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Autore: Lucyvanplet93    17/08/2015    3 recensioni
Sequel/prequel di "Insieme.", estratto della storia che mi sono decisa solo ora a pubblicare per intero.
Riprendo dalla fine del secondo film Di Captain America, con James impegnato nel recuperare i suoi ricordi e la sua vita passsata.
Durante una delle sue innumerevoli fughe dall'Hydra Il Soldato si imbatte in una curiosa ragazza che come lui sembra aver perso la memoria e che presto si rivela essere molto più intelligente e "pericolosa" di quel che sembra.
Insieme intraprenderanno un viaggio nel tortuoso ed insidioso sentiero dei ricordi, recuperando pezzi di loro stessi e completandosi a vicenda.
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Storia forse dall'inizio un pò banale, ma che mi sono impegnata a rendere il più "intricata" possibile.
CAPITOLO 9 DI AVVISO. AVVISO CHE VERRA' RIMOSSO NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO.
Genere: Azione, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Natasha Romanoff, Nuovo personaggio, Steve Rogers, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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*Direi che qui il titolo dice tutto XD*

Il viaggio verso Brooklyn era stato tutto sommato tranquillo, non avevano parlato molto, anzi a dire la verità quasi per niente, giusto un paio di volte James era stato obbligato ad aprire bocca per fargli notare le pattuglie di polizia ai lati della strada intente a svolgere i controlli di routine, per fortuna nessuno li aveva fermati e nei casi in cui si rendevano conto dirischiare troppo decidevano di cambiare strada.
Quando attraversarono il ponte di Brooklyn il sole stava ormai tramontando tingendo così i fili e le lamiere di quell'imponente costruzione architettonica, di una tenue luce rossastra.
Il soldato osservò stupito tutto quel cemento e tutti quei cavi che tenevano in piedi la costruzione più grande che avesse mai visto in vita sua, non che ne avesse viste chissà quante. O più plausibilmente ne aveva viste a bizzeffe e semplicemente non se lo ricordava.
Senti gli occhi della ragazza seduta dall'altro lato, su di se, ma quando si girò la trovò  intenta a tenere lo sguardo fisso sulla strada davanti a se.
Non gli chiese nulla e James gliene fu immensamente grato.
"Siamo quasi arrivati, ora dov'è che devo andare?"
James frugò in una delle tasche del suo giubbotto turandovi fuori un pezzo di carta su cui era scritto lo stesso indirizzo che aveva letto il giorno prima al museo.
Glielo porse e una volta letto l'indirizzo la ragazza iniziò ad addentrarsi per le vie del quartiere.
"È qui..."
Alexis parcheggio ad alcuni isolati di distanza, spense il motore e lasciò andare la schiena contro lo schienale del sedile.
"Che facciamo adesso?" Chiese Alexis.
"Aspettiamo..."
Alexis sbuffo, ma non sembrava intenzionata a protestare, solo ad un certo punto, passata una buona mezz'ora dal loro arrivo la ragazza parlò di nuovo. "Senti non so tu, ma io ho fame! Vado a comprare qualcosa da mettere sotto ai denti."
James la bloccò per un braccio poco prima che aprisse lo sportello. "Ci staranno cercando, sei scomparsa ed ho ucciso un uomo in casa tua, non hai bisogno che qualcuno ti cerchi anche per furto!"
Alexis si liberò dalla sua presa, guardandolo scocciata.
"E quindi cos'hai intenzione di fare? Non mangiare per il resto dei nostri giorni? Tu sarai anche abituato al digiuno, ma io no! E poi chi ha parlato di furto?" Slacciò la cintura e sporgendosi verso i sedili posteriori tirò fuori la busta dal al borsone. "Cosa credi che  contenga questa?" Chiese sarcastica.
"Non ruberò niente, non se ho i soldi per pagare!"
James era titubante a lasciarla andare.
"Guarda, li ce un alimentari!" Indicò il piccolo negozio alla loro destra. "Ci metterò cinque minuti e starò attenta..."
Restarono in silenzio per diversi istanti sostenendo fermamente i reciproci guardi, ma alla fine James acconsentì con un semplice cenno del capo.
"Sbrigati."
Alexis non se lo fece ripetere due volte e in un batter d'occhio fu in strada.
Il soldato osservò la osservò allontanarsi tenendosi le mani i tasca e camminando alla svelta sparì definitivamente all'interno del negozio.
