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Autore: Avenal Alec    01/09/2015    3 recensioni
La storia comincia alcune settimane dopo il termine della puntata 2x16 ed è incentrata sui personaggi di Bellamy e Clarke.
Bellamy e Clarke non sono più sottoposti alla tensione della sopravvivenza a tutti i costi. Dovranno affrontare non solo i fantasmi del loro passato ma la consapevolezza che la Terra è realmente la loro nuova casa e dovranno scegliere come vivere in questo nuovo mondo. . A complicare il tutto, la "quiete" in cui vivono li porterà a fare i conti con il tipo di legame che li lega :)
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The 100 - Welcome to the new world'
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CAPITOLO 8
 
20 Dicembre
 
Bellamy entrò dentro la navetta del campo Jaha, sbattè i piedi a terra per scrostare la neve.
Sebbene da giorni non nevicasse, le basse temperature stavano preservando quella caduta all’inizio del mese. Cacciare e procurarsi altro cibo stava diventando di giorno in giorno più difficile ma questo gli dava comunque l’occasione di esplorare meglio la zona.
Per fortuna i tecnici erano riusciti ad aggiustare i sintetizzatori di cibo e, anche se non era particolarmente gustoso, non sarebbero morti di fame quell’inverno.
Il ragazzo si osservò intorno, l’area antistante all’entrata era diventata la zona ricreatorio della nave e a quell’ora c’era parecchia gente e c’era fermento in ogni angolo. Con l’arrivo dell’inverno gli abitanti del campo avevano cominciato a dedicarsi a diverse attività al chiuso, c’erano laboratori artigianali e aree in cui continuare gli allenamenti tutto in vista dell’arrivo della primavera.
Non volevano farsi cogliere impreparati.
Bellamy sapeva che avrebbe potuto passare il tempo come loro ma i boschi lo chiamavano sempre. Era stato chiuso nell’Arca per così tanto tempo che il solo respirare l’aria pura dell’esterno e camminare in mezzo al silenzio della foresta lo ritemprava.
 Ora però desiderava solo una doccia calda, una bella tazza fumante di zuppa e una dormita.
Con la coda dell’occhio si accorse però che Abby stava puntando direttamente verso di lui. Avrebbe potuto prendere la direzione opposta, ma il senso del dovere lo spinse invece a girarsi verso di lei e farle un cenno di saluto.
“Bentornato, com’è andata là fuori?” chiese rispondendo al suo saluto
“Non molto bene, ma abbiamo trovato altri due bunker e inventariato quello che c’era dentro nel caso in futuro ne avessimo bisogno.” Rispose tirando fuori un foglio “lo porterò da Milton per aggiornare gli archivi”
“Grazie, non c’è fretta” rispose Abby
“Hai bisogno di altro? Sono stanco e vorrei andare nei miei alloggi.”
Per quanto Bellamy provasse un certo rispetto per il nuovo cancelliere, non riusciva a fidarsi completamente di lei. C’era qualcosa che non gli piaceva, si sentiva sempre scrutato e pesato in sua presenza e questo lo metteva a disagio.
Anche in quel momento Abby lo stava osservando senza proferire parola o lasciarlo andare
“Se hai bisogno di altro, sai dove trovami” disse a quel punto spazientito.
“Aspetta!, si tratta di Clarke”
“Cos è successo” chiese subito.
“Gli ultimi giorni al reparto medico sono stati difficili e ..” lasciò in sospeso la frase come se ciò che stava per dirgli le costasse fatica. “credo che abbia bisogno di te”.
Bellamy lo scrutò attento, cercando di capire esattamente cosa volesse dire con quelle parole, era chiaro che fosse turbata.
Attese.
Abby soffermò il suo sguardo oltre di lui, poi lo guardò
“Ho perso Clarke molto tempo fa e non sarò più la persona con cui vorrà confidarsi.” Inghiottì, una muta preghiera nei suoi occhi.
Bellamy rispose con un accenno poi si avviò verso l’alloggio di Clarke.
 
Bussò un paio di volte ma non rispose nessuno. Si allarmò.
Cominciò a cercarla al “the 100”, da Raven, nella mensa continuando a chiedere in giro se qualcuno l’avesse vista ma ad ogni risposta negativa l’ansia cresceva. Cercava di scacciare il pensiero che se ne fosse andata di nuovo, non l’avrebbe fatto in quel modo.
Stava superando un corridoio quando la vide oltre le vetrate. Camminava sul terreno accidentato, verso la recinzione esterna sul retro del campo.
Aprì una delle porte e uscì per raggiungerla.
Quando finalmente fu accanto a lei era già arrivata alla recinzione.
Lo sguardo rivolto alla collina di fronte al campo, il luogo in cui, mesi prima, Finn aveva perso la sua vita.
 
