Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: riccardoIII    17/08/2015    4 recensioni
Questa è la storia di Sirius Black, dei Malandrini, di una generazione cresciuta nella guerra e che ha fatto la guerra. Questa è la storia di un bambino che diventa uomo, passo dopo passo, scelta dopo scelta, fino ad arrivare a un momento della sua vita in cui tutto cambierà, per l'ennesima volta, quella più importante. Fino a giungere alla Chiave di Volta.
"-Sirius Black, è un piacere conoscerti-
-Io sono James, e non credo che i cognomi siano importanti, tantomeno tra amici; e dimentica pure tutte quelle manfrine. Non sono mica tuo nonno, io-
Sirius sghignazzò apertamente sedendosi di fronte a lui.
-E così, io e te saremmo amici?-
-Io e te, mio caro Sirius, saremo amici. Me lo sento che sei un tipo forte-"
Rating e avvertimenti sono relativi a scene di maltrattamento di minore e di guerra.
I personaggi appartengono a J. K. Rowling; scrivo senza scopo di lucro.
Genere: Angst, Generale, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charlus Potter, Dorea Black, Famiglia Black, I Malandrini, Ordine della Fenice | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'La Chiave di Volta - Other Voices'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Prima, aveva pensato che nulla gli avrebbe potuto dare di nuovo un motivo per piangere.

Sapeva dove andare, ma non come fare per arrivarci. Non era mai stato in giro per la Londra Babbana attorno a Grimmauld Place e non aveva la minima idea di dove si trovasse in quel momento; la sua scopa era stata affidata a James, per evitare che i suoi la trovassero durante la consueta ispezione. Per di più, fuori di casa non poteva usare la magia senza essere scoperto.
In realtà, non era poi troppo sicuro nemmeno di poter davvero andare da James; certo, gli aveva offerto ospitalità qualche tempo prima, ma se ora avesse cambiato idea? Se io suoi genitori non lo avessero voluto? Dopotutto era una bella responsabilità mettersi in casa un minorenne fuggiasco, soprattutto considerando la sua famiglia. Avrebbe potuto parlarne con Andromeda, ma non sapeva come contattarla visto che il suo gufo era rimasto a Grimmauld Place.
Tirò un sospiro sconsolato e infilò le mani nelle tasche del mantello; la sinistra si scontro con qualcosa di duro e rettangolare che se ne stava oltre la fodera.
Un sorriso gli rischiarò il viso mentre infilava la mano nella tasca interna e tirava fuori lo Specchio a Doppio Senso. Non doveva per forza accamparsi da James, ma avrebbe potuto aiutarlo ad allontanarsi da lì e risolvere la prima parte del suo immenso problema.
-James. James, su, ho bisogno di te!- quasi urlò.
Dopo nemmeno un minuto il viso dell’altro comparve nel piccolo rettangolo di superficie riflettente, le guance deformate dal cibo che stava cercando di mandar giù senza morire soffocato per la fretta di rispondergli.
-Ehi! Che succede, Sir? Hai un aspetto orribile! Non avranno iniziato a maltrattarti già dalla prima sera che passi in casa con loro!-
-Sono scappato-
Rapido, chiaro, senza giri di parole. James rischiò di nuovo di morire per soffocamento, stavolta a causa della sua stessa saliva.
-Cosa?-
-Sono andato via di casa, James, ma ora non so che fare! Non so dove mi trovo, dove andare, non ho che qualche galeone con me e non posso usare la magia!-
Mentre James tentava ancora di riacquistare un colorito normale l’immagine che Sirius stava guardando cambiò e lui si ritrovò di fronte il viso di Charlus Potter che lo scrutava attento.
Ma certo, James stava mangiando, doveva essere a tavola con i suoi e lui non solo li aveva interrotti, ma li aveva anche costretti ad ascoltare i suoi guai!
-Sirius, sono Charlus, il padre di James. Ora ascoltami bene: guardati intorno. Cosa vedi?-
Sirius era un po’ perplesso. Che diavolo avrebbe dovuto significare?
