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Autore: Lucyvanplet93    24/08/2015    3 recensioni
Sequel/prequel di "Insieme.", estratto della storia che mi sono decisa solo ora a pubblicare per intero.
Riprendo dalla fine del secondo film Di Captain America, con James impegnato nel recuperare i suoi ricordi e la sua vita passsata.
Durante una delle sue innumerevoli fughe dall'Hydra Il Soldato si imbatte in una curiosa ragazza che come lui sembra aver perso la memoria e che presto si rivela essere molto più intelligente e "pericolosa" di quel che sembra.
Insieme intraprenderanno un viaggio nel tortuoso ed insidioso sentiero dei ricordi, recuperando pezzi di loro stessi e completandosi a vicenda.
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Storia forse dall'inizio un pò banale, ma che mi sono impegnata a rendere il più "intricata" possibile.
CAPITOLO 9 DI AVVISO. AVVISO CHE VERRA' RIMOSSO NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO.
Genere: Azione, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Natasha Romanoff, Nuovo personaggio, Steve Rogers, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Visitare di domenica mattina uno dei campi di addestramento dell'esercito americano della prima guerra mondiale non era di certo l'idea di divertimento che aveva Alexis, in più quella prima domenica di settembre era decisamente troppo fredda per quel periodo.
Forse era proprio il luogo un cui si stavano dirigendo ad emanare quell'atmosfera di gelo, perché più si avvicinavano e più Alexis sentiva freddo.
Al contrario suo invece James sembrava perfettamente a suo agio, indossava ancora gli abiti che lei gli aveva procurato e per quanto si sforzasse di ricordare, la giacca che indossava non era poi così pesante.
Un refolo di vento le si era insinuato fra i vestiti facendola rabbrividire all'interno di quel cappotto che si era procurata quella mattina stessa appena lasciato l'albergo.
Di nuovo James si era ritrovato contrario al suo metodo di procurarsi ciò che serviva loro per sopravvivere, proprio non riusciva a capire che finché lei avesse avuto soldo da spendere, rubare era fuori discussione.
Fatta eccezione per le macchine certo.
Quel giorno si erano spostati con la metro e perciò non avevano compiuto nessuna azione illegale per raggiungere la loro meta.
Soffocò uno sbadiglio causato dalla stanchezza che quella notte turbolenta aveva portato con se. James l'aveva quasi uccisa, e se ci ripensava poteva ancora sentire distintamente la lama del coltello premerle alla gola, lo stesso James che poi le aveva detto di essere pazza mentre cercava di calmarlo e rassicurarlo. In effetti non poteva dargli torto, considerando anche il fatto di essere riuscita ad addormentarsi solo dopo aver avvertito la vicinanza dello stesso uomo che poco prima l'aveva "aggredita."
Non avevano praticamente parlato da quando avevano riaperto gli occhi, James sembrava incapace di riuscire a guardarla negli occhi e lei, che solitamente faticava a starsene zitta, questa volta non aveva granché da dire.
Si erano limitati a scambiarsi due parole mentre si avviavano verso la metro, Alexis ci teneva almeno a sapere dove fossero diretti.
Ancora assorta nei suoi pensieri non si accorse che James si era fermato, finendogli così addosso. Non capendo il motivo della sua brusca interruzione cercò di guardarlo in volto ma tutto ciò che ottenne fu di sentirsi tirare bruscamente per un braccio per poi finire nascosta insieme a James dietro ad una quercia.
"Che diavolo..." James la zittì tappandole la bocca con una mano per poi farle un cenno con il capo per indicare qualcosa di fronte a lui.
Un paio di uomini vestiti da militari li superarono di corsa.
"Soldati dell'Hydra?" Domandò.
James scosse il capo. "Non lo so, forse."
Alexis tenne lo sguardo puntato nella stessa direzione in cui guardava quello di James e solo allora si rese conto di quanto fossero vicini.
Certo che era proprio alto, anche se dal suo metro e sessantacinque scarso, non poteva essere il contrario.
