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Autore: Finnick_    26/08/2015    1 recensioni
Laggiù”, mi diceva, “è laggiù la Landa Magica. Ci sono praterie sconfinate dove batte sempre il sole, miniere in cui l’oro non finisce mai. Crescono alberi grandi come montagne e profondi come infiniti crepacci. Il verde delle loro foglie brilla alla luce e rende il cielo verde, verde come l’erba su cui si è appena poggiata la rugiada. I fiori sono arancioni e gli uomini possono vivere in pace. Per sempre.”
[...]
Poi venne la Guerra. La Guerra Nera.
E cancellò tutto, compresa la mia memoria.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 11
 

Il cavallo trottava tranquillo. Wera pensò che forse non aveva percepito l'inquietudine che la abitava da quando era uscita da casa di Guq e Darkia.

Accanto a lei marciava Zaya in groppa al proprio cavallo. Guardò il ragazzo fugacemente e si chiese ancora una volta se portarselo dietro fosse stata la decisione giusta.

Il fodero sella spada tintinnava contro le briglie del cavallo e le ricordava la costante presenza del foglio con le informazioni per l'omicidio che Darkia le aveva commissionato. Era avvenuto tutto in gran segreto. Guq l'aveva fatta scendere di nuovo a piano terra, dopo aver cercato di farla desistere in ogni modo ed aver fallito, l'aveva lasciata a Darkia, che, in una stanza buia ed isolata, le aveva consegnato una sorta di pergamena con una mappa e alcune informazioni.

Lui era stato burbero: “Non venire a chiedere aiuto, bambina. Spero per te che tu riesca dove Liberia ha fallito, altrimenti non tornare nell'Ovest.”

Wera aveva spiegato leggermente la mappa e aveva notato una “x” segnata a mano sul nome di una città a Sud di Città del Colosso. Poi aveva alzato lo sguardo su Darkia.

“Dunque è questa la missione in cui la sorella di Zaya è stata uccisa.”

“Ti spaventa?” aveva chiesto Darkia.

Lei aveva scosso la testa, ostentando una sicurezza che non provava affatto. Doveva uccidere una persona, a sangue freddo, in una missione già tentata da una ragazza della sua età che aveva più esperienza di lei in quel genere di affari. Come poteva riuscirci lei?

“Cosa dirò a Zaya?”

Darkia aveva sorriso, un ghigno animalesco di difficile interpretazione.

“Da quanto tempo lo conosci?”

“Da poche ore, ma...”

“Allora metti da parte ogni tipo di sentimento, ragazzina, che sia simpatia o qualcos'altro. Devi imparare a crescere se vuoi ottenere quello che cerchi, il tuo cuore non può essere malleabile. Ricordalo. Non dirai niente a Zaya, non deve sapere che è proprio quella la missione che ti ho affidato.”

Wera aveva arrotolato la pergamena e l'aveva inserita nella cintura, a contatto col fodero della spada.

Per un momento le era parso di sentire un tremito alle mani, ma si era imposta di nasconderlo.

“Non posso partire da sola...”

Darkia aveva riso, interrompendo il suo discorso.

“I sicari non vanno a fare viaggi di piacere, mia cara! Non puoi portarti dietro un cagnolino. Anche se...”

Era stato allora che Wera aveva compreso di non poter affibbiare a Zaya un carico tanto pesante. Non poteva portarlo con sé, lo conosceva appena.

“No, può tornarti utile. Andrete insieme.”

“Forse ho sbagliato, potrei farmi scoprire.”

“No”, tagliò corto Darkia, “da sola desteresti più sospetti” e senza darle il tempo di rispondere, aveva già mandato a chiamare il ragazzo e lo aveva convinto a partire.

Zaya e Wera avevano controbattuto finchè avevano potuto, convinti che ognuno avrebbe dovuto seguire la sua strada, ma alla fine si erano arresi alla volontà di Darkia, che al culmine aveva urlato:

“Le volete queste informazioni o no?! Dovete raccogliervele pezzo pezzo, come un puzzle, dalle persone che vi diciamo di uccidere, altrimenti non avrete nulla. Ve la siete cercata voi, ragazzi, adesso ve la sbrigate da soli.”

E con quelle parole li aveva sbattuti fuori dalla catapecchia in rovina, con le prime informazioni in mano e l'ordine di tornare da loro una volta compiuto il primo assassinio.

**

Le sagome delle capanne e delle palafitte del villaggio del Lago si stagliavano ora nette contro il cielo rosso del tramonto. Entro pochi minuti avrebbe fatto buio. Wera si sentiva pesa, come se un macigno la schiacciasse a terra.
Non avrebbe raccontato la verità ad Ikoel, non solo perchè si era imboscata in una campagna più grande di lei, ma soprattutto perchè aveva il terrore di portare sul fratello l'ombra nera che era calata sulla sorella di Zaya. E l'ultima cosa che voleva era che Ikoel e Liberia fossero accomunati dalla stessa sorte.