-Beh, è una strada di città. Ci sono delle case, tipo villette residenziali tutte uguali con piccoli giardini-
-Molto bene. Ora, per caso, c’è un cartello che indica la via in cui ti trovi?-
Si guardò attorno cercandone uno e lo trovò a pochi passi da dove era crollato, sulla destra.
-Wilbur Road, sono vicino al numero settantadue- aggiunse, leggendo il civico della casa alle sue spalle.
Il volto di Charlus, così simile a quello del figlio, si aprì in un sorriso.
-Non muoverti di lì, vengo a prenderti immediatamente-
Nemmeno cinque minuti dopo l’uomo era di fronte a lui, completo di capelli ribelli e brizzolati, occhiali da vista e un enorme sorriso. Se non fosse stato per gli occhi verde bosco, avrebbe pensato di avere davanti quella che tra una quarantina d’anni sarebbe stata la versione attempata del suo migliore amico.
-Sono davvero felice di conoscerti finalmente di persona, Sirius; James non fa altro che parlare di te. Scusa se sono stato un po’ brusco allo Specchio, ma volevo raggiungerti il prima possibile e tu sei stato davvero bravissimo a guidarmi. Ora vieni, stringimi il braccio molto forte e non staccarti. Hai l’aria di chi ha bisogno di un bel bagno caldo e di un po’ di quel fantastico arrosto che Dorea non è riuscita a bruciare grazie a Milly; dovrebbero farlo santo, quell’elfo! Gli proporrei un aumento se non pensassi di causargli un colpo apoplettico-
Parlò a raffica, senza perdere nemmeno un attimo quell’aria serena e giocosa. Era proprio uguale a James.
-Io... Ehm… Io la ringrazio davvero, Signore, ma non doveva disturbarsi a venire a prendermi, stavate cenando e vi ho interrotti… Avrei potuto cavarmela da solo… E poi, non voglio arrecarvi altro fastidio… Addirittura venire con Lei a casa sua…-
Charlus lo guardò con un luccichio birichino negli occhi.
-James mi aveva detto che sei un ragazzo sveglio, non un damerino! Smettila di darmi del lei e chiamami Charlus, ragazzo. Ora andiamo a casa, prima che mio figlio venga a cercarmi con quella dannata scopa. È troppo in gamba a volare, non credi anche tu?-
Detto questo gli fece l’occhiolino e lo Smaterializzò con sé.
Riapparvero fuori da un cancello maestoso in ferro battuto che chiudeva l’ingresso di un viale alberato, al termine del quale si intravedeva un’abitazione in stile Vittoriano molto grande. Charlus batté la bacchetta sul cancello e quello scomparve; Sirius seguì l’uomo e appena ebbero oltrepassato la soglia l’imponente inferriata si riformò alle loro spalle.
-Non possiamo Materializzarci dentro casa per via degli Incantesimi di protezione; solo io, Dorea e James possiamo aprire l’ingresso, ma domattina provvederò affinché riconosca anche te-
Sirius lo seguì lungo il sentiero, allibito.
-Ma no, Signore, non è assolutamente necessario!-
L’altro sorrise e sbuffò.
-Sirius, ti ho già detto di non darmi del lei. E il mio nome è Charlus, non “Signore”. Vivrai con noi da oggi in poi, è ovvio che tu debba avere le chiavi di questa casa. E smettila di formalizzarti! Mi sembra di rivedere Dorea quando eravamo a scuola!-
Il ragazzo era sbalordito. Quell’uomo non lo conosceva nemmeno e lo stava accogliendo senza permettergli di ribattere in casa sua come se fosse uno di famiglia. Nessun adulto l’aveva mai trattato così.
Mentre ancora rimuginava raggiunsero la soglia della villa, che da vicino sembrava ancora più imponente; Charlus batté di nuovo con la bacchetta sul portone di legno rosso e quello si aprì.
-Ehi! Siamo a casa!-
Quelle parole fecero scaldare il cuore di Sirius. “Siamo a casa”. Lui era a casa.
