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Autore: Baikolet    31/08/2015    5 recensioni
«Chi mi controllava il battito ogni due per tre, chi controllava la testa, chi cercava altre lesioni e così via. Eppure sentivo solo le sue mani sul mio corpo e mai smisi di guardarla. Notò quest'ultima cosa, si avvicinò poggiando una mano sui miei capelli e si sporse sul mio viso.»
SWANQUEEN AU
Genere: Angst, Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ero in ritardo. Ovviamente. 
La donna più bella della città mi invitava ad uscire e io mi presentavo in ritardo. Bel colpo Swan. 
Scesi dal taxi ansimando e la vidi. Lì appoggiata al muro, stretta in un tubino bianco e nel suo cappotto, in una mano il caffè e nell'altra il cellulare. Sempre così elegante, io in confronto sembravo insignificante. Indossavo semplicemente dei jeans e un maglione; bisogna essere in tiro per le mostre d'arte?
Alzò lo sguardo mentre mi avvicinavo, i miei polmoni cercavano di recuperare aria a sufficienza. “M-mi dispiace scusa, s-sono in ritardo. Oh mio dio, che caldo!” La affiancai appoggiando le mani sulle mie ginocchia, lei continuava a guardarmi senza dire una parola. Iniziai a sentire una profonda mancanza per il suono della sua voce, averla affianco e non poterla sentire, una questione orribile. Mi alzai e notai che sorrideva. “Signorina Swan, lo sa che alle mostre d'arte bisogna essere puntuali?” Mi stupì. In realtà mi stupiva sempre ma, signorina Swan. Dovevate vedere il movimento delle sue labbra. Non risposi, effettivamente aveva ragione. Regina, non vedendo alcuna reazione da parte mia, scoppiò in una sonora risata. Vi giuro, non ci stavo capendo niente. “Emma tranquilla, non ci sono orari da rispettare alle mostre”, mi fece cenno con la testa di seguirla verso l'entrata. Mi incamminai quando improvvisamente si girò verso di me continuando a proseguire all'indietro, “Ma agli appuntamenti sì, ci sono orari precisi.” Come ho già detto, semplicemente mi stupiva. A casa ci avevo abbastanza riflettuto e non sapevo come categorizzare quell'uscita. August si era limitato a fare quella faccia che ogni amico vi riserva in queste occasioni, un po' provocatoria. 
Per lei, semplicemente, era un appuntamento. Senza preavviso, senza richieste o pretese. Le avrei voluto regalare almeno una rosa. Lo feci poi, nelle uscite a seguire, la riempii di petali e fiori. Ma il nostro primo appuntamento fu tra Jean-Baptiste Marie Pierre e Claude Monet, una passeggiata tra quadri, lei ovviamente, il più bello a quella mostra. 
La osservavo di nascosto mentre era intenta ad accarezzare con gli occhi le opere appese. Indugiava, scrutava, era in una certo senso delicata nel guardare. Era talmente bella che sentivo mi si sarebbe fermato il cuore. Ci fu un momento esatto, che mai scorderò; quando piano piano si avvicinò a me, in silenzio. Stavo guardando un paesaggio marino, quelle onde sembravano descrivermi. Fu lì che portò la sua mano vicino alla mia, la sfiorò così lievemente da uccidermi. Non mi mossi, intrecciò le nostre dita e mi accarezzò il dorso della mano col pollice. Non ci guardammo, non parlammo, niente. Solo un tocco. Mi lasciò poi, sorpassandomi e dirigendosi verso le prossime opere, lì abbandonandomi a me stessa in una marea di scogli e un oceano selvaggio. Fu come se non fosse successo nulla, come se innamorarsi fosse un'esplosione silenziosa. Sospirai. 
