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Autore: Idra_31    02/09/2015    13 recensioni
Larry AU. High school AU, per essere precisi. Per essere ancora più precisi vi dirò che in questa storia i nostri ragazzi entreranno a far parte del glee club della loro scuola e diventeranno amici, ovvio. E non solo. Perché in qualsiasi dimensione Harry e Lou sono destinati a stare insieme, no? Have fun!
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve! Prima di lasciarvi al capitolo dovrete sorbirvi un discorso. Non ha niente a che fare con la storia però in qualche modo c’entra.

Qualche tempo fa ho pensato di smettere di scrivere in questo fandom. Il motivo? Ho deciso di non seguire più i One Direction. Nonostante sia ancora ferma nella mia decisione di tenermi lontana dal fandom, ho, tuttavia, deciso di continuare le mie storie e, se tutto va bene, di scriverne altre. Non mi dilungo sulla mia decisione di allontanarmi dal fandom e dai One Direction, vi basti sapere che non uso più Twitter quindi se sentite il bisogno di dirmi qualcosa lasciate una recensione o mandatemi un messaggio privato qui. “Purtroppo” i One Direction sono un fenomeno mondiale, ergo ogni volta che succede qualcosa di “importante” lo vengo a sapere, in un modo nell’altro, contro la mia volontà (per evitarlo dovrei tipo smettere di usare internet), però ignoro tutte le piccole cose che succedono giornalmente e delle quali prima ero costantemente informata. Non credo che questa decisione possa influenzare negativamente le mie storie. O almeno spero che non sia così. Per me ormai i One Direction non sono altro che personaggi delle fanfiction che leggo e scrivo.

Detto questo, buona lettura!

 

*

 

I capelli di Savan diventeranno bianchi entro la fine del mese. Se gliene resteranno, si intende. Harry teme che rimarrà calvo se continua ad afferrarseli a ciuffi ogni volta che è particolarmente stressato o contrariato per una nota presa male da qualcuno. Il professore sembra più preoccupato dei suoi studenti per la riuscita della loro esibizione alle Regionali. E forse è proprio questo che lo rende nervoso e irritabile: il fatto che non condividano il suo stesso spirito di sacrificio.

“Forse Savan dimentica che alcuni di noi hanno gli esami quest’anno. O una vita al di là del maledetto glee club”, borbotta Josh a mezza voce, seduto in ultima fila in aula musica.

Savan intercetta la sua esternazione – probabilmente grazie al suo super udito o qualcosa del genere – perciò solleva la testa dal pianoforte, sul quale è piegato da dieci minuti buoni nel disperato tentativo di rendere impeccabile la parte di Alice (in piedi accanto a lui, rossa in volto e frustrata per la puntigliosità del professore) in una delle canzoni che canteranno alla fine del mese sul palco di una scuola superiore di Brighton, città scelta per la competizione.

“Sei libero di andare a vivere la tua vita fuori da quest’aula”, sbotta, serio e minaccioso. È da quando hanno scelto le canzoni per le Regionali che il suo atteggiamento, solitamente tranquillo e incline allo scherzo, è mutato.

Josh arrossisce e mormora delle scuse. Savan non vuole sentire ragioni.

Ora”, sibila.

“Mi stai cacciando dal glee club?”, esclama Josh, adesso pallido e balbettante.

Savan si passa una mano tra i capelli – Harry freme – e china il capo sullo strumento momentaneamente trascurato.

“Lo vedremo”.

Josh fa per protestare ma Savan ha ripreso a suonare, incoraggiando Alice a ricominciare da capo.

“Amico, fatti un giro e rilassati, per oggi”, dice Niall dando una pacca sulla spalla a Josh. “Domani Savan si sarà già dimenticato di questo spiacevole incidente”.

Josh sospira e, mettendosi lo zaino in spalla, esce dall’aula cercando di fare meno rumore possibile.

“Savan ha instaurato il regime del Terrore”, sussurra Louis all’orecchio di Harry.

Il riccio gli poggia una mano sul ginocchio.

“Sta’ zitto o sarai il prossimo”, consiglia.

“Stai scherzando?”.

Harry si stringe nelle spalle. Meglio non rischiare.

“No, sul serio, pensavo che questa fosse una democrazia e invece-”.

Louis sussulta quando Liam, seduto dall’altro lato, lo pizzica sul braccio. Fortuna che riesce a trattenersi dal gemere per il dolore.

“Chiudi il becco”, gli intima l’altro ragazzo.

“Ma mi annoio!”, protesta Louis in un sussurro che aumenta di volume a ogni parola. “E ho pure saltato gli allenamenti per venire qui!”.

“Louis, vuoi fare compagnia a Josh fuori dall’aula?”, domanda Savan senza staccare gli occhi dai tasti, interrompendo Alice ancora una volta. Forse sarà lei a strapparsi i capelli entrò la fine dell’ora.

Louis si irrigidisce e mima l’atto di chiudersi la bocca con una chiave. Liam e Harry gli rivolgono un’occhiata il cui messaggio è ‘ti avevo avvertito’.

Gli incontri del glee club sono diventati più lunghi e frequenti in previsione delle Regionali, alle quali mancano poco più di venti giorni. L’umore sarebbe alle stelle se non fosse che, come ha incautamente osservato Josh poco prima, il glee club sottrae tempo allo studio e allo svago. Non che cantare sia un dovere o un’imposizione per loro, ma la pressione e il perfezionismo di Savan rischiano di renderlo meno piacevole del previsto. Sono tutti eccitati per le Regionali e tutti vorrebbero fare una bella impressione sui giudici o, nella più rosea delle previsioni, classificarsi tra i primi tre contendenti ed essere ammessi alle Nazionali, ma nessuno è disposto a morire per questo. Savan li vede più come un plotone pronto a sacrificarsi sull’altare della musica che come un gruppo di studenti iscritti a un club di canto corale per divertimento.

Alla fine delle due ore di prove neanche la metà di loro è riuscita a cantare uno dei propri assoli. Harry si domanda se e quando riusciranno a cantare tutti insieme.

“Ho prestato un attimo il telefono a Zayn e quello stronzo ha cambiato la lingua”, si lamenta Louis mentre si trascinano per i corridoi, lui diretto al campo di calcio dove intende allenarsi per un po’ anche da solo, Harry verso la fermata dell’autobus per tornare a casa a studiare.

“Credevo che la vostra faida fosse finita”, commenta il riccio.

Louis smanetta col cellulare e non risponde.

“No, non è finita, non può finire”, afferma dopo un po’. “Ricordami di fregargli il cellulare e postare su Facebook tutte le selfie allo specchio che conserva in galleria”.

Harry scuote il capo.

“Non tentare di rendermi tuo complice un’altra volta”.

Tre giorni prima ha dovuto distrarre Zayn mentre Louis riempiva di sabbia il suo armadietto. A suo discolpa Harry deve dire che non aveva idea del piano del suo ragazzo, altrimenti non si sarebbe fatto coinvolgere. Il fatto che Louis se ne andasse in giro con un sacchetto pieno di sabbia presa chissà dove avrebbe dovuto essere un campanello di allarme, comunque.

