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Autore: ThorinOakenshield    05/09/2015    4 recensioni
Che dire? Innanzitutto che non si tratta di uno slash! Questa è una storia a capitoli sul rapporto di amicizia che intercorre tra Bilbo e Thorin.
Mi sono presa molte licenze ed è la prima fanfiction che scrivo, quindi siate clementi! xD
Allora, le vicende si svolgono dopo la Battaglia dei Cinque Eserciti e Thorin ha ottenuto il suo titolo di Re sotto la Montagna; Bilbo si è talmente affezionato ai nani che ha deciso di passare le vacanze a Erebor. Tutti i suoi amici sono entusiasti di questa decisione e, tra l'incoronazione di Thorin e vari festini, saranno tutti euforici e persi nella gioia del momento, ma qualcosa di terribile romperà l'incanto...
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bilbo, Fili, Kili, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Bilbo chiuse piano piano gli occhi, mentre la testa gli dondolava avanti. Ormai addormentato e quindi affatto consapevole di quello che stava facendo, cadde su Thorin e si ritrovò con la testa sulle sue gambe.
Il nano sobbalzò leggermente e, quando notò lo hobbit appisolato su di lui, sperò con tutto se stesso che nessuno li stesse guardando. Dopo essersi accertato che erano soli, Thorin scosse poco gentilmente l’amico. “Bilbo,” lo chiamò, ma il signor Baggins non diede segni di vita.
Sbuffando, Scudodiquercia lo toccò un’altra volta. “Bilbo” disse nuovamente.
Niente da fare: lo hobbit continuava a dormire profondamente come un ghiro.
Il Re sotto la Montagna prese in considerazione l’idea di svegliarlo, ma non se la sentiva di farlo: Bilbo stava dormendo così bene! E chissà da quanto tempo non aveva avuto un sonno così pesante. Però non poteva certo dormire all’aperto; così, controvoglia, il nano prese in braccio il corpicino dello hobbit. Spero che i miei nipoti siano già andati a dormire: non sopporterei i loro commenti idioti, pensò corrucciato lo stoico Thorin Scudodiquercia.
 
Quando fece ingresso nella locanda, tutti gli occhi si puntarono su di lui. Thorin desiderò ardentemente di scomparire all’improvviso esattamente come aveva fatto il suo migliore amico quella notte, durante l’imboscata degli orchi, soprattutto quando notò con un certo dispiacere che i suoi nipoti erano ancora belli svegli.
“Wow! Tu e Bilbo…” commentò con malizia Kili, guardando suo zio negli occhi, divertito.
“Te lo tiro in testa se non chiudi un po’ quel becco” gli rispose duramente il Re dei Nani.
A quelle parole, il giovane nano si zittì, non tenendoci a ricevere sulla capoccia uno hobbit grassottello.
Susann si appoggiò sul bancone di legno e sbuffò indignata, levandosi una ciocca bionda dagli occhi. “Preferisce persino uno hobbit a me!”
Thorin Scudodiquercia fece uno sforzo enorme per non mettersi a gridare a tutti di farsi gli affari loro. Si limitò a digrignare i denti, poi sparì su per le scale.
 
Il nano apprese con un certo dispiacere che, quella notte, avrebbe dovuto condividere la camera con Bilbo. Non che avesse qualcosa contro di lui, per carità! Solo che, dopo questa news, sarebbe stato ancora più difficile zittire i maliziosissimi nani.
 
Thorin si mise lo hobbit sulla spalla per riuscire ad aprire la porta. L’interno della piccola stanza era illuminato dal chiaro di luna, il quale penetrava nella camera grazie alle tende aperte.
L’ambiente era piuttosto angusto, specialmente per il Re, abituato agli ampi saloni di Erebor. Ma era più che sufficiente per due persone, e poi ci avrebbero passato solo una notte.
Thorin Scudodiquercia avanzò pesantemente verso il letto, facendo scricchiolare il pavimento con i suoi pesanti stivali. Ancora una volta rimboccò le coperte al signor Baggins.
Era tardi, il nano e i suoi compagni di viaggio avrebbero dovuto andare a dormire presto, visto che l’indomani si sarebbero messi in cammino all’alba. Tuttavia, Thorin non si distese accanto all’amico, bensì si sedette sul letto, accanto alla testolina riccioluta di Bilbo. Il Re sotto la Montagna lo guardò per un attimo: dormiva serenamente, probabilmente neanche la Battaglia dei Cinque Eserciti sarebbe riuscita a destarlo. Al solo pensiero di quel giorno, Thorin rabbrividì. Aveva rischiato di morire, per un attimo aveva visto la vita scivolargli via, dopo aver faticato così tanto per riprendersi la sua terra natia.
 