Finimmo la mostra tra brevi chiacchierate con le altre persone presenti, tra qualche bicchiere di vino e alcuni nostri sguardi. Quando uscimmo mi fermai di fronte a lei, “È stato molto bello, grazie per l'invito davvero.” Mi sorrise per cortesia, poi iniziò a guardarsi intorno, nervosa. Non avevamo programmato niente dopo la mostra e l'ora di cena si stava avvicinando. Pensai che sarebbe stata decisamente una buona occasione per invitarla in qualche ristorante. 
“Quindi,” guardai l'orologio “sono le 18. Ti va di fare qualcosa in particolare?”
Si bloccò, le gambe che prima muoveva ripetutamente si fermarono. I suoi occhi si incatenarono ai miei. Un secondo, un minuto, un anno, un secolo e un universo. 
“In realtà sì, ci sarebbe” Stava sussurrando. 
Si avvicinò tenendo lo sguardo basso, mi sfiorò il braccio destro, e seguì con il volto la sua mano che si muoveva sopra di me. Si fermò sul collo. Leggera come l'aria, come lo erano stati i suoi baci sulle mie guance una settimana prima. Non avevo mai smesso di guardarla, cercando di capire cosa le girasse per la testa e soprattutto cercando di ignorare le sensazioni che il suo tocco mi provocava. Posso giurarvi che ne uscite matti se provate a dare un senso a Regina Mills. È tutto lì di fronte a voi, un meraviglioso casino. Complicata nella sua perfezione, ma semplice nei gesti. Vi fa innamorare così, lei. Di nuovo si incontrarono le nostre iridi, ci sarei annegata per sempre lì dentro. Si avvicinò sempre di più, i nostri nasi quasi si sfioravano, i volti talmente attratti. Sentivo il suo respiro su di me, notai che quei pozzi neri che mi guardavano, cedettero per pochi secondi sulle mie labbra. Brillavano di luce propria quegli occhi. Poi improvvisamente, come se si fosse scottata, fece un passo indietro. Era agitata. 
“Emma, io non-” Si mise una mano tra i capelli, era troppo agitata. Cercai di riprendermi come meglio potevo e la tranquillizzai. Volevo confortarla, proteggerla. Le dissi che l'avrei riportata a casa, così chiamai un taxi e salimmo. Nessuna delle due parlò durante il viaggio, la tensione venne interrotta quando arrivammo al suo appartamento. Rimasi piacevolmente stupita, Regina abitava in uno dei migliori quartieri della città. Inutile dirvi quanto fosse lussuoso quel posto. 
Si girò verso di me, “Grazie Emma, sono stata davvero bene” Appena vidi che stava per prendere il portafoglio la fermai. 
“Oh nono, pago tutto io quando scendo.” Mi guardò alzando un sopracciglio. 
“Non esiste.” Il suo tono non ammetteva repliche ma siamo entrambe persone testarde.
“Insisto Regina”, le dissi mentre cercai di farle mettere via i soldi. Si arrese alla fine.
Era indecisa e nervosa, io come lei non sapevo come comportarmi. Ci limitammo a guardarci, mi sorrise accennando un “Ci sentiamo presto”, poi scese dall'auto. 
Arrivai a casa e mi buttai subito sul letto. Potevo sentire ancora il suo profumo e il suo sorriso stampati addosso. Ne ero certa: poco prima stava per baciarmi
 