Prima che potesse anche solo guardarsi intorno si ritrovò braccato da due braccia magre ma forzute e un mare di riccioli neri.
-Sir! Mi hai fatto prendere un colpo! Potevi anche avvisarmi prima, non credi? Così avremmo evitato questa missione di salvataggio in extremis! Avevo il terrore che i tuoi ti raggiungessero prima che papà riuscisse a trovarti!-
-Jamie, lascia in pace Sirius o soffocherà!-
Era la voce di una donna. Sapeva di averla già sentita, ma questa volta era diversa dall’unico ricordo che ne aveva: dolce e incredibilmente materna.
James mise fine all’abbraccio stritolatore e gli mostrò il suo enorme sorriso raggiante. Sirius ricambiò prima di girarsi verso la voce calda che aveva parlato poco prima; si ritrovò davanti la donna che aveva incontrato a King’s Cross il primo settembre del primo anno, che gli sorrideva gentile.
-Ciao Sirius, è un piacere avere finalmente la possibilità di conoscerti. Come immagino avrai capito, io sono Dorea. Benvenuto, figliolo-
La sensazione di calore si intensificò nel suo petto mentre osservava le tre persone che lo guardavano. Mantenne il contegno che gli era stato insegnato a tenere in ogni occasione, nascondendoci dietro il turbine di sentimenti che si agitava nel suo stomaco.
-Io… Io vi ringrazio molto, davvero, ma non vorrei essere un impiccio. Insomma, non solo non mi conoscete nemmeno e mi avete recuperato dopo che mi sono perso, ma ora vi piombo qui tra capo e collo e sembra quasi… Ecco… Non siete obbligati a tenermi qui con voi. Posso contattare Andromeda, o trovarmi un lavoro… Non dovete sentirvi in dovere di occuparvi di me solo perché sono amico di James o…-
Le espressioni sui visi dei Potter non mutarono affatto, anzi i loro sorrisi si allargarono mentre Charlus gli metteva una mano sulla spalla e la stringeva leggermente.
-Sirius, non ci sentiamo affatto in obbligo nei tuoi confronti. Tu sei la persona più importante per James e noi sappiamo apprezzare chi conta davvero per nostro figlio. Ne avevamo già parlato con lui qualche tempo fa e ci siamo detti disponibili fin da subito ad accoglierti quando tu avresti deciso di compiere questo passo. Sei il benvenuto, qui, fino a quando vorrai restare con noi-
Il calore si era trasformato in fuoco. Si sentì arrossire, cosa che non gli era mai accaduta prima in vita sua, e spostò gli occhi da Charlus a Dorea, che aveva cominciato a parlare.
-Jamie ci ha parlato così tanto di te che ormai ci sembra di conoscerti benissimo. Vedrai che in pochi giorni ti sentirai a tuo agio, qui con noi. Certo, ci sono alcune piccole regole da seguire, ma conto sul fatto che mio figlio sappia mostrarti come ci si comporta, vero James? E ora, vieni in tavola. Ho fatto mettere in caldo la cena, così mangiamo insieme e ne approfittiamo per parlare un po’-
Lo guidarono verso una porta che si apriva su un ampia sala da pranzo con le pareti color panna; i mobili chiari avevano linee pulite e l’ambiente era ben illuminato da lumi ad olio, ma le finestre dietro alle tende bordeaux erano così grandi da lasciare immaginare che di giorno il sole risplendesse in quell’ambiente come se fosse all’aperto. La tavola era già apparecchiata per quattro e lui rimase in piedi mentre i Potter prendevano posto.
-Puoi sederti qui, Sirius, di fronte a James. Milly!-
Al richiamo della padrona di casa un elfo comparve subito. Era molto diverso da Kreacher, pulito e vestito di una casacca bianca di lino ben tenuta.
-La Signora ha chiamato Milly, Padrona?-
Dorea gli rivolse un sorriso gentile prima di rispondere.