James non si sentiva a suo agio in quella situazione. Non era abituato a preoccuparsi per qualcun altro, lui agiva da solo non era abituato a condividere, la sua era una vita fatta di obbiettivi e missioni, era un soldato agiva come una macchina, non era abituato a trattare con gli altri, non parlava quasi mai e mai si era dovuto sentire responsabile per qualcuno, mai aveva protetto un altro essere vivente.
E ora invece si sentiva in dovere di proteggere Alexis, almeno doveva impedire che morisse, non poteva accettare di sentirsi responsabile per la sua morte.
Anche se era un assassino aveva un onore, lei gli aveva salvato la vita. Glielo doveva e basta.
Cercò di distogliere lo sguardo dall'entrata attraverso la quale Alexis era scomparsa dal suo campo visivo e portò lo sguardo sulla casa a pochi metri di distanza dalla sua.
Non riusciva a capire bene come si sentiva, l'idea di tornare a casa lo faceva sentire strano. Lui non aveva mai avuto una casa o almeno non ricordava di averla mai avuta, viveva con quel costante senso di vuoto al centro del petto da anni ormai, un'arma senza anima, un involucro vuoto fatto di frammenti del passato e di sangue, ecco cos'era e l'idea che un tempo anche lui fosse stato un uomo normale, come quello che vedeva seduto a capotavola attraverso la finestra della casa di fronte alla quale avevano parcheggiato, gli sembrava una possibilità assurda.
Dall'esterno, il piccolo edificio che un tempo doveva aver abitato con i suoi genitori prima che questi morissero, sembrava vecchio e abbandonato, la vernice era assente in più punti e la dove ancora ricopriva le pareti, era sbiadita e scrostata. Dalle fondamenta che affondavano nel terreno si arrampicavano liane di edera inverosimilmente lunghe.
Assorto com'era nella sua contemplazione non si rese conto che qualcuno si stava avvicinando all'auto, e quando la portiera sbatté richiudendosi quasi sobbalzò nel ritrovarsi Alexis di nuovo seduta al suo fianco.
La guardò posare una busta di carta nel sedile posteriore intenta a masticare qualcosa.
"Ho preso qualche provvista nel caso ti venisse fame..." Lo informò interpretando la sua espressione interrogativa.
Risistemandosi al suo posto apri la bottiglia di plastica che aveva fra le mani per bere un sorso d'acqua per poi porgergliela.
Anche se un po' diffidente, questa volta il soldato accettò.
"Hai ricordato qualcosa?" Gli domandò.
Scosse la testa.
"Ed hai intenzione di entrare?" Ritentò nuovamente lei.
Sta volta James annui, senza però degnarla di uno sguardo.
La sentì sospirare prima di abbandonare il capo contro il vetro del finestrino.
La possibilità di recuperare qualche frammento della sua vecchia vita lo spaventava, ma allo stesso tempo lo faceva sentire meglio. Era stufo di vivere in quello stato permanente di incertezza, ormai non sapeva più a cosa crede e se almeno prima credeva di sapere cosa fosse, ora che anche quell'unica certezza aveva vacillato il suo essere soldato gli imponeva di vivere seguendo un obbiettivo che ora era recuperare il suo passato.
In silenzio attesero il passare delle ore finché non calò il sole e il buio della notte avvolse, le mura e gli interni della città come una coperta scura e silenziosa. Senza parlare il soldato scese dalla macchina e registrò Alexis fare lo stesso.
Si avvicinò cauto alla all'abitazione, finché dopo pochi passi non si blocco a metà strada.
Superato il muro che divideva quelle vecchie abitazioni dalla strada James individuò a pochi isolati di distanza da casa sua un'altra abitazione simile all'altra, cambiò direzione avviandosi verso quella che aveva attirato maggiormente la sua attenzione, salì i pochi scalini arrivando sul portico. La porta d'ingresso era inchiavata, abbassò lo sguardo sulla pietra posta al lato dell'ingresso e senza riuscire a spiegarsi il motivo gli diede un calcio, questa spostandosi rivelò una vecchia chiave arrugginita.
"Come facevi a sapere che era li?" La voce della ragazza lo riporto per un istante alla realtà, ma nonostante ciò non rispose.