“Ciao Principessa” disse Bellamy affiancandosi a lei “Un po’ freddo per una passeggiata senza giubbotto”
Clarke si voltò, il viso rigido.
“Ti ha mandato mia madre” chiese poi
“Diciamo che ha pensato che incontrarti valeva più di una doccia calda e un buon riposo” rispose prima di continuare a osservare la collina di fronte a loro.
“Non voglio rientrare”
“Allora possiamo rimanere ancora un po’ qua, anche se dentro staremmo per lo meno al caldo” replicò Bellamy soffiando sulle sue mani infreddolite. “Dovrei darti la giacca, probabilmente hai freddo anche tu, ma poi avrei freddo io” terminò con un mezzo sorriso
“Sempre il solito!” Clarke rispose scuotendo la testa divertita. “Sento la mancanza dei boschi..” continuò poi.
“Facciamo così” disse Bellamy girandosi verso di lei, non gli piaceva vederla in quello stato “se rientriamo adesso, ti prometto che alla prossima occasione ce ne andiamo a fare un giro solo tu ed io, che dici”
Clarke lo scrutò un attimo “Promesso?” poi sorrise ma quel sorriso non raggiungeva gli occhi come se non credesse alle sue stesse parole.
“ Promesso” replicò Bellamy “allora rientriamo?”.
“ok” rispose la ragazza con un sospiro
Si incamminarono verso la struttura
“Hai mangiato” chiese Bellamy, osservò il cielo, il giorno stava lasciando lo spazio alla notte e si notavano le prime stelle nel cielo.
“Per la verità no” rispose Clarke.
“Ok, allora ecco il piano, doccia e poi ci incontriamo in sala mensa così ti racconto della spedizione e mi aggiorni su quello che mi sono perso qui al campo.”
Clarke alzò gli occhi verso di lui e fece un cenno d’assenso.
 
Bellamy si girava e rigirava ormai da ore fra le lenzuola.  Era stanco eppure non riusciva prendere sonno, il tepore umidiccio della stanza lo stava soffocando e non riusciva a scacciare il pensiero di Clarke. Durante la serata appena trascorsa aveva avuto l’impressione che non stesse bene e quella sensazione continuava a tormentarlo. All’apparenza aveva riso e scherzato eppure, qualcosa in fondo ai suoi occhi, era buio. Avevo provato a chiederle quale fosse il problema ma lei aveva semplicemente scosso il capo, risposto “niente” per poi tornare a scherzare con qualcuno o deviare il discorso su altro.
Si era sentito ferito dalla cosa, avevano condiviso così tanto insieme perché chiuderlo di nuovo fuori come se non si fidasse di lui. Questa cosa lo lacerava e allo stesso tempo lo faceva infuriare. Clarke non era “O” eppure sentiva nei suoi confronti lo stesso istinto protettivo.
Guardò l’orologio digitale nel ripiano accanto alla cuccetta, le 3 di notte. Insofferente decise che non ne poteva più di quelle lenzuola e quella stanza che lo soffocava. Era una stanza standard con un tavolo e due sedie imbullonate, un piccolo cucinotto e qualche ripiano. Sull’Arca sarebbe stata un’ottima sistemazione, ora tutto sembrava piccolo e lui doveva assolutamente uscire. Si sedette sul letto stizzito pronto per vestirsi e uscire, di certo avrebbe trovato qualcuno ancora sveglio quando sentì un sommesso bussare alla porta.
Prese una maglia che aveva buttato sullo schienale della sedia la indosso e aprì la porta.
 