Quando il rumore dei passi si fu allontanato abbastanza, James controllò che non ci fosse nessun altro nelle vicinanze oltre a loro prima di uscire allo scoperto, ma ormai l'unico rumore che regnava incontrastato era lo scricchiolio dei ramoscelli spezzati sotto ai loro piedi.
Il soldato le fece cenno con il capo di seguirlo e la ragazza non protestò.
Camminarono per diverse miglia ancora e Alexis iniziava seriamente a domandarsi se sarebbero mai arrivati.
Si muovevano lentamente all'interno della foresta che costeggiava la strada principale, Alexis doveva perennemente tenere lo sguardo al suolo per evitare di inciampare e cadere a terra e contemporaneamente cercava di non perdere di vista James anche perché se così fosse stato probabilmente avrebbe dovuto imparare ad andare a caccia ed ad accendere il fuoco. Non era brava ad orientarsi nel posti che non conosceva.
Stava già figurandosi l'immagine di lei mentre si costruiva un capanna con le foglie di bambù ed un gonnellino di foglie dello stesso materiale. Che poi, c'erano le foglie di bambù nella foresta?
Talmente distratta dai suoi assurdi pensieri non si era nuovamente resa conto che James aveva arrestato il passo una seconda volta e così gli finì addosso, il soldato non sembrò nemmeno accorgersene, sembrava diventato sul serio di ghiaccio.
"Siamo arrivati." Continuò a guardare di fronte a se, sembrava stesse parlando da solo piuttosto che con lei.
Alexis gettò lo sguardo oltre la sua spalla restando per un attimo interdetta di fronte allo spettacolo che le si parava davanti.
La maggior parte di ciò che aveva davanti agli occhi era composto prevalentemente da macerie, giusto un paio di edifici si reggevano ancora in piedi per miracolo e sembravano da poco sopravvissuti ad un bombardamento.
Quel posto sapeva d'abbandono, di un qualcosa che era servito in passato e che ora era stato gettato nella spazzatura perché ormai inutilizzabile. Ormai le guerre si consumavano internamente ad un sistema, c'erano i complotti e gli inganni che avevano sostituito le battaglie sul campo, certo forse era meglio così, non ci sarebbero state più morti inutili di vite cadute sui campi di battaglia, ma almeno chi combatteva lo faceva per qualcosa di importante, valori come la libertà e l'uguaglianza.
Se per Alexis la guerra era inutile, il mondo in cui viveva ora ne era forse diventato la prova, chi combatteva ora lo faceva per il potere e per denaro e i pochi che si ribellavano venivano messi a tacere.
Alexis non sapeva se gli eroi esistevano, fatto sta che il mondo ne aveva disperatamente bisogno.
Osservò l'edificio alla sua destra che doveva essere stato un dormitorio, soffermandosi sulla vernice scrostata e sui vetri in parte scoppiati delle finestre.
James si mosse e Alexis lo seguì.
Se per un attimo aveva creduto che quello che era successo la notte prima potesse aiutarli a stabilire un qualche contatto, ma ora si trovava costretta a ricredersi. Si era accorta di come James fuggisse continuamente al suo sguardo, di come non le si avvicinava più del necessario e di come cercasse quasi involontariamente di non farla a sua volta avvicinare.
La teneva a distanza e lei lo sentiva, il problema era che non sentiva solo quell'impalpabile ed invisibile barriera con il quale lui la respingeva. Lei sentiva lui.
Sentiva il suo respiro, che sapeva essere insensatamente caldo, sentiva le sue paure, le sue insicurezze e le sue fragilità, solo che fin quando lui avesse continuato a respingerla non avrebbe potuto aiutarlo, nonostante fosse tutto ciò che volesse.
Aveva bisogno di tempo e questo lei poteva accettarlo, in fondo era certa che non si fidasse ancora completamente, e forse non era più nemmeno capace di fidarsi di qualcuno.
Ma Dio, lei riusciva ancora a percepire la sensazione della sua pelle sotto alle dita, e il volerlo aiutare non sarebbe bastato a lavare via quella percezione, e neanche il sapone temeva.