-Certo, Milly. Puoi servire la cena, ora, per piacere? Sirius è arrivato. A proposito, lui è Sirius Black. Da oggi in poi vivrà qui con noi, quindi potresti essere tanto gentile da occuparti anche di lui se avrà bisogno di te?-
Sirius era basito. In casa sua gli elfi non erano trattati così, alla stregua delle persone. Nemmeno Kreacher, che era l’unico ammesso alla presenza dei padroni che adorava e che guidava gli altri servitori, veniva trattato con rispetto.
-Ma certo, Signora! Milly è onorato, Signorino Black. Milly serve la cena e poi va subito a preparare la stanza per il Signorino Black!-
Non era certo di poter intervenire, visto che non gli era stata concessa la parola, ma non riuscì a trattenersi.
-Puoi chiamarmi Sirius, per favore, Milly? Non è necessario usare il mio cognome, né chiamarmi “signore”-
Gli occhi di Milly si riempirono di lacrime.
-Oh! Il Signorino James aveva detto a Milly di quanto fosse buono e giusto il suo amico, ma Milly non immaginava fino a questo punto! Il Signorino Sirius è troppo gentile con Milly, ma lui farà come gli chiede, anche se non può proprio evitare di chiamare il Padroncino “Signore”!-
Si produsse in un inchino e sparì. James prese a sghignazzare.
-Vedi? Anche l’elfo ti adora! Come diavolo fai ad affascinare sempre tutti così, senza far nulla?-
Sirius gli rivolse un sorrisino incerto, ma non aprì bocca. Charlus lo guardava, interdetto, come se non capisse perché il nuovo ospite non rispondesse per le rime a suo figlio. Anche James lo guardava stralunato: non era abituato a vedere l’amico non reagire alle provocazioni. Fu Dorea a cogliere il problema.
-Oh! Sirius, caro, non devi aspettare che ti venga concessa la parola!-
James aveva gli occhi sbarrati, come se non credesse a ciò che aveva udito; Charlus aveva una strana espressione, tra il sorpreso e l’indispettito. Sirius chinò la testa per nascondere il suo imbarazzo e venne salvato dall’elfo, che servì il cibo prima di sparire di nuovo. Attese che gli altri cominciassero a mangiare prima di prendere le posate; non si era reso conto di avere tanta fame.
-Sirius, in questa casa i formalismi sono banditi. Puoi svegliarti, lasciare la tua stanza, mangiare  e parlare quando vuoi. Non devi aspettare che io o Charlus ti diciamo come comportarti, va bene? Sii solo te stesso, come fai quando sei con i tuoi amici-
L’interpellato risollevò gli occhi dal suo piatto e li puntò sulla donna, che gli sorrideva gentile.
-La ringrazio, Signora Potter. Farò del mio meglio-
-Andiamo, ragazzo! Ti avevo già detto di chiamarci per nome!- disse Charlus, con un sorriso birichino.
-Ma la Signora Potter non mi ha detto nulla del genere…-
-Sirius, chiamami Dorea. Charlus ha ragione, non devi darci del “Lei”; capisco che sarà difficile abituarti a tutti questi cambiamenti, ma fai un piccolo sforzo, va bene?-
Ancora una volta, era stata lei a capirlo. Dedusse che si fosse trovata nella sua stessa situazione, quando era scappata di casa. Le fece un sorriso.
-Va bene, Dorea. Ti ringrazio-
L’atmosfera si alleggerì di colpo e ricominciarono a mangiare, mentre James ciarlava come suo solito e suo padre gli dava corda. Raccontò alcuni dei loro scherzi più memorabili, di cui di sicuro Charlus e Dorea avevano già avuto il resoconto, ma si ritrovarono comunque a riderne tutti e quattro insieme, anche se la donna cercava di trattenersi e scoccava al figlio delle occhiate che a Sirius ricordavano molto quelle di Remus quando tentava di esprimere tutto il suo disappunto per qualche loro tiro un po’ eccessivo. Per gli standard di Lupin, s’intende.
-È inutile, siete proprio incorreggibili! Quest’anno avete i G.U.F.O., ragazzi, spero che vi comportiate un po’ meglio del solito!-
James fece l’occhiolino a Sirius prima di rispondere.
