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Autore: Dram66    02/09/2015    0 recensioni
“Io..dovrei sentire dolore, dovrei essere triste, dovrei..odiarti..ma non ci riesco. Non sento nulla di tutto questo, io non mi sento nemmeno in colpa. Io vedo solo te, io voglio solo te” Bulma prese il suo viso tra le mani e ricambiò il bacio con più passione, il respiro corto ed agitato. Vegeta la baciava e la accarezzava, come se fosse stata l’unica cose che avesse mai voluto fare nella vita.
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il palazzo reale e consigliare era un dedalo di corridoi e androni, cunicoli, passaggi segreti e sotterranei. La struttura era enorme, occupata praticamente dall’intera popolazione sayan: l’intera Prima Classe e quasi la maggioranza della Seconda, senza contare i numerosi servi, guardie e addetti alla manutenzione alla vita quotidiana del palazzo; un edificio immenso la cui costruzione si perdeva nella notte dei tempi e il cui labirinto di gallerie e scavi non era conosciuto alla perfezione nemmeno dai regnanti.
Era facile quindi trovare un posto isolato e sicuro dove riunirsi in segreto senza essere scoperti. Si trovavano parecchi livelli sotto il suolo, in una galleria umida, buia e fredda. Solo le torce infuocate illuminavano le tenebre più profonde che occhio di uomo avesse mai sperimentato in quel palazzo.
Lök, figlio di Vitlök, era un generale di Prima Classe, un sayan sui trentacinque anni che aveva perso un occhio nella conquista di uno dei tanti pianeti presi negli ultimi anni dai sayan, nemmeno lui si ricordava più quale; era stato un soldato ubbidiente e solerte, pronto sempre ad eseguire gli ordini senza fare domande, ma pieno di iniziativa, cosa che lo aveva aiutato a compiere una carriera militare rapida arrivando fino ai vertici del comando. Come suo padre prima di lui, aveva servito nell’esercito di Cavage prima che diventasse secondo del vecchio re Vegeta, lasciando i campi di battaglia per dedicarsi a guerre molto più pericolose, quelle della politica. Lök lo ricordava come il miglior generale che potesse esistere, un vecchio leone, scaltro, abile, uno stratega, era stato un suo soldato e lo sarebbe sempre stato; per questo non aveva esitato quando gli era pervenuto un messaggio da parte di Nappa, che lo invitata ad incontrare Cavage in una galleria sotterranea.
La torcia illuminava il suo percorso e lo fece giungere ad un crocicchio.
“Chi va là?” gridò minacciosa una voce.
“Sono Lök, figlio di Vitlök. Ho ricevuto il messaggio”
Da dietro l’angolo sbucò il possente sayan calvo, che riaccese la torcia, momentaneamente spenta, con una sfera di energia. Dopo di lui sbucarono altri tre guerrieri che Lök, figlio di Vitlök, non conosceva.
“Ti hanno seguito?” chiese Nappa sospettoso.
“No, nessuno badava a me. Me ne andavo per i fatti miei.”
“Fa un freddo della malora qua sotto” disse uno dei due guerrieri, che era Afal, figlio di Piro “Quando arriva Cavage, per tutti gli Spiriti?”
“Sta arrivando” mormorò l’altro guerriero, Birne, figlio di Apfel, indicando una luce in fondo al tunnel.
La luce si avvicinava e rivelava i volti di chi giungeva insieme ad essa: a portare la torcia si rivelò essere Boon, uno dei figli del vecchio Kolben, un giovane di circa vent’anni d’età, mentre alla sua destra camminava, fiero e dritto, Cavage.
Il viso del sayan sembrava invecchiato di dieci anni, ma non il suo spirito, lo si poteva capire con una sola occhiata, senza che egli parlasse.
“Mio signore” disse Nappa chinando il capo.
“Siamo tutti qui?” chiese Boon.
“Sì, siamo tutti qui” rispose Nappa guardando Cavage.
“Siamo solo in sei” storse il naso il giovane.
“Più che sufficienti” disse atono il vecchio guerriero “Questo è solo l’inizio, altri si uniranno a noi”
Un improvviso silenzio calò nel piccolo gruppo, mentre Lök, Afal e Birne si guardavano dubbiosi tra loro. Alla fine Lök prese la parola.
“Mio signore, mi sembra evidente che Nappa e il giovane Boon siano a conoscenza delle vostre intenzioni, ma io e i miei compagni ne siamo ancora all’oscuro: ho ricevuto un messaggio che mi permetteva di presentarmi davanti a voi, riempiendomi di gioia, e appena possibile sono corso all’incontro, confortato nel sapere che eravate ancora vivo e felice di potervi vedere ancora fiero e potente, anche dopo che il giovane re vi ha ingiustamente cacciato; sono stato un vostro soldato e vi ricordo con affetto e fedeltà”.