Infilò la chiave nella toppa e con un leggero scricchiolare questa si aprì. L'odore di umido e di chiuso fece storcere il naso ad entrambi, la fioca luce dei lampioni della strada filtrava dalle assi scrostate che sbarravano le finestre, donando così all'intero ambiente un aria ancora più lugubre di quanto non lo fosse già di suo.
Al centro della stanza c'era un vecchio divano pieno di buchi dai quali James era certo di aver scorto un paio di occhietti gialli che lo osservavano sospettosi. Topi probabilmente.
Il pavimento di piastrelle era scheggiato e i battiscopa in fondo alle pareti erano discontinui o del tutto assenti, lasciando cosi in bella mostra i muri sporchi e pieni di muffa.
Addentrandosi di più nella casa si poteva scorgere un vecchio caminetto con diversi mattoni staccati, sulla mensola c'era una vecchia foto con la cornice di vetro rotta.
James si avvicinò afferrandola fra le mani. Ritraeva un ragazzetto piccolo e scheletrico, somigliava tremendamente a Captain America, probabilmente era lui prima di essere sottoposto al trattamento.
Per un attimo, tutto ciò che aveva intorno sparì, la casa assunse di nuovo un aspetto più vivibile e dalla porta alle sue spalle sbucarono due ragazzini di più o meno dodici anni che si precipitarono verso una donna intenta a cucinare dando loro le spalle.
"Mamma, Bucky può rimanere qui sta notte!"
La donna si voltò nella loro direzione sorridendo bonariamente al figlio piccolo.
"Certo che può fermarsi... Ma dove vuoi farlo dormire?"
"Potremo tirare giù i cuscini e dormire per terra!" Propose l'altro ragazzino sorridendo allegro.
La donna alzò gli occhi al cielo sbuffando divertita. "E va bene!" Concesse alla fine.
Il due bambini esultarono scambiandosi il cinque.
Lo scenario cambiò e la casa si svuotò, era di nuovo da solo e al buio da fuori arrivavano le voci di due uomini.
"Dai fammi restare, è la prima notte che passi da solo."
"Bucky, non ce n'è bisogno!"
I due bambini di poco prima, ora molto più grandi se ne stavano fuori dalla casa a discutere.
"Steve è appena morta tua madre, io dico che c'è n'è bisogno..."
Dall'altra parte non arrivò risposta così il ragazza che rispondeva al nome di Bucky insistette. "Dai fammi restare, tireremo giù i cuscini del divano come quando eravamo ragazzini."
Alla fine Steve si lasciò convincere e dalla porta entrarono i due amici. James si ritrovò a guardare confuso un uomo praticamente identico a lui, fatta eccezione per i capelli molto più corti e vestiti decisamente più antiquati.
James a quel punto capì.
Non era stato Rogers a mentirgli, bensì quegli uomini che per anni gli avevano riempito la testa di parole vuote su come lui fosse il mezzo necessario per garantire la sicurezza del suo paese e che per anni si erano serviti di lui come un'arma.
Lui e Captain America erano davvero amici, non nemici.
L'Hydra lo aveva sfruttato per anni portandogli via la sua vita, gli avevano impedito di vivere di gestire le sue scelte.
Lo avevano privato del libero arbitrio riducendolo ad una marionetta.
Chissà quante a quante vite innocenti aveva posto fine.
"James..."
Troppo arrabbiato per riuscire a ragionare non ascoltò quel richiamo, il pulsare furioso del sangue nelle vene gli annebbio i sensi impedendogli di reagire alla voce della ragazza al suo fianco.
"James!"
La sua voce lo raggiunse una seconda volta, ma ancora troppo debole perché lui potesse sentirla...
"JAMES!"
Si sentì tirare si lato le braccia della ragazza che gli placcavano la vita facendolo finire a terra. Una scarica di colpi crivellò le finestre e finalmente il soldato reagì, porto sotto al suo corpo la ragazza che per la seconda volta gli aveva salvato la vita facendole da scudo, mentre una seconda scarica di proiettili faceva saltare un'altra finestra, sentì Alexis sotto di se aggrapparsi alla sua maglietta e nascondere il capo sul suo petto, rimasero immobili in quella posizione finche i colpi non cessarono lasciando spazio solo alla polvere ed al silenzio.
"Verranno a controllare se c'è ancora qualcuno vivo. Resta giu."
James si sollevò dal corpo della ragazza dirigendosi velocemente verso la porta che si spalancò all'improvviso.  James non si fece cogliere impreparato e in un attimo atterrò i due uomini.