-Andiamo, mamma! Abbiamo entrambi voti eccellenti, che male c’è nel divertirsi un po’?-
-Sai, Dorea, sono d’accordo con James. Dopotutto, non sarebbe mio figlio se non fosse un po’ “inquieto”; e anche Sirius, come potrebbe far parte di questa famiglia se non si dimostrasse il furfante che è?-
-Charlus! Ha appena messo piede qui dentro e già lo istighi a seguire le tue orme da ragazzaccio!-
-Oh, non preoccuparti per questo, mamma, Sir non è affatto innocente come può sembrare! Quando la McGrannit ti spedirà anche le lettere di reclamo per le sue malefatte, oltre che le mie, te ne accorgerai!-
Scoppiarono a ridere, i tre Potter, e Sirius si sentiva strano; il fuoco che aveva preso a bruciargli dentro quando l’avevano accolto in casa loro, senza fare domande e senza alcuna riserva, ora stava penetrando tutto il suo corpo, ma non era doloroso. Era solo caldo, e avvolgente, e lo rincuorava. Dorea lo aveva chiamato “figliolo” e Charlus l’aveva coinvolto nei suoi discorsi con una naturalezza che aveva conosciuto solo con James, definendolo addirittura “parte della famiglia”.
Era questo che si provava ad avere dei genitori che ti mostrassero affetto?
Quando ebbero spazzolato anche l’ultima fetta di dolce, Charlus si alzò e si rivolse a lui.
-Ti va se prima di andare a letto facciamo quattro chiacchiere, Sirius? Se sei troppo stanco rimandiamo a domani, dopotutto è davvero tardi-
Lui si alzò e posò il tovagliolo, la solita eleganza nei gesti e gli occhi che diventarono di colpo freddi.
-No, Charlus, possiamo farlo ora-
Si spostarono tutti  e quattro nel salone adiacente. Era molto ampio, le pareti erano di un tenue azzurro e i divani e le poltrone disposti davanti al camino spento erano di una tonalità più scura di blu, coperti di morbidi cuscini panna. Si sedette su uno dei sofà, accanto a James, mentre i padroni di casa si accomodavano sulle poltrone.
-Bene; non vorrei darti l’impressione sbagliata, Sirius, ma ho bisogno di sapere cosa è successo questa sera-
Sirius si era aspettato un discorso del genere; dopotutto, visto quello che era successo a Dorea quando aveva deciso di sposarlo, era ovvio che Charlus volesse tutelare sua moglie e suo figlio.
-Capisco benissimo la necessità, Charlus. La mia famiglia non è esattamente un modello di serenità e amore, altrimenti non mi ritroverei in casa vostra, ora. Non voglio crearvi problemi con loro, per questo potrei andar via di qui anche domani-
James lo guardò come se fosse pazzo.
-Ma cosa diavolo stai dicendo, Sir? Non hai ascoltato quello che abbiamo detto prima?-
Il ragazzo non riuscì del tutto a camuffare il suo stupore.
-No, Sirius, hai frainteso. Come ti ho già detto, e come James ha appena chiarito in maniera piuttosto evidente, questa da oggi sarà casa tua e quello che dirai ora non cambierà nulla, ma mi serve sapere come posso proteggerti al meglio. Non vorrei parlar male della tua famiglia d’origine, ma purtroppo conosco i loro metodi e non posso lasciarti allo scoperto. Devo essere preparato a ciò che potrebbero farti-
Ora era totalmente senza parole.
-Proteggere… Me?-
Dorea gli sorrise dolcemente, ma nei suoi occhi c’era un po’ di malinconia.
