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Autore: Jules_Weasley    28/08/2015    11 recensioni
Siamo nel Post Seconda Guerra Magica, qualche anno dopo la caduta di Voldemort: Hermione, tornata da un viaggio di qualche mese, bussa al negozio del vecchio Ollivander, con una richiesta molto strana. La sua vita non è come la vorrebbe e la guerra le ha fatto realizzare che ha una sola possibilità di essere felice, e non la vuole sprecare facendo quello che è opportuno o che ci si aspetta da lei. Ora, di nuovo in Inghilterra, decide di virare la rotta ed imparare a creare qualcosa con le proprie mani le farà riscoprire le piccole grandi gioie dell'esistenza. In tutto ciò dovrà anche fare i conti con una vita sentimentale... movimentata. Che fine ha fatto Ron? E quale sarà il ruolo di Fred nella sua vita? E quale sarà quello di Malfoy? Questa storia sarà una Fremione o una Dramione? O semplicemente la storia di una ragazza che cerca il suo posto nel mondo? Queste sono le domande, la risposta è la storia...
Genere: Angst, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Fred Weasley, Hermione Granger, Olivander | Coppie: Draco/Hermione, Fred Weasley/Hermione Granger, Harry/Ginny
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
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CAPITOLO DUE – L'arte della pazienza


La mattina dopo il ritorno a Londra, Hermione si ridestò fresca come una rosa e piena di energia propositiva. Era anche molto affamata, visto che la sera prima aveva saltato la cena. Sgattaiolò fuori dalla stanza in pigiama, sicura che Weasley non fosse ancora sveglio. Raggiunse la cucina e scoprì che la porta era accostata; in piedi, appoggiato al tavolo e intento a sorseggiare una tazza di tè, c'era Fred, con indosso solo un paio di jeans. Era a torso nudo e del tutto a suo agio, perfino quando la vide sulla soglia. Decisamente non era pudico.

Hermione si scoprì a guardare l'addome di lui più attentamente di quanto non volesse; non che ci fosse niente di male, semplicemente non ricordava avesse degli addominali scolpiti.

Il roscio la squadrò un attimo dalla testa ai piedi e distolse lo sguardo, spostandolo sul viso. Aveva i capelli arruffati, shorts morbidi e maglia sformata. Forse non era esattamente il ritratto della sensualità, ma tanto non doveva far colpo su qualcuno quando dormiva.

"Giorno Granger!" disse allegro.

"Giorno Weasley" farfugliò in risposta. "Dormi sempre così?" chiese, indicando la sua tenuta.

"In mutande" rispose senza problemi, "ma ho pensato di infilarmi i pantaloni per non urtare la tua sensibilità se ti avessi incontrato". A Hermione venne da ridere, ma non volle dargli la soddisfazione.

"Premuroso da parte tua!" fece ironica. "Peccato che tu l'abbia già urtata ieri".

"Ehm" borbottò contrariato e divertito al tempo stesso, "tecnicamente sei tu che sei piombata in bagno senza preavviso" precisò.

"Oh, scusa tanto! La prossima volta che voglio farmi la doccia spedisco un gufo".

Nel frattempo stava compiendo una lotta con la parte irrazionale del suo cervello, che continuava a riproporle l'immagine di Fred. Sul serio, da quando aveva gli addominali scolpiti? E sul serio, da quando a lei interessavano gli addominali di Fred? Da mai. Si impose di non pensare nè alla scena del giorno prima, nè tantomeno di fissarlo – non erano in un romanzo Harmony, per Morgana!

Lui, nel frattempo, Evocò un'altra tazza di tè e gliela porse cortesemente.

"Mmh..." mormorò in estasi, "...gelsomino*! Lo adoro!".

"Lo so". Fred non ricordava di aver mai imparato tutte quelle informazioni sulla Granger, ma a quanto pareva ne sapeva parecchio sul suo conto.

"Davvero?", l'aveva sorpresa per la seconda volta in poche ore.

"Alla Tana non facevi altro che ripeterlo a Ron, che ti propinava sempre tè al limone" spiegò.

"Giusto" ridacchiò al ricordo; aveva passato giorni felici alla Tana, e non ne rinnegava neanche uno. "Hai buona memoria, però" commentò sorseggiando.

