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Autore: Shurq Elalle    03/09/2015    0 recensioni
James Potter era solo un bambino viziato che non aveva più voglia di sentire addosso le premure dei suoi genitori, quando salì per la prima volta sull'Espresso per Hogwarts quel primo settembre.
Sirius Black non poteva più tollerare la pesantezza dell'atmosfera di Grimmuld Place e le idee filopurosangue dei genitori non gli andavano più a genio.
Remus Lupin era stato condannato ad un'esistenza solitaria sin dall'età di quattro anni. Frequentare Hogwarts era un onore, ma doveva tenere nascosto il suo oscuro segreto.
Peter Minus è sempre stato vittima dei soprusi dei bulli fin da quando aveva memoria. Hogwarts sarebbe stata per lui una possibilità di rinascita.
Come nacque la loro amicizia? Come divennero coloro conosciuti sotto il nome dei Malandrini?
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Sottolineo che tengo molto seriamente ad essere più canon possibile, tant'è che potrebbero essere riportate tali e quali alcune scene presenti nei sette libri.
Buona lettura.
Il cap. 15 è work in progress. Verrà pubblicato a breve (24.09.2015)
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: James Potter, Peter Minus, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James/Lily, Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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Capitolo quattordici


«Dovreste stare molto concentrati» stava affermando la McGranitt, mentre camminava tra una fila di banchi e l'altra «Altrimenti rischiate di ottenere un testuggine che conservi ancora alcune sembianze della teiera originaria.»
Che noia, pensò tra sé James, mentre osservava tediato il pigro sguardo della sua testuggine, o ex teiera come preferiva denominarla lui.
Al suo fianco, Peter non se la stava cavando altrettanto meglio: la lingua tra i denti per lo sforzo, la bacchetta agitata qua e là ed una teiera che lo fissava di rimando che sembrava quasi più espressiva del rettile che il ragazzo con gli occhiali aveva dinnanzi a sé.
«Il signor Potter è l'unico, per ora, che sia riuscito nell'intento» proseguì la professoressa dopo aver fatto mezzo sorriso al suo allievo più talentuoso «E mi auguro che anche voi riusciate a conseguire il risultato. Intanto, dieci punti alla Casa di Grifondoro non glieli toglie nessuno.»
In altre circostanze, egli sarebbe stato anche contento, ma non ora, con un obiettivo legato alla Trasfigurazione da conseguire: poteva passare Peter, che non era mai stato tanto eccellente in qualcosa (la sua abilità magica rasentava quella dei magonò, come spesso era avvezzo dire Sirius in questo frangente) o Remus, il quale, suo malgrado, era già capace di trasformare la propria persona in un animale, ma Sirius no. Ancora la sua teiera somigliava tremendamente a se stessa e, se non riusciva neppure a conseguire un risultato simile, come poteva pretendere di trasformare se stesso in qualcosa di diverso da un essere umano?
Sentì un gridolino di gioia. La Evans era risuscita nel suo intento. Beata lei, forse avrebbe dovuto chiamarla nella sua squadra al posto di Black. Ma gli bastò fissarla per qualche secondo per ricordarsi dello schiaffo ricevuto e cambiare idea: non avrebbe mai più voluto avere a che fare con Lily SonoTuttaPerfetta Evans. Si sarebbe tenuto Sirius, nonostante non si fosse ancora dimostrato capace di risolvere un esercizio di tale semplicità come quello.
Fu proprio in quel momento che la teiera dell'amico si decise a cambiare colore, passando dal grigio metallo ad un verde foglia abbastanza plausibile per ciò che sarebbe dovuto divenire in seguito.
Stanco di osservare i piccoli, ma lenti, successi di Sirius, decise che forse era meglio per lui uscire da quell'aula. Osservare quella scena lo rendeva nervoso, visto quello che lui e gli altri avevano progettato insieme.
Finse un malessere ed ebbe via libera per i corridoi dove avrebbe potuto pensare con tranquillità.
Cosa sarebbe successo se solo lui si fosse rivelato come l'unico capace di poter divenire Animagus? Dei tre che avrebbero dovuto raggiungere tale risultato, lui sembrava l'unico che potesse davvero tagliare il traguardo. E questo da un lato lo inorgogliva, ma dall'altro lo amareggiava.
Al di là delle finestre del castello, il sole si apprestava a tramontare senza scordare di illuminare ancora la fredda pietra dei corridoi.
O forse, riprese tra sé, si stava fasciando la testa prima di ricevere il Bolide. Lui non vedeva l'ora di poter acquisire la capacità di trasformarsi in un animale e, per questo, ci metteva tutto l'impegno possibile. Per gli altri due non era così, forse. Forse avevano altre priorità. Forse lui era il solo a cui...
«Potter!»
I
 suoi pensieri si arrestarono in contemporanea al suo passo. Aveva riconosciuto quella voce, ma non si voltò.
Cosa voleva da lui? Era stata fin troppo chiara l'ultima volta.
«Potter, non fare il maleducato e guardami in faccia!»
Fu la curiosità a farlo voltare, non quella frase colma di rabbia e risentimento.
Si voltò.
Davanti a lui vide un'espressione adirata dipinta in un volto cosparso di lentiggini qua e là ed incorniciato da lisci, vistosi, capelli rossi.
«Cosa vuoi Evans?» disse con tono annoiato. Meno male che era lui quello che doveva starle lontana.
«Oh lo sai benissimo, Potter.»
Ce l'aveva ancora per quella faccenda? Lo schiaffo era stato un messaggio ben chiaro, non l'avrebbe più fatto.
«Senti, il messaggio l'ho ricevuto, infatti ti ho lasciata in pace. Non c'è bisogno che tu infierisca così.»
«Tu sai molto bene cosa significhi infierire» ribatté la Evans. Sembrava davvero furiosa.
Che avrò fatto?, fu lo spontaneo pensiero del ragazzo. Non gli risultava che avesse fatto chissà cosa a lei o a qualcun altro...
Merda.
Forse aveva capito.
«Hai capito a cosa ti riferisco, eh?»
Gli leggeva nel pensiero?
«Sappi che Severus Piton è un mio amico» proseguì lei senza aspettarsi alcuna risposta «E si da il caso che conosco parecchi incantesimi che possano fatti pentire
di portare il tuo nome. Quindi, vedi di stare alla larga dal mio amico o te la vedrai con me.»

