Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Ricorda la storia  |       
Autore: ___Ace    06/09/2015    6 recensioni
Germania, 1945.
L’M4 Sherman era una specie di leggenda, tanto quanto il Sergente Eustass Capitano Kidd, il genere di americano con i contro coglioni dicevano molti. Aveva combattuto in Africa, in Norvegia e, in quel periodo, in Germania, continuando ad essere un grandissimo stronzo intrattabile e incontentabile, ma sempre un guerriero rispettato.
Ovvio che un giovane intelligente e attento come Trafalgar Law ne avesse sentito parlare, infatti non aveva avuto problemi a trovarlo, obbligandosi ad avanzare passo dopo passo verso la sua rovina.
Lui non si era arruolato per quel genere di cose, dannazione. Aveva fatto domanda ed era stato accettato come medico del campo, invece cosa avevano fatto quei bastardi? Lo avevano scaricato alla prima occasione e solo perché all’Intoccabile Eustass Kidd serviva un altro uomo dal grilletto facile. Lui non aveva mai tenuto in mano una pistola, figuriamoci se sapeva sparare.
“E questa mezza sega chi sarebbe?”
Era solo l’inizio, se lo sentiva nelle viscere.
Genere: Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Eustass, Kidd, Killer, Trafalgar, Law | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
RED FURY
I.

Germania, 1945.
 
Il campo base americano apparve dopo l’ultima curva  a destra, circondato da una lunga rete di filo spinato, una misera protezione contro gli attacchi dei tedeschi, ma era, come ogni spostamento, tutto provvisorio, dato che presto avrebbero levato le tende.
Non rimanevano mai fermi nello stesso punto troppo a lungo, si muovevano di continuo, avanzando nell’entroterra e viaggiando di città in città, smantellando le truppe naziste e guadagnando sempre più punti a loro favore.
Purtroppo, però, oltre ai buoni risultati, il numero delle vittime e dei feriti continuava a salire di giorno in giorno, battaglia dopo battaglia; la stanchezza si stava impossessando di tutti e il nemico non sembrava affatto sul punto di gettare la spugna e dichiarare la sconfitta.
Ecco perché, all’interno del carro armato, un M4 Sherman, corazzato e ben fornito, anche se con qualche graffio, il silenzio e lo sconforto regnavano sovrani.
“Porca puttana, Heat.” sospirò un uomo, stringendo le mani insanguinate di un cadavere steso accanto al suo sedile al quale era stato coperto il volto con una delle giacche dei suoi compagni. “Porca puttana.”
“Piantala Wire!” sbottò un altro, colui che ricopriva il ruolo di caricatore, intento ad osservare dallo spioncino il mondo all’esterno, “Heat è morto. Morto, chiaro? Perciò torna al tuo posto e dacci un taglio, cazzo!”
Wire scosse il capo, chiudendo gli occhi e passandosi stancamente una mano sul volto, lasciando le mani di quello che era stato un suo caro amico e tornando a prestare attenzione ai comandi del loro veicolo.
“Non dici niente, Sergente?” domandò successivamente il caricatore, scoccando un’occhiataccia in direzione del sergente carrista, nonché comandante del convoglio, che in quel momento aveva mezzo busto fuori dal carro e guardava con occhi assenti il campo avvicinarsi sempre di più, mentre nella sua testa danzavano le immagini della morte di Heat, il copilota mitragliere.
“Sta zitto Ace, pensa al tuo lavoro.” gli rispose seccamente, riscuotendosi e accendendosi una sigaretta.
“Fanculo, dovevi proteggerci.” borbottò il giovane, ricevendo immediatamente uno scappellotto sulla testa da Killer, il cannoniere, che gli fece intendere di non tirare troppo la corda. Certo, un loro compagno era morto, ma sapevano tutti che la colpa non si poteva attribuire a nessuno, tanto meno al loro comandante, al quale dovevano così tanto. Erano solo dispiaciuti, arrabbiati e dispiaciuti, ecco perché il Sergente lasciò perdere, preferendo concentrarsi e pensare a cosa dire al resto dei suoi commilitoni una volta arrivati.
La base momentanea faceva piuttosto schifo. Tendoni un po’ ovunque, Jeep sparse qua e la, alcune ferme, altre che si spostavano, camion del pronto soccorso e furgoni carichi di corpi da seppellire contribuivano a rivangare il terreno fangoso, rendendolo scivoloso e facendo in modo che la fanghiglia si attaccasse agli stivali, raggiungendo pure le ginocchia con gli schizzi.
Il carro armato si fermò nei pressi di un mucchietto di tende, i motori vennero spenti e il primo a mettere piede a terra fu il Sergente Eustass Kidd, detto Capitano.
Si guardò attorno, ormai indifferente alla puzza di morte e ai cadaveri trasportati nelle barelle, la stessa sorte che toccò a Heat. I ragazzi fecero uscire il suo corpo dal carro, depositandolo su una portantina che era appena arrivata. Wire poggiò il capo sul petto del defunto, sussurrandogli il suo ultimo addio, mentre Ace calciava il terreno, stringendo spasmodicamente le mani a pugno nel tentativo di placare il nervoso. Fu bravo a resistere all’impulso di allontanare i medici dal compagno quando li vide allontanarsi con lui. Killer, invece, rimase semplicemente impassibile, soffrendo in silenzio e rivolgendo una preghiera per l’anima di Heat.
“Lo rimanderanno a casa?” farfugliò Ace, fissando la barella che scompariva fra la folla di soldati.
“Forse. Chi lo sa.” fu la risposta di Wire, scoraggiato e poco convinto di quella cosa. Dovettero comunque zittirsi e mettersi sull’attenti quando Eustass tornò verso di loro, serio e determinato come suo solito.
“Ace, ripara i danni; Killer, occupati delle munizioni; Wire, a te le provviste. Partiamo tra mezz’ora.”
“Sissignore.” mormorò il caricatore dai capelli corvini, muovendosi verso il retro del carro per recuperare gli attrezzi meccanici. Killer annuì semplicemente, sciogliendo le braccia incrociate  e infine Wire si alzò con poca voglia, incamminandosi lungo la strada alla ricerca delle cucine.
In quanto a Kidd, lui aveva alcuni affari da risolvere, per esempio determinare la prossima direzione da prendere, i gruppi con cui aggregarsi e la ricerca di un nuovo componente. Non poteva permettersi di essere a corto di uomini e un copilota gli serviva per neutralizzare i nemici a piedi, perciò non perse tempo e fece subito rapporto, rilassandosi un poco quando gli venne assicurato che gli sarebbe stato assegnato un nuovo membro. Ciò risolveva metà delle sue preoccupazioni.
Si accese un’altra sigaretta, imprecando sottovoce e tirando una generosa boccata, rivolgendo un fugace sguardo al cielo nuvoloso.
assottigliò gli occhi per il fumo, stringendo i denti.
Ci mancherai, Heat.
 