“Ci vediamo stasera?”, taglia corto Louis. “Passo da te?”.

Harry annuisce tentando di dissimulare il suo entusiasmo. Sono giorni che non passano del tempo da soli e anche se non possono replicare l’esperienza del suo compleanno coi suoi genitori nella stanza accanto qualcosa riusciranno comunque a combinare.

“Va bene. Ah, stasera vorrei parlarti di una cosa, ok?”.

Louis posa esasperato il telefono nello zaino. Probabilmente non è riuscito a modificare le impostazioni di Zayn.

“È un cosa seria?”, domanda.

Harry sbatte lentamente le palpebre.

“Mi devo preoccupare?”, continua Louis.

Harry si morde il labbro inferiore. Si deve preoccupare?

“Assolutamente no”, mormora, incerto.

Louis lo guarda perplesso e insospettito.

“È tardi, devo andare!”, esclama dopo qualche secondo, risvegliandosi dal suo stato di trance. “A stasera”.

Harry lo abbraccia velocemente e si dirige verso l’uscita. Alla fermata dell’autobus, come era prevedibile, incontra Ed.

“Alice?”, domanda.

“Non ci crederai ma è rimasta con Savan a provare ancora un po’”.

Harry sbuffa.

“Non so chi sia più folle tra i due”, commenta. “Quindi siamo solo io e te oggi? Come i vecchi tempi?”.

Ed fa un sorriso amaro.

“Come i vecchi tempi”, gli fa eco.

Harry gli avvolge un braccio attorno alle spalle. Le cose con Ed torneranno come erano, prima o poi. O almeno spera.

***

“Non mi piace come mi guarda tua sorella”, osserva Louis gettandosi sul letto di Harry e attirando verso di sé il cuscino del riccio per abbracciarlo.

“Non starai insinuando che mia sorella abbia una cotta per te, spero”, ribatte Harry sedendosi al suo fianco e sfilandogli il cuscino da sotto la pancia. È lui che merita di essere abbracciato, non il suo cuscino.

Louis contorce il viso in una smorfia.

“No, per carità!”, esclama. “Intendevo dire che da quando io e te abbiamo fatto, ehm, sesso, lei sembra diffidente nei miei confronti. O magari è solo invidiosa perché io e te ci abbiamo dato dentro e lei e Niall no?”.

Harry si copre il viso con una mano.

“Punto primo, non alludere mai, mai più alla vita sessuale di mia sorella e Niall, per quanto non esistente essa sia. Punto secondo, non credo proprio che lei ti guardi male. Sarà una tua impressione”.

“Non ho detto che mi guarda male, ma…mi guarda come una sorella maggiore guarderebbe colui che ha corrotto suo fratello”, precisa Louis.

Harry si gratta il mento.

“Ti rendi conto che il novantanove per cento delle volte dici cose che non hanno alcun senso?”.

Louis si imbroncia.

“Mi stai dicendo che soltanto l’un per cento delle volte ha senso quello che dico?”.

Harry ghigna.

“Almeno sai far di conto, dovresti essere orgoglioso di te stesso”.

Louis lo spinge con una spallata.

“Il mio ego sta risentendo della tua cattiveria”, si lamenta. “È ferito”.

“Vuoi che gli dia un bacio per farlo stare meglio?”.

Louis scoppia a ridere.

“Sei diventato audace, piccolo Hazza”.

Harry mima il broncio di Louis.

“Mi stai dicendo che prima ero un codardo?”.

Louis lo prende per una spalla e lo attira a sé.

“No, mai”, sussurra sulle sue labbra.

Harry sorride nel bacio.

“Mia sorella ti adora, comunque”, mormora, avvolgendo Louis in un abbraccio.

“Possiamo non parlare di tua sorella adesso?”, protesta l’altro ragazzo. “O meglio, possiamo non parlare affatto?”.

Harry si distende sulla schiena tirandosi Louis addosso. Il loro bacio diventa infuocato in breve tempo: le sue mani scivolano sotto la maglia di Louis e quelle di Louis affondano tra i suoi capelli.

 Da quando hanno fatto sesso Harry non pensa ad altro tutto il tempo. Sesso sesso sesso. Ci pensava anche prima, ma averlo fatto cambia tutto. Significa che potrebbero rifarlo.

Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo Louis che, nonostante abbia dichiarato di non voler parlare, interrompe il bacio per domandare: “cosa dovevi dirmi?”.

Harry brontola e scuote il capo.

“Te lo dico dopo”, biascica, attaccando il collo di Louis.

L’altro ragazzo poggia entrambe le mani sulle sue spalle e lo inchioda al letto. Sarebbe fantasticamente eccitante se i suoi piani per l’immediato futuro non divergessero da quelli di Harry.

“Non tenermi sulle spine”, dice.

“Sei tu che mi stai tenendo sulle spine”, ribatte Harry testardamente, alludendo alla sua erezione che Louis può sentire, eccome se la può sentire.

“Haz, non esiste solo il sesso nella vita”.

Chi sei tu e cosa ne hai fatto di Louis?, vorrebbe domandare il riccio.

“Non dobbiamo per forza fare sesso”, spiega Harry. “Potremmo solo baciarci e poi fare qualcosa che non è tecnicamente sesso ma che rientra più o meno nella categoria”.

Louis aggrotta la fronte.

“Non mi concederò fino a che non mi avrai detto di cosa volevi parlarmi”, insiste.

Harry sbuffa e si mette a sedere, costringendo Louis a rinunciare alla sua posizione privilegiata sopra di lui.

“Allora?”.

“Siamo impazienti”.

“Harry, lo sai che gestisco male l’ansia”.

“Non c’è bisogno di essere ansiosi”.

“Se permetti questo lo decido io”.

Harry sospira e poggia la schiena contro il muro.

“Ho fatto delle ricerche”, ammette.

“Su?”, lo incalza Louis. “Lo sai che due uomini non possono procreare e poi abbiamo usato il preservati-”.

Harry lo interrompe pizzicandolo su un fianco.

“Continui a dire cose insensate”, gli fa notare.

“Scusa, è l’ansia a parlare”.

Il riccio congiunge le mani e le poggia sul proprio grembo.

“Stavo pensando a quello di cui mi hai parlato qualche tempo fa, alla tua intenzione di rinunciare all’università e alla carriera teatrale e musicale”. Harry si ferma per osservare la reazione di Louis. L’altro ragazzo lo guarda con un’espressione indecifrabile. “E credo che tu stia facendo uno sbaglio”.

La mascella di Louis si irrigidisce ma il ragazzo non reagisce.

“Non andare all’università significherebbe gettare al vento anni di studio. Perché avresti deciso di frequentare gli ultimi due anni di scuola se non hai alcuna intenzione di continuare?”.

Louis si ostina a tacere.