La sera stessa raccontai tutto ad August e Helen; tornammo sedicenni tra pettegolezzi, cibo spazzatura, tv e ore piccole. Confidai loro le sensazioni che avevo provato e poche cose riuscirono ad affermare, tra cui “Non hai questi occhi da quando stavi con Kevin„. Ed era vero, poco a poco stavo ricominciando a vivere. Non è facile sapete, intendo vivere. Tra tutte le quotidianità che, oramai, siamo costretti a dover compiere ci perdiamo. Ero diventata una macchina, respiravo perché dovevo. Ma quel viso, quelle labbra rosse e quegli occhi furono come ritrovare anni persi. 
Tra un'ora e l'altra c'eravamo scordati che il giorno seguente saremmo dovuti tornare al lavoro, me compresa. Non m'è mai importato molto di fare carriera, ho sempre cercato qualcosa che mi gratificasse sia personalmente che economicamente, e a Dallas avevo trovato un impiego all'interno del corpo di polizia. Ero ancora in prova ma me la stavo cavando e fortunatamente il mio impegno veniva riconosciuto. Dopo due lunghe giornate stressanti passate a riempire scartoffie tornai a casa, trovando August e Sophie intenti a pomiciare sul divano. Mostrai il mio evidente disgusto scappando nella mia stanza e seguita dal loro divertimento. Quei bastardi ci stavano prendendo gusto. Mi feci velocemente una doccia, dopo di che decisi di godermi la fine della giornata leggendo un libro, avvolta nel mio comodo kimono da casa. Persa nella mia lettura sussultai sentendo il suono del campanello di casa. Mi girai di scatto verso l'orologio: le 19:04. 
Aggrottai le sopracciglia cercando di ricordarmi di qualche visita di cui magari mi ero scordata. Niente di niente, non aspettavo nessuno. Mi alzai velocemente dal letto, uscendo dalla stanza vidi August che guardava attraverso lo spioncino della porta. Si girò verso di me ridendo, “È per te cara”
Confusa mi avvicinai e copiai il suo gesto. Dall'altra parte c'era Regina. Cristo, sentii le gambe tremare. “Cosa ci fa qui?!” Lo sussurrai in direzione del ragazzo con uno sguardo di paura. Mi aveva colto estremamente di sorpresa. August fece spallucce e di rimando mi disse solamente “Se non lo sai tu.” 
Suonò un'altra volta. Dovevo aprire. Respirai, uno due e tre. Eccola, in un tubino rosso come il suo rossetto, una giacca di pelle nera e un pacco tra le mani. Alzò i suoi occhi su di me, come se non si aspettasse che aprissi io quella porta. La guardai ovviamente sorpresa, non riuscivo a spiegarmi cosa ci facesse davanti a me. Notai che lentamente i suoi occhi scivolarono verso il basso come attratti da qualcosa, posandosi su un punto del mio corpo e in un attimo le sue gote si colorarono. Mi ricordai che indossavo semplicemente il mio kimono, oltre alla biancheria intima. E quell'indumento quasi semi-trasparente mi copriva solo fin sopra il ginocchio, lasciando scoperte le mie gambe toniche. 
“Ehi” Fu come se la risvegliassi da un sogno. Si schiarì la voce prima di parlare.
“Ehi.. Disturbo?” I suoi occhi erano tornati dentro i miei. 
“No assolutamente, io stavo.. Non stavo facendo niente” Le sorrisi per rassicurarla; notai che aveva iniziato a guardare oltre le mie spalle e io mi schiaffeggiai mentalmente. “Oh dio che idiota, entra pure”. Prima che potessi chiudere la porta August e Sophie, come dei fulmini, si precipitarono su di essa. 
“Regina! Che bello rivederti! Purtroppo noi stiamo per uscire, vi lasciamo sole. Ci si vede” Udimmo anche una sorta di saluto urlato da parte della ragazza prima che l'appartamento venisse chiuso. Quei due erano davvero impossibili. Mi voltai verso Regina chiedendole scusa per il comportamento dei fidanzatini. Lei rise, limpida, bellissima, omicida. “Tranquilla, sono molto simpatici.” La guardai mordersi il labbro inferiore, “Scusami se non ti ho avvisata del mio arrivo, ma volevo ringraziarti per aver pagato la corsa del taxi di ieri” Detto questo si avvicinò allungandomi con le mani quel pacchetto. 
