Serie TV > Once Upon a Time
Segui la storia  |       
Autore: lulubellula    13/08/2015    1 recensioni
Rumbelle, what if, post "Skin Deep".
"L'amore ha ucciso molto più di qualsiasi guerra" e questo Rumple lo sa bene, non fa che ripeterselo da anni, soprattutto dopo l'arrivo di Belle al Castello Oscuro. Non fa altro che ripeterselo finché le parole non perdono del tutto significato.
Una volta oltrepassato il limite vorrebbe tornare sui suoi passi, fingere che nulla sia accaduto ma non può poiché tutte le azioni portano con sé delle conseguenze, delle conseguenze del tutto inaspettate.
RumbelleBaby
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belle, Regina Mills, Signor Gold/Tremotino
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Chasing stars
 
Calde lacrime le rigavano il volto: era una situazione disastrosa e insostenibile!
Non era più sicura che la scelta che aveva compiuto nemmeno un anno prima per salvare suo padre, il suo regno e i sudditi di Avonlea (e forse un po’ egoisticamente per sfuggire a quella vita insulsa e priva di avventure e emozioni forti) fosse del tutto sensata ora.
Tuttavia non poteva rimangiarsi la parola data a Rumple: un accordo era pur sempre un accordo, un patto, una promessa a cui tenere fede e lei aveva tutta l’intenzione di mantenere vivo questo intento.
Camminò a passo spedito verso le cucine e cercò di non pensare al dolore pungente delle scottature che aveva sulla pelle, le sembrava di bruciare dal fastidio che le causavano.
Arrivata nella stanza, gettò i cocci in un secchio smaltato e uscì a prendere un po’ d’acqua fredda al pozzo, nella speranza che affievolisse e lenisse il bruciore.
Indossò la sua mantella verde muschio e si preparò ad uscire in giardino, aveva con sé un paio di secchi molto capienti e una massa ingarbugliata di pensieri che le occupavano la mente stanca e provata dagli eventi degli ultimi mesi.
Avrebbe fatto meglio a mangiare qualcosa quel mattino e anche la sera precedente, si sentiva totalmente senza forze e persino il viaggio d’andata, quello che sarebbe dovuto essere il meno faticoso visto che viaggiava senza il peso di diversi litri d’acqua a pesarle sulle sue braccia stanche, fu una fatica immane per la giovane.
Una volta giunta al pozzo, lasciò a terra i catini e si appoggio alle pareti del pozzo a riposare qualche istante, era sfinita e probabilmente la spossatezza che aveva tentato invano di ignorare era causata dalla febbre.
Ignorando il dolore che sentiva alle mani e alle gambe, finì per addormentarsi con le spalle contro le vecchie pietre ricoperte di muschio dell’antico pozzo dei desideri.

Intanto, nel castello dell’Oscuro, Rumple stava filando, trasformando un mucchio di paglia in oro zecchino, quel gesto così abitudinario e meccanico aveva da sempre un potere curativo sulla sua mente e sul suo corpo come un balsamo capace di curare anche la peggiore delle malattie.
Tuttavia non pareva che stesse funzionando più di tanto, continuava a pensare alla scena di quella mattina: alla sua domestica che lasciava cadere a terra il vassoio e l’intera colazione e che, nonostante il dolore fisico che certamente aveva provato a contatto con l’acqua bollente e con i cocci di vetro, se n’era andata senza dirgli nemmeno una parola.
Non aveva avuto nemmeno il coraggio di seguirla quando lei se n’era andata, era stato il solito codardo di sempre, anche ora che era il Signore Oscuro, rimaneva lo stesso Zoppichino a cui era stato intimato di baciare lo stivale sporco del comandante dell’esercito amico durante la guerra degli orchi.
La stava allontanando inesorabilmente da lui, era tutta colpa sua: prima le aveva permesso che gli si avvicinasse troppo ed avevano oltrepassato un limite che mai e poi mai avrebbe dovuto permetterle di valicare e poi l’aveva rinnegata, relegata, dimenticata fingendo che nulla fosse accaduto.