Afferrò il primo per il braccio con cui impugnava una pistola disarmandolo e senza pensarci troppo sparò all'altro.
A distrarlo fu l'urlo della ragazza che si era lasciato alle spalle, non fece in tempo però ad andare in suo soccorso, che altri tre uomini furono su di lui.
Se fosse stato un uomo qualsiasi quella sarebbe stata sicuramente una lotta impari, ma lui non era un uomo comune e nonostante i suoi aggressori fossero evidentemente ben addestrati, il soldato riuscì a difendersi con facilità.
Disarmò l'uomo con il coltello assestandogli un forte colpo dietro la nuca con piede della pistola, l'uomo stramazzò a terra e cadendo lascio andare il coltello che volò lontano. Il secondo si avventò su di lui alla cieca nel tentativo di colpirlo, venendo prontamente bloccato dal soldato che dopo aver piegato il braccio del suo aggressore in una posa innaturale, uso la sua stessa pistola per sparare al terzo. Strattonò il braccio dell'uomo strappandogli un grido di dolore che scemò poi in un gemito sommesso quando James lo tramortì scaraventandolo contro la parete alla sua destra.
In fretta corse in soccorso della ragazza che incredibilmente aveva steso da sola due uomini, aveva un piccolo taglio sul braccio, ma per il resto sembrava illesa.
Le si avvicinò in due ampie falcate e prendendola per le spalle la riscosse da quello stato di shock che sembrava essersi impadronito del suo corpo.
"Stai bene?" Le domandò. Aveva ormai perso il conto delle volte che gli aveva rivolto quella domanda.
Alexis lo fissò per qualche istante con aria smarrita e per un attimo James temette che non l'avrebbe riconosciuto.
"Si... Sto bene..." Rispose alla fine.
"Come hai fatto?"Le chiese lui indicando i due uomini ai suoi piedi.
"Non lo so..." Alexis sembrò più sorpresa di lui per quanto aveva appena compiuto.
Il soldato non ebbe tempo di indagare ulteriormente il tempo stringeva e la possibilità che da un momento all'altro arrivassero i rinforzi era tutt'altro che remota.
Dovevano muoversi.
"Dobbiamo andare!"
Alexis annui debolmente e James dovette sostenerla, mentre uscivano dalla casa visto come le tremavano le gambe.
Con la coda nell'occhio la vide  fissare per alcuni istanti il corpo dell'uomo, probabilmente morto, steso a terra mentre sfilavano al suo fianco dirigendosi verso l'uscita, si sarebbe aspettato una qualche reazione da parte sua, invece la ragazza restò in silenzio continuando a seguirlo docilmente.
Alla svelta tornarono verso l'auto e sta volta fu lui a mettersi alla guida. Qualcuno doveva aver avvertito la polizia perché i suoni delle sirene delle volanti riempirono presto il silenzio di quella notte decisamente poco serena.
Il soldato mise in moto immettendosi nel traffico pressoché inesistente di quell'ora, allontanatosi il più velocemente possibile da quella casa, lanciò uno sguardo alla ragazza seduta sul sedile passeggero.
Sembrava completamente sotto shock ed ora teneva gli occhi chiusi e il capo abbandonato contro il poggia testa.
Aveva steso due uomini ben addestrati la dentro e diceva di non sapere come avesse fatto, di nuovo per l'ennesima volta da quando l'aveva incontrata, James torno a porsi la stessa domanda: Chi era davvero quella ragazza?
 
Alexis non riusciva a dormire.
Non per colpa del letto, che di certo non era da albergo a cinque stelle, ma aveva dormito in posti peggiori e un esempio era il letto d'ospedale in cui aveva passato diversi mesi.
Non era il letto il problema, il problema era che sentiva dolore da per tutto, il taglio sul braccio non era stato un problema, era una ferita superficiale era bastato disinfettarlo per far si che non le desse più noia.
Tutto sommato la stanza di quel motel, non era poi tanto male, tralasciando gli scarafaggi e la polvere certo.
Il letto e il divano però erano abbastanza in buono stato e il bagno piuttosto pulito. In fondo per i pochi dollari che avevano pagato quello era decisamente un posto più che decente. Per far entrare James nella camera si erano accordato di aspettare almeno mezzanotte così che il soldato potesse raggiungerla senza essere notato.