Era seria, serissima mentre pronunciava quelle parole, ma non poté non fargli tenerezza. Lily Evans era così minuta e mingherlina che sembrava non fosse capace di far del male neppure ad un Vermicolo.
Per questo motivo, il sopracciglio destro di James lievitò.
Quel gesto sembrò far infuriare la ragazza ancora di più.
«Bene! Sei anche scettico verso quello che dico!» esclamò «Ma sappi che quel che...»
«So benissimo che saresti capace di fare quello che dici» la interruppe lui «Ma non penso che Mocc... Piton sarebbe contento che tu lo proteggessi da me, o sbaglio?»
Per tutta risposta, Lily Evans estrasse la bacchetta e l'avvicinò al volto del ragazzo.
«Lascia in pace Severus» disse a denti stretti.
Lo fissò per qualche secondo e poi si ritrasse di scatto e se ne andò

*

«Non ci credo, amico» ribadì Sirius mentre infilzava un grosso pezzo del pasticcio «La Evans è troppo perfettina e gnegné per fare certe cose! Cioè... guardala!»
La sua forchetta indicò una testa rossa seduta poco lontano da loro.
«Sei sicuro di non esserti immaginato tutto?»
«Non me lo sono immaginato!» sbuffò James «Giuro che mi ha minacciato per via di quello che ho fatto a Mocciosus l'altra volta.»
«Mocciosus è un pidocchioso ficcanaso» continuò Sirius infilando in bocca un altro boccone. Masticò con calma, deglutì e poi riprese:«Non capisco perché lei continui a difenderlo. Da quello che mi ha detto Mary McDonald, non sembra un tipo normale... ecco.»
«Non c'era bisogno del supremo parere di Mary McDonald per saperlo» lo interruppe l'altro «E poi... da quando la McDonald ti rivolge la parola?»
Il famoso sorriso affascinante di Black comparve sul suo volto.
«È una ragazza» disse «Sai che non mi resistono...»
«Tredici anni e latin lover» interruppe Remus «Precoce. Però, invece di preoccuparti di affascinare una Mary McDonald qualunque, dovresti concentrarti su Trasfigurazione. Oggi hai fatto schifo.»
«Grazie per le belle parole, Remus» rispose il diretto interessato mentre il sorriso, pian piano, si estingueva «E con Trasfigurazione va tutto bene, grazie tante.»
«Non mi sembra» fu il turno di James a parlare «Oggi non mi sembra che tu sia stato...»
«Oh non ti ci mettere anche tu!» sbottò Sirius «Da quando ti interessano i miei risultati scolastici? Ok Remus, che è fissato da quando lo conosciamo, ma tu... tu proprio...»
«Ti sei già dimenticato della promessa fatta? Bell'amico che sei!»
L'altro sollevò un sopracciglio che Remus avrebbe definito “in maniera teatrale” ed estrasse la bacchetta.
Per un piccolo, miserabile minuto la folle idea che lo volesse attaccare gli attraversò la mente, tant'è che il suo corpo si irrigidì in attesa, proprio in risposta a tale pensiero.
Sirius gli lanciò un'occhiata, borbottò la formula dell'incantesimo con cui si erano esercitati poco prima e il bicchiere che egli ebbe puntato di tramutò in una testuggine, la quale aveva un'aria decisamente più stanca di quella che aveva fissato James un'ora prima.
«Nonostante quello che gli altri potrebbero pensare» esordì il ragazzo rimettendo la bacchetta a posto «Non ho bisogno di far vedere che sono bravo e che con la magia ci so fare parecchio. E» il resto della frase lo disse fissando Remus dall'altra parte del tavolo «Non mi sono scordato della mia promessa, è l'unico pensiero fisso della mia mente, al contrario di te, James, che mi sembri concentrato su altro.»
Detto questo si alzò e lasciò la tavola; dall'andatura, pareva piuttosto irritato.
James lo fissò basito. Tra sé e sé avrebbe preferito che avesse urlato: odiava la rabbia calma, non sapeva mai come poter agire in tali frangenti.
D'istinto guardò Lupin, il quale fece un mezzo sorriso prima di dire:«Hai un tantino esagerato.»
«Io non esagerato!»
«Oh sì» ribatté l'altro «Anche se, forse, non è del tutto colpa tua.»
James attese, ma l'amico non disse nient'altro. Si sentì vuoto, non aveva mai discusso (se quella era lecito definirla discussione) e non sapeva come avrebbe
dovuto comportarsi in seguito.