"Abbastanza, grazie" intascò con disinvoltura uno dei rari elogi di Hermione. "Non ti infastidisce se nomino Ron, vero?" chiese poi, incerto.

"Oh Godric, certo che no!" assicurò. Notò che lui si stava mordicchiando il labbro, e lo trovò un gesto tenero.  "Ron è un capitolo chiuso, Frederick" disse.

Gli piaceva sentir pronunciare il proprio nome completo: non lo faceva mai nessuno – neanche i suoi genitori. Aveva un bel suono, detto da lei. Distolse lo sguardo dal viso della ragazza, portandolo sulla propria tazza.

"Certo" riprese lei sovrappensiero, "ho sofferto per la fine della storia con lui, ma ormai è passato un anno. Ho ventidue anni, non più diciassette". Me ne sono accorto, pensò Fred. Per la prima volta, la sera prima, gli era apparsa... maturata.

Era sempre stata una ragazza giudiziosa, con la testa sulle spalle. Solo che era... diversa – in che modo, non avrebbe saputo dirlo.

"Mi ha tradita, è vero – so che lo sai" disse vedendolo sorpreso da quella schiettezza, "ma so che ci saremmo lasciati comunque" aggiunse saggiamente. "Non eravamo fatti per stare insieme". 

Non c'era rimpianto nella voce di Hermione, più che altro consapevolezza.

"L'ho sempre pensato anch'io" ammise Fred. "Non so come abbiate resistito per così tanto tempo".

Presa in contropiede da quel commento dolorosamente sincero, annaspò in cerca di una risposta decente. Nessuno della famiglia Weasley, esclusa Ginny, aveva mai commentato la fine della storia con Ron; almeno non davanti a Hermione.

Quando l'aveva tradita ne aveva sofferto terribilmente, ma si era anche resa conto che era più una questione di orgoglio che altro. Quell'amore che credeva di provare ancora, si era già dissolto come una bolla di sapone – e aveva scoperto che per Ron non provava più il genere di sentimento che avrebbe dovuto. Quindi, forse, il giorno in cui aveva beccato il suo ragazzo a letto con Lavanda Brown, non era stato così infausto.

"Per inciso" riprese Fred, "tutti in famiglia pensano che lo scambio non sia stato equo".

"Lo scambio?" chiese lei senza capire.

"Già... Ron-Ron ci ha rimesso, direi: Lav-Lav non vale la metà di te". La guardò intensamente, ed Hermione divenne di un bel color pomodoro; continuò a sorseggiare il tè in silenzio.

"Beh... intanto Lavanda una casa ce l'ha; e io sono senza appartamento e senza stipendio".

"Sì, ma la colpa è tua" disse senza troppi problemi. "Sto ancora cercando di capire perché hai mandato a puttane il lavoro al Ministero della Magia...".

Sì... vorrei saperlo anche io, pensò esasperata da se stessa.

"Non te lo so spiegare con esattezza" rispose. "Però posso dirti che uno pseudo-lavoro ce l'ho" aggiunse con soddisfazione.

"Ah" commentò lui senza celare la curiosità, "e sarebbe?". Lei accennò un sorrisetto e scosse il capo in segno di diniego.

"Sono in prova" disse seria, "e per una volta voglio essere scaramantica".

"Cioè non lo saprò finchè non ti avranno assunta?" domandò sbuffando sonoramente, contrariato dalla risposta ricevuta. Hermione annuì, inflessibile nell' intento di non svelare nulla finchè Ollivander non le avesse confermato il posto di apprendista.

"Va bene" replicò lui con una smorfia, "e la casa?".

"Non so" sospirò lei pensierosa. "Non ho voglia di tornare dai miei, ora che sono abituata all'indipendenza; magari mi cerco un appartamento in condivisione, tipo a Diagon Alley".

"Vicino a me, allora" constatò lui. "Io e George stiamo sopra il negozio" le ricordò.

"Lo so" replicò puntigliosa, "anch'io ho buona memoria".

"Tanto meglio, visto che qui non è cambiato niente mentre eri via" fece con voce atona. "L'altro giorno Victoire ha compiuto due anni" raccontò, "ma la sua festa non è mai molto allegra" il tono era insolitamente amaro, "specie per mamma".

