“ Signor River, in piedi!”.
La voce secca e tagliente del professore di matematica attraversò in un lampo la testa di Mello, perso, come sempre, nei suoi sogni. Il ragazzo scattò in piedi.
“ E’ così gentile da dirci il risultato dell’espressione?”.
Mello guardò la lavagna e la sequenza di numeri, di x e di y. Non sapeva assolutamente cosa significassero. Almeno non al momento. La matematica non era mai stata il suo forte; se studiava, capiva tutto, ma preso così alla sprovvista…
“ Mi dispiace, non lo so” mormorò, mortificato. Il professore gli lanciò un’occhiata severa, poi gli fece cenno di sedersi. Per tutto il resto della lezione, Mello cercò di rimanere attento e concentrato. Ma era davvero faticoso. Appena si distraeva, i pensieri gli affollavano la testa e la sua mente scivolava via. Il suono della campanella fu accolto da un boato. Era venerdì.
“ Ancora una settimana e poi VACANZE ” urlò Andrew, mimando sul banco il rullo dei tamburi. Per un po’ la classe lo imitò, d’altronde Andrew era molto popolare, poi si disperse. Nella classe restarono solo Mello, Andrew e la sua ragazza, Joanne.
“Allora, c’è qualcuna che ti piace, vero” gli chiese Andrew con fare malizioso.
“ Io? No, no.” balbettò il ragazzo, preso alla sprovvista.
“ Eddai, ti ho visto mentre sognavi a occhi aperti”.
Andrew aveva ragione. Mello era stato distratto per tutta l’ora, ma per ben altri motivi. Un problema lo perseguita da una settimana: il Death Note. Mello aveva davanti i suoi migliori amici. A chi altri confessare il suo orribile segreto? Ma non era certo facile. Il ragazzo cominciò a spostare il peso da un piede all’altro. E poi, usando tutto il coraggio che aveva, disse in un soffio: “Setrovasteundeathnotecosafareste?”.
“ Eh?” fecero in coro i due.
“ Se.. se trovaste un Death Note, cosa fareste” ripeté.
I due ebbero reazioni completamente diverse. Andrew fece una smorfia ed esclamò: “ Lo getterei via. Anzi lo brucerei, in modo che nessun’altro possa trovarlo.”
Joanne, invece, andò in visibilio. La ragazza aveva una vera e propria adorazione per Kira. “ Oh! Lo userei, di sicuro. Per me sarebbe un segno che Kira non si è dimenticato di noi e continua a proteggerci.”
“ Jo, ti amo da morire, ma quando fai così, non ti sopporto.” Intervenne Andrew.
La ragazza fece le spallucce e iniziò a trafficare col palmare, non prima di aver lanciato a Mello un’occhiataccia, che significava: “ Se non fosse stato per tuo padre…”. ___________________________________________________________________________________________________
Il resto della giornata passò tranquillamente, ma molto lentamente e Mello accolse con piacere l’arrivo della sera.
Dopo cena, Mello corse in camera. Appena fu entrato, accese la luce e urlò. Davanti a lui c’era uno shinigami. L’aspetto della creatura era, seppur vagamente umano, malato, oscuro. Il volto era magro e scavato e la pelle grigia.
“Near?!” urlò la creatura.
“Non sono Near. Sono suo figlio.” balbettò Mello.
“ Suo figlio?”. Lo shinigami sgranò gli occhi neri e il ragazzo annuì debolmente. Poi sussurrò, terrorizzato: “ Sei uno shinigami? Posso sapere il tuo nome?”.
“ Light. Light Yagami ”
“Light ?! Quel Light? Kira? ”.
Il farfugliare di Mello fu interrotto dall’aprirsi improvviso della porta. Le testa di un uomo, sui quarant’anni, fece capolino. Aveva i capelli grigi e gli occhi tristi; indossava un paio di vecchi jeans e una felpa cascante. Il cuore di Light sobbalzò. O meglio, sarebbe sobbalzato se ne avesse avuto ancora uno. “ Near” sussurrò.
“Mello, tutto bene? Ti ho sentito urlare.” chiese Near al figlio, visibilmente preoccupato.
“Non è niente. È solo che, che… mi ero dimenticato che domani avrò l’interrogazione di Inglese”.
“ Ah, OK. Non fare troppo tardi. Buonanotte.” Disse Near, chiudendo piano la porta. Prima, però, i suoi occhi si posarono per qualche secondo proprio sul punto in cui si trovava Light. Sembrava quasi che riuscisse a vederlo.
“ ‘Notte, pa’ ”.
Appena il padre se ne fu andato, Mello si girò verso Light e disse: “ Scusa per l’interruzione”. Poi si alzò.
Light lo osservò. Era identico a Near. Stessi capelli chiari, forse solo un po’ più ricci; stessi grandi occhi da bambino. Mello, però, era più alto del padre e aveva le spalle larghe, da nuotatore.
“ Ecco.” Fece Mello, porgendogli il Death Note.
Light lo aprì, curioso di sapere quanti nome ci fossero scritti sopra. Guardò la prima pagina: niente. Passò alla seconda: ancora niente. Sfogliò tutto il quaderno, prima con calma, poi sempre più velocemente. Infine guardò il ragazzo con fare interrogativo.
“ Non l’ho usato, se è questo che vuoi sapere.” spiegò il ragazzo.
“Neanche un nome di prova.” Pensò Light.
“ Non avevo bisogno di provarlo.” aggiunse Mello, come se gli avesse letto nel pensiero, con un tono e uno sguardo che significavano “ Ovvio, no?”.
La rabbia e l’odio invasero Light, ma cercò di controllarsi.
“ Non ho intenzione di usare il quaderno.” continuò Mello “ perché se lo facessi, verrei corrotto dal suo potere.”
Light si sentì punto sul vivo. Chi diavolo era quello? Chi si credeva di essere? Cercando di moderare il tono, rispose: “ Rinuncerai alla proprietà, dunque?”, con il quaderno in mano e metà corpo già fuori dalla porta. “ Ho fretta, sai.” aggiunse.
Mello sorrise, si alzò e gli tolse gentilmente il Death Note dalle mani. “ Non ci penso neanche.”
“ Vuoi tenere il Death Note senza usarlo?’” esclamò Light, colto alla sprovvista. “ Sì. Sempre che non ci sia una regola che lo vieti.”
No, no, ma…” balbettò lo shinigami, sempre più in difficoltà.
“ Allora è deciso. Sarà divertente avere uno shinigami come amico!” concluse il ragazzo, sorridendo.
Light si sentì indifeso e umiliato. Quel dannato ragazzino in pochi minuti era riuscito a distruggere il suo piano. Light lo odiò. Tra tutti gli abitanti della Terra, proprio il figlio di Near doveva raccogliere il quaderno? Mello guardò l’orologio e, dopo avere esclamato: “ E’ tardi!”, lo mandò cortesemente via e s’infilò sotto le coperte.
Dannato ragazzino.