Si riscosse dai sui oziosi pensieri portando lo sguardo verso il calar del sole e cercando di non perdere di vista la sua "guida". Lo vedeva muoversi circospetto aspettandosi chissà quale agguato, lo sguardo che saettava da una parte all'altra del perimetro della zona studiando ogni muro, roccia o pietra che lo circondava.
Regalava un silenzio spettrale tutt'intorno a loro, nemmeno l'aria si muoveva, era tutto di un immobile quasi surreale.
Senza fiato.
Esattamente come si era mosso James si bloccò al centro di quella radura, impietrito, anche lui come ogni cosa intorno a loro.
Non capendo cosa stesse accadendo all'uomo davanti a se gli si avvicinò con cautela, memore dell'epilogo che aveva avuto l'iniziativa della notte prima.
Peccato che ogni buon proposito di agire con cautela fallì nel momento in cui lo vide portarsi entrambe le mani alla testa e guardarsi intorno con gli occhi sgranati. Lo vide crollare sotto il peso di chissà quale ricordo che lo costrinse a poggiare un ginocchio sull'arido terreno sotto ai loro piedi, lo vide sostenersi con una mano e gemere dal dolore.
Senza nemmeno rendersene conto Alexis aveva seguito ogni suo movimento, inginocchiandoglisi davanti cercando i suoi occhi.
"Guardami James, mi senti?" Cercò di richiamarlo, senza però avere successo.
Sembrava essere sordo a qualsiasi tipo di richiamo, il respiro talmente accelerato che dal terreno si sollevarono delle nuvole di polvere.
Alexis non aveva mai recuperato mai nemmeno un ricordo della sua vita passata, ma sapeva quanto dolore si provasse nel tentativo di recuperarli.
James doveva aver ricordato qualcosa in quel posto e ora lo sforzo di recuperare più pezzi possibile lo stava distruggendo.
"James ascoltami!" Lo scrollò per le spalle strattonandolo. "Ascoltami!! Sono qui sono reale non perderti nel passato."
James non diede segno di averla sentita, ma il fatto che ora i suoi occhi avevano incrociato per un istante i suoi le fece capire che forse era riuscita ad aprirsi un piccolo varco nella sua mente confusa.
"Non cercare di opporti e non sforzarti nemmeno di ricordare più del dovuto. Lasciali entrare, lasciali attraversarti e respira. Qualsiasi cosa tu stia vedendo finirà. Non opporti."
James dopo un istante che parve infinito riprese a respirare regolarmente e anche Alexis lo fece, rendendosi conto che fino a quel momento era rimasta in apnea timorosa che anche il minimo spostamento d'aria potesse innescare una qualsiasi sua reazione poco amichevole.
Quando James finalmente la guardò sembrava distrutto, completamente fuori fase e incredibilmente fragile, ma durò un secondo, un battito di ciglia e di nuovo la ragazza si trovò respinta dalla solida barriera di ghiaccio dei suoi occhi.
Lo guardò alzarsi in piedi, ancora malfermo sulle gambe, scrollandosi di dosso le sue mani. Guardò dritto davanti a se e senza dire una parola iniziò a muoversi verso il cumolo di macerie al centro del campo. Completamente spiazzata da quel repentino cambio di atteggiamento, Alexis resto bloccata a terra incapace di reagire e di fare qualcosa di diverso dal guardarlo stralunata.
Solo quando lo vide scaraventare lontano un blocco di cemento di almeno dieci chili si riprese da suo shock momentaneo.
Si alzo in piedi apprestandosi a raggiungerlo.
"Ehi!" Lo richiamò. "Cos'hai ricordato? E si può sapere cosa stai facendo."
"Qui mi hanno addestrato prima che quelli dell'Hydra mi portassero via! Qui non c'era costruito niente nel 1950. Quindi perché ci sono le macerie di un edificio?" Le rispose brusco, scansando un altro blocco di cemento frantumandolo.
Continuò imperterrito la sua ricerca, ignorandola mentre cercava di aiutarlo a cercare nemmeno lei sapeva cosa.
Lasciò cadere lo zaino per muoversi più liberamente.