“L’università non è la tua unica possibilità, comunque, se proprio non ti va di studiare”, prosegue Harry. “Esistono accademie di ottima qualità dove insegnano recitazione o canto. Dovresti fare delle audizioni ma sono sicuro che non avresti problemi a entrare in almeno una di queste. E per quanto riguarda il calcio, all’università è una cosa seria. Potresti continuare ad allenarti e a giocare in una squadra. E se dovessi scegliere un’accademia troveresti comunque del tempo per il calcio. Hanno orari molto flessibili”.

Louis sbatte le palpebre – segno che è ancora vivo e vigile – e le sue labbra tremano. Proprio quando Harry è sicuro che stia per parlare l’altro ragazzo serra le labbra e si rinchiude nuovamente nel suo mutismo.

“Non sei sicuro di riuscire a diventare un attore o un cantante affermato? All’università ti insegneranno molto più di questo. Ci sono tante occupazioni nel mondo dello spettacolo sulle quali ripiegare. E le accademie ti darebbero una preparazione tale che è impossibile che tu non riesca prima o poi a ad avere una parte in uno spettacolo teatrale o un musical, soprattutto se parti da un talento come il tuo. E il calcio rimarrebbe comunque una possibilità. Gli osservatori tengono d’occhio le squadre universitarie e potresti fare provini per giocare a livello professionale anche studiando”.

“Perché parli come uno di quei dépliant universitari?”, sbotta Louis. Almeno ha reagito.

Harry salta giù dal letto per recuperare un plico di fogli che getta sul materasso accanto a Louis.

“Ho stampato tutto quello che ho trovato”, dice. “Ci sono le informazioni sui corsi universitari e sulle accademie migliori del Regno Unito, sulle materie che si studiano, sulle attività sportive, le date di scadenza per le domande di ammissione e le date delle audizioni, i punteggi necessari da ottenere agli esami per essere ammessi, gli importi delle rette e dei prestiti”.

Louis spinge la montagna di fogli di lato, senza guardarla. Harry non si lascia scoraggiare.

“Mi prometti che darai un’occhiata a tutto quanto?”.

Louis solleva la testa per guardarlo in faccia e per la prima volta un lampo di qualcosa attraversa il suo sguardo. Purtroppo non è quello che Harry aveva sperato.

“Non ti prometto niente del genere”, dice e nel suo tono si avverte il gelo. L’ultima volta che Harry lo aveva visto trasfigurarsi in questo modo e così rapidamente è stata dopo il loro primo bacio. Una trasformazione del genere non prefigura niente di buono.

“Lou, lo so che tu credi di aver preso la decisione migliore per il tuo futuro, ma non è così. Pensaci”, prega Harry. “Sei ancora in tempo”.

“Pensi di saperlo tu cosa è meglio per me?”, replica Louis, tagliente. Il suo volto è immobile come quello di una statua, ma c’è una tempesta nei suoi occhi, dove le onde della sua rabbia si infrangono contro le sponde della sua insicurezza.

“Non ho mai affermato di sapere cosa è meglio per te, ho solo detto che non vale la pena sprecare il tuo talento e l’impegno che hai messo in questi anni nello studio per inseguire una carriera ancora più ardua di quella artistica solo perché la delusione che avrai dopo essere stato rifiutato dalle squadre di calcio potrebbe essere meno dolorosa”.

Louis si alza dal letto di scatto costringendo Harry a fare un passo indietro.

“Così non solo sono un attore mediocre e un cantante senza speranza ma anche un calciatore senza futuro!”, esclama.

Harry deglutisce.

“Non mettermi in bocca parole che non ho mai detto”.

“Non sono illuso al punto da pensare che diventerò il nuovo Beckham, mi accontenterei anche di allenare una squadra di bambini, prima o poi”, dice Louis.

“Perché accontentarti quando puoi avere molto di più?”, sbotta Harry.

Louis lo fulmina con lo sguardo.

“Cosa ne puoi sapere tu?”, domanda, pungente. “Hai idea di cosa fare del tuo futuro?”.

Harry rimane interdetto.

“È di te che stiamo parlando”.

“Cosa ne puoi sapere tu di cosa vuol dire essere all’ultimo anno di scuola e non avere la più pallida idea di come proseguire quando ti rendi conto che tutto quello che hai sempre sognato, tutto ciò per cui ha studiato e sudato probabilmente non ti porterà da nessuna parte? Ho delle responsabilità nei confronti della mia famiglia io, e inseguire i propri sogni non paga”.

“Lou, non hai nemmeno iniziato a inseguirli!”, protesta Harry. “Ma sei così promettente! Hai sempre avuto successo in tutto quello che hai fatto perché sei in grado di lavorare sodo e di non abbatterti. Sei capitano della squadra da quando avevi quindici anni, reciti negli spettacoli di fine anno dall’inizio delle superiori, sei una delle voci migliori del glee club. C’è gente che non ha fatto neanche la metà di quello che hai fatto tu ed è convinta che diventerà il prossimo Primo Ministro!”.

Louis stringe i pugni lungo i fianchi.

“L’università è diversa dalle superiori”, dice. “Il mondo là fuori è diverso dalle superiori”.

Harry si passa una mano tra i capelli.

“Hai solo paura di non essere all’altezza”, mormora. “Hai paura di fallire”.

Louis applaude accompagnando questo suono grottesco con una risata amara.

“Bravo, Sherlock”.

Harry abbassa lo sguardo, demoralizzato ma non ancora sconfitto.

“Lou, io ti amo e credo in te”, afferma con determinazione e devozione. “Lascia che io creda in te quando tu dubiti di te stesso, lascia che ti consigli e ti aiuti. Ti prego”.

Louis diventa rosso in viso, più di quanto non lo sia stato da quando hanno iniziato a discutere.

“Smettila di dire sciocchezze!”, esclama. “Smettila di tormentarmi con questa storia dell’università, del mio talento e delle mie potenzialità. Ne ho le palle piene!”.

Harry sgrana gli occhi. Non crede alle sue orecchie.

“Louis”, mormora.

L’altro ragazzo apre la porta con uno strattone, prima che Harry riesca a fare qualunque cosa per fermarlo.

“Cercami solo quando ti sarai deciso a rinunciare a fare piani sulla mia vita”, sono le sue ultime parole.

Harry si lascia cadere sul letto ed è sorpreso dal singhiozzo che gli sfugge dalle labbra.

“Vaffanculo!”, esclama gettando per aria il plico di fogli che aveva stampato per Louis.

***

“Harry, è una mia impressione o tu e Louis non vi parlate?”, domanda Niall, il giorno dopo, a mensa.

Il riccio solleva la testa per guardare Louis, seduto al tavolo di fronte coi suoi compagni di squadra.

“Cosa te lo fa pensare?”, borbotta.

Niall ride ma l’occhiata che gli lancia Harry lo informa della gravità della situazione.

“Uhm, ok”, biascica. “Ti va di dirmi cosa è successo?”.

Harry allontana il proprio vassoio con il cibo a malapena toccato. Non ha più fame.

“No”.