Il fruscio della pelle del divano attirò la sua attenzione e sollevandosi a sedere sulle lenzuola Alexis proiettò lo sguardo in quella direzione trovando James che sembrava avere un sonno piuttosto leggero visto che, lo aveva sentito rigirarsi più volte e mormorare parole sconnesse per tutto il tempo che aveva fissato il soffitto da quando era entrata in quella stanza buttandosi a peso morto sul letto, sicura di riuscire a prender sonno non appena toccato il materasso.
Invece ora si sentiva tutta ammaccata e dolorante.
Sospirò guardando fuori dalla finestra il cielo stellato, senza riuscire ad impedirlo i ricordi la riportarono a poche ore prima quando quegli uomini l'avevano aggredita nella vecchia casa di Captain America, ancora non riusciva a credere di aver steso quei due in uno scontro fisco, non si credeva capace di tirare pugni o calci, e invece quando quell'uomo l'aveva presa alle spalle era stato più forte di lei ed aveva reagito.
A quei pensieri una fitta all'addome la fece trasalire, anche se era riuscita a difendersi egregiamente, quelle persone erano pur sempre addestrate e lei era solo una ragazza che chissà come conosceva qualche mossa di karate e box.
Anche se credeva di essere riuscita ad incassare quei colpi piuttosto bene ora il suo momento da wonder woman lo stava pagando a caro prezzo.
Si alzò dolorante dal letto e cercando di non fare alcun rumore si avviò verso il bagno, quando passò di fianco al divano smise quasi di respirare cercando di non sollevare nemmeno un granello di polvere.
Quando finalmente entro in bagno si richiuse cautamente la porta alle spalle e sospirò di sollievo quando fu completamente chiusa.
Accese la luce, soffocando un grido quando si accorse del ragno che lento gli stava zampettando sulla mano, scacciò via il piccolo esserino schifoso dalla sua mano e quando questo cadde a terra, lo fissò sfrecciare verso il buco alla base delle piastrelle della doccia.
Un po' infreddolita si avvicinò allo specchio poggiato sul muro di fianco al lavandino, era un po' traballante, ma tutto sommato almeno riuscì a vedersi dalla testa ai piedi.
Si guardò allo specchio scoprendosi la pancia dalla maglietta bianca a manica corta che indossava come pigiama. Sulla pelle chiara vicino all'ombelico spiccava un vistoso livido violaceo che le raggiungeva quasi il fianco, sfiorò il lembo di pelle con le dita rabbrividendo per il freddo che queste le trasmettevano tanto erano gelate. Incredula per quello che stava vedendo davanti allo specchio non si accorse che James aveva aperto la porta ed ora se ne stava alle sue spalle e la osservava perplesso.
Quando Alexis incrociò il suo sguardo attraverso lo specchio sobbalzo, voltandosi di scatto verso di lui si appoggio con la schiena al lavandino premendosi contemporaneamente una mano sul petto per lo spavento.
"Mi hai fatto prendere un colpo..." Esclamò con gli occhi sgranati.
Il Soldato non rispose limitandosi a fissarla, quando la ragazza si accorse della traiettoria che aveva il suo sguardo cercò di coprirsi, ma James la bloccò. Si era avvicinato senza far rumore afferendole la mano delicatamente costringendola a scostarla da se.
"Fa vedere." Parlò sottovoce come se temesse di svegliare qualcuno.
Alexis si torturò il labbro inferiore con i denti trovandosi indecisa sul da farsi, ma poi alla fine decise di assecondare la sua richiesta, lentamente sollevò il bordo destro della maglietta scoprendo così la parte lesa.
Vide James sgranare gli occhi e guardarla incredulo, allungò una mano a sfiorarle la pelle, e un brivido la percorse da capo a piedi quando avvertì il calore delle sue dita su di se. James traccio i contorni di quel livido violaceo che stonava tremendamente con la pelle della ragazza e Alexis si stupì della delicatezza di quella carezza, quando il soldato alzò lo sguardo su di lei, le sembro che qualcuno avesse risucchiato via tutta l'aria della stanza lasciandola così un apnea. Lo vide contrarre la mascella e guardarla con un tale tumulto nello sguardo che per un attimo Alexis ne restò intimorita.
"Mi dispiace..." Mormorò in fine sorprendendola.
"Non è colpa tua." Cercò di rassicurarlo. Tirò giù la maglietta tornando a coprirsi. "Ho voluto stra fare e ora ne pago le conseguenze..."