Almeno ora non aveva più freddo.
"James!" Lo chiamò dopo essere inciampata su quello che doveva essere gran parte del soffitto. "Qui sotto c'è qualcosa."
Il soldato la raggiunse e solo dopo essersi assicurato che ne valesse la pena, sollevo l'ammasso di cemento e acciaio che bloccava quella che doveva essere una specie di botola.*
Alexis la studiò, valutando che li dentro ci sarebbero potute stare a malapena due persone, anche se James ora che vi era sceso dentro con un balzo occupava gran parte dello spazio disponibile. Sotto i suoi occhi tastò le pareti di quell'angusto spazio finché con un sinistro metallico non creò un varco fra la roccia, estraendovi un scatola grigia di metallo e il lucchetto non poté nulla contro la bionica determinazione del soldato**, accartocciandosi sotto lo sue dita come un pezzo di carta.
Ed un pezzo di carta fu quello che realmente vi trovò al suo interno.
Lasciando cadere a terra l'involucro ormai vuoto che aveva contenuto il misterioso foglio di carta, James vi dedicò tutta la sua attenzione spiegandolo piano.
Sul foglio ingiallito dal tempo e con i bordi accartocciati c'erano scritti centinaia di nomi e cognomi.
In basso a destra i teschio dell'Hydra e un nome in cima a tutti: Zola.
"Che cos'è?" Domandò incuriosita.
James ripiegò piano il foglio facendolo sparire in una delle tasche del giubbotto.  "Il primo passo verso la mia vendetta."
 
James non avrebbe mai creduto di trovare rilassante la pioggia, almeno non fino ad ora.
Guardò l'inseguirsi delle gocce di pioggia sul vetro dello squallido motel in cui avevano deciso di passare la notte, certo, deciso non era proprio il termine adatto per descrivere come si erano ritrovati in quella stanza senza luce e senza riscaldamento, forse era più corretto dire che si erano fermati nel primo posto in cui erano capitati che disponeva di un qualcosa simile ad un letto e non poteva di certo biasimare Alexis se aveva deciso di dormire completamente vestita.
Non solo per via del freddo, ma anche perché probabilmente fra quelle lenzuola sarebbe stato possibile anche ritrovare un qualche tipo di microrganismo ancora sconosciuto alla scienza.
Lasciò andare il capo sullo schienale della poltrona sulla quale era seduto, cercando di riordinare le idee, almeno ora sapeva chi era.
James Buchanan Barnes, soldato dell'esercito, diciassettesima divisione, amico e membro della squadra di assalto di Steve Rogers meglio conosciuto come Captain America.
Una vita la sua che gli sembrava impossibile da aver vissuto.
Voltò di nuovo lo sguardo verso la ragazza che sia agitava nel sonno dietro di lui, che con un gesto secco si era messa supina girando il viso dal lato opposto al suo verso la finestra, la luce dei lampioni che costeggiavano la strada filtrava facilmente dalle tende appese alle finestre in maniera  alquanto precaria, permettendo al soldato di avere una visuale piuttosto buona su tutto ciò che la circondava.
I capelli scarmigliati le ricadevano scompostamente sul viso lasciando ben visibile la linea del collo ed inevitabilmente anche il segno ancora arrossato che aveva su di esso.
Il fatto di avere quasi tentato di ucciderla lo aveva scosso, aveva incrociato il suo sguardo terrorizzato ed era bastato quell'istante a farlo tornare in se, ed alla fine era stata lei a calmarlo convincendolo che tutto ciò che stava vivendo in quel momento in realtà era frutto solo della sua mente.
Riviveva ogni notte gli esperimenti fatti su di lui durante la sua cattura, l'elettroshock a cui veniva regolarmente sottoposto non era di certo fatto in anestesia e la sensazione di migliaia di aghi che ti pungono il cervello era l'unica sensazione che voleva dimenticare.
Alexander Pierce lo convinceva che i suoi non erano solo semplici omicidi, ma atti necessari e dovuti per rendere il mondo un posto migliore, peccato però che quegli "atti necessari" ora come ogni notte tornavano a tormentargli il cervello ricordandogli ciò che aveva fatto, erano solo frutto del suo subconscio che lo puniva -forse meritatamente- per tutte le sue colpe.