“Non lo mangi quello?”, domanda Niall indicando il pollo sul suo piatto con la forchetta.

Harry rotea gli occhi.

“No, mangialo tu”, dice alzandosi in piedi. “Vado a, ehm, vado a prendere un po’ d’aria”.

Niall gli rivolge uno sguardo compassionevole. Harry lo saluta con un cenno del capo.

Non ha un piano, se non quello di allontanarsi da un Louis che non lo degna di uno sguardo e da amici preoccupati e occhiate pietose, almeno fino a quando non sarà costretto ad affrontarli all’incontro del glee club.

Il cortile della scuola sarebbe il posto ideale per nascondersi, se non fosse che il freddo di Febbraio non lascia scampo a chi osa avventurarsi all’aperto. Harry vuole essere coraggioso e sfidare il gelo.

Si è appena seduto su una panchina semi-congelata quando qualcuno gli sfiora una spalla. Harry si volta riluttante.

“Ehi”, lo saluta Liam, gioviale.

Harry non ha proprio voglia di fingersi felice di vederlo.

“Sono venuto qui per rimanere da solo”, ammette.

Il sorriso di Liam vacilla per un singolo istante.

“Lo so, ma io credo che ti serva qualcuno con cui parlare, invece”.

Harry sospira contrariato ma gli fa spazio sulla panchina.

“Fammi indovinare, Louis si è confidato con te riguardo alla nostra lite e tu sei qui per cercare di convincermi che lui ha ragione e io torto?”.

Liam non nasconde la sua confusione.

“No?”, ribatte. “Cioè, sì, Louis si è confidato con me ma io sono assolutamente convinto che abbia torto”.

Harry tira un sospiro di sollievo.

“Bene, almeno ho la conferma di non essere pazzo”.

Liam ridacchia.

“No, Harry, non sei pazzo, solo che penso che l’amore offuschi le tue capacità di giudizio”.

“In che senso?”.

Liam torna serio.

“Secondo me sbagli a essere così insistente con Louis”, afferma. “È chiaramente confuso su cosa fare dopo il liceo e credo che tu lo stia, come dire, spingendo a fare delle scelte contro la sua volontà”.

Harry è ferito dalle parole di Liam.

“Io voglio solo il meglio per lui, non voglio che sprechi la sua vita”, si difende.

“Ha appena diciotto anni!”, sbotta Liam. “E nella sua vita stanno letteralmente succedendo troppe cose in questo momento perché lui abbia tempo di pensare al futuro”.

Harry si agita sul posto.

“Sai benissimo che le domande di ammissione per l’università hanno una scadenza e che, oltretutto, per essere ammessi ci vogliono dei punteggi ben precisi che Louis deve impegnarsi a ottenere agli esami se vuole avere una possibilità”, dice. “E non supporterai mica il suo piano di diventare un calciatore professionista? Louis, ha talento, d’accordo, ma non ti sembra un po’ azzardato puntare tutto su quello?”.

Liam posa su di lui il suo sguardo calmo.

“Senti, capisco che tu voglia incoraggiarlo e sono d’accordo con te quando dici che non dovrebbe rinunciare al suo sogno di recitare e cantare, perché questo è il suo vero sogno, il calcio è solo un ripiego, però penso che tu debba…lasciargli un po’ di spazio. Che male ci sarebbe se si prendesse un anno di pausa? O se, addirittura, provasse a ridare gli esami il prossimo anno se le cose dovessero mettersi male? Secondo me lui sa che hai ragione, ma per adesso è confuso e spaventato e occupato a pensare ad altro, tra il divorzio dei suoi e la sua, ehm, lo sai”.

“Omosessualità”, finisce Harry per lui.

Liam si guarda alle spalle come per controllare se per caso qualcuno li stia spiando. È un gesto istintivo e comprensibile, in un certo senso, ma infastidisce Harry in un modo che non riesce a spiegarsi.

“Se diventasse un calciatore, in qualunque divisione, anche la più sfigata, non uscirebbe mai dal fantomatico armadio”, continua Harry. “Il mondo dello spettacolo, invece, è più aperto. A meno che non diventi una star di fama internazionale, allora lì le cose si complicherebbero”.

Liam lo osserva con un misto di curiosità e saccenteria.

“Allora è questo il tuo problema. Hai paura che sia costretto a nascondersi per sempre? E che la vostra storia finisca per questo motivo”.

Il cuore di Harry accelera pericolosamente i battiti e le mani cominciano a tremargli. Liam ha toccato un nervo scoperto.

“N-,non ho detto questo”, balbetta. “Quello che intendevo dire è che la sua personalità è adatta a un palcoscenico, non a un campo di calcio. È solo su un palcoscenico che Louis può essere veramente sé stesso”.

“E questa questione ti importa così tanto per lui o per te? Che Louis sia sé stesso, intendo”.

Harry si asciuga i palmi delle mani sui jeans.

“La tua domanda è ingiusta”, ribatte flebilmente. “Il mio amore per lui è disinteressato e per quanto fare parte del suo futuro sia la cosa che desidero di più al mondo, quello che mi importa è che-, è che lui sia felice. Anche senza di me”.

Anche Liam lo guarda come l’ha guardato prima Niall: con compassione. È davvero un caso senza speranza? È così palese il dislivello tra quello che lui prova per Louis rispetto a quello che Louis prova per lui da essere degno di pietà?

“Cosa dovrei fare secondo te adesso?”, mormora.

Liam gli dà una pacca sulla spalla.

“Lasciarlo in pace per un po’”, afferma con convinzione. “Avete avuto una lite, non è la fine del mondo, tornerà. E quando lo farà devi smettere di asfissiarlo. Il tuo disapprovare le sue decisioni dimostra che non hai fiducia in lui. Te l’ho già detto che anch’io penso che stia sbagliando, ma lascia che lo capisca da solo. Anche a costo di perdere un anno. Sono sicuro che il nostro successo alle Regionali e quello della sua recita gli daranno quella ‘botta di autostima’ che gli serve”.

Harry annuisce. Il parere di un soggetto esterno quale è Liam gli ha permesso di vedere la questione in maniera più lucida e obiettiva. Ha ancora le sue riserve ed è ancora più preoccupato del futuro di Louis che del proprio, però Liam ha ragione: deve dare a Louis un po’ di spazio.

“Sei diventato un esperto di relazioni”, scherza con un mezzo sorriso.

Liam incrocia le braccia sul petto e si appoggia con la schiena sul sedile della panchina.

“No, sono diventato un esperto di Louis”.

***

Se deve essere sincero Harry non aveva pensato a San Valentino. È sempre stato perfettamente consapevole dell’esistenza di questa festività – e come potrebbe essere altrimenti, vista l’enorme pubblicità che le ruota attorno? – solo che anche prima di litigare con Louis non ci aveva pensato, nel senso che non aveva programmato nulla, troppo abituato a non festeggiarlo per elaborare un piano per la ‘festa degli innamorati’. E, dopotutto, sarebbe stato leggermente incoerente se avesse fatto grandi programmi per una ricorrenza che ha sempre criticato.