Sospirò e fermò il cavallo, prima della fine del bosco in cui era solita cacciare.

“Tu rimani qui, mio fratello non deve vederti.”

Zaya scese da cavallo e legò l'animale ad un tronco d'albero sufficientemente nascosto.

“Partiremo domani mattina”, concluse lei.

Il suo tono era grave e lei stessa stentò a riconoscere la freddezza e l'angoscia che si celavano dietro a quelle parole. Sentiva la forza della coscienza premere violenta contro il suo petto.
Scese da cavallo e per la prima volta dall'inizio del viaggio di ritorno, alzò lo sguardo su Zaya e incrociò i suoi occhi. Lei, che non voleva coinvolgere nessuno. Lei, che per un ideale forse fantastico si era imbarcata in un'impresa eticamente orribile. Adesso stava fissando negli occhi un giovane che non conosceva nemmeno da un giorno, ma che stava già tradendo.

“Come pensi di fare con tuo fratello?”

“Ho già una scusa per la mia assenza di oggi. Domani mattina ricorrerò a qualche metodo curativo per farlo dormire più del solito.”

“Fai paura”, scherzò Zaya, sedendosi con la schiena appoggiata all'albero.

Faccio paura anche a me stessa, ammise Wera dentro di sé.

Prese il suo cavallo per le briglie:

“Fatti trovare pronto all'alba, lascio a te la mappa, io mi tengo le informazioni.”

Zaya si voltò in tempo per afferrare il rotolo di pergamena.

“Perchè?”

Wera sorrise:

“Ti conosco da un giorno. Puoi essere un eroe, ma per quanto ne so è meglio non fidarmi ciecamente. Tu hai una metà, io ho l'altra. Così non potrai partire da solo cercando di fregarmi.”

Zaya ridacchiò.

“Come vuoi tu, capo!”

**

Quando fu al villaggio, Wera sentì il cuore farsi minuscolo. La gente che conosceva, gli affetti che la circondavano. Lei non era un'assassina, non ancora. Legò il cavallo alla stalla di Hellet.

“Spero che il mio cavallo abbia fatto bene il suo dovere.”

La voce che provenne dalle sue spalle la immobilizzò.

Si voltò lentamente.

“Hellet. Sì”, disse, accarezzando il muso dell'animale. “Sono andata in cerca di un buon armaiolo alla Capitale, avevo bisogno di un mezzo di trasporto”, mentì.

“E l'hai trovato?”

Il vecchio la osservava con l'aria di chi sa tutto e non lo dà a vedere.

Wera annuì poco convinta.

Hellet si avvicinò di qualche passo.

“Wera...”

“Devo andare”, fece lei, scostandosi.

Hellet la riprese per un braccio, delicatamente.

“Tuo fratello lo sa?”

“Beh, no”, Wera ridacchiò nervosamente. “Volevo fargli una sorpresa, ha bisogno di un arco nuovo e...”

“Tuo fratello lo sa?” ripeté il vecchio, come se lei non avesse parlato.

A quel punto Wera lo guardò dritto in faccia e si sentì colpevole.

“No. E non deve saperlo.”

“A che patti sei scesa, Wera?”

“Nessun patto”, mentì.

“Ascoltami, non scendere a compromessi con gente che rovinerà la tua anima e la tua vita.”

Wera si irrigidì, divincolò il braccio e se ne andò senza rispondere.

**

Ikoel la vide dalla sponda del lago, dove aveva poggiato la sua rude canna da pesca e attendeva che qualche pesce abboccasse. Quando si voltò, gli scorse un meraviglioso sorriso sulle labbra. Aggrottò le sopracciglia. Si aspettava il viso duro di quando la rimprovera per qualcosa che non doveva o doveva fare e invece vide solo che si alzò di scatto, salutandola col braccio in aria e la felicità negli occhi.

“Wera!”

Le corse incontro e la abbracciò teneramente. Erano pochi i momenti in cui Ikoel si lasciava andare a tali manifestazioni d'affetto.
Lei ricambiò l'abbraccio, col magone in gola. Perchè non era arrabbiato per la sua assenza? Perchè non le stava urlando contro che aveva fatto qualcosa di sbagliato? Questo rendeva tutto più difficile.

“Ikoel”, sorrise a stento. “Cos'è tutta questa felicità?”

“Wera, ti ho aspettata tutto il giorno per parlarti. Dov'eri finita?”

Lei lasciò andare una falsa risata:

“E' una sorpresa, vecchio mio. Fidati di me.”

Ikoel sorrise convinto e le fece segno di sedersi sulla panchina di pietra in riva al lago.

Quando i due si furono accomodati, era ormai calato il buio e la luce della luna rischiarava l'acqua limpida e calma.