“Non dovevi davvero, è un gesto molto carino.. Grazie” Lei scrollò le spalle, ed entrambe impacciate andammo verso il piano della cucina. Aprii la sporta trovandoci un contenitore per alimenti. Lasagne, ragazzi. Regina Mills mi aveva preparato delle lasagne. La guardai piacevolmente stupita e mi sorrise. “Non pensavo sapessi cucinare” Sembravo una bambina il giorno di natale. 
“Non sai molte cose di me” disse scherzando. E ancora una volta notai che i suoi occhi indugiarono per diversi secondi sulle mie gambe. Deglutii. Avrei giurato che se avesse continuato a guardarmi in quel modo sarei andata fuori di testa. 
Notando nuovamente che ore erano decisi di farmi avanti. “Vorresti rimanere a cena? Potremmo mangiare queste deliziose lasagne insieme.” Non se lo aspettava minimamente un invito del genere, spalancò un poco la bocca senza sapere cosa dire. 
“Oh, io non saprei Emma. Mi piacerebbe ma forse, sai, hanno bisogno in ospedale”
“Voi medici non avete quegli aggeggi per le emergenze?” 
“Beh sì li abbiamo quegli aggeggi, sì” Disse ridendo per il mio termine utilizzato. 
“Bene, quindi direi che è deciso” Aggiunsi sicura di me. La feci accomodare sul divano mentre velocemente iniziai ad allestire in maniera carina la tavola per due persone. 
“Chi è questo ragazzo?” Mi bloccai con i piatti in mano girandomi nella sua direzione. Si era alzata ed era andata verso una mensola dove io ed August tenevamo vecchie foto di vecchi ricordi. Ne prese una in particolare in mano: di me e Kevin. Estate di un anno e mezzo prima, eravamo al mare. In quella foto lui mi cingeva i fianchi da dietro mentre io gli baciavo la guancia. Scossi la testa per cancellare quei pensieri e mi concentrai sulla donna di fronte a me. Quella che avevo sentito era davvero gelosia
“Oh, è il mio ex ragazzo.. Ci siamo lasciati da quasi un anno, acqua passata ormai. E soprattutto meglio per entrambi” Accennai un sorriso nella sua direzione mentre finivo di apparecchiare. Vidi con la coda dell'occhio che posò la cornice e proseguì la sua osservazione di fotografie come se fosse in un museo. 
“Da quanto stavate insieme?” 
“Parliamo di circa tre anni.”
“Oh, mi dispiace.” Alzai subito la testa e la guardai forse troppo severamente. 
“A me no.” 
Le sorrisi e lei ricambiò. Mi feci un promemoria mentale, quella stessa notte, lo giurai a me stessa, avrei buttato ogni singola foto. 
“Direi che è pronto” La feci accomodare in una delle due sedie e cenammo. Non di certo in silenzio. Appena assaggiai quelle lasagne saltai sul posto, erano a dir poco squisite. La riempii di complimenti e dio, come adoravo vederla mentre si portava una ciocca di capelli dietro l'orecchio, un po' imbarazzata. Quella sera stessa riuscii a conoscerla davvero. Mi raccontò di come era diventata medico, incoraggiata forse troppo dalla madre a conseguire gli studi di quella facoltà. Ma fortunatamente adorava il suo lavoro. Imparai a conoscere i suoi modi, i suoi atteggiamenti, come si esprimeva. Presa dalla curiosità le chiesi se viveva con qualcuno. 
“No, vivo da sola. In realtà, circa due anni fa, convivevo col mio ragazzo ma è venuto a mancare.” 
“Oh scusami Regina, non volevo-”
“Tranquilla, è passato” Mi rassicurò allungandosi sul tavolo e posando la sua mano sulla mia. Guardai le nostre mani. Pelle ambrata contro pelle diafana. Questa volta osai.
“Se posso chiedere, com'è successo?” Ritrasse dolcemente la mano.
“Posto sbagliato nel momento sbagliato. Aveva una scuderia e quel giorno uno dei cavalli era particolarmente agitato.” 
“Mi dispiace davvero tanto” 
Sorrise annuendo tristemente. Mi resi conto in quel momento che la tristezza non doveva albergare, neanche per sbaglio, sul volto di Regina Mills. E mi accorsi che sarei stata in grado di fare qualsiasi cosa per togliere quel velo di lacrime invisibili. 
“Che ne dici di un po' di gelato?” 
“Perché no, che gusti hai?” 
“Tutti quelli che desidera sua Maestà” 
Finalmente la sua risata, il suono della mia vita. 
 