Nonostante questo si ritrova alla vigilia di San Valentino con il cuore spezzato e circondato da una coltre di tristezza e solitudine. Perfino suo sorella e Niall usciranno fuori a cena. Invece Louis non gli parla da giorni e questo contribuisce a rendere l’imminenza della festa ancora più evidente. Non ci ha mai trovato nulla di romantico, eppure ritrovarsi a San Valentino da solo, il primo anno in cui avrebbe potuto non esserlo, è profondamente deprimente. Gli basterebbe anche solo fare quello che hanno sempre fatto – vedersi dopo la scuola e rimanere avvinghiati sul suo letto per ore – eppure non avrà neanche questo.

Prima di addormentarsi invia la buona notte a Louis, sperando di ricevere una risposta almeno stavolta. E magari il suo perdono.

Il suo cellulare rimane silenzioso per tutta la notte.

***

Gemma saluta sua madre sulla porta di casa prima di recarsi all’appuntamento con Niall.

“Prima o poi toccherà anche Harry”, sente dire il riccio a sua madre dopo aver chiuso la porta alle spalle di sua sorella. Anche lei e Robin si stanno preparando per la loro serata romantica.

Il riccio ne ha abbastanza di questa euforia per San Valentino e decide di salire in camera. Se fosse una ragazza si rimpinzerebbe di gelato, Bridget Jones docet.

Fanculo a questi stereotipi di genere, Harry mangerà del gelato ascoltando canzoni tristi e pensando a Louis!

Proprio quando sente la porta di ingresso chiudersi – segno che i suoi sono finalmente usciti – e decide che è arrivato il momento di tornare di sotto per frugare nel freezer, un suono lo avverte dell’arrivo di un nuovo sms.

Harry deve controllare il mittente due volte prima di convincersi che Louis gli abbia davvero mandato un sms di sua spontanea volontà. Oggi non lo ha visto a scuola e mentirebbe se dicesse che per tutto il giorno non ha aspettato altro che un segnale da parte sua, anche solo per fargli capire che anche lui lo stava pensando.

Hai da fare?

No, a parte strafogarmi di gelato.

Lascia perdere il gelato e fatti trovare pronto tra mezz’ora. Passo a prenderti.

Il riccio vorrebbe davvero provare a non dargliela vinta subito, ma la curiosità e la voglia di rivedere Louis – un Louis pronto a seppellire l’ascia di guerra, o così pare – non gli lasciano scampo.

Per questo dopo avergli inviato un sms col suo assenso Harry si getta sotto la doccia, prende i primi vestiti che gli capitano, lascia un messaggio a sua madre sul tavolo della cucina ed esce di casa, deciso ad aspettare Louis sui gradini di ingresso, tanto è impaziente.

Harry non ha neanche il tempo di interrogarsi sul criptico ‘passo a prenderti’ dell’altro ragazzo che un’automobile vagamente familiare si ferma di fronte la sua villetta. È la macchina della madre di Louis, ma alla guida non c’è la donna, bensì Louis stesso.

Harry solleva il sedere ormai quasi totalmente intorpidito dal freddo dai gradini e si dirige lentamente verso l’auto. Il suolo gelato scricchiola sotto i suoi piedi.

“Ehilà”, lo saluta Louis con un enorme sorriso, come se non fossero intercorsi giorni di silenzio tra di loro (e notti insonni per Harry).

“Correggimi se sbaglio ma…tu non hai la patente”.

Il sorriso di Louis si allarga.

“No”, conferma.

Harry deglutisce.

“Ok”, mormora. “Quindi, ehm, hai guidato fin qui la macchina di tua madre senza patente e, immagino, senza il suo permesso?”.

Louis annuisce solennemente.

Harry si gratta il capo.

“E come hai fatto?”.

Louis per la prima volta mostra un’espressione diversa dalla placida gioia di vivere.

“Mi stai facendo il terzo grado?”, domanda. “Le bambine sono con Mark e mia madre è ospite di una sua amica per il fine settimana. Non lo scoprirà mai”.

Harry fa scorrere lo sguardo sulla vettura.

“Non sapevo sapessi guidare”, commenta.

Louis batte una mano contro la fiancata dell’auto.

“Mi piace nascondere i miei assi nella manica”, ribatte. “Sali o vuoi startene lì impalato tutta la sera a farti mille domande inutili?”.

Harry è titubante.

“Dove mi vuoi portare?”.

Louis sbuffa. Complimenti, Harry, sei riuscito di già a seccarlo!

“Se te lo dicessi non sarebbe più una sorpresa. Adesso sali, mi stai facendo consumare benzina inutilmente”.

Harry fa il giro dell’auto per prendere posto sul sedile passeggero e non esita ad agganciare immediatamente la cintura di sicurezza.

“Qualcosa mi dice che hai paura di stare per morire di una morte orribile”, scherza Louis.

Harry si lascia sfuggire una risata nervosa.

“Sai come si dice, meglio prevenire che curare”.

Louis per tutta risposta si sporge per baciarlo sulla guancia. Harry rimane inebetito e incapace di reagire. Non si sentiva così impacciato con Louis dagli inizi della loro relazione. Basta una lite a sconvolgere gli equilibri e a mettere in dubbio le vecchie abitudini.

“Quindi, ehm, hai preparato una sorpresa per me? Per, uhm, San Valentino?”.

Louis ha gli occhi fissi sulla strada. La sua posa rigida e il bianco delle nocche delle sue dita avvolte attorno al volante tradiscono l’ansia di cui è vittima.

“Ok, ok, non parliamo. Pensiamo ad arrivare a destinazione sani e salvi”, propone Harry, ansioso tanto quanto – se non di più – di Louis. L’altro ragazzo può simulare tutta la sicurezza e la spavalderia che vuole ma neanche lui è immune dalla paura di schiantarsi – per sbaglio, distrazione, o errore altrui – contro un palo.

Evidentemente a Louis piace complicarsi la vita perché si sta allontanando dalle strade asfaltate e illuminate a giorno per addentrarsi verso la parte isolata e buia della città. Harry capisce che si sta dirigendo verso il bosco. Non fa in tempo a preoccuparsi come si deve che Louis ferma la macchina.

“Adesso proseguiamo a piedi”, dice l’altro ragazzo. “Però ho bisogno che mi aspetti in macchina per un po’ mentre faccio una cosa”.

Harry avvolge una mano attorno alla cintura di sicurezza.

“Devo aspettare da solo?”, squittisce.

Louis ha l’ardire di ridere.

“Non ti succederà niente”.

“Certo che no, siamo solo al limitare del bosco, nel buio più totale, lontani dalla civil-”.

Louis lo zittisce con un bacio e apre la portiera della macchina.

“Torno subito”, promette.

Harry lo sente frugare nel portabagagli per un po’. Poi il silenzio, interrotto solo dal suono delle cicale. O qualcosa del genere.