“Allora?”, esordì Wera, non potendo sopportare il silenzio e temendo di poter scoppiare da un momento all'altro.

“Cos'è successo che mi sono persa?”

“Oggi la moglie di Hellet è tornata dal villaggio della Montagna, dopo aver venduto la sua lana. Dice di aver trovato qualcuno interessato alla manifattura di armi.”

“Un armaiolo?”

“No, non esattamente. Gli armaioli costano troppo, ora come ora, per la gente dell'Ovest. Questa persona cerca qualcuno che fabbrichi armi per il re, ma solo armi per allenamenti.”

Wera sgranò gli occhi.

“Per il re? E tu ti fidi? Insomma, non sai nemmeno chi è questa persona.”

Lui annuì e le poggiò una mano sulla spalla.

“E' vero, ma mi sono informato. Altri hanno lavorato per lui e sono stati pagati abbastanza da campare di rendita per il resto della vita.”

“Ma... E come faresti?”

Wera era sconcertata. Non capiva se questo poteva essere un vantaggio per il loro rapporto oppure no.

“Qui viene la parte dolorosa. Devo andare a vivere al villaggio della Montagna.”

Wera rimase ammutolita.

“Cosa?”

“Si tratta solo di un paio di mesi di prova. E il villaggio della Montagna non è lontano. Potremo scriverci e potrai venirmi a trovare. Rifletti, Wera, potrebbe essere la nostra occasione di passare una vita serena nel luogo che amiamo, senza sogni assurdi a rovinarci la vita.”

A quelle parole Wera si sentì punta nell'animo. Lei la vita se l'era appena rovinata, proprio per quei sogni che a detta di Ikoel erano da buttare. Poi capì: Ikoel lontano, a lavorare in un villaggio, sarebbe stato al sicuro da quel che stava per compiere. Non avrebbe saputo del suo viaggio almeno per un po' e avrebbe potuto evitare di coinvolgerlo.

Era il modo perfetto per tenere Ikoel protetto da lei stessa, in prima persona.

“Quando cominceresti?”, chiese.

“Subito.”

“Domani mattina?”

“No, stasera. Il capo villaggio vuole che mi trasferisca fin da subito, da domani inizio a lavorare.”

“Starai... In viaggio tutta la notte.”

Ikoel l'abbracciò.

“Temo di sì.”

“D'accordo”, fece lei, ma la sua voce era ridotta a un sussurro. Un uragano di emozioni la stava travolgendo e lei, immobile, affogava nell'unica speranza di tener lontano Ikoel dal dramma in cui la sua vita stava per versare. Rimasero così, abbracciati a lungo, prima di tornare a casa.

**

Ikoel era partito la sera prima.

Wera giaceva insonne nel suo letto, quando vide il cielo rischiararsi alla luce dell'alba. Era già vestita, non aveva nemmeno perso tempo a cambiarsi. Quando Ikoel l'aveva salutata, lei era corsa in casa e aveva preparato provviste e armi per la partenza.
Per qualche istante era stata presa dalla frenesia della partenza. Prima partiva, prima quella storia finiva e lei poteva comporre il puzzle di cui aveva parlato Darkia e arrivare alla Landa Magica, oggetto delle favole che la zia le raccontava da bambina.

Poi la spasmodica preparazione scemò, quando si ritrovò da sola nel suo letto, gli occhi sbarrati.
Si voltò e vide il letto vuoto di Ikoel. Lui era partito sereno, nella convinzione che lei avrebbe continuato la stessa vita di sempre e che lo avrebbe aspettato al villaggio del Lago.

In un attimo le passarono davanti tutti i momenti belli vissuti insieme, le battute di caccia, i giochi da piccoli, le cene da Hellet e i bagni nel Lago. Il groppo in gola era fortissimo e lei passò tutta la notte a spingerlo via. Ma quando la luce dell'alba filtrò dalla finestra, le lacrime presero a scenderle lungo le guance. Non voleva diventare una persona detestabile.

Non voglio essere un'assassina. Non voglio tradire Ikoel...

Poi pensò a Zaya. Stava tradendo anche lui.
Si aggrappò stretta alle lenzuola e attese che le lacrime fossero asciutte. Con uno sforzo immane, si alzò dal letto, prese le cose preparate la sera prima e uscì.

Una volta nel bosco, trovò Zaya già in piedi, che sellava il cavallo.

“Ce ne hai messo di tempo.”

“Ho avuto da fare.”

Zaya la guardò e lei per un attimo pensò che se si fosse affidata un po' di più a lui le cose sarebbero migliorate. In quel momento decise che nessuno l'avrebbe cambiata. Decise che quello che stava facendo era per amore, di Ikoel e dei suoi ideali, e per questo non avrebbe trasformato il suo cuore in pietra.

Non sarebbe diventata un'assassina.

  
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