James la scrutò senza però abbandonare quell'aria colpevole.
"Ehi..." Allungò appena una mano per sfiorare il dorso della sua facendolo trasalire. "Non è stata colpa tua, tu non centri niente."
"Come fai a dire che non è colpa mia? Sono stato io a trascinarti in tutto questo."
Alexis scrollò le spalle. "Ma sono stata io a scegliere di aiutarti, ho rischiato sapendo chi fossi."
"Se non fossi rimasto più del necessario, non mi avrebbero cercato a casa tua."
Di nuovo Alexis scosse il capo. "Magari sarebbero arrivati dopo e non trovandoti mi avrebbero uccisa lo stesso. Mi hai salvato la vita."
"Dopo che tu l'hai salvata a me..."
Alexis sta volta sorrise. "Direi che siamo pari." James restò in silenzio non sapendo bene cosa risponderle.
"E poi..." Continuò la ragazza. "Non sono l'unica con dei lividi." Allungò una mano a sfiorargli il lembo di pelle vicino al braccio bionico, James sussultò, ma non si ritrasse.
Alexis ne percorse i contorni arrossati e si stupì del contrasto tra la pelle calda di lui e la sua così fredda.
Alexis avrebbe tanto voluto stringersi a lui e più semplicemente la verità era che aveva sempre avuto bisogno di aggrapparsi a qualcuno.
Avrebbe avuto bisogno di scaldare in qualche modo quel blocco gelido che aveva al centro del petto, in fondo loro due erano così simili eppure così diversi entrambi senza passato e ora chissà, probabilmente anche senza futuro, solo che a differenza sua James aveva la rabbia ad infiammargli le vene, in lei invece c'era solo una gelida rassegnazione.
Lo guardò un attimo negli occhi prima di sciogliere quel lieve contatto fra di loro.
"Tu invece? Perché non riesci a dormire?" Gli domandò alla fine. James sospirò.
"Incubi, flash, forse ricordi... Non lo so."
"Credi che tornerà?" Domandò di punto in bianco. "La memoria intendo..."
James la osservò senza rispondere, ma limitandosi a scrollare le spalle.
"Forse per me sarebbe preferibile che non lo facesse..."
Il soldato gli diede le spalle tornandosene in camera e Alexis fece lo stesso, lo segui con lo sguardo mentre si appoggiava allo stipite della finestra lasciando vagare lo sguardo fori da essa.
Sembrava così lontano in quel momento, i suoi occhi azzurri e limpidi come specchi riflettevano il cielo stellato senza vederlo realmente, sembravano vuoti e assenti, persi in chissà quali pensieri.
Si rivide in lui per in momento, lei stessa sapeva di avere quell'espressione quando si era svegliata per la prima volta in quel letto d'ospedale.
Certo, la sua esperienza era star decisamente meno travagliata e si stupiva che il soldato non soffrisse di uno stress post-traumatico.
Lasciò vagare lo sguardo per la stanza soffermandosi per un attimo sul piccolo divano che ospitava il soldato, era decisamente piccolo, se lei avesse avuto la sua stazza sarebbe sicuramente finita per terra dopo nemmeno dieci minuti, osservò il letto a due piazze sul quale dormiva e si sentì in colpa.
Quando sentì i passi dell'uomo spostarsi per la stanza dirigendosi verso il suo giaciglio Alexis lo bloccò.
"Ehi James, aspetta..."
Il soldato arrestò il passo bloccandosi sul posto e scoccandole nel frattempo un occhiata interrogativa.
"Se vuoi..." Deglutì a fatica. "Puoi dormire qui... Con me..." Mormorò indicando il letto sul quale si era seduta. Dio, nella sua testa quella proposta era suonata meno fraintendibile di quanto non lo fosse in realtà soprattutto ora che lui la fissava con quei suoi occhi taglienti come il ghiaccio.
La scrutò sospettoso, evidentemente non riuscendo ad interpretare bene la natura della sua offerta.
Alexis deglutì nervosamente cercando di spiegarsi meglio. "Ci stiamo anche in due... E quel divano è decisamente troppo piccolo per te... Oppure possiamo fare a cambio."
Come diavolo le era venuto in mente di proporgli una cosa del genere? Era impazzita ne era certa.
"Va bene."
Sicuramente nella sua testa quell'idea non le era sinceramente apparsa così ambigua, non aveva un doppio fine voleva solo essere una gentilezza... Un momento. Che cosa aveva detto?