Il subito di Louis si trasforma in venti minuti buoni, durante i quali Harry non osa staccare gli occhi dal cellulare per paura di guardarsi intorno e scoprire orribili sorprese nell’oscurità. Non è mai stato un tipo particolarmente pauroso – né coraggioso, a dire la verità – però il buio e il silenzio e l’ignorare totalmente la sua posizione e quella di Louis lo turbano più di quanto sia disposto ad ammettere ad alta voce. Magari Louis è stato brutalmente ucciso o è caduto in un burrone o-

Il riccio si lascia scappare un urlo quando qualcuno tamburella le dita sul vetro.

Louis, oltre il finestrino, è piegato in due dal ridere.

“Ti odio!”, esclama Harry uscendo dall’auto. “Mi hai fatto perdere dieci anni di vita!”.

“Cristo che ridere!”.

Harry prende a pugni una spalla dell’altro ragazzo. Le luci provenienti dall’abitacolo sono l’unica guida che ha nel buio.

“Ok, ok, basta, scusa, basta!”, prega Louis.

“Prima mi molli qui da solo per mezz’ora, poi mi fai venire un infarto!”, protesta Harry. “Ti sembra divertente?”.

Louis cerca di ricomporsi ma i suoi sforzi sono vani, mentre Harry continua a tempestarlo di pugni.

“Scusa, non l’ho fatto di proposito, giuro”, afferma, afferrando il riccio per il polso. “Mi farò perdonare, lo prometto. Adesso andiamo?”.

“Il tuo piano è quello di abbandonarmi nel bosco, vero?”, piagnucola Harry. Se sta facendo il difficile è solo per farla pagare a Louis.

“Le fiabe che leggevi da bambino ti hanno traumatizzato, vero?”, scherza l’altro.

Harry lo pizzica su un fianco.

“No, tu mi hai traumatizzato”, replica.

Louis lo ignora e chiude l’auto, poi, tirandolo per il polso lo trascina verso l’interno del bosco. Harry si accorge che tiene in mano una lanterna elettrica, spenta. Sarebbe molto più utile se la accendesse, almeno non dovrebbero farsi aiutare solo dalla luce della luna per mettere un piede davanti all’altro.

È sul punto di farglielo notare quando, dopo aver attraversato un sentiero dove gli alberi sono fitti e il terreno difficilmente praticabile, si ritrovano davanti un ponticello di legno, sotto il quale scorre un ruscello e lungo il quale sono disseminate delle piccole candele, a illuminare la via.

Harry si volta verso l’altro ragazzo, che lo tiene ancora saldamente per il polso.

“Ecco perché sei sparito per tutto quel tempo”, è l’unica cosa che riesce a dire. Non sa bene come reagire, sorpreso e sopraffatto.

“Sono stato via solo venti minuti”, replica Louis con un sorrisetto.

Harry prende la mano dell’altro ragazzo nella sua e sorride.

“Fai strada”, mormora.

Louis lo guida lungo il ponte a piccoli passi. Harry non riesce a credere che l’altro ragazzo abbia davvero fatto tutto questo per lui. Mentre lui si struggeva, preda dei rimorsi e delle paranoie, l’altro ragazzo meditava questa sorpresa.

Alla fine del ponte i due si trovano in una piccola radura, rischiarata dalla luce della luna. Harry si impone di non pensare ai pericoli del bosco. Si rifiuta di farsi rovinare questo momento dall’ansia.

Louis ha steso per terra una tovaglia, sulla quale è posato un cestino da pic-nic. Poco distante ha montato una piccola tenda da campeggio. Qua e là ha sparso altre piccole candele. Ha pensato proprio a tutto in quei venti minuti in cui Harry lo immaginava sbranato da un orso.

“Come hai fatto a trovare questo posto? Lo conoscevi?”, domanda.

“Se stai insinuando che porto qui tutte le mie conquiste mi dispiace deluderti”, ribatte Louis in tono scherzoso. “Ho fatto dei, uhm, sopralluoghi prima di decidere dove portarti. E non ti preoccupare, non è mai stato ucciso nessuno qui. O almeno credo”.

Harry stringe la presa sulla sua mano.

“Questo vuol dire che sono perdonato?”.

Louis lo tira per guidarlo verso la tovaglia e lo invita a sedersi.

“Non dovevi farti perdonare di niente”, afferma.

“E invece sì!”, esclama Harry, piegandosi sulle ginocchia.

Louis agita una mano in aria.

“Non ne parliamo adesso”, taglia corto. “Tu non hai fame?”.

Harry annuisce anche se il nodo che ha allo stomaco non si è del tutto allentato.

Louis finalmente accende la lanterna, posizionandola poco distante, in modo che li illumini ma non li accechi, poi porge a Harry una rosa, tirata fuori da chissà dove.

Ancora una volta il riccio non sa come reagire.

“Non la vuoi?”, lo provoca Louis, sfiorandogli la guancia con i petali del fiore.

Harry ruota leggermente il viso per annusarla, poi sfila la rosa dalle dita dell’altro ragazzo, badando a non premere troppo sullo stelo per non pungersi. Non riesce a distinguerne il colore ma è convinto che sia rossa.

“Uhm, è molto-, ehm, grazie”.

Louis non si lascia scoraggiare dalla sua titubanza e dalla sua momentanea incapacità di articolare frasi coerenti e gli sorride incoraggiante. Una soffio di vento spegne una delle candele dietro le sue spalle. Harry affonda di nuovo il naso tra i petali della rosa e inala. Ha un odore appena appena accennato, delicato, che bisogna rincorrere per trovarlo. Il riccio si sente stringere il petto da quella strana sensazione di impotenza e smarrimento che ormai ha imparato ad associare all’amore. È una sensazione che non gli fa paura come le prime volte: ormai si è arreso a essere suo ostaggio.

“Non sforzarti troppo per trovare le parole giuste, ho afferrato”, lo prende in giro Louis. “Assaggiamo i miei sandwich, ti va?”.

Harry fa cenno di sì con la testa e poggia la rosa sulla tovaglia.

“Sii sincero se fanno schifo”, dice Louis, passandogli un sandwich.

“Lou, sono solo panini e io non sono mica uno chef stellato che posso permettermi di giudicare”, scherza Harry, parzialmente tornato in sé.

“Non sono solo panini, sono la mia offerta di pace e il mio regalo di San Valentino”, replica.

“Pace l’abbiamo già fatta, mi pare, e sai quello che si dice dei regali: basta il pensiero”, dice Harry prima di addentare il panino.

“Sì, ma il pensiero non sazia uno stomaco affamato”, protesta Louis.

Harry rotea gli occhi.

“Sta’ zitto, sono ottimi”, lo rassicura. “Grazie”.

Louis ghigna e si avventa sul suo panino. Probabilmente ci ha messo dentro tutto quello che ha trovato in frigo – formaggio, pomodoro, maionese, cetriolini – però il risultato è lungi dall’essere spiacevole. E poi ha tagliato i bordi e questo è un punto a loro favore.