Si inginocchiò, pieno di dolore.
È vero: Azog era morto e i Nani, gli Uomini e gli Elfi stavano vincendo la battaglia; dopodiché avrebbe dato agli abitanti di Pontelagolungo e agli elfi silvani ciò che volevano, poi sarebbe tornato nel tuo tanto amato regno e avrebbe regnato con onore e orgoglio. Tuttavia, quella era una vittoria amara: come poteva festeggiare se aveva appena perso un nipote? Il suo erede al trono, colui che aveva cresciuto come un figlio… e Kili? Dov’era finito? Era morto anche lui? Il povero Re non riusciva a darsi pace.
I pensieri del nano si interruppero non appena egli notò qualcosa: Azog stava galleggiando sotto al ghiaccio e i suoi occhi erano aperti. Sembrava che lo stesse guardando.
Pieno di orrore, Thorin si alzò e guardò con attenzione il volto del suo più acerrimo nemico. Seguì il corpo che veniva trasportato dall’acqua: voleva accertarsi che quel pezzo di lerciume fosse morto.
Azog il Profanatore chiuse gli occhi e il nano pensò erroneamente che ormai si trovasse all’Inferno. Questo sbaglio gli costò caro: Scudodiquercia si distrasse e l’orco gli infilzò il piede, dopo aver aperto gli occhi e sorriso malignamente.
Il nano lanciò un urlo che squarciò l’aria. Più che un urlo sembrava un ruggito, il ruggito di un fiero leone, ferito nell’orgoglio e nel corpo.
Azog, con una forza bruta, ruppe il ghiaccio e costrinse l’avversario a terra. Quest’ultimo provò in tutti i modi ad opporsi ma, ottenebrato dalla stanchezza del combattimento e dal dolore fisico e morale, l’unica cosa che riuscì a fare fu trattenere la lama nemica con la sua.
Il condottiero degli orchi era consapevole del fatto che aveva il nemico in pugno. Rivolse a Thorin un sorriso malvagio e spinse l’arma più che poté.
Scudodiquercia resistette, anche se sentiva che presto non ce l’avrebbe più fatta ad opporre resistenza. Quel maledetto aveva il coltello dalla parte del manico. Il nano corrugò la fronte, soprattutto dopo aver visto lo sguardo beffardo che gli stava rivolgendo l’orco: va bene, lui sarebbe morto, ma quel dannato bastardo l’avrebbe seguito nella tomba.
All’improvviso Thorin Scudodiquercia rivide il viso di suo nonno e di suo nipote più grande. Si sarebbe sacrificato per vendicarli. Così, con coraggio, il nobile nano levò la sua lama, consentendo ad Azog di trapassarlo.
Il sorriso malefico dell’orco si allargò, di fronte all’immagine del re nanico a terra, sofferente. Azog fece presto a gongolarsi, però, visto che Thorin ci mise un attimo a infilzarlo.
Colto di sorpresa, il Profanatore smise di sorridere e rimase per una frazione di secondo fermo, basito.
Quei secondi bastarono al nano per recuperare le poche forze che gli erano rimaste e mettersi sopra all’avversario. Lo trapassò con Orcrist con talmente tanto vigore, che persino il ghiaccio riportò danni.
Il nano si avvicinò  al volto di Azog: voleva vedere la paura nei suoi occhi.
Quando Azog il Profanatore fu finalmente morto e stecchito, Thorin si levò debolmente dal suo corpo, rivolgendogli un’ultima occhiata di astio. Si alzò in piedi e ci tenne ad osservare dall’alto il suo regno, prima di lasciarsi andare tra le braccia di Mahal. Aveva lavato via gli errori del passato con gesta gloriose in battaglia, eppure continuava a sentire un fastidio dentro di sé. Ma certo! Come aveva fatto a dimenticarsene? Sarebbe morto senza aver posto le sue scuse al suo amico, a colui che aveva solo cercato di aiutarlo, colui che aveva tentato di aprirgli gli occhi quando era troppo cieco per vedere.
Con questa amara consapevolezza nel cuore, il grande Thorin Scudodiquercia cadde a terra.
L’amarezza si trasformò presto in sollievo, quando il Re sotto la Montagna vide lo hobbit correre verso di lui. Erebor era stata riconquistata, Azog era morto, gli orchi sconfitti e presto avrebbe chiesto scusa allo scassinatore; ogni cosa era a posto.
“Bilbo,” sussurrò debolmente il nano, “sei qui. Sono contento.”
“Non muoverti, non muoverti” gli disse il signor Baggins, senza far notare troppo la sua agitazione. Doveva mantenere la calma in un momento come quello. Quindi, lentamente e senza farsi prendere dal panico, esaminò la ferita dell’amico; non appena si rese conto delle gravi condizioni del nano, si portò una mano alla bocca, avvertendo un conato di vomito.
“Rimangio tutto ciò che ho detto sui bastioni, hai fatto quello che un vero amico avrebbe fatto.” Thorin lo guardò supplichevole, quasi piangendo: si sentiva uno schifo per come si era comportato. “Ti prego, perdonami per averti messo in un tale pericolo, ero troppo cieco per vedere.”
Bilbo pensò erroneamente che il nano si stesse riferendo a tutte le avventure passate prima che Smaug morisse. E così, egli pensava di aver sbagliato mettendolo in mezzo a certe situazioni, ma le cose non stavano in quel modo: era da tempo che lo hobbit non si era sentito così vivo. La parte più tucchica di sé era stata soddisfatta egregiamente. Il signor Baggins gli sorrise, per rassicurarlo. “Sono felice di aver condiviso i tuoi pericoli, Thorin, dal primo all’ultimo.”
Il nano lo guardò negli occhi, sorpreso da quell’affermazione.
Bilbo ricambiò lo sguardo. “È più di quanto meriti un Baggins.”
Thorin Scudodiquercia, sentendo il suo cuore più leggero dopo quella rivelazione, rivolse all’amico un sorriso sincero. “Addio, mastro scassinatore.”
Lo hobbit fece un profondo respiro, non sentendosi pronto per quell’addio.
“Ritorna ai tuoi libri, alla tua comoda poltrona. Pianta i tuoi alberi, guardali crescere.”
Bilbo si commosse constatando che l’amico si ricordasse cosa gli aveva detto prima dell’arrivo dei Mannari, quando tutto era ancora perfetto.
Sentendo le forze venirgli sempre di meno, Thorin si affrettò a dirgli la frase che stava trattenendo sulla punta della lingua da un bel po’: “Se un maggior numero di noi considerasse la casa al di sopra dei tesori d’oro, questo sarebbe un mondo più felice.”
Bilbo Baggins era acuto abbastanza da accorgersi che il suo migliore amico stava morendo. Non riusciva ancora a crederci, quella situazione era troppo brutta per essere vera. Si gettò sul suo corpo, sentendo le lacrime farsi sempre più forti. “No, no, no, no! Thorin! Non osare! Guarda, ci sono le Aquile, le Aquile sono qui.”
Scudodiquercia avrebbe voluto abbracciarlo, dirgli che spettacolo meraviglioso fossero quelle nobili Aquile che volavano fiere nel cielo plumbeo, ma non riusciva ad emettere nessun suono. Vedeva tutto sempre più fosco, mentre la vocina agitata dello hobbit diventava piano piano un rumore confuso.
 