Una volta finito anche il gelato iniziai a sparecchiare. “Regina non osare ad alzarti, ci penso io.” Alzò le mani ridendo in segno di resa e rimase al suo posto. Inconsapevole di indossare ancora il mio corto kimono le passai molte volte accanto e pericolosamente vicino. Avevo quasi liberato completamente la tavola quando, mentre ero diretta verso il lavabo della cucina, mi afferrò delicatamente la mano facendo fermare la mia camminata. Guardai davanti a me, non mi mossi. Mi toccò la mano come se la stesse studiando, la strinse. Sentii le sue sottili dita accarezzarmi e le sue unghie tracciare le mie linee. Poi si alzò dalla sedia lentamente e mi fronteggiò. Un incanto. 
“Regina”
“Emma” 
Due sussurri. 
“Non mi è mai successo” Continuò, sempre stringendo la mia mano. La distanza tra di noi era incredibilmente diminuita, mi inebriavo del suo profumo. Fuori il buio della città, in casa poche luci accese, dentro di noi dei fuochi. Deglutii.
“Cosa?” 
“Di essere così attratta da una donna.” 
 
Bip bip bip bip bip. Il fottuto cerca persone iniziò a squillare. Ci allontanammo spaventate, prese alla sprovvista da quel rumore. Regina afferrò con difficoltà l'oggetto tra le mani, le quali notai stavano leggermente tremando. Cercai di prendere respiri profondi, la situazione e l'atmosfera che si era creata mi aveva letteralmente fatta impazzire. La mora mi fissò con uno sguardo colpevole. 
“È un'emergenza, devo andare” Mi resi conto di non essere in grado di parlare, avevo la bocca asciutta così annuì freneticamente con la testa. Accorgendosi della mia tensione si avvicinò pericolosamente a me, soprattutto al mio viso. 
“Emma mi dispiace, vorrei rivederti in questi giorni. Per favore.” L'intensità di quelle parole e dei suoi occhi mi colpì. Mai avrei pensato di ricevere determinate attenzioni da quella donna, eppure era lì, decisa e sicura di sé. Trovai in qualche modo la forza di rispondere cercando di non far tremare la voce. 
“Sì tranquilla, lo capisco. Hanno bisogno di te, io.. Ti scriverò” 
“Devo proprio scappare, scusami ancora.” Detto questo, Regina si infilò il suo giacchetto di pelle e corse verso la porta. Le stetti dietro, ci scambiammo un veloce saluto e poco dopo mi ritrovai sola nel mio appartamento. Mi lasciava sempre così lei: in bilico tra il paradiso e l'inferno, a fare i conti con angeli e demoni. 
 