*
 
“Sergente Eustass! Sergente Eustass!”
Kidd si voltò con un diavolo per capello, osservando interrogativo un moccioso che aveva l’aria di non superare i vent’anni avvicinarsi a lui, tutto ansante e con un borsone in spalla. Il berretto in testa a coprire i capelli neri che, a quanto pareva, non si era rasato come il resto dei militari; un pizzetto appena accennato; un paio di occhi chiari che gli ricordavano in modo fin troppo inquietante i morti in battaglia e la divisa americana.
“Cosa vuoi?” gli domandò senza nemmeno scomodarsi ad essere formale. Aveva fretta, non poteva perdere tempo dietro alle domande degli ultimi arrivati.
“Trafalgar Law, Signore. Mi hanno assegnato a lei.” rispose il ragazzo, presentandosi con un’espressione chiaramente contrariata. Purtroppo però aveva ancora parecchia strada davanti prima di arrivare ai livelli alti e non ricevere più ordini, opponendosi alle stupide richieste dei suoi superiori.
Kidd sollevò le sopracciglia e lo fissò con occhi sbarrati, simulando una faccia che, trascritta, poteva essere tradotta ed interpretata con le parole: ‘mi prendi per il culo?’
“Stai scherzando, vero?” si costrinse a formulare il Sergente, avvicinandosi per osservare meglio il giovane che, a quella domanda, storse il naso, infastidito.
“No, Signore.” sibilò, mantenendo la testa alta davanti al sondaggio a cui si stava sottoponendo.
Kidd incrociò le braccia. “Da quanto sei nel campo?”
“Otto settimane. Ero stato assegnato al corpo medico, ma a quanto pare hanno deciso di cambiare i miei piani.”
“Otto settimane. Cristo Santo.”
Ovviamente, Eustass non l’aveva presa bene, ma il tempo stringeva, a lui serviva un uomo e a breve si sarebbero rimessi in marcia.
Ah, fanculo.
“Prendi la tua roba e raggiungi il carro.” disse infine, dando le spalle al giovane e ritornando ai suoi doveri.
“Quale dei tanti, di grazia?” chiese sarcasticamente l’altro, urtandogli i suoi già tesi nervi.
Kidd si voltò a guardarlo con un mezzo ghigno senza smettere di camminare, pensando che non valeva la pena riprenderlo per tanta arroganza. I suoi uomini ci sarebbero andati giù più pesante. “Il Red Fury.
 