Vedeva i volti imploranti, le grida di terrore che invocavano un pietà che lui non avrebbe avuto.
E se non fosse stato solo una marionetta nelle mani di un burattinaio pazzo? Perché non si era mai ribellato? Perché ogni volta tornava dai suoi aguzzini alla ricerca di ordini? Se avesse guardato negli occhi le sue vittime come aveva fatto quella notte con Alexis, magari avrebbe potuto leggervi le stesse cose che aveva letto in quelli di Alexis.
Innocente.
Perché era questo che era lei e perché era questo che molti altri avrebbero potuto essere.
Innocenti.
Dio, non riusciva nemmeno a guardarla negli dopo quello che aveva rischiato di farle.
La osservò girarsi nuovamente tornando a dargli le spalle come pochi istanti prima. Se lui era inquieto nell'essere sveglio lei era decisamente agitata nel sonno.
Non ebbe nemmeno il tempo di pensare di alzarsi da quella poltrona sgangherata per andate a sciacquarsi la faccia che Alexis si mosse repentinamente, soffocando un grido e rischiando di franare a terra mentre scalciava via le coperte che le si erano attorcigliate alle gambe, la fissò interdetto faticando a capire cosa le stesse prendendo e guardandola schiaffeggiarsi le braccia nel tentativo di scacciare via non si sa cosa.
Alla fine l'oggetto o meglio l'essere, responsabile di tanto scompiglio si stacco dalla manica nera della felpa della ragazza, raggiungendo il suolo con un tack attutito dalla moquette sudicia e infilandosi di corsa in una delle numerose crepe del muro scomparendo.
Il soldato, che nel frattempo era scattato in piedi allarmato dai gesti inconsulti della ragazza, ora la guardava -incredulo- tremare come una foglia, completamente in preda al panico, mentre faceva saettare lo sguardo tra lui e il punto in cui era caduto lo scarafaggio.
"Que-quella co-cosa, mi stava... Ca-camminando addosso!!!" Balbettò tentando di giustificarsi.
Pazzesco. James era completamente senza parole. Quella ragazza era completamente fuori di testa. aveva scatenato tutto quel casino, per un semplice scarafaggio
"Torna a dormire." Le ordinò spazientito.
"Puoi anche scordartelo!" Lo rimbeccò lei risentita.
James rimase paralizzato al suo posto fissandola scioccato. Che cosa aveva intenzione di fare? Restare in piedi tutta la notte.
"Dormici tu su quella cosa." Sibilò indicandogli il letto. Tremava ancora, e gli sembrava improbabile che fosse per colpa del freddo, era troppo agitata per sentire freddo. Fisso il punto in cui era caduto l'insetto, inarcando un sopracciglio al pensiero che la ragazza fosse rimasta schifata da quel piccolo esserino, comportandosi come una ragazzina isterica quando il giorno prima aveva affrontato e steso ben due uomini molto più grossi di lei, riportando solo qualche acciacco.
Riporto lo sguardo sul volto pallido di lei incorniciato dai capelli che le ricadevano scomposti sulle spalle e da due vistose occhiaie, sembrava distrutta eppure si ostinava a restare in piedi come un pezzo di marmo, immobile, ma soprattutto irremovibile.
Scrollo il capo considerando che in fin dei conti non erano affari suoi gli attacchi isterici di quella pazza ragazza che si portava appresso, e senza dire una parola la superò avvicinandosi al letto e sistemandocisi di peso. Per contro Alexis borbottò qualcosa di indefinito, che si perse a metà strada tra lei e il suo udito mentre si avvicinava alla poltrona che fino a pochi istanti prima aveva occupato lui stesso e sulla quale era riuscito a stento a sedersi talmente era stretta e scomoda, meravigliandosi nel vederla accoglierla perfettamente.