“Ne vuoi un altro?”, domanda quando Harry ha finito e senza aspettare una risposta solleva il coperchio del cestino da pic-nic. “Oh, quasi dimenticavo, ho portato il vino!”.

Harry ridacchia accettando il calice che Louis gli porge.

“Un bel rosso dritto dritto dal discount dietro casa mia!”, esclama.

“Non potevo aspettarmi altro da te”, scherza Harry.

Louis si imbroncia mentre gli versa da bere. Le mani di Harry hanno un leggero tremolio che rende il lavoro difficile all’altro ragazzo.

“Almeno ho aggiustato il tiro portando dei calici di vetro”, si giustifica. “Se mia madre scopre che li ho presi sono fregato”.

“Dici che si incazzerà più per questo che per la macchina?”.

Louis versa il vino sulla tovaglia.

“Non ricordarmelo, per favore!”, prega.

Harry scoppia a ridere.

“Tutto ciò è molto…romantico”, osserva con cautela.

Louis scontra il proprio calice contro quello di Harry a mo’ di brindisi.

“Non sapevo quali fossero i tuoi sentimenti nei confronti di San Valentino”, ribatte. “Io non posso definirmi un grande fan ma…per la prima volta nella vita mi è venuta veramente voglia di festeggiarlo”.

Harry assaggia il vino. Neanche il contenitore lussuoso riesce a donargli un sapore decente, ma a caval donato non si guarda in bocca.

“Come mai?”.

Louis gli offre un altro panino, che Harry rifiuta perché non ha molta voglia di mangiare in questo momento.

“Quando stavo con Eleanor era lei che ci teneva, a me non è mai importato molto”, spiega. “Quest’anno, invece, uhm, ha assunto un significato diverso? Non lo so, penso comunque che sia una festa stupida, però volevo fare qualcosa di carino per te, ecco”.

Harry stringe la presa sul calice.

“Meritavo davvero che facessi qualcosa di carino per me?”.

Louis beve il vino nel suo bicchiere in un unico sorso e se ne versa dell’altro.

“Tu meriti tutte le cose carine del mondo”, ribatte. “Anzi, tutte le cose meravigliose”.

Harry si guarda intorno, guarda gli alberi, le fiamme delle candele, le ombre da loro proiettate, la tenda che Louis ha montato…poi guarda Louis, il viso illuminato per metà dalla lanterna e per metà dalla luce della luna. Lo merita qualcosa di così meraviglioso?

Sa di aver agito per un fine giusto, ma è anche consapevole che Liam abbia ragione. Pretendere di prendere decisioni per Louis significa insinuare che lui non abbia la capacità di farlo da sé. Forse adesso Louis non avrà il pieno controllo sulla propria vita o la mente lucida per decidere sul proprio futuro, ma è proprio per questo che Harry deve dargli tempo. Un conto è suggerirgli delle alternative, un altro imporgliele.

Il riccio rabbrividisce. Louis si blocca con il calice a mezz’aria.

“Oh, hai freddo”, osserva. “Aspetta che vado a prendere una coperta”.

Harry finisce il vino ma non se ne versa dell’altro. Gli gira già abbastanza la testa così.

“Ecco”, dice Louis, poggiandogli una coperta sulle spalle. “Devo ammettere che non è il periodo dell’anno ideale per una scampagnata all’aria aperta”.

Harry si aggiusta meglio la coperta e si volta a guardarlo con un’espressione carica di adorazione e preoccupazione insieme.

“Lou, lo sai che ti amo, no? E questo è il mio problema più grande, perché per me è enormemente frustrante vedere che tu, che sei la persona che amo e stimo di più al mondo, hai paura e non ti senti all’altezza. Proprio tu non hai niente di cui aver paura e semmai sono gli altri che non sono alla tua altezza. Su questo non si discute e non mi stancherò mai di ripetertelo. Però…ho esagerato, lo ammetto di avere esagerato. Non sono io che devo prendere decisioni che spettano a te e mi scuso per aver messo in dubbio la tua capacità di giudizio, per aver insistito fino a sfinirti, per non aver preso in considerazione la tua situazione attuale e per averti detto cose che non penso. Tu puoi fare tutto quello che vuoi, l’unica cosa che non mi dà pace è che tu possa lasciarti guidare dall’insicurezza e che opti per un ripiego invece che per qualcosa che vuoi veramente. Però spetta a te decidere. Io non sono nessuno per giudicare”.

Harry non osa guardare in faccia l’altro ragazzo dopo questo effluvio di parole. Gli sembra di non essersi espresso con sufficiente chiarezza e di essere ricaduto negli stessi errori.

Louis gli sfiora la mano e il riccio è sorpreso da questo contatto improvviso che non si aspettava.

“Non devi censurarti, Harry”, mormora. “Non devi avere paura di dirmi quello che pensi solo perché per una volta ho reagito male. Ho sempre contato sulla tua onestà e ci tengo veramente alla tua sincerità”.

Harry è confuso.

“Cosa vuoi dire?”, domanda. “Non mi sono censurato. Ho solo fatto un esame di coscienza e ho capito che non ho alcun diritto di dirti che stai sbagliando”.

Louis ruota il viso verso di lui.

“Ma lo pensi”, afferma. “Pensi che sto sbagliando”.

Harry arrossisce, colto in flagrante.

“Sì, lo penso, ma quello che io penso non è importante. Forse mi sono convinto di sapere quali sono i tuoi sogni e i tuoi desideri per il futuro. Forse non ho capito assolutamente niente di te”.

“Mi hai capito meglio di chiunque altro”, è la laconica risposta di Louis.

Questo contribuisce ad aumentare le ansie e le preoccupazioni di Harry, confermando i suoi sospetti.

“Mi trovo in un momento della mia vita in cui si aprono di fronte a me più strade e ho la paura costante di prendere quella sbagliata”, ammette Louis. “E non è per mancanza di fiducia in me stesso. È semplicemente realismo. Alcune di queste strade sono più incerte di altre. Alcune potrebbero condurmi a un totale fallimento, altre a un più digeribile insuccesso, altre ancora a un accettabile successo. E io non so cosa fare. Mia madre continua a domandarmi a quale università voglio mandare la domanda di ammissione, Mark a telefonarmi per informarmi sui prossimi provini per le squadre di calcio, e tu…tu continui a parlarmi del mio talento, del mio futuro come cantante o come attore e…non sono pronto a prendere una decisione. Credevo di averla presa ma ho dovuto rimettere tutto in discussione. Vorrei che tutti mi lasciassero in pace per un po’, ecco. Lasciatemi finire la scuola – se riesco - e poi ne riparliamo. Non posso pensare per adesso. Sarò esagerato? Sarò lagnoso? Probabile. Ma mi dispiace, non ce la faccio”.

Harry gli poggia una mano sulla spalla.

“Avevi ragione, l’altro giorno”, dice. “Non ho idea di cosa significhi essere nella tua posizione. Ho ancora due anni di scuola e nonostante me ne lamenti, ogni tanto, preferisco questo a quello che mi aspetta dopo. Qualunque cosa sia”.