Non ebbe tempo di chiederlo perché il letto cigolò sotto il peso di una seconda persona, James si era seduto dall'altro lato del letto sdraiandosi in un paio di secondi.
James si era steso di fianco a lei per poi girarsi dandole le spalle, senza dire una parola o altro. Ancora visibilmente stupita e scioccata tardò alcuni secondi prima di rimettersi a sua volta a dormire. Guardò la schiena nuda di James seguendone la linea della spina dorsale fino ai fianchi, aveva la pelle chiarissima e sembrava essere anche incredibilmente liscia. Chissà come sarebbe stato toccarla.
Scosse il capo maledicendo i propri pensieri, convincendosi ogni volta sempre di più di stare impazzendo. Si sdraiò a sua volta chiudendo gli occhi e cercando di dormire.
Inutile dire che fu tutto inutile.
Oltre al suo malessere fisico, c'era quello psicologico di James a turbarla, da quando aveva chiuso gli occhi addormentandosi non aveva fatto altro che agitarsi mormorando parole sconnesse, quando si era voltata a guardarlo l'aveva visto strizzare gli occhi e poteva chiaramente vedere i suoi occhi sotto le palpebre agitarsi convulsamente.
Si girò su un fianco verso di lui osservandolo preoccupata, James ora giaceva supino, la pelle imperlata di sudore.
Avvicinò una mano a sfiorargli la spalla nuda nel tentativo di sveglirlo strappandolo così da quell'evidente stato di disagio, ma James reagì.
In un attimo Alexis si ritrovò schiacciata sotto al suo peso con la lama di un pugnale puntato alla gola, sgranò gli occhi incrociando quelli spalancati ed allucinati di lui, non aveva nemmeno fatto in tempo a lanciare un grido di terrore, talmente erano stati rapidi e repentini i movimenti di lui. Si trovò a trattenere il fiato, mentre avvertiva quello caldo ed irregolare di lui sul viso, in netto contrasto con i sudori freddi che quel pugnale premuto sulla sua giugulare le provocava.
"James, sono io..." Sussurrò il più piano possibile, timorosa che anche il più piccolo movimento potesse segnare la sua fine. Deglutì a fatica percependo distintamente la fredda lama, aumentare la pressione. "Sono io James, non voglio farti del male. Lasciami..." Per un attimo il significato delle sue parole le suonò assurdo, non era certa di chi potesse fare male a chi.
Il soldato sopra di lei serrò per un istante gli occhi aprendoli subito dopo e in uno sprazzo di lucidità la lasciò sollevandosi a sedere di scatto liberandola dalla sua mole.
Alexis non si era accorta di tremare e prima di potersi sollevare dovette cercare di calmarsi a sua volta e solo quando ebbe vinto il tremolio che sembrava essersi impossessato delle sue mani si avvicinò con cautela a lui.
Avvicinò una mano alle sue e quando il soldato sollevo lo sguardo ancora annebbiato su di lei, la ragazza lo sostenne, in assoluto silenzio controllando anche il suono del suo respiro gli sfiorò le dita della mano metallica con le sue ed azzardandosi a parlare cercò di convincerlo a posare l'arma.
"Lascialo James." lo supplicò.
Il soldato allentò la presa permettendo ad Alexis di disarmarlo.
Nonostante la calma surreale di quel momento James continuava ad avere il respiro agitato, ogni muscolo del suo corpo era teso ed in allerta.
Posò il coltello lasciandolo a terra ed il più lontano possibile da lui. Doveva cercare di calmarlo, sembrava come una mina innescata, pronta ad esplodere da un momento all'altro, solo il fatto che non le avesse fatto concretamente del male la incoraggiava.
"James guardami."
Il soldato la ignorò e Alexis dovette trovare un altro modo per farsi ascoltare. Si portò in ginocchio sul materasso di fronte a lui afferrandogli il viso con le mani costringendolo a guardarla.
"James guardami." Ripeté, avvertendo nuovamente il respiro caldo di lui infrangersi sul suo viso. "Qualsiasi cosa tu abbia visto o tu stia ancora vedendo non è reale. È finito stavi sognando."
Finalmente il soldato sembrò guardarla veramente, iniziando forse a rendersi conto di essere sveglio. Aveva ancora il respiro pesante ed incredibilmente accelerato, ma forse finalmente stava riacquistando coscienza.