Il lago gli piaceva.
Sarebbe rimasto secoli laggiù ad ammirarlo, lasciando che la mente vagasse per pensieri che non lo turbassero. Pensieri felici, tranquilli, sereni... era di questo che egli aveva bisogno in quel momento, non di quella rabbia che covava dentro.
James non avrebbe mai potuto capire. Di questo se ne era accorto poco prima: ok, lui non aveva fatto del suo meglio per spiegargli fino in fondo la sua situazione, ma... Merlino, lo sapeva, glielo aveva accennato in treno.
Va bene, poteva anche non arrivarci – in fin dei conti, egli non aveva parlato così tanto approfonditamente della sua situazione – ma giudicare un'amicizia soltanto perché non ci si era impegnati a fondo in una lezione, quello non poteva accettarlo: non da James.
Avrebbe potuto incassare il colpo da Remus: lui era quello più coinvolto, era per lui che stavano unendo le forze per qualcosa al di là della loro età, lui era l'unico che poteva muovere una simile accusa, non James. Non ne aveva il diritto, non ne aveva proprio il diritto.
Lanciò prepotentemente un ciottolo contro la superficie liscia del lago. Esso cadde pesantemente in un tonfo acquoso.
Qualcuno rise poco lontano da lui.
Bell'amico che sei!
Quelle parole gli ritornavano in mente a cicli alterni, mentre era impegnato a scaraventare quanti più ciottoli possibili dentro il lago. Amava vederlo martoriato come la sua anima in quell'istante. Non doveva essere l'unico a soffrire, non doveva.
Cosa ne sapeva James di com'era amico di Remus? Cosa ne sapeva James di quanto si stesse impegnando, al di fuori dei loro incontri in Stamberga? Nulla.
Plonf!
L'ennesimo sasso raggiunse i suoi compagni nel fondale.
Nulla!
Nulla...
Bel Purosangue che sei! Non sei neppure capace di mantenere alto l'onore della famiglia! Guarda tuo fratello Regulus, invece, prendi ispirazioni da lui per come essere un buon Black!
Come nulla sapeva sua madre!
Come nulla sapeva nessuno su cosa volesse dire crescere in una famiglia i cui valori sono discordanti dai tuoi.
Nulla!
Ed era solo rabbia, potente e profonda rabbia, che gli attraversava il corpo, gli attraversava il petto, il cuore e voleva sfogarla quella rabbia, quell'ingiustizia.
Era un buon amico.
Era un buon Black, nella definizione che dava lui.
E vide come poterla sfogare quella rabbia. Capì finalmente chi erano le persone che stavano ridendo poco prima.
Tirò fuori la bacchetta. Una parte di lui stava urlando che non era valido, non era corretto, non poteva compiere quello che stava per fare. Ma fu immediatamente soffocata dal volto di James che ripeteva incessante:«Ti sei già dimenticato della promessa fatta? Bell'amico che sei!»
Si avvicinò, a passo sostenuto, alla sua vittima – il suo sacco da boxe, come lo avrebbero definito i Babbani – e, con la mano infilata nella tasca della bacchetta, disse:«Salute, Mocciosus.»
Non seppe se era stata la sua immaginazione, ma il colorito di Piton divenne, se possibile, ancora più giallognolo.
Lily, che era di fianco a lui, scattò in piedi. Doveva aver notato la mano di Sirius in tasca, perché lei impugnava la propria e la teneva abbassata.
«Che vuoi Black?»
Il suo tono era duro, fermo.
Il ragazzo la ignorò, concentrandosi su Mocciosus. Era lui il suo bersaglio, era lui il suo sfogo, era lui che doveva pagare per tutti i suoi grattacapi...
Una parte di sé avrebbe voluto aggiungere altro – infierire, insultare magari – ma l'adrenalina e la voglia di... azione era ormai alle stelle.
Estrasse la bacchetta e scagliò il primo incantesimo che gli venne in mente.
Il lampo di luce rossa sfiorò Lily e avrebbe preso in pieno Piton, se quest'ultimo non si fosse spostato. Provocato da tale gesto, anch'egli estrasse la bacchetta. La
sua faccia irosa era proprio il pretesto che a Sirius serviva per attaccare di nuovo...

Levò la bacchetta in alto, aprì la bocca e...
Accaddero molte cose contemporaneamente.
Udì una voce maschile, molto familiare, gridare in lontanza:«Sirius no!»
Lily Evans gridò e si infrappose tra lui e l'amico urlando:«Protego!»
Nel medesimo istante, una figura (forse la stessa che aveva gridato prima della Evans? Non lo sapeva...) si scaraventò contro di lui, atterrandolo.
«Sei impazzito?»
Remus Lupin si levò da terra – anzi da sopra il suo braccio – e lo aiutò ad alzarsi. Il suo volto rappresentava tutta la furia che albergava nel suo animo. Ma questo, scoprì Sirius, non gli importava un granché.
Gli dispiaceva di più non aver ferito Mocciosus e, così, sfogare tutta la rabbia che deteneva in corpo.
«Ma ti ha dato di volta il cervello? Attaccare senza un motivo... Sirius!» esclamò «Ti facevo più superiore...!»
Incassò il colpo, come faceva sempre con lui, d'altronde. Remus era la coscienza del gruppo e non ci si poteva offendere con la proprio coscienza, o no?
«È un modo da agire troppo Serpeverde per uno che vuole discostarsi dalla sua famiglia!» continuò lui. Per fortuna, si rese conto che vi erano anche la Evans e Piton ad ascoltare ed ebbe la premura di cambiare elegantemente argomento.
«Chiedo scusa a suo nome» disse rivolgendosi ai due «E fatti di questo tipo non accadranno mai più, posso assicurare.»
Il volto della ragazza si addolcì appena.
«Spero per te che non combatta una battaglia persa.»
Rimise a posto la bacchetta ed aggiunse rivolta a Sirius:«Pensavo fossi un poco più intelligente e che fossi maturato un pochino rispetto al quel fastidioso Black
che incontrai sul treno. Ma devo aver fatto male i calcoli... andiamo Sev.»