Louis gli accarezza le dita con le punte delle proprie.

“Non è poi così terribile finire la scuola”, scherza. “Solo che tutti si aspettano che tu sappia subito cosa vuoi fare dopo. Dicono che hai avuto anni per pensarci, ma non è vero. Non ho mai fatto piani concreti e, ok, forse è stata una mia mancanza, però, non lo so…ho bisogno di altro tempo”.

Harry rimugina sulle sue parole prima di fare la domanda che gli preme. È un rischio.

“Però, ehm, un’idea su cosa ti piacerebbe fare nella vita ce l’hai, no?”.

Louis annuisce.

“Sì, certo, sì”, risponde, ridacchiando nervosamente. “Però quello che voglio fare non corrisponde necessariamente a quello che posso fare. Mi serve tempo per valutare le mie opzioni”.

Harry si morde l’interno della guancia.

“La storia del calcio era, uhm, una cavolata o vuoi provarci veramente?”.

Louis gli stringe la mano.

“Tentare non nuoce”, dice. “Poi si vedrà. Intanto voglio impiegare le mie energie per finire l’anno e contribuire a farci vincere le Nazionali, che ne dici?”.

Harry annuisce e decide di lasciare cadere l’argomento, per il momento. Louis si fa più vicino, tanto che il riccio sente il suo fiato caldo sulla guancia.

“Non avrei dovuto trattarti come ti ho trattato, scusami”, sussurra, come se ci fosse bisogno di non farsi sentire, anche se non c’è letteralmente nessuno nei paraggi. “Non avrei dovuto ignorarti per giorni”.

Harry scuote il capo energicamente.

“No, avevi ragione a essere arrabbiato, te l’ho già detto, ho esagerato”.

“E io ti ho già detto che apprezzo la tua sincerità e che non è colpa tua se ho reagito come ho reagito. Il tuo discorso è capitato nel momento sbagliato, mia madre mi aveva già dato sui nervi con la storia dell’università quel pomeriggio stesso”.

Harry si sente invadere dai sensi di colpa.

“Mi dispiace, non volevo stressarti”, mormora. “Prometto che non sarò più così pressante”.

“E io ti prometto che terrò sempre in considerazione le tue opinioni. E…apprezzo il tuo supporto. Lo apprezzo veramente”.

Harry sorride e sporge il viso in avanti in un tacito invito a Louis – che non stacca gli occhi dalle sua labbra da quando si è avvicinato – a baciarlo.

Louis gli prende il viso tra le mani e soddisfa la sua richiesta. Non passano che pochi istanti prima che si allontani per guardarlo negli occhi, così intensamente che Harry trattiene il fiato, anticipando quelle parole che così tanto desidera sentirsi dire e che per lui, nella sua testa, sono un mantra costante, un pensiero fisso che sfugge alla sua volontà.

“Sei la cosa migliore che mi sia capitata nella vita”, dice Louis, invece, accarezzando col pollice il labbro inferiore di Harry.

Non è quello che si aspettava, e forse la sua espressione trasmette il suo momentaneo disappunto, perché Louis aggrotta la fronte e gli sorride con un’ombra di rassegnazione. Ma a Harry non servono quelle parole, in questo momento, non quando Louis ha organizzato tutto questo per lui. Ci sono modi di manifestare l’amore che vanno al di là delle parole. Ci ha messo un po’ a capirlo.

Louis lo bacia di nuovo, stringendogli il viso con una mano e facendo scorrere l’altra dal collo alla spalla, per poi sfiorargli il petto, l’addome e scendere giù, fermandosi all’altezza della cintola dei pantaloni di Harry.

Louis lo fa stendere sulla schiena e si mette a cavalcioni su di lui. Harry è ubriaco, ma non è stato il vino.

“Lou, Lou, quella tenda l’hai portata per usarla?”, domanda.

Louis ride nascondendo il viso nel suo collo.

“Certo”.

“Ci andiamo?”.

Louis gli strizza il fianco con una mano.

“E tenda sia”.

***

Ricordi che ti avevo promesso di darti un altro regalo il giorno del tuo compleanno? Ho fatto finta di dimenticarlo, ma non l’ho dimenticato. È un libro che ho comprato in un momento di audacia e stupidità. L’ho divorato. Sono delle poesie. Alcune parlano di me, o con me. Non pretendo di capirle, ma le ho sentite. Non posso più tenerlo, non saprei come spiegarlo a mia madre se lo scoprisse. Non ha senso gettarlo via, voglio darlo a te. Solo tu mi puoi capire.

Ho messo un segnalibro in una pagina. Vorrei leggessi il frammento che ho sottolineato. Leggi tutto il libro, se vuoi. Oppure no.

Tuo,

Louis.

Harry scarta il pacchettino che Louis gli ha dato quando lo ha lasciato sulla porta di casa, pochi minuti prima, nel cuore della notte. I suoi sono addormentati nell’altra stanza. Sua sorella non è ancora tornata.

Ha il cuore in gola dopo aver letto la breve lettera di Louis, alla luce della abat-jour della sua camera, come un ladro che ha i minuti contati per commettere il suo misfatto senza farsi scoprire.

Non si preoccupa neanche di leggere il titolo del libriccino e va dritto alla pagina col segnalibro di velluto rosso che Louis ha lasciato per lui.

Sul fondo della pagina le parole che l’altro ragazzo ha sottolineato, con una matita dal tocco così leggero che si distingue a malapena, gli saltano subito agli occhi.

Ci sono modi di manifestare l’amore che vanno al di là delle parole e ci sono parole per l’amore che non riusciamo a manifestare.

You’re in a car with a beautiful boy, and he won’t tell you that he loves you, but he loves you. And you feel like you’ve done something terrible, like robbed a liquor store, or swallowed pills, or shoveled yourself a grave in the dirt, and you’re tired. You’re in a car with a beautiful boy, and you’re trying not to tell him that you love him, and you’re trying to choke down the feeling, and you’re trembling, but he reaches over and he touches you, like a prayer for which no words exist, and you feel your heart taking root in your body, like you’ve discovered something you didn’t even have a name for”.

 

*

 

ANGOLINO:

spero che mi scusiate se ho deciso di non tradurre la poesia. Non è difficile da tradurre, ma non mi sono sentita “all’altezza”, ecco. Si tratta dell’ultimo frammento di un lungo componimento dal titolo “You Are Jeff”, contenuto nella raccolta di poesie (a tematica omosessuale) di Richard Siken, Crush. Non importa se non lo conoscete, non è esattamente famoso, se non in alcuni fandom. Decisamente non quello dei One Direction. Le sue poesie sono piuttosto forti, però mi sono sempre piaciute e ho grande stima per quest’uomo.

Comunque, grazie a chi segue ancora questa storia e a chi, nonostante tutto, continuerà a farlo. Vorrei promettervi di aggiornare più spesso ma non mi piace fare promesse che non sono sicura di mantenere.

Alla prossima!

  
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