Clarke era di fronte a lui, gli occhi segnati dalle occhiaie erano gonfi come se avesse pianto, lo sguardo sbarrato, confuso e intimidito.
Si allarmò vedendola in quello stato, fece un passo di lato e aprì di più la porta per farla entrare.
La giovane fece un lieve cenno d’assenso poi entrò andandosi a sedere sul letto.
Le mani in grembo erano seminascoste da un maglione sdrucito troppo grande per lei.
II suo sguardo vagava attorno posandosi ogni tanto su qualche oggetto posato sui ripiani.
Bellamy prese una sedia e si sedette di fronte a lei. I gomiti piantati sulle ginocchia, l’intero corpo proiettato verso di lei, distante quanto bastava per lasciarle spazio ma abbastanza vicino da farle sentire la sua presenza.
La guardava ma non diceva nulla, stava aspettando che lei parlasse.
Si assomigliavano in questo, avevano bisogno dei loro tempi.
“Posso stare qui stanotte?”
“Sei già qui” rispose lui facendo finta di non capire.
Clarke lo guardò con quella sua solita espressione, piegando leggermente il viso da un lato.
“Sai cosa intendo”
“Non prima di avermi spiegato cosa sta succedendo” replicò Bellamy.
“Non voglio stare sola” rispose Clarke con un sospiro, il ragazzo sapeva quando le era costata quell’ammissione.
“Perchè?” Chiese
“Gli incubi, sono tornati” rispose Clarke “avevo bisogno di un posto dove scacciarli” 
Bellamy si appoggiò contro lo schienale della sedia, nel suo intimo una voce urlò di gioia per quelle parole ma la scacciò subito. Troppe implicazioni.
“Cos’è successo in questi giorni?”
Sapeva che l’unico modo che aveva per aiutare Clarke era farla parlare ed esorcizzare ciò che sentiva, mettere un freno ai pensieri e al peso che portava. Non sentirsi più sola.
“Sono morte alcune persone in questi giorni. Altre si sono ammalate. Siamo impreparati e mi sento nuovamente impotente e in balia degli eventi. …” Clarke lasciò in sospeso la frase.
Bellamy non aveva bisogno di sentire il resto per sapere come la giovane si sentisse. L’accettazione che la morte e il dolore avessero un parte così importante nella loro nuova vita sulla terra era un tasto ancora molto sensibile.
Entrambi sapevano che anche sull’Arca la gente moriva, veniva ferita eppure sulla terra questa cosa aveva una risonanza mille volte più forte e Clarke ora si sentiva sempre responsabile di tutto. Il suo istinto di sopravvivenza aveva dato un impulso alla sua vita quando erano atterrati e ora, più di molti altri, doveva convivere con questa scelta.
Avrebbe  voluto abbracciarla, stringerla a se e dirle che tutto sarebbe andato per il meglio ma sapeva che non poteva farlo, lei si sarebbe ritratta spaventata alla solo idea di lasciarsi andare, di provare qualcosa.
La scrutò un istante poi le disse “Puoi rimanere qui a dormire”
Si alzò, aprì un piccolo sportello che si trovava in alto alla sinistra della cuccetta, poi tirò verso il basso la leva al suo interno. Una seconda cuccetta si abbassò sopra a quella già aperta.
“Vuoi dormire in quella sopra o quella sotto” chiese, avrebbe voluto fare una battuta maliziosa ma si rese conte che sarebbe stata fuori luogo. Sorrise al pensiero di una possibile reazioni sbalordita di Clarke, rimase poi di sasso quando si rese conto che una parte di lui cominciava a divertirsi a giocare con lei e ad aspettare le sue reazioni.
“Questa sotto andrà bene” rispose Clarke con un mezzo sorriso.
Bellamy fece un cenno d’assenso poi si arrampicò nella cuccetta sopra e chiuse le luce.
Sentì Clarke muoversi e distendersi nel suo letto.
“Grazie”
Bellamy sorrise nel buio “Di niente principessa”.
Il silenzio dei loro respiri, la consapevolezza dei loro corpi così vicini eppure così lontani, la serena sicurezza della presenza reciproca li accompagnò in un sonno tranquillo.
 
Clarke si svegliò. Per la prima volta dopo diversi giorni il suo risveglio non era stato brusco. Niente sudore che le imperlava la fronte o il cuore palpitante per un brutto sogno. Era solo un semplice piacevole risveglio.
Si osservò in giro, sopra di lei la seconda cuccetta, era consapevole di essere nella camera di Bell ma questo non lo mise a disagio. Sorrise invece per quel tranquillo risveglio.
Bellamy non c’era ma sapeva che l’avrebbe rivisto entro breve. Si sentì pervadere da una sensazione di serenità e un pizzico di aspettativa.
Solo lui sembrava conoscerla così intimamente, nemmeno Finn era riuscito a decifrarla bene quanto Bell.
Sorriso al pensiero che una parte di lei cominciasse, nei suoi pensieri, a chiamarlo Bell con la stessa intimità di Octavia. Si rese conto che non poteva avere amico migliore.
 