Eppure qualcosa era accaduto: quei baci non se li era immaginati e nemmeno quelle dita che sbottonavano le loro rispettive vesti, per non parlare del dopo, degli istanti che ne erano seguiti e anche di quelli dopo ancora, dei momenti in cui erano rimasti, felici e appagati, a stringersi senza parlare, perché in effetti non ce n’era bisogno, del suo respiro sulla sua spalla quando si era addormentata e dei suoi capelli che profumavano di rose che gli accarezzavano il volto e sui quali si era assopito per qualche minuto.
Gli era sembrato di essere nel bel mezzo di un bellissimo sogno, un sogno dal quale non era poi così sicuro di volersi risvegliare.
Si era alzato per andare a chiudere le imposte, era quasi la fine di settembre e nella foresta incantata l’arrivo dell’autunno cominciava a farsi sentire, regalando notti più fresche e giornate meno assolate.
Nel raggiungere la finestra era passato accanto ad un vecchio specchio dalla cornice consumata dal tempo e dalla polvere, dapprima lo degnò di un’occhiata veloce e noncurante, ma in seguito si fermò a guardare la sua immagine riflessa con maggiore attenzione.
Qualcosa aveva ridestato in lui una profonda e immensa preoccupazione.
“La mia pelle!” si toccò il voltò e constatò che c’era qualcosa di diverso dal solito, qualcosa che non vedeva da molto tempo, il colore della sua pelle, quello originario, da comune mortale, da umano.
La linea di confine che divideva quello che era stato da ciò che era diventato uccidendo il precedente Oscuro Signore si stava facendo sempre più labile e lui stava indietreggiando al suo stato di uomo qualunque e non poteva permetterselo.
Non poteva accettare di essere di nuovo mortale, senza potere, senza ricchezze, di avere solo una manciata di anni per ritrovare suo figlio e di non poterci comunque riuscire senza l’ausilio della magia.
Si voltò a guardare Belle che dormiva profondamente sul suo letto a baldacchino con un’espressione serena dipinta sul suo volto e sentì il suo cuore, quello che ne restava almeno, infrangersi in mille pezzi al pensiero di ciò che sarebbe stato costretto a farle.
“L'amore ha ucciso molto più di qualsiasi guerra” ripeté mentalmente pensando che una parte di lui stava per morire inesorabilmente, quella più vulnerabile e più legata alle debolezze umane, quella che ancora sapeva ridere e amare.
Tuttavia era necessario che tornasse sui suoi passi e la allontanasse; lei ne avrebbe sofferto, ne era più che certo, ma alla fine avrebbe sostituito l’amore che sentiva per lui con l’odio e avrebbe cominciato a stare meno male.
Del resto c’è un confine labile tra l’odio e l’amore e lui l’avrebbe accompagnata fino ad immergerla completamente se fosse stato necessario.

La mattina dopo se ne sarebbe dovuto andare dalla stanza da letto prima del risveglio di Belle e avrebbe dovuto evitarla completamente per i primi giorni o, all’occasione, trattarla con tutta la freddezza e la bruschezza di cui era capace e che non gli sarebbe costata un grande sforzo (o almeno questo era ciò che si ostinava a ripetere nella sua testa).
Quando la lasciò da sola, in quella camera che in quell’ istante gli era parsa così spoglia, sentì qualcosa colargli lungo al mento ma diede colpa agli spifferi del castello che lasciavano entrare occasionalmente gocce d’acqua che arrivavano dal tetto.

Intanto, a distanza di poco più di sei settimane, nel giardino del castello, una febbricitante Belle era precipitata in un sonno agitato e abitato da incubi, era il principio di novembre e l’aria era fredda e pungente.
Erano passate almeno un paio d’ore da quando si era addormentata e sembrava non avere la minima intenzione di risvegliarsi tanto presto e non sarebbe stata una situazione pericolosa se solo lei non fosse stata ammalata e se fuori la temperatura non avesse cominciato a farsi rigida.