-Si, Sirius; James mi ha confessato di averti raccontato la mia storia e ne sono stata felice. Se quello che ho dovuto subire io ti ha dato anche solo un po’ della forza che ti è servita per fuggire, allora non è stato inutile. Ma né io né Charlus vogliamo che tu debba passare altrettanto. Finché sarai qui con noi non potranno farti alcun male, noi non lo permetteremo mai, ma dovrai tornare a scuola e non potrai vivere da recluso per sempre. Inoltre, legalmente, essendo un minore non potresti andartene di casa. Potrebbero costringerti a ritornare da loro-
-Nel qual caso- Charlus strinse i pugni, negli occhi una luce battagliera, -Ti nasconderei personalmente anche in capo al mondo. Ma preferirei che tu potessi condurre la tua vita come il quindicenne che sei, non come un criminale in fuga-
Volevano proteggere lui. Non loro stessi. Volevano tenerlo al sicuro, coma avrebbero fatto con James. Come se fosse figlio loro. Si, doveva decisamente essere così che ci si sentiva ad avere dei genitori normali. Guardò per un attimo James, che gli strinse il braccio e gli restituì lo sguardo con un piccolo sorriso sghembo. Riacquistò la sua facciata impassibile e fronteggiò di nuovo i due adulti.
-Avete bisogno di sapere solo quello che è successo stasera, o devo cominciare dall’inizio?-
Dorea lo guardò con un calore disarmante.
-Non vogliamo forzarti, Sirius. Capiamo che già chiederti di raccontarci cosa è accaduto oggi è molto. Non dev’essere semplice parlarne con due estranei-
Sirius fece viaggiare lo sguardo dal suo migliore amico, che ancora gli stringeva il braccio per dimostrargli il suo supporto, al padre di lui, che aveva appena giurato che lo avrebbe protetto a costo di darsi alla macchia, alla madre, che lo capiva e lo guardava con un amore che nessuno gli aveva mai dato.
-Non siete degli estranei; mi avete accolto qui, e James mi ha detto che eravate pronti a farlo già molto tempo fa. In una solo sera con voi mi sono sentito più a casa mia che in tutta la vita a Grimmauld Place, e finora ho visto solo due stanze di quella che, tra parentesi, è una casa bellissima; James è il mio migliore amico ed è una persona splendida e si fida di voi. Anch’io mi fido di voi. Farò tutto ciò che serve-
La stretta sul suo braccio si fece più forte e Sirius raccontò cosa era accaduto quando era rientrato in casa sua, senza omettere nulla, ma in maniera distaccata, come se stesse narrando la storia di un estraneo. La discussione iniziale, i tentativi di farlo ritrattare da parte di suo padre e di convincerlo a unirsi ai Mangiamorte, la Cruciatus di quando si era rifiutato, l’Imperio che ne era seguito e la sua ribellione; la tortura e la minaccia di farlo controllare da Voldemort, la decisione, il tentativo di portare Regulus con sé e poi la fuga.
-Ho detto a mio padre di non venire a cercarmi; l’ho minacciato di denunciarli e di farmi esaminare al San Mungo per poi spargere la notizia che mi maltrattassero. So benissimo che non li condannerebbero mai, ma gli ho detto che avrei fatto in modo che la voce si diffondesse, per screditare il loro buon nome e mettere la famiglia in una condizione ridicola di fronte alla società magica e a Voldemort quando si fosse saputo che me ne sono andato di mia volontà. Dubito che riuscirebbero a mantenere la loro facciata di inappuntabile perfezione se si sapesse che il figlio quindicenne è fuggito piuttosto che obbedire ai suoi genitori, perderebbero prestigio. Non so se questo basterà, ma non ho potuto fare di meglio-
Dorea aveva le lacrime agli occhi; doveva averla scossa sentire che era stato torturato ripetutamente, forse le aveva portato alla mente ricordi che cercava di dimenticare. James non l’aveva lasciato un attimo, aveva aumentato la presa sul suo braccio in ogni punto particolarmente doloroso della storia, ma aveva stranamente tenuto lo sguardo basso; Charlus stringeva i pugni spasmodicamente e negli occhi aveva il fuoco di chi ha affrontato molte battaglie. Il suo modo di tendere la mascella era identico a quello di James quando era profondamente infuriato.
-Sei stato bravissimo, figliolo. Coraggioso e scaltro. Non avrei saputo fare di meglio- disse il mago guardandolo dritto negli occhi, e quel “figliolo” sarebbe bastato a ripagarlo dello sforzo di sputare fuori tutto il male che aveva subito.