Sirius gli osservò allontanarsi e poi la sua attenzione tornò verso il volto furioso dell'amico.
Forse, Lily Evans non era la sola ad aver fatto male i conti.

Rimasero in silenzio.
Remus fece un respiro profondo combattuto tra l'idea di fare una sfuriata coi fiocchi all'amico che lo fissava impassibile o optare per una versione più soft della precedente. Decise che avrebbe agito cavalcando appieno l'onda delle sue emozioni.
«Spiegami cosa volevi fare!» esclamò, alzando la voce di un tono rispetto al livello acustico normale.
«Quello che hai visto» rispose Sirius, senza premura «Dare fastidio a Mocciosus.»
«Ma non ti ha mai fatto niente! Perché lo tormenti?»
«È più il fatto che esista, non so se mi spiego.»
Si spiegava eccome e, questo, fece andar ancor più su tutte le furie Remus. Come potevi attaccare una persona, così dal nulla, aggrappandoti alla sola scusante che esisteva? Non aveva senso questo, nemmeno per uno scavezzacollo come Sirius. Avrebbe avuto più senso per James, lui aveva un motivo – per quanto sciocco – per non sopportare Piton... ma Sirius...! Ecco, lui no, per quanto ne sapeva, almeno.
Doveva esserci qualcosa sotto: prima la sfuriata a James, ora la quasi aggressione a Piton.
Troppe cose non tornavano. Era troppo anche per Sirius Black.
«Cosa ti succede?» domandò. Aveva deciso di soffocare la sua rabbia per dare voce alla sua ragione. Magari ne sarebbe venuto a capo. Magari non avrebbe
dovuto urlare troppo: odiava litigare, con lui soprattutto.