Non c'era bisogno che le dicesse il motivo: lo conosceva benissimo da sola. Victoire era nata il giorno del secondo anniversario della battaglia di Hogwarts. Una vittoria da festeggiare, ma anche un grande dolore da ricordare.

"La morte di un figlio è terribile" riflettè ad alta voce.

"La morte è sempre terribile" ribattè lui. Hermione sapeva che il tono rabbioso che aveva usato non era rivolto a lei, ma al pensiero della tragedia che avevano vissuto con la morte di Percy. Proprio quando si era riscattato da quella sudditanza al Ministero che l'aveva precedentemente allontanato, un Avada Kedavra l'aveva strappato alla famiglia appena ritrovata. Hermione poggiò una mano sul braccio di Fred, che al momento si era voltato e le dava le spalle.

"Mi dispiace"; era una affermazione molto banale, ma non le veniva niente di brillante da dirgli – nulla avrebbe fatto la differenza, nulla poteva riportare indietro suo fratello.

"Dispiace a me" rispose lui. "Non so perché ho tirato in ballo la guerra". Si girò e le dedicò un flebile sorriso. "So che fa stare male anche te, Granger...".

Hermione ebbe flash improvvisi della ricerca degli Horcrux, della paura che l'aveva attanagliata ogni notte nella maledetta tenda in cui si trovava con Harry e Ron. Le vennero in mente Greybeck e tutta l'allegra compagnia dei seguaci di Voldemort.

"Vado a vestirmi" annunciò brusca. Voleva distrarsi da quei pensieri nefasti; il roscio annuì senza fiatare e la lasciò andare di sopra a prepararsi.

Venti minuti dopo era vestito di tutto punto e aspettava irrequieto in cima alle scale che lei uscisse dalla sua stanza: voleva controllare che stesse bene. Era indeciso se bussare o meno, quando lei venne fuori di corsa, andando a sbattere contro di lui; sembrò stupita nel vederlo lì.

"Tutto ok?" le chiese, sapendo che avrebbe capito a cosa si riferisse.

"Certo" lo rassicurò.

"Mi sto per Smaterializzare: vado a Diagon Alley" annunciò Fred.

"Vengo con te allora"; gli tese la mano e lui la afferrò.

Circa un femtosecondo dopo si Materializzarono nell'affollato quartiere magico con un sonoro crac, in mezzo a passanti dai cappelli a punta e dalle vesti sgargianti. Gente di tutti i tipi sfrecciava a destra e manca, diretta chissà dove. Hermione si guardò intorno, incantata da quel chiacchiericcio caratteristico e allegro, che le ricordava tanto la prima volta in cui vi aveva messo piede, quando aveva solo undici anni. Poteva ancora sentire l'emozione che aveva provato nello spuntare ogni voce della lista, facendo visita ai negozi. Calderone in peltro, libri, divisa, bacchetta...

Realizzò solo allora di stare stringendo ancora la mano di Fred e la lasciò andare, congedandosi frettolosamente da lui.

Corse verso Ollivander e – quando entrò – il suo passo affrettato fece scricchiolare gli assi di legno antico sul pavimento. Il rumore provocò una spiacevole smorfia di disappunto sul volto del signore anziano ritto in fondo al negozio, dietro il bancone.

"La stavo aspettando" la accolse, il tono asciutto.

Lei fece un sorrisetto di circostanza e salutò educatamente con un: "Buongiorno".

Si tolse rapidamente sciarpa e cappotto e li appese all'attaccapanni, posto all'ingresso della bottega, per poi avvicinarsi al bancone in attesa di un segno o una parola da parte del vecchio. Questi si schiarì la voce in maniera plateale.

"Dunque" esordì solenne, "se ho ben capito lei vuole apprendere i segreti del mestiere". Qui fece una breve pausa e la squadrò perplesso; Hermione annuì, senza proferire verbo.

"Nonostante io non abbia mai tenuto nessuno a lavorare con me" proseguì, "voglio concederle una chance. Lei è in prova da oggi, ma sia chiaro che solo se ha la stoffa giusta la prenderò a lavorare con me in via definitiva. Altrimenti" aggiunse, "tornerà al suo Ufficio Misteri". Lo disse come se lavorare al Ministero della Magia fosse una insulsa occupazione da perdigiorno, rispetto a quella di fabbricare bacchette.