Folate di vento scuotevano le alte chiome degli alberi che costeggiavano il parco donando ai pochi avventori che transitavano nelle vie traverse al Castello Oscuro brividi di freddo e di paura, omuncoli imbacuccati nelle loro vesti da straccioni si stringevano addosso poveri cenci e allungavano il passo nella speranza di tornare al più presto nelle loro misere case, ammassi fangosi di paglia, pietra e legna marcia.
L’ennesimo spiffero svegliò Belle dal torpore in cui era crollata e la riportò alla realtà, sentiva brividi scorrere lungo tutto il corpo, aveva la mente annebbiata e le dolevano gli arti.
Si era addormentata senza accorgersene e ora di certo Rumple se la sarebbe presa con lei e l’avrebbe scacciata in malo modo dal castello, costringendola a tornare ad Avonlea e a sposare Gaston.
Al solo pensiero le venne la nausea.
Scosse i vestiti per eliminare i residui di terra e aghi di pino secchi e raccolse i catini da riempire d’acqua, dopotutto aveva fatto tutta quella strada proprio per procurarsela e forse e soprattutto per schiarirsi un po’ le idee.
Riempì sino all’orlo il primo secchio e lo mise a terra, sollevò il secondo e ripeté l’azione, poi si fece coraggio e si caricò del peso dei contenitori e si avviò verso casa.
Era molto affaticata e ogni passo le costava uno sforzo quasi inumano, dovette fermarsi più volte per riposare e riprendere fiato e, nonostante il pozzo facesse parte del parco del Castello Oscuro, seppure in un luogo distante rispetto alle cucine, il viaggio di ritorno si rivelò una vera e propria odissea per la giovane.
Le scottature le dolevano ancora, di un dolore acre e pungente, i graffi che aveva sul volto, a contatto con l’asprezza del vento le bruciavano come non mai e il suo corpo, anzi ogni singola fibra del suo corpo si stava opponendo ad ogni passo, ogni respiro, ogni movimento delle sue braccia che trasportavano un peso greve.
Sapeva che non si sarebbe dovuta allontanare quella mattina, se lo sentiva, sin dal primo capogiro che l’aveva fatta aggrappare al bordo del letto e poi il vassoio, quello era stato davvero l’ultima goccia.
Era stata una sciocca e ora l’unica cosa che aveva voglia di fare era sedersi su di una roccia e mettersi a piangere, a dirotto, come una bambina che non teme il giudizio altrui.
Si fece forza e coraggio e continuò a camminare nonostante la sete, il freddo, la febbre e la voglia di piangere (anche se a dire il vero stava già piangendo da qualche minuto, in silenzio).
Quello che le era sembrato un viaggio di ritorno interminabile giunse al compimento e lei tornò nelle cucine. Si ritrovò a buttare malamente all’ingresso i secchi colmi d’acqua lasciando che parte del liquido fuoriuscisse e lei si lasciò cadere sullo sgabello più vicino.
Dimenticatasi dei cocci e delle stoviglie da lavare, delle scottature e della nausea che l’aveva afflitta nei giorni precedenti, fu colta da un improvviso e irrefrenabile attacco di fame acuta e diede un morso generoso ad uno dei pancakes avanzati dalla colazione.
Noncurante del fatto che fosse freddo e senza nemmeno una spolverata di zucchero a velo, finì il primo e ne iniziò un secondo e un terzo, poi la sua attenzione fu catturata da un avanzo di crostata risalente al giorno prima e anche a questa toccò la stessa sorte dei dolci precedenti.
Soddisfatta, ma ancora stanca e febbricitante, si ricordò delle stoviglie da lavare e si alzò in piedi.
Forse un po’ troppo in fretta, tanto che venne colta da un altro capogiro, il secondo nel giro di una manciata di ore.

“Belle!”.
Alle sue spalle udì una voce famigliare, fin troppo a dire il vero.
“R-Rumple” si schiarì la voce.
Lui fece finta di non essere preoccupato per la scena a cui aveva assistito e in generale per il comportamento insolito della sua domestica e prosegui: “Credevo che tu fossi sparita, ti ho cercata dappertutto”.
“Ero solo andata a prendere dell’acqua per lavare le tazze della colazione, tutto qui”.