"Calmati. Respira." Gli posò una mano sul petto, facendo lievemente forza per non farlo sollevare troppo velocemente.
"Sei al sicuro. Non sei solo, ci sono io. Respira."
James la guardò intensamente per alcuni istanti prima di chiudere gli occhi e premere la fronte contro la sua in un gesto sconsolato.
Restarono immobili e in silenzio in quella posizione per un tempo indefinito, finche lui non si fu calmato.
Era strano stargli così vicino, fino a pochi istanti prima cercava di farlo desistere dall'intento di tagliarle la gola e ora si trovava nella situazione di doverlo calmare, si disse che forse era il caso di abituarsi a quei continui cambi di umore.
Sobbalzò nel sentire le dita di James sfiorarle il collo nel punto esatto in cui poco prima aveva premuto la lama del coltello, non si era nemmeno resa conto di sanguinare, solo ora che vedeva le dita di James leggermente sporche di sangue prese coscienza di quanto si era avvicinata alla morte.
"Mi dispiace..." Il sussurro usci strozzato dalla bocca di James che si scostò da lei cercando di allontanarla.
"Ehi, ehi, calmati, va tutto bene è solo un graffio." Lo trattenne vicino a se. "Però la prossima volta andiamo a dormire senza armi addosso." Si sforzò di sorridere e James la guardò incredulo.
"Tu sei pazza..."
Sta volta Alexis rise sul serio. Come dargli torto.
"Beh, ti ringrazio. Forse insieme alla memoria ho preso anche il buon senso."
Restarono in silenzio continuando a fissarsi negli occhi entrambi fermi nelle loro posizioni, finché Alexis facendo pressione sul petto di lui lo invitò a stendersi di nuovo ed incredibilmente il soldato ubbidì, si lasciò trascinare dai movimenti lenti di lei che si posizionò al suo fianco senza smettere di ascoltare il suo cuore con il palmo della mano mentre si calmava.
Chiuse gli occhi sentendosi improvvisamente stanca, probabilmente iniziando ad accusare la fatica di quella lunga ed assurda giornata. Pensò al suo lavoro, a Violet, Sharon e Joe le uniche persone con una qualche importanza nella sua vita, pensò che probabilmente non le avrebbe più riviste.
Nonostante i malinconici pensieri che le affollavano la mente per la prima volta da quando si era risvegliata in quell'ospedale sentì che forse la sua vita avrebbe ripreso ad avere un senso.

 
 
Angolo "autrice"
Eeeeh sono in ritardo!!!
Buona sera a tutti, mi scuso per aver impiegato tutto questo tempo ad aggiornare, ma purtroppo  oggi in casa mia è scoppiato il putiferio... Credo che prima o poi prenderò il mio cuscino il telefono e il pc ed andrò a vivere sotto un ponte vicino ad una connessione Wi-Fi. Sono stressata... Ho bisogno di ferie...
Tralasciando le mie paturnie, direi di passare al capitolo che secondo me è mostruosamente lungo! Mentre leggevo per correggerlo mi sembrava di non finire mai, è una mia impressione o è davvero un papiro?
Come potete vedere, o meglio leggere, ho fi nuovo cercato di cimentarmi nuovamente con qualche piccola scdna d'azione e visto che sono sempre un po' incerta su queste cose, un vostro parere non mi dispiacerebbe affatto. Inoltre c'è un altra cosa a preoccuparmi... Secondo voi il loro "avvicinamento" è stato troppo repentino o affrettato? Ovviamente non sarà sempre così ma mi farebbe piacere sapere se non ho forzato troppo le cose. Ripeto non saranno sempre così... Anzi.
Non so se avete notato, ma ho continuato ad inserire qualche scena del film, certo, la madre di Steve l'ho inventata di sana pianta, nel tentativo di dare un momento di felicità a tutti i nostri protagonisti. Spero di nuovo di non aver fatto disastri.
Ora chiudo perché credo di aver straparlato, come al solito. E sempre come al solito se vorrete farmi sapere un vostro parere io sarò più che lieta di accettarlo positivo o negativo che sia, anche perché devo migliorare ed ho sempre paura di non riuscire a descrivere e far capire bene ciò che la mia testolina bacata elabora!!
Ora vi saluto per davvero.
Alla prossima, baci Lucy <3
(Come sempre perdonate e segnalate eventuali errori ^^)
  
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