"Ha qualche richiesta?" chiese infine.

"Sì" ammise Hermione. "Mi dia del tu, per piacere".


Dopo aver acconsentito, l'uomo era momentaneamente sparito dietro gli scaffali polverosi, in mezzo a quella miriade di bacchette. Hermione si stava chiedendo come facesse a raccapezzarsi tra tutte le varietà che c'erano – e chiuse in scatolette tutte uguali – quando finalmente si degnò di ricomparire.

"Posso rendermi utile in qualche modo, signore?" domandò speranzosa, dal momento che si stava annoiando mortalmente. "Mi dica quello che c'è da fare e io..."; fu zittita da un gesto brusco del vecchio, che la fulminò con lo sguardo. Che ho fatto adesso?, si chiese.

"Non ci siamo!" la rimproverò, e lei tacque come in attesa di una delucidazione. "L'arte del fabbricare bacchette richiede svariati requisiti" continuò, "il primo dei quali è la pazienza. Se non ne hai, signorina Granger, la porta è lì" e la indicò con la mano. "Non puoi metterti al lavoro subito, senza neanche sapere le basi".

"Giusto..." osservò lei, "non ci avevo pensato".

"Oggi ti spiegherò i rudimenti della teoria: come percepire il legno adatto, come capire le sottili differenze tra un albero e l'altro, e come dosare il nucleo da inserire nella bacchetta".

Hermione annuì silenziosamente, intimidita.

"Te la senti?" le chieste, il tono leggermente ammorbidito.

"Certo" rispose, finalmente con voce ferma.

"*Prima di tutto devi capire che ogni bacchetta è un universo a sè, e il carattere dipende dall'albero da cui proviene il legno e da cosa è composto il nucleo" esordì, ed Hermione già prendeva appunti. "Ci sono pochi alberi in grado di produrre legno da bacchetta e ficcati bene in testa che serve esperienza per riconoscerli; anche se, come sicuramente sai" aggiunse, "la presenza degli Asticelli* che li abitano, da una mano ai meno esperti".

"Si, signore" assicurò. Lo aveva studiato ad Hogwarts, a Cura Delle Creature Magiche.

"Quello che devi sapere è che capire come fabbricare le bacchette è la ricerca di una vita e si continua ad imparare sempre". Hermione annuì nuovamente, entusiasta a quella prospettiva. Lei adorava imparare, di certo quello non sarebbe stato un problema.



Alle sette di sera, un sordo crac risuonò nell'ingresso dell'appartamento di Harry e Ginny, e una sfinita Hermione si trascinò fino a una poltrona nel piccolo salotto che stava accanto alla cucina: il primo momento di relax dall'inizio della giornata.

Fu bruscamente interrotta da un altro crac alle sue spalle, che la fece sobbalzare e lanciare un gridolino isterico: Weasley era a casa, e la guardava come se gli avesse appena lanciato una Caccabomba.

Anzi, no: se l'avesse fatto le avrebbe stretto la mano, con tutta probabilità.

"Strilli per la mia ammaliante bellezza o sei un po' tesa?" la provocò ridacchiando. 

"Mi hai fatto spavento" si giustificò lei.

"Ho visto" disse, riferendosi all'urletto isterico che aveva prodotto. "Dovresti rilassarti! Posso darti una mano?" aggiunse, sornione.

"Prego?" squittì lei, incredula.

"Non era una metafora a sfondo sessuale" si difese lui, alzando le braccia in segno di resa e mettendo su un espressione angelica. "Pensavo più a qualcosa come un massaggio alla schiena".

"Come no..." rispose Hermione, sicura che scherzasse.

"Sul serio" ribadì, "me la cavo bene con le mani".

"Allora è un vizio, il tuo!" lo rimproverò.

"Scusa, Granger, ma giuro che non era un doppio senso! È il tuo cervello a fare associazioni sconce, davvero!". Era possibile, in effetti. Qualcuno doveva averla stregata: prima gli fissava i muscoli, poi prendeva ogni parola come un riferimento sessuale... doveva avere qualche problema.

"Sei tu che usi parole inopportune, davvero" scimmiottò il tono di presa in giro che aveva usato.