Thorin ricordava perfettamente il sollievo che aveva avvertito nel cuore quando si era reso conto che Gandalf l’aveva riportato nel regno dei vivi con un incantesimo, e la gioia era stata ancora più grande quando aveva visto Fili vivo e vegeto sul suo capezzale. Non avrebbe mai ringraziato abbastanza lo stregone.
Il nano sorrise commosso rammentando lo spavento che aveva letto negli occhi dello scassinatore quando l’aveva trovato moribondo sul fiume ghiacciato di Collecorvo. Lo sguardo del Re si posò un’altra volta su Bilbo Baggins.
Lo hobbit aveva la bocca leggermente aperta, da essa uscivano respiri appena percepibili, mentre lui dormiva rannicchiato su se stesso, come un bambino bisognoso di affetto.
Il nano lo guardò leggermente risentito. Quand’è che la smetterai di farmi passare per una balia? Sorrise. Dormi quanto vuoi, te la sei meritata una bella dormita. Pensato questo, Thorin si distese accanto a lui.
 
L’indomani, proprio come era stato programmato, i nani si svegliarono presto.
Si trovavano tutti fuori dalla locanda. Il tempo era sereno e la gente del posto stava tranquillamente camminando per le strade, mentre Thorin si assicurava che non mancasse nulla. All’improvviso, il nano si bloccò e si guardò introno. “Dove sono Fili e Kili?”
I suoi amici si guardarono negli occhi, non sapendo se dirgli la verità o meno.
Non era necessario dare spiegazioni, poiché il Re aveva inteso ogni cosa. Conosceva i suoi polli. Così, dopo aver sbuffato sonoramente, si era precipitato dentro il Drago che ronfa.
 
Susann aveva i lunghi capelli biondi sparpagliati sul letto, mentre Fili dormiva alla sua destra e Kili alla sua sinistra. Il sole entrava dalla finestra, illuminando il letto disordinato.
Thorin Scudodiquercia entrò nella camera come una furia. Il colpo alla porta era stato talmente forte che la ragazza si era svegliata di scatto. Notando il nano davanti al letto, la giovane si fece mille illusioni. Gli circondò il collo con le braccia e gli fece gli occhi dolci. “Se volevate unirvi a noi bastava dirlo” gli disse con sensualità.
Il nano se la levò di dosso. “LEVAMI LE MANI DI DOSSO, SGUALDRINA!” gridò furioso.
A quel punto, anche Fili e Kili si svegliarono. Inutile dire che presero un colpo ritrovandosi loro zio davanti agli occhi, arrabbiato come non mai. I due giovani nani sorrisero con aria innocente; prima che potessero difendersi a parole, Thorin li afferrò per le orecchie e li trascinò nudi fuori dalla locanda, umiliandoli davanti a tutti. Non c’era punizione migliore, si disse.
I nani, non appena videro Fili e Kili nudi come vermi, ridacchiarono.
Scudodiquercia uscì subito dopo, lanciando addosso ai suoi nipoti i loro vestiti e i loro bagagli.
I nani più giovani della Compagnia si guardarono con aria complice, consapevoli che l’avevano combinata grossa.

 
   
 
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