Per tutta risposta, Sirius sbuffò. Non era per l'irritazione, vi era altro oltre quello sbuffo. Remus sperò non fosse la sua speranza a distorcergli le percezioni.
«Non ne voglio parlare»
Chissà perché non ci credeva molto: sarà stato il tono con cui l'aveva detto, l'espressione facciale... c'era qualcosa sotto.
«Cosa ti succede?» ripeté «So bene che non sopporti Piton dal primo giorno in treno del primo anno, ma non lo hai mai attaccato se dietro non ci fosse un motivo valido. E stamattina con James...»
«Oh non parlarmi di lui!» lo interruppe l'altro, seccato.
«Di James? Non è stato molto gentile da parte sua nel dire quel...»
«Non parlare di lui, Remus!» il tono della sua voce era definitivo «Ha parlato senza riflettere... ha detto che... tu sai bene non ho dimenticato la promessa, vero?»
«Sì»
Sirius si sedette nell'erba, accasciandosi come una marionetta a cui avevano tagliato i fili.
L'amico lo imitò, sedendosi accanto a lui. Avevano le spalle al lago ed la magnificenza del castello di Hogwarts davanti ai loro occhi.
«Mia madre» riprese Sirius. Ci fu una pausa. «Ti ho mai parlato della mia famiglia?»
«Qualche cenno»
«Loro si vantano della purezza del sangue» lo disse come se avesse dovuto ingerire un limone intero «E hanno inculcato questa malsana idea sin da quando Regulus ed io eravamo piccoli. Diventando più grande, iniziai a capire che il mio posto non era con loro. Volevano che io divenissi un Serpeverde, ma sentivo di essere un Grifondoro. Poi, arrivando qui ad Hogwarts, ho capito che il sangue puro non serve a nulla. Mia madre diceva sempre che un buon mago o una buona strega si vede dalla purezza del suo sangue. Guarda la Evans, è una Nata Babbana, ma è nel Lumaclub e sai che lei non ne avrebbe mai fatto parte se non fosse particolarmente dotata...»
Fece un'altra pausa. Remus forse iniziava ad intuire dove volesse arrivare.
«Un vero mago purosangue è dotato di talento e particolarmente versato nelle arti magiche» lo disse come lo avesse imparato a memoria «Così ripete sempre quella donna che dice di essere mia madre. Io non ci credo. Io voglio dimostrarle che ha torto. Per questo faccio finta che gli incantesimi non mi riescano al primo colpo. Voglio che lei lo venga sapere, voglio che lei si arrabbi per questo.»
«E come fa a sapere come va la tua carriera scolastica?» domandò Remus.
Sirius rise. La sua risata ricordava un latrato.
«Mia madre ha i suoi mezzi. Riesci ad informarsi. Non chiedermi come, ho smesso di chiedermelo anch'io.»
«James dovrebbe saperlo.»
«Che mia madre spia i miei voti?»
«No, del perché del tuo comportamento.»
«Non capirebbe.»
«Io ho capito bene non vedo perché...»
La voce gli si spense aveva compreso; James era cresciuto in una famiglia Purosangue con un'ideologia filobabbana affine a quella di un'altra grande famiglia Purosangue, ossia quella dei Weasley. Lui non sapeva cosa significasse vivere in un ambiente così chiuso e rigido come quello in cui era vissuto Sirius e non avrebbe capito, forse, il perché del malessere dell'amico.
«Non sottovalutiamo James» continuò Remus «Sono sicuro che ci sorprenderà andando oltre al suo piccolo universo di bambino viziato.»
«Dici?»
Annuì. Non ne era molto convinto, ma James, come anche Peter, aveva il diritto di sapere.

Peter alzò gli occhi verso il soffitto della Sala Grande.