“Sei andata sino a Camelot e ritorno, per caso? Sei stata via delle ore!”.
“Come mai tutto questo interessamento, così, di punto in bianco?”.
Il tono di voce di Belle era palesemente di sfida, il suo sguardo era dritto verso Rumple, era chiaro che non stessero discutendo semplicemente di ritardi e di secchi d’acqua.
“Nessun interessamento, voglio solo avere tutto ciò che mi appartiene sotto controllo”.
“Io non ti appartengo, questo lo sai? Anche se ho stretto un patto con te per salvare il mio regno e la mia famiglia resto pur sempre una donna libera”.
Dovette fermarsi un momento e prendere fiato.
Forse quella colazione tardiva e troppo abbondante non era stata una buona idea.
Corse fuori dalle cucine, verso gli esterni, con Rumple che la seguì dapprima solo con lo sguardo e poi anche con i gesti.
Belle si aggrappò al muricciolo fuori dalle scuderie e si sentì male, sentì lo stomaco contorcersi più volte e si maledisse per aver mangiato.
Rumple provò ad avvicinarsi a lei e a cercare di capire cosa lei si sentisse, ma senza mostrare la sua preoccupazione e imponendosi di rimanere distaccato e freddo, la solita Bestia.
La giovane rientrò nelle cucine senza dire una parola, aveva la fronte pallida e sudata, prese uno straccio e si bagnò il volto e i polsi, poi si lavò i denti.
Erano secoli che non si sentiva così male.
Rientrato nelle cucine, Rumple se la trovò di fronte e non poté nascondere la propria angoscia per le condizioni della donna, la sua Belle.
Lei iniziò a sciacquare le tazzine fingendo di non curarsi della presenza dell’uomo e, dato che il fuoco era spento, si ritrovò a lavarle direttamente con l’acqua ghiacciata del pozzo, che, a contatto con le sue mani, la fecero rabbrividire.
“B-Belle, insomma, forse non è il caso che …”.
Finse di non aver sentito.
Continuò a pulire ostinatamente le posate e le tazze, stavolta con le mani tremanti e un’espressione stanca e provata dipinta sul volto.
“Belle!”.
Si voltò e lasciò ricadere nell’acquaio le posate insaponate, si sciacquò le mani e le asciugò sul suo grembiule bianco.
“Cosa c’è?”.
“Stavo per chiederti esattamente la stessa cosa”.
“Ah, sì?” Belle finse una risata sarcastica, di quelle che riuscivano tanto bene a lui.
“Hai qualcosa da dire oppure no?”.
“Niente, neppure una parola”.
Il ronzio nelle orecchie le stava ritornando e sentiva le gambe farsi sempre più molli.
“Non ti credo, non credo nemmeno ad una parola di quello che mi stai dicendo”.
“Fai male allora, perché io non ho davvero un bel niente da raccontarti”.
La vista si faceva sempre più annebbiata e mettere a fuoco gli oggetti stava diventando difficile.
“Ascoltami Belle, non ho intenzione di sottoporti all’incantesimo della verità, potrei, ma non voglio, se non in caso di estrema necessità. Ti sei coalizzata forse contro di me insieme a qualcuno? A Regina per caso?”.
“R-Regina?” domandò lei confusa, mettendo insieme con estrema difficoltà quel semplice nome.
“Sua Maestà. Devo saperlo, Belle! Le hai detto di noi? Di quello che c’è stato tra noi due?”.
Rumple stava visibilmente perdendo la pazienza con quella donna che sembrava essersi cucita le labbra.
Belle cercò di trovare una via d’uscita da quella situazione impossibile ma era troppo poco lucida per pensare qualcosa di sensato.
“Rumple, io …”.
“Tu, cosa, Belle?”.
Fece giusto in tempo a porre la domanda alla donna che costei svenne tra le sue braccia, solo allora, solo in quel momento, l’uomo, o meglio la bestia che ancora possedeva le sue spoglie una volta mortali, si accorse che lei aveva la febbre alta e le mani fredde, come di ghiaccio.

 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: lulubellula