-Ora, se non ti senti male, sarebbe il caso che riposassi, caro; ti darò una Pozione Soporifera per dormire tranquillo. James, puoi accompagnare Sirius nella sua stanza? Credo che Milly abbia preparato quella accanto alla tua-
James scattò in piedi immediatamente alla richiesta di Dorea e Sirius si rese conto che aveva gli occhi lucidi; si affrettò a indirizzargli un sorriso rassicurante, mentre si alzava dal comodo divano. Prima che potesse congedarsi, Charlus riprese la parola.
-Solo un’altra cosa, Sirius, se non sono indiscreto-
Si bloccò in mezzo alla stanza; immaginava già cosa avrebbe chiesto.
-Quante altre volte è accaduta una cosa simile?-
Sirius sospirò.
-È stata la prima volta che ha usato l’Imperius, ma mio padre aveva già usato la Cruciatus gli anni passati. E anche mia madre. Perfino Bellatrix, una volta-
L’uomo si alzò in piedi, si avvicinò e gli mise di nuovo una mano sulla spalla. Il suo sguardo perforante era così carico di determinazione che quasi lo spaventò.
-Finché sarò in vita, Sirius, non permetterò che ti accada più nulla di simile. Lo giuro sul mio onore-
Il ragazzo sentì di stare per perdere il controllo su se stesso; i sentimenti che aveva represso per tutta la serata stavano per spaccare la sua maschera di gelido contegno. Il rossore tornò a colorare le guance di Sirius, per la seconda volta nella sua vita. “Ma cosa diavolo mi sta succedendo?”
-Non è necessario che tu lo faccia, Charlus. Spero solo di riuscire a meritare un giorno quello che state facendo per me oggi-
Sul viso dell’uomo ritornò, per la prima volta da quando si erano seduti in sala, il sorriso che aveva sfoggiato per tutta la sera. Gli scompigliò i capelli, nel gesto affettuoso che l’aveva visto rivolgere a James sul binario prima della partenza per Hogwarts al primo anno e che tanto l’aveva colpito.
-Riposa, figliolo. Non si hanno debiti in famiglia-
Il ragazzo fece per allontanarsi, le guance scarlatte come non mai, ma Dorea lo abbracciò prima che se ne rendesse conto. Si ritrovò in una specie di cappa di calore puro, come se quelle braccia delicate eppure forti non gli stessero stringendo solo le spalle, ma avvolgessero tutto il suo corpo. Aveva un profumo di buono, quella donna; non era artificiale, come quello che usava Walburga, era un buon odore di pelle fresca e pulita, con una nota dolce e speziata. Ne era inebriato e per un attimo si sentì talmente confortato, e al sicuro, e protetto, e amato che lasciò quasi che le lacrime che premevano contro le sue palpebre da quando aveva smesso di urlare contro suo padre cadessero. Rimase lì, fermo, senza sapere dove mettere le sue braccia e tenendole lungo i fianchi, finché lei non lo lasciò andare, col viso bagnato. Lui le fece un piccolo sorriso e riuscì appena a mormorare “Buona notte” prima che la sua voce si spezzasse; si affrettò a raggiungere James che aspettava sulla soglia, gli occhi ancora lucidi ma il viso illuminato dal più lucente e vero dei suoi sorrisi. Il ragazzo gli mise un braccio sulle spalle e lo guidò fuori dalla stanza, nel corridoio e poi su per le scale di legno bianco; raggiunsero il primo pianerottolo e James aprì la prima porta sulla destra.
-Questa è la mia camera, Sir. Che te ne pare?-
Lo seguì all’interno di una stanza ampia e ariosa, con due enormi finestre aperte per lasciar entrare la brezza estiva; le pareti erano rosso carminio e i mobili di legno scuro, il letto enorme aveva le coperte dorate e almeno tre stendardi della loro Casa decoravano il tutto. Tra questi spuntavano poster di giocatori di Quidditch che sfrecciavano dentro e fuori i riquadri colorati, disegni infantili a colori e carboncini recenti realizzati da James, foto del ragazzo con i genitori,con Frank ed altri amici d’infanzia e con i Malandrini. Sirius nemmeno si ricordava che ne avessero scattate tante nel corso di quattro anni. Erano lì che ridevano, si spintonavano scherzosamente, studiavano, facevano smorfie. Erano loro ed erano felici e Sirius si sentì di nuovo pieno di quel calore prorompente.