La guardò mentre si sedeva portandosi le ginocchia al petto, stringendosi addosso la felpa extra large che indossava, gli sembrò di vederla tremare impercettibilmente e così si costrinse a riportare lo sguardo sul soffitto.
Che gli importava se aveva freddo? Era lei che era schizzata via da quel letto per colpa di un microbo. Non aveva nessun obbligo nei suoi confronti non stava a lui preoccuparsi per lei, lui doveva solo far si che sopravvivesse e basta, non era compito suo rimboccarle le coperte quando aveva freddo, o consolarla dopo un incubo.
Certo lei con lui l'aveva fatto.
Si, ma lui non gliel'aveva chiesto.
Non doveva nemmeno fidarsi troppo di lei, che gli assicurava che lei non fosse un membro dell'Hydra? Magari era una spia con il compito di tenerlo d'occhio, magari era stata proprio lei a chiamare quegli uomini a casa sua per poterlo catturare. Non doveva lasciarsi abbindolare, sarebbe stata la sua fine.
Però, ogni volta che la guardava negli occhi leggeva un sincerità disarmante in quelli iridi grigie, si poteva leggere ogni emozione o stato in quegli occhi, sembra essere del tutto incapace di mascherate le emozioni e poter mentire su ciò che provava e sapeva. Era disarmante quanto si fosse dimostrata un libro aperto.
E paradossalmente era proprio questo ha metterlo in guardia.
La verità era solo che aveva paura di fidarsi.
Ripensò agli uomini penetrati nell'appartamento, c'era  qualcosa che non gli tornava, se glielo avessero chiesto, nemmeno lui avrebbe saputo spiegare quale fosse il dettaglio che non combaciava, cosa gli stava sfuggendo?
Non si era nemmeno reso conto di aver ripreso a fissarla insistentemente, almeno finché non fu lei a farglielo notare.
"Che cosa c'è?" Gli domandò seriamente incuriosita, voltandosi a guardarlo a sua volta.
James si trovò preso in contropiede credendo di non essere stato poi tanto invasivo con il suo osservarla.
Lei parve capire la sua confusione e parlò di nuovo. "Quegli occhi me li sentirei addosso anche se fosse buio pesto." Rise appoggiando stancante il capo contro lo schienale della poltrona.
Il soldato la guardò ancora senza parlare indeciso sul da farsi, ma poi alla fine scostò le coperte e sollevandosi appena si fece da parte.
Alexis inclinò il capo assottigliando lo sguardo nel tentativo di capire cosa stesse cercando di dirle.
James sbuffò facendole intendere che aspettava solo lei.
Quando capì, la ragazza sgranò gli occhi stupita prima di tornare ad incrociare le braccia sotto al seno. "Io li non ci dormo." Asserì.
Esasperato si sollevò a sedere sul letto guardandola in cagnesco. "Non ho voglia di perdere tempo dietro a te quando ti ammalerai perché sei una ragazzina viziata che non vuole dormire in questo stramaledetto letto, evidentemente non alla sua altezza." Sputò alterato.
Ok, forse era stato un po' troppo acido e cattivo, ma Dio quella ragazza era impossibile. Aveva dormito tranquillamente accanto a lui che aveva cercato di ucciderla e ora faceva la schizzinosa?
"Io non sono una ragazzina viziata." Lo fulminò. "È solo che..."
Improvvisamente fuggì al suo sguardo, torturandosi le mani e apparendo improvvisamente in imbarazzo. "È solo che... Io ho una... Ho una fottutissima paura degli insetti!! Non ce la faccio a dormire li!!"
James restò spiazzato, quindi non le faceva schifo il letto, ma aveva paura.
Gli veniva quasi da ridere.
Scostò le coperte in un gesto stanco. "Qui non c'è niente. Vedi?" La rassicurò senza entusiasmo.
Certo, non si era impegnato troppo a rassicurarla.
Alexis scrutò sospettosa prima lui e poi le coperte, decidendo solo dopo diversi minuti ad avvicinarsi e quando fu abbastanza vicina le afferro rapido un polso tirandola giù e facendola cadere sul letto.
Sbuffò tornando a stendersi supino restando per metà scoperto.
