolo di pazienza per non mandarla a quel paese assieme a tutta quella pantomima.
«Perché sei così sicuro che vogliano farti del male?» la luce delle torce accese si rifletteva sui suoi ricci castani, illuminandoli di sfumature dorate. Gli sembrò sinceramente dispiaciuta.
Povera ingenua Grifondoro, non hai imparato proprio niente...
«Sono uscito da Azkaban, penso sia una buona giustificazione».
«Ah... già» disse pensierosa. «Che significa quella cosa che hanno fatto Pansy e il suo ragazzo?».
Stupido idiota! Si sarebbe preso volentieri a schiaffi se non ci fosse stata la Granger ad assistere. Era ovvio che lei non avesse dimenticato un bel niente, stava solo aspettando il momento migliore per parlarne, al sicuro e con la bacchetta a portata di mano.
«Io... io non lo so proprio».
Per la seconda volta in un giorno Draco Malfoy aveva detto la verità a Hermione Granger.


   
 
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