“Anche io conservo un buon ricordo di te, generale” lo interruppe Cavage non abbandonando il suo tono di voce glaciale.
Lök arrossì “Vi ringrazio. Vi seguirei in capo all’universo, per qualsiasi motivo, ma spero che voi abbiate abbastanza fiducia in noi per rivelarcelo, questo motivo.”
Cavage sollevò appena un sopracciglio “E’ per tale ragione che vi ho convocati”.
L’umidità colava dalle pareti e condensava i respiri.
“Voglio detronizzare il re”
Nappa e il giovane Boon si guardarono complici attendendo una reazione degli altri tre, ma Cavage non fu altrettanto paziente e non l’attese.
“E’ evidente che questo giovane re è uscito di senno e intende rovesciare un impero costruito nei secoli, con tradizioni che poggiano su pietre e leggi più antiche del tempo: io non posso permetterlo. Il suo comportamento è inaudito: ha smembrato il suo consiglio rimpiazzandolo con elementi inesperti e indegni, pretende di sciogliere tradizioni e crearne di nuove, mischia le Classi dando ai più infimi compiti di cui non sono lontanamente degni e disonora tutti noi intrattenendosi con un’aliena e permettendole di entrare nel Locus, tutto questo è troppo!”
“E’ la femmina la causa di tutto ciò” ringhiò Nappa.
“Sì, da quando si è insediata negli appartamenti di re Vegeta sta tutto andando alla malora, l’ha corrotto con le sue carni!” rincarò la dose il giovane Boon.
“Le mie spie mi hanno riferito che la donna ha dato alla luce un cucciolo..chi credete che sia il padre? Infangare così la nobile stirpe che ho servito per tutta la mia vita, con un abominio! E’ giunto il tempo che tutto questo finisca!” disse sprezzante Cavage.
Lök, Afal e Birne avevano ascoltato in silenzio. Poi Birne si inginocchiò.
“Farò qualsiasi cosa voi mi ordinerete per riportare onore alla gloriosa stirpe dei Sayan”. Lök e Afal lo imitarono, inginocchiandosi e ripetendo le stesse parole.
Cavage ghignò compiaciuto.
“Come agiremo?” chiese allora Nappa.
“Per prima cosa bisogna eliminare la femmina e i suoi patetici cuccioli, poi eliminare il Re e tutto il Consiglio e infine i suoi sostenitori, parzialmente già annientati dalla perdita del loro Re” spiegò Cavage pronunciando l’ultima parola con disprezzo.
“E gli alchimisti? Sapete che maestro Calabacìn è molto affezionato al Re e alla sua concubina terrestre” lo interruppe Afal.
Dal petto di Cavage proruppe una risata, simile ad un ruggito. “Che paura potrà mai farci quel vecchio bisbetico? La sua forza è pari a zero, come quella di tutte le femminucce che chiamiamo Alchimisti: eliminato Vegeta, ridimensioneremo anche il loro ruolo” sorrise perfido.
“Ma Boon ha ragione, mio signore: siamo soltanto in sei, e per quanto potenti siamo non siamo abbastanza numerosi per eliminare tutti questi traditori” disse Birne.
“Non preoccuparti, ho già numerosi contatti e molti altri si uniranno a noi” rispose Cavage con calma.
“E il principe?” intervenne Boon.
“Diventerò Reggente finchè il principe Vegeta non avrà raggiunto l’età per poter diventare Re, ma sempre sotto la nostra egida”.
“Barba di Khal, possa la stirpe dei Vegeta tornare gloriosa a splendere” mormorò in preghiera Afal.
In Lök si mosse un dubbio “Non sarà un sacrilegio uccidere un Re? La tradizione vuole che ci siano sempre due Vegeta nel palazzo, non potrebbe fare arrabbiare gli dèi tutto ciò?”
Cavage lo guardò come se avesse fatto la domanda più stupida dell’universo.
“Devono esserci due Vegeta è vero, ma se uno dei due è indegno del suo compito può e deve essere rimosso. Non devi temere l’ira futura degli dèi, Lök: essi sono già arrabbiati”.
 
“Maestà, Maestro Calabacìn vi attende.” Rapaney era comparsa nel gymnasium a ricordargli l’appuntamento con l’anziano sapiente. Vegeta si deterse il sudore dalla fronte e si allontanò nello spogliatoio per lavarsi ed indossare gli abiti reali.