-È bellissima, James, davvero. Ma dove hai preso tutte queste foto?-
-Peter adora scattarne e gliene ho fregate un po’. Possiamo duplicarle se ti va, così potrai metterne qualcuna in camera tua-
Le parole “camera tua” gli fecero correre un brivido lungo la schiena. Distolse lo sguardo da un Remus imbronciato e si voltò verso James, che pareva piuttosto nervoso visto che aveva cominciato a passare il peso da un piede all’altro e ficcarsi le mani nei capelli. Prese un respiro profondo.
-Ok, James. È uno di quei momenti in cui ci comportiamo da ragazzine questo, vero?-
L’altro fece rapidamente cenno di si col capo.
-James, io davvero non so come ringraziarti. Quello che hai fatto per me, quello che stanno facendo i tuoi genitori, è così importante e grande che non so nemmeno come descriverlo. Se penso a quello che sarei diventato se non ti avessi mai incontrato mi vengono i brividi. Tu mi hai salvato, Jamie, e continui a farlo ogni giorno da cinque anni. E io non so come ricambiare tutto questo-
L’altro sorrise.
-Ti saresti salvato comunque, Sir. Non saresti mai diventato come loro perché tu sei diverso da loro e lo sei sempre stato. Non conta il sangue, ma il cuore, ricordi? Sei il migliore amico che potessi mai desiderare e cerco solo di fare quel poco che posso per aiutarti. Sentire quello che ti è successo è stato orribile, non posso nemmeno immaginare come sia stato viverlo… Avrei voluto starti più vicino, ma non ho potuto e ora ho intenzione di rimediare. Queste vacanze saranno le più belle della tua vita, lo giuro! E poi, guarda i miei! Già ti adorano! Per la fine del mese sarai ufficialmente definito come il loro secondo figlio! E Milly, per Merlino! E io… E io ti voglio bene, Sirius, e sei e sarai sempre mio fratello, qualsiasi cosa accada, e non puoi sapere quanto io sia felice e sollevato che tu sia qui con me!-
E alla fine le lacrime caddero dagli occhi di entrambi mentre si abbracciavano. James lo strinse forte e lo tenne lì, con la testa contro il suo petto, e Sirius sentiva le lacrime silenziose del ragazzo che gli bagnavano i capelli e il collo anche se quello non si lasciò scappare nemmeno un singhiozzo; Sirius pianse per il dolore che aveva provato, per le angherie che aveva subito, per la gioia di essere finalmente libero e per la rabbia e il senso di colpa che lo corrodeva per non essere riuscito a salvare Regulus. Si aggrappò alle spalle del suo migliore amico e per una volta non si vergognò di essere così indifeso, di aver lasciato crollare ogni sua barriera, perché c’era James a tenere insieme i suoi pezzi e allora sarebbe andato tutto bene. Le lacrime smisero di cadere e i sussulti del suo petto si placarono quando capì che non gli sarebbero più servite, con James al suo fianco. Si liberò, guardò negli occhi l’altro e verificò che la sua voce avesse un tono accettabile prima di parlare.
-James?-
-Si?-
-Fine momento imbarazzante, ok? Non vorrei che la mia reputazione venisse danneggiata…-
L’amico gli tirò uno scappellotto sulla nuca e scoppiò a ridere, accompagnandolo nella sua stanza.

Note:
salve! Scusatemi per la prolungata assenza, per farmi perdonare oggi ho postato due capitoli, il precedente e questo. Sono vicini sia temporalmente che per contenuto, quindi mi sembrava giusto leggerli insieme. Detto questo, alla prossima!

 
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: riccardoIII