"Beh" fece lui ignorandola, "lo vuoi questo massaggio?". Sollevò un sopracciglio, abbastanza scettica in proposito – poi sospirò con rassegnazione. A Fred bastò come incoraggiamento, e si avvicinò.

"È difficile se stai in poltrona!" roteò gli occhi, indispettito. Lei gli lanciò un'occhiataccia e si alzò, prendendo posto su uno sgabello, per lasciargli libero accesso alla propria schiena. Lui vi poggiò i palmi e iniziò a muovere le mani, calde e decise.

"Sei tesa come una corda di violino" osservò. "È tosta scioglierti i muscoli".

"Sono stanca" disse lei, a mo' di giustificazione.

Lentamente, Hermione si rilassò sotto il tocco di lui, cominciando a sentirsi decisamente meglio e lasciandosi sfuggire un mugolio, che lo fece sorridere.

"Meglio?" chiese divertito.

"Mh?" fu la replica che ottenne. Ridacchiò sommessamente, soddisfatto dalla reazione positiva di lei.

"Grazie" mormorò Hermione, una volta che Fred ebbe tolto le mani dalle sue spalle – cosa che le lasciò un enorme e stranissimo senso di mancanza.

"Bazzecole, Granger!" si pavoneggiò.

"Sei bravo".

"Te l'avevo annunciato, ma tu sembri non fidarti mai di quello che dico" le rinfacciò, fingendosi offeso. Hermione non replicò, poichè in parte era vero: non aveva mai considerato Fred un ragazzo affidabile. Era sempre così preso da giochi o scherzi "alla Weasley" che non credeva ci si potesse contare molto.

Ed evidentemente, si era sbagliata.

Ormai devi esserti abituata agli errori di valutazione, no?, si rimproverò mentalmente.

Ron, il Ministero, Krum.

E il lavoro da Ollivander? Anche questo è un errore?, si chiese. Probabilmente sì, ma non le importava. Aveva iniziato quella follia, e sarebbe andata fino in fondo.








NOTE AL CAPITOLO:

1- Non ho idea se a Hermione piaccia o meno il tè al gelsomino, ma piace a me.

2- Tutte le informazioni che saranno presenti in questa storia a proposito delle bacchette, sono tratte dagli "appunti di Ollivander" sui legni e i nuclei, che la Rowling ha scritto e pubblicato su Pottermore – potete trovarli anche in giro per la rete.

3- Gli Asticelli vengono trattati a Cura delle Creature Magiche e sono presenti anche in Gli Animali Fantastici: dove trovarli, con il loro nome in lingua originale (ora non me lo ricordo). Sono utili perché abitano solo alberi che possono fornire legno da bacchetta, e quindi sono utili per distinguerli dagli alberi normali.







ANGOLO AUTRICE


Allora allora,

ecco un altro capitolo di questo mio piccolo esperimento.

La saga non è stata intaccata di molto, ho solo sostituito la morte di Fred con quella di Percy – scambio che trovo molto vantaggioso per tutti i fan di Fred Weasley. Lavanda Brown – per esigenze di copione e con buona pace di Jaded– non è morta nella battaglia di Hogwarts.

La nostra Hermione credeva che il lavoro al Ministero facesse per lei – e probabilmente era così per la vecchia Hermione. Ma la nuova Hermione – quella di cui avete letto – ne ha abbastanza di avere a che fare solo con libroni polverosi e pratiche; del resto non vuole dare la caccia ai maghi oscuri come Harry Potter. Non vuole giocare a Quiddich come Ginny; non vuole un negozio di scherzi come Fred. Quindi cosa vuole dalla vita? Se state pensando un lucano, la mia risposta è no. Non lo sa neanche lei, ma vuole scoprirlo. Dovrà conquistarsi la stima di Ollivander, che non è tenero. Sarà un altro errore di valutazione anche con Garrick (ne fa parecchi con gli uomini... compreso Krum)? Quanti altri ne farà nel corso della trama? Fred farà parte di questi errori?

Queste sono le domande, la risposta è la storia.

Fatemi sapere cosa ne pensate; la trama sta carburando e siamo solo al secondo capitolo, però un commentino lasciatelo. Voglio sapere se sto rendendo bene il rapporto che intendo creare tra i due. Siate spietati/e :D

Baci gente,

Jules


  
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