La guerriera lo attendeva all’uscita e lo scortò fino al Locus.
Il Locus era un palazzo dentro al palazzo: la porta tramite cui si accedeva all’ambiente era modesta, non molto grande e quasi mai sorvegliata, ma l’interno era enorme, dai soffitti ampi e ariosi, pieni di scaffali ricolmi di papiri, pergamene e manoscritti, con lunghissime tavole a cui i maestri sedevano e studiavano le loro carte; esisteva un laboratorio, pieno di macchinari e strumenti dall’aria misteriosa e un enorme telescopio rivolto verso le stelle, sempre operativo. Mentre gli alloggi dei maestri erano dislocati per tutto il palazzo, come quelli dei soldati, gli appartamenti del Sommo Alchimista si trovavano proprio lì nel Locus, insieme al suo studio. Vegeta aveva ricevuto l’invito di recarsi presso il Maestro qualche giorno prima, senza dare la motivazione di questa richiesta. Passando per le sale gli alchimisti si inchinavano alla vista del Re, mormorando qualche parola di ossequio.
Vegeta varco la soglia dello studio e si lasciò scappare un sorriso: Bulma era seduta accanto a Calabacìn. Indossava un abito color lavanda dalle maniche a campana che le lasciava le spalle scoperte, con un profondo spacco, i capelli a treccia sulla testa che le incorniciavano il viso ed era bellissima.
“Maestà, è un onore ricevervi nei miei modesti alloggi” disse Calabacìn alzandosi e inchinandosi. Bulma fece lo stesso imitando il Maestro, con un sottile sorriso di ironia che le attraversava le labbra.
“Sono lieto che abbiate accettato la mia richiesta, gli Alchimisti hanno molto a cuore il loro Re e vederlo che si aggira per il Locus, li riempirà di gioia e rinnovata fedeltà” sorrise benevolo il vecchio. Vegeta annuì compiaciuto.
“La mia cara Bulma qui, mi stava illustrando un nuovo metodo per.. per..oh, per fare cosa, mia cara?”
“Per produrre energia elettrica, mio signore” disse sicura di sé Bulma.
“Produrre energia elettrica! Questa sì che è magia nera!” rise Calabacìn.
Vegeta ghignò e fissò intensamente Bulma. Dopo le divergenze di qualche giorno prima si erano riappacificati e tra loro le cose andavano meravigliosamente.
“Energia elettrica? Sembra interessante” rispose il Re con fare beffardo.
“La nostra cara amica è piena di risorse e molto saggia, maestà” Calabacìn si inchinò ulteriormente.
Imbarazzato, Vegeta si schiarì la voce, lasciando intendere al vecchio che il tempo dei salamelecchi era terminato e forse era il caso di riferirgli il motivo per cui lo aveva invitato lì.
L’anziano alchimista fece cenno al Re di accomodarsi dopodichè si sedette a sua volta, ma solo dopo che anche Bulma riprese a sedere. Il Sommo Maestro fece vagare lo sguardo nella stanza per qualche secondo, visibilmente indeciso sull’esordio del suo discorso.
“Maestà.. alcuni..alcuni discepoli mi hanno riferito..delle cose” balbettò “Siete sicuramente a conoscenza di un certo malcontento che circola per il vostro popolo, specie nella Prima Classe”. Capendo che il discorso verteva su problemi di politica, Bulma fece per alzarsi e lasciarli soli nella stanza, ma Vegeta con un cenno della mano la bloccò e la fece risedere.
“Sì, lo so” rispose Vegeta gelido.
“Questo palazzo è vasto, ma le voci circolano velocemente, così come i sussurri. I tarvisiani non riveleranno mai ciò che ascoltano, ma la stessa cosa non vale per gli alchimisti o i servi” Calabacìn si tormentò la mani: stava girando attorno al succo del discorso, non sapendo come arrivarci. “Sono riuscito ad instaurare un rapporto di lealtà con praticamente tutti i miei discepoli e tutto ciò che loro ascoltano e sanno, anch’io lo so”.
Vegeta lo fissava imperscrutabile. Il vecchio sbuffò e scosse la testa, sporgendosi improvvisamente in avanti.
“Sta per accadere qualcosa, maestà. Dovete tenere gli occhi aperti, dovete capire di chi fidarvi. Questo palazzo è popolato da serpi pronte a mordervi, siamo in tempi bui, dovete essere pronto quando accadrà”.
Vegeta era immobile, il respiro mozzato. “Accadrà cosa?”
Calabacìn si sporse ancora, sempre più vicino al viso dell’uomo e fissò i suoi occhi in quelli del Re.
“Una battaglia”.
 
 
 
  
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