Una coltre di nubi grigie cariche di pioggia torrentizia restituì il suo sguardo. Non avrebbe mai capito come il soffitto facesse a riprodurre l'atmosfera della sua vita con una precisione minuziosa con cui replicava il cielo esterno. Era qualcosa che andava oltre la magia, forse.
La magia.
Avrebbe tanto voluto che essa corresse in suo sostegno in quella domenica di aprile. La sua piccola bolla di felicità era stata incrinata da quello scontro senza capo né coda da parte delle due persone le quali, più di tutte, considerava dei pilastri importanti per la tranquillità del suo piccolo mondo.
Non aveva idea di cosa fare: Remus aveva seguito Sirius subito dopo che egli aveva lasciato irritato la tavola, mentre lui era rimasto a sorbirsi, erano anche giustissime per carità!, le tiritere di James sul comportamento del loro amico. Non aveva ascoltato mezza parola – la tattica di annuire alle pause funzionava sempre – perché il suo cervello stava lavorando furiosamente su come aggiustare l'incrinatura che si era creata
Peter sapeva che era qualcosa di poco conto, ma sapeva anche, per esperienza, che le cose di poco conto, come le piccole crepe sul vetro, se lasciate andare a se stesse rischiavano di ingigantirsi ed infrangere tutto.
E la sua bolla protettiva non poteva assolutamente infrangersi.
Il suo cervello aveva lavorato incessante, ma non era riuscito ad arrivare ad una soluzione. Sapeva che sarebbe stato fondamentale parlare con Remus, ma era stato difficile in quei tre giorni che si era susseguiti alla litigata. Peter era stato vicino a James cercando di farlo ragionare, come meglio poteva, e cercando anche di convincerlo a metterci una pietra sopra. Purtroppo, fu inamovibile e Peter iniziò a comprendere quanto sarebbe stato difficile trattare con lui negli anni a venire se fossero capitate situazione ben più gravi di quella.
Aveva rabbrividito al solo pensiero.
Remus, invece, dal canto suo, cercava di far ragionare Sirius. Almeno questo era quello che egli stesso gli aveva detto, ma, appunto, erano tre giorni che lui e il lupo mannaro non si scambiavano due chiacchiere su questo punto.
L'occasione arrivò proprio quella domenica sotto quel cielo che non prometteva nulla di buono.
«Oh Peter!» esclamò lui sedendogli di fronte. Aveva il volto magro, sciupato. La luna piena doveva essere vicina. Chissà come doveva essere forte ed inarrestabile sotto le sembianze di un lupo...
«Come va con Sirius?»
«A buon punto, sono riuscito a convincerlo»
Quel macigno, sì proprio quello lì che se ne stava comodo comodo sul suo stomaco, svanì all'udir quelle parole. Il cielo del soffitto sembrava essersi fatto convincere dal farsi attraversare da uno spiraglio di luce...
«Oh meno male» ribatté «James è una testa dura...!»
Remus fece un mezzo sorriso. «Ti è toccata la parte più tosta. Ma non ti preoccupare» iniziò a sbucciare una mela «Oggi ci incontreremo in Stamberga... per quello che sai. Sirius parlerà a James lì. Dovrai ascoltare anche tu, è una cosa importante. Dopodiché, sarà tutto risolto.»
Per un breve istante – proprio mentre venivano pronunciate le parole “dovrai ascoltare anche tu, è una cosa importante” – il macigno sembrò ritornare, ma subito cambiò aria quando l'amico concluse la frase.
Qualunque cosa Sirius avesse da dire non gli avrebbe importato molto, o almeno, gli sarebbe importato fino al punto in cui essa avrebbe risolto tutto.
Ritornò a mangiare sentendosi più leggero: sarebbe rimasto ancora protetto nella sua piccola bolla.