"Sempre delicato eh!"James la ignorò aspettando che anche lei lo imitasse. Solo quando avvertì il fruscio delle coperte accanto a se chiuse gli occhi.
Restarono entrambi in silenzio in quella stanza il cui unico suono era prodotto dal feroce schiantarsi delle gocce di pioggia sul vetro della finestra, il vento fuori era in tempesta come lo erano i suoi pensieri.
"Che cosa c'è?" La domanda della ragazza arrivò ad accarezzargli l'udito in poco più di un sussurro. La guardò interrogativo, non capendo il perché le avesse posto quella domanda. Lei sorrise restando girata su un fianco verso di lui.
"Contrai sempre la mascella quando c'è qualcosa che ti turba..." E così dicendo allungò un mano a sfiorargli piano con la punta delle dita -gelide- la guancia. Quel tocco ebbe il potere inspiegabile di calmarlo, i suoi occhi che ora lo osservavano limpidi erano privi di nubi, era uno sguardo sincero quello, pulito.
Peccato che ormai lui riuscisse a vedere marcio ovunque.
Alexis sospirò ritraendo le dita. "Non riesci a fidarti di me..."
Colpito.
"Lo posso capire e non ti biasimo, ma non hai molta scelta e credo che dovrai imparare a farlo."
James continuò a non rispondere, soppesando attentamente le sue parole.
"Per quel che può valere... Io non ti sto mentendo, non l'ho mai fatto e se e quando deciderai di fidarti, io sarò qui. Anche perché non ho molte alternative!" Sorrise sincera. Di nuovo.
Poco dopo gli diede le spalle non prima di avergli augurato la buonanotte.
James restò sveglio ancora per diversi istanti, in contemplazione. Fissò il soffitto per un tempo interminabile, rimuginando sulle sue parole e decidendo, che l'unica cosa che sarebbe stata in grado di dargli delle rispose era il tempo.
E lui avrebbe aspettato.
Certo, non standosene con le mani in mano.

 
 
Angolo "autrice."
*Mi riferisco alla botola in cui si sono nascosti Steve e Natasha nel secondo film. Ho pensato: È vero che volevano uccidere i due... Ma addirittura un bombardamento -anche se poi hanno fallito- mi sembrava troppo e così io in quella botola ciò nascosto anche qualcos'altro.
**Mi riferisco al braccio di metallo di James (non so se si capiva)
Salve a tutti!! Eccomi con il nuovo capitolo (Che mi piace si e no.)
 ed anche puntuale.
Come potete leggere questo è un capitolo abbastanza transitorio, ho voluto descrivere ulteriormente il carattere di Alexis inserendo questa sua smisurata fobia per gli insetti, sto tergiversando per farli conoscere un po' meglio e se questo capitolo è relativamente tranquillo, il prossimo non lo sarà molto per Alexis. Diciamo che si troverà spesso con il fondoschiena per terra.
James vuole vendicarsi è palese, ma anche se muore dalla voglia di farlo dovrà agire cautamente anche perché non è più solo e anche se si ostina a mostrarsi freddo ed impassibile, un po' inizia ad affezionarsi alla ragazza. Come ci si affezionerebbe ad un gatto randagio XD (????)
Dopo le mie solite chiacchiere inutili, direi che è ora di chiudere ringraziando tutti quelli che seguono, leggono in silenzio, e recensiscono questa storia!
Grazie a chi mi rende partecipe dei propri pensieri e per qualunque critica o consiglio io sono qui per ascoltare e se la storia dovesse stufarvi o non piacervi mi renderebbe comunque felice saperlo.
Alla prima, baci Lucy <3
(Perdonate e segnalate come sempre eventuali errori.)
P.s. ho una piccola comunicazione di servizio... Non sono certa di riuscire a pubblicare lunedì prossimo, penso di si ma non ne sono certa... Ho un pò di problemi con il testo dei prossimi capitoli, è un pò incasinato e necessita di una grossa ristrutturazione. Cercherò di fare il possibile, ma vi avverto, potrebbe esserci un ritardo.
  
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