 
La notte di quella sera e il giorno seguente furono insostenibili. Non feci altro che pensare e ripensare a quelle parole, non potevo crederci. Non sapevo come, perché e grazie a chi avevo avuto un'altra possibilità. Soprattutto non riuscivo a capire, e tuttora me lo chiedo, come facevo a meritarmi una persona del genere. 
 
Di essere così attratta da una donna.
 
Scossi la testa. Regina Mills smettila, pensai mentre portavo alla bocca la mia tazza di caffè. Il modo in cui lo aveva detto, guardandomi in quel modo, pronunciandolo in quel modo, uccidendomi in quel modo. Mi portai le mani sul viso stropicciandomi gli occhi e cercando di concentrarmi sullo schermo del pc. In quei giorni Dallas era stranamente calma e in ufficio non c'era molto da fare. Il capo mi aveva sostanzialmente promesso un contratto a tempo indeterminato lasciandomi anche alcuni rapporti da terminare. Iniziai a digitare sulla tastiera. 
 
Vorrei rivederti in questi giorni. Per favore. 
 
Sbuffai prepotentemente spingendo con maggiore forza i tasti, attirando così l'attenzione di alcuni colleghi. Lanciai un'occhiata omicida in qualche direzione e ognuno tornò al proprio lavoro. Non c'era modo di togliermela dalla testa. Smisi di scrivere e mi stiracchiai lasciandomi cadere sullo schienale della sedia. Dicono che l'unico modo per combattere una tentazione è cedere ad essa. Bene. Decisa delle mie azioni e conseguenze tirai fuori dalla tasca dei jeans il cellulare. Senza esitare iniziai a scrivere un messaggio a Regina. 
“Ehi, tutto bene? È andata bene ieri sera a lavoro? :)” 
Che schifo di sms, fanculo. Premetti invio e aspettandomi di non ricevere subito una risposta ripresi il rapporto di cui mi stavo occupando prima. Dieci minuti, lecito. Venti minuti, magari era al lavoro anche lei. Sicuramente. Venticinque minuti, si illuminò il display. Abbandonai subito il computer per gettarmi sul telefono. 
“Buon pomeriggio, io sto bene. Non si può dire lo stesso del paziente di ieri sera ma si riprenderà. Tu come stai?” Risposi in un millisecondo che era tutto a posto. Sospirai poi come se mi fossi tolta dallo stomaco tonnellate di peso. 
“Mi fa piacere. Dove sei?” 
“A lavoro, tu?” 
“Anche io, giornate stressanti purtroppo.”
“Qui più che altro noiose, tra poco esco e vado a riempirmi la pancia ;)” 
“Signorina Swan non ho potuto evitare di notare l'altra sera la troppa quantità di cibo spazzatura a casa sua.”
“Il gelato l'hai mangiato pure tu però.”
“Sfizio.”
“Beh, non so cucinare. Prendere o lasciare” Inviando quest'ultimo messaggio mi morsi nervosamente la guancia interna.
“Bene, significa che per non farti morire di colesterolo eccessivamente alto ti porterò altri piatti preparati da me.”
 
Prendere. Sorrisi al messaggio, mi alzai dalla sedia senza smettere di rileggere quelle parole. Decisi che avrei finito il lavoro a casa col mio pc, non avevo voglia di passare altro tempo in ufficio. Presi la mia giacca ed uscii dirigendomi verso casa. Fino l'ora di andare a dormire io e Regina continuammo a sentirci per sms, scherzando e punzecchiandoci di continuo. Mi addormentai pensandola. 
 
 
 
 
 
 
Nota autrice: avete tutto il diritto di picchiarmi, uccidermi, torturarmi ecc. Sul serio. Sono consapevole della mia lunga assenza e vi chiedo scusa, soprattutto perché questa è ancora una storia in crescita e dovrebbe avere una certa costanza. Quest'ultima cosa, come s'è potuto notare, manca a me ahah. Ho dovuto viaggiare molto quest'estate, tra un impegno e l'altro non sono mai riuscita a ritagliare uno spazio per scrivere e aggiornare la ff. Quindi vi chiedo umilmente scusa. Vorrei fare alcune precisazioni: come avrete intuito (per chi segue la serie tv) l'ex di Regina è proprio Daniel, anche se non se n'è fatto nome. L'ex ragazzo di Emma invece si chiama Kevin, ma ricollocandolo nel programma televisivo si tratta di Killian (Hook), Helen dovrebbe essere sotto molte sfaccettature Ruby e Sophie invece è semplicemente Sophie, personaggio inventato di sana pianta. Leggendo inoltre vi sarete accorti del carattere fin troppo buono e pacato della nostra cara Mills, non illudetevi. Purtroppo per voi ho in mente molti colpi di scena. Scusatemi queste righe in più e niente, buona lettura. Grazie a chi segue, recensirà, metterà tra i preferiti, ecc. Soprattutto grazie a tutti voi che leggete. 
(Piccolo annuncio: la fanfiction in futuro diventerà rating rosso) 
A. 
  
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