La Stamberga Strillante, da dentro, poteva essere tranquillamente scambiata per una catapecchia – come di quelle babbane brutte e sporche che infestavano l'immaginario dei Purosangue – per l'austero arredamento e il materiale povero con cui era stata costruita. Però, non sarebbe stato male viverci: era tranquilla, isolata, solitaria, nessuna madre purosangue gli avrebbe fracassato i timpani e il cuore con le sue manie sulla purezza del sangue... sarebbe stato bello vivere lì. Quasi quasi avrebbe chiesto a Remus, una volta divenuto Animagus, di lasciar libero un posticino per lui, là...
L'attesa lo stava davvero logorando se stava iniziando a pensare seriamente di vivere in quel posto. Non sapeva perché avesse dato retta a Remus («Tu aspettaci qui, vado a prendere io sia James che Peter»), anzi lo sapeva – non veder immediatamente il volto di quello che non sapeva se poteva continuar ad essere il suo migliore amico – ma cercava di non pensarci. Non era facile quando il mattone della consapevolezza alloggiava beato nel suo stomaco, rotolando ogni tanto – provocandogli anche qualche ferita – tanto per ricordargli la sua presenza. Fece un lungo respiro; la tensione sembrò alleviarsi un poco.
E se James non avesse compreso?
Non ci doveva pensare, non ci doveva pensare. James avrebbe compreso, doveva convincersi di questo. James avrebbe compreso e lo avrebbe aiutato.
Ma... James avrebbe capito davvero come sia Remus che lui speravano? Sarebbe andato oltre la sua veduta da piccolo ragazzino viziato? Sarebbe riuscito...
Sentì delle voci lungo il corridoio della Stamberga. Il cuore iniziò ad aumentare i suoi battiti. La tensione alzarsi leggermente.
«... va bene ma non è detto» stava dicendo la voce di Lupin «Secondo me è più importante la sensibilità che il talento vero e proprio.»
«Perché dici che lui sia sensibile?» era la voce di James, quella. E sembrava piuttosto scettica.
«Be' tu come puoi dire il contrario?»
Sirius non la vide, ma sapeva benissimo che il suo amico avesse un'espressione scettica dipinta in volto.
«Mah... tanto so che non sono il solo a pens...»
Erano entranti nella Stamberga. Appena lo vide, la voce del ragazzo con gli occhiali ammutolì e lo fissò con uno sguardo che Sirius reputò abbastanza duro.
Quest'ultimo, con la cosa dell'occhio, vide Peter mettersi in un angolo e tentare di farsi piccolo piccolo, per quanto la sua stazza potesse permetterglielo.