Sentì la porta dell’ingresso aprirsi e, come se fosse stato richiamato dai suoi pensieri, vide Bellamy entrare con un vassoio in biblico su una mano mentre con l’altra cercava di chiudere silenziosamente la porta.
Lo vide lanciare uno sguardo verso di lei e quando la trovò sveglia le sorrise
“Buongiorno Principessa, ho portato la colazione”
Clarke ripose al sorriso e con uno slancio uscì dal letto mentre il ragazzo appoggiava sul tavolo il vassoio.
Si sedettero uno di fronte scambiandosi ogni tanto qualche sorriso mentre mangiavano le gallette e una specie di zuppa liofilizzata.
“Ho incontrato Kane in mensa, a quanto sembra stanno pensando di fare un’altra spedizione, una paio di settimane questa volta. Sempre verso sud. Forse sarà l’ultima fino alla primavera. La tua richiesta è stata esaudita” disse Bellamy con un mezzo sorriso.
Clarke alzò gli occhi dalla poltiglia che stava mangiando, appoggiò il cucchiaio accanto alla tazza e lo osservò perplessa.
“Ieri ti avevo promesso che la prossima volta che fossi uscito saresti venuta con me, ecco l’occasione” replicò.
Clarke sentì un balzo al cuore, sarebbe uscita, avrebbe potuto finalmente uscire dal campo Jaha e da tutto quello che implicava.
“Sarebbe fantastico, quando partiamo?”
“Se tutto va bene domani mattina, il tempo di preparare l’equipaggiamento. Questa volta verrà anche Octavia e Lincoln ci farà da guida. L’idea è tentare di arrivare nei territori del popolo delle barche e provare un primo approccio con loro.”
Clarke si illuminò al pensiero. Ne avevano discusso molto in consiglio, il popolo delle barche era un popolo pacifico, distante dai normali territori controllati dai clan e il consiglio sperava di poter trovare un accordo con loro per poter spostare la gente del campo Jaha vicino ai loro territori, il più lontano possibile da quelli della gente delle foreste. Era un azzardo ma Lincoln aveva detto che forse Luna, la matriarca del clan, sarebbe stata disponibile a trattare e condividere i loro territori in cambio di conoscenze mediche e tecnologiche. Il periodo non era dei migliori per partire ma, la loro, era una corsa contro il tempo, in primavera avrebbero dovuto nuovamente confrontarsi con i clan  delle foreste e dovevano avere un piano di riserva.
La ragazza stava già mentalmente preparando tutto il necessario per quella spedizione quando il pensiero dei pazienti che avrebbe dovuto lasciare prese il sopravvento. Sapeva che altri si sarebbero presi cura di loro eppure, partire per quell’impresa, significava, una volta di più, abbandonare la gente di cui era responsabile.
Abbassò lo sguardo sul tavolo “Non posso venire” poi alzò il viso per guardare quello di Bellamy che sembrava confuso.  “devo rimanere qua per dare una mano nel reparto medico, per stare con gli altri ragazzi, continuare gli allenamenti, ci sono così tante cose da fare…”la voce si affievolì schiacciata dal peso di tutte le cose per cui si sentiva responsabile.
Bellamy la guardò un istante, annuì, avrebbe voluto che la ragazza prendesse un’altra decisione ma  comprendeva la sua scelta, si era appoggiata a lui nel momento del bisogno perché sapeva di poterlo fare  “Clarke, lo capisco, è lo stesso motivo per cui io sono sempre fuori, stiamo cercando di fare il meglio per la nostra gente. Stare qui è difficile lo so, spesso qui mi sento soffocare ma abbiamo delle responsabilità e tu non puoi fuggire.” Lasciò in sospeso la frase poi concluse “La primavera presto tornerà e tu dovrai essere pronta”.
Clarke annuì, capiva cosa intendesse Bellamy e lo apprezzò per questo. Si chiese una volta di più cosa avrebbe fatto senza di lui.
 
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NOTA : mi ero ripromessa di non rompere con le note ahaha...ma questa è una nota da "dietro le quinte"...quando ho finito di scrivere questo capitolo non sapevo se ridere o piangere. Mentre nella mente volevo un momento Bellarke di quelli da OMG, OMG...le parole prendevano un'altra strada...ho riso, anche se avrei preso il pc a testate, quando mi sono resa conto che mentre Bellamy è in fase brividi, gioia etcc...Clarke mentalmente l'ha frienzonato di brutto pensando che non poteva avere amico migliore. Ho tentato in tutti i modi di cambiare qualcosa ma nada...però sappiate che mi son in parte rifatta con il prossimo capitolo :)....p.s. non uccidetemi se 'sti due sono così lenti di comprendonio ...non è colpa mia...sono loro :P

  
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