Remus, invece, rimase dov'era, fra i due.
Si fissarono per un periodo che parve a tutti e quattro un'eternità.
E poi, fosse pungolati dallo sguardo di Lupin, sia James che Sirius intervennero.
«Scusami...»
«No... dovrei scusarmi io per come...»
«Ma no... forse...»
Un colpo di tosse da parte di Lupin, bloccò entrambi.
«James, Sirius avrebbe qualcosa di importante da dirti. Riguarda il motivo per cui si sia allontanato così bruscamente l'altro giorno. Ovviamente» guardò Peter «Questo interessa anche te.»
I quattro si sedettero per terra e Sirius, dopo aver fatto un lungo respiro, iniziò a raccontare. Fu facile, più di quanto pensasse, tirar fuori tutto.
Raccontò della sua famiglia e delle loro ideologie.
Raccontò dell'infanzia di Regulus e della sua vissuta sotto il fuoco incrociato di quella mentalità.
Raccontò di quando iniziò ad essere consapevole di non essere come tutti i suoi parenti, ad eccezione di alcuni come sua cugina Andromeda.
Raccontò di come sia stata accolta in pessimo modo la notizia di essere stato smistato a Grifondoro.
Ed infine, raccontò di come la madre affermasse che...
«”Un vero mago purosangue è dotato di talento e particolarmente versato nelle arti magiche”. Per questo motivo ho deciso di mostrarmi totalmente negato, per non darle questa soddisfazione.»
E tacque. Fissò James, il quale, non aveva ancora aperto bocca. Dall'espressione nel suo viso, capì che stava metabolizzando la notizia. Attese.
«Mia madre mi aveva detto che esistevano persone che la pensassero come i tuoi genitori» esordì «Ma non pensavo che, un giorno, avrei incontrato una persona con quella mentalità o che, comunque, ci avesse avuto a che fare. Non so cosa farei se i miei genitori fossero di quella pasta...» sembrò pensarci un attimo «Anzi so cosa farei!»
Sorrideva. Aveva quel sorriso che Sirius Black conosceva fin troppo bene.
«Io mostrerei il mio talento magico, non lo terrei nascosto.»
«James, non hai capito...»
«Aspetta, fammi finire...» lo interruppe l'amico. Sembrava in estasi. «Tua madre vuole che tu mostri la purezza del tuo sangue tramite il tuo talento magico? Fallo! Ma non come vuole lei! Fallo come lo farebbe Sirius Black...»
Nel suo volto si dipinse un'espressione... malandrina.
Lui capì al volo e sorrise.
«Combinando disastri!»
«Mia madre impazzirà di sicuro!» esclamò Sirius con una risata.
«Oh pure la mia, ma poco m'importa!» ribatté l'altro «L'importante sarà rivendicare i...»
«Non penso che dovreste farlo...»
«Ah... non fare il guastafeste Remus» lo interruppe il ragazzo con gli occhiali «Non faremo niente di... pericoloso.» La luce che popolava i suoi occhi affermava
l'esatto opposto.

La luce che popolava i suoi occhi affermava l'esatto opposto.
James, alla fine, aveva capito. Remus aveva avuto ragione. Aveva capito al di là di ogni su aspettativa. La sua idea era più che geniale: combinarne di tutto e di più, sua madre sarebbe uscita fuori dai gangheri. Sarebbe stato uno spasso ricevere le sue Strillettere in sala Grande alle otto del mattino...
«Facciamolo!» concluse.
Con la coda dell'occhio, vide il volto di Remus Lupin deformarsi in un'espressione davvero poco solidale con la loro idea.

   
 
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