*
 
L’M4 Sherman era una specie di leggenda, tanto quanto il Sergente Eustass Capitano Kidd, il genere di americano con i contro coglioni dicevano molti. Aveva combattuto in Africa, in Norvegia e, in quel periodo, in Germania, continuando ad essere un grandissimo stronzo intrattabile e incontentabile, ma sempre un guerriero rispettato.
Il suo carro armato era in piedi da tre anni e continuava a funzionare che era una bellezza, guadagnandosi un nome rinomato e scrivendo parte della storia. L’avevano battezzato Fury, inizialmente, suscitando gelosia tra i vari sergenti, i quali avrebbero voluto essere più svegli e dare quel nome ai loro veicoli. Col passare del tempo e con l’aumentare della fama era stato aggiunto un aggettivo in onore dei capelli vermigli del Sergente Eustass, il quale sfoggiava quella chioma con fierezza ovunque andava.
Ovvio che un giovane intelligente e attento come Trafalgar Law ne avesse sentito parlare, infatti non aveva avuto problemi a trovarlo, obbligandosi ad avanzare passo dopo passo verso la sua rovina.
Lui non si era arruolato per quel genere di cose, dannazione. Aveva fatto domanda ed era stato accettato come medico del campo, invece cosa avevano fatto quei bastardi? Lo avevano scaricato alla prima occasione e solo perché all’Intoccabile Eustass Kidd serviva un altro uomo dal grilletto facile. Lui non aveva mai tenuto in mano una pistola, figuriamoci se sapeva sparare.
Ma che cazzo, pensò, raggiungendo i quattro uomini che bazzicavano svogliati attorno al carro.
Si avvicinò a quello più vicino, un tizio con il capo coperto da un cappuccio ampio e nero che stava riempiendo una sacca con viveri e provviste.
“Piacere, sono Trafalgar Law.” si presentò, porgendogli la mano e attirando la sua attenzione, ma non ottenendo comunque nessun cenno indicatore di buone intenzioni. Non ricambiò nemmeno la sua stretta, il tizio, limitandosi ad osservarlo con indifferenza, conscio che, alle sue spalle, i suoi compagni avevano assistito alla scena. Avrebbe lasciato a loro le presentazioni, dato che erano molto più loquaci e chiacchieroni.
“E questa mezza sega chi sarebbe?” saltò fuori, per l’appunto, Ace, balzando giù dal carro con agilità e una chiave inglese in mano, avvicinandosi al nuovo arrivato con i palmi sui fianchi, girandogli attorno.
Law non si lasciò intimidire da quello che aveva l’aria di essere caduto da piccolo e aver preso una forte botta in testa. “Sono il nuovo copilota.” disse serio.
“Copilota? Tu?” sillabò il moro, puntandogli un dito contro, ma senza toccarlo, deliziandolo però di una bestemmia colorita.
“Ace, devo farti un’altra lavata di capo?” fece l’uomo col cappuccio, fissando il compagno in modo truce.
“Non rompere Bible, le abbiamo comunque tirate silenziose.” gli rese noto l’altro con una smorfia, tornando ad occuparsi di Law. “Non sembri avere l’aria di un militare. Guarda che manine pulite che hai.”
Law strinse le labbra, nascondendo le mani nelle tasche. “Ordini dei superiori.” si limitò a dare come spiegazione.
La discussione terminò lì, esattamente quando Killer diede una lieve pacca sul braccio di Ace, indicandogli con la testa una figura alle spalle del novellino, giusto in tempo per risparmiargli una sgridata da parte di Kidd, appena arrivato.
“Tutti a bordo, si parte.” ordinò, intimando ai ragazzi di muoversi, ma guardando di sottecchi il giovane che non sembrava avere l’intenzione di fare un passo. “Anche tu, moccioso.” gli ordinò, usando quel tono autoritario e quello sguardo severo a cui non si poteva affatto dire di no. Persino un tipo come Trafalgar Law, che odiava ricevere ordini ed essere costretto a fare quello che non gli andava, si ritrovò a mandare giù il fastidio e a portare il suo culo, come aveva sentenziato Ace, dentro al carro armato.
Era solo l’inizio, se lo sentiva nelle viscere.
 
*
 
“Allora, ricapitoliamo.” Fece per l’ennesima volta il Sergente Eustass, indicando una cartina che teneva tra le mani, alzando la voce per farsi sentire dagli altri responsabili dei quattro carri armati che si erano aggregati a lui. “Raggiungiamo questa radura e liberiamo i poveracci rimasti intrappolati; facciamo il culo alla squadriglia nazista e poi proseguiamo fino alla prossima base. Tutto chiaro?”
“Cristallino.” gli rispose il Sergente Hawkins, suo vecchio amico e alleato.
Fece altrettanto anche il Sergente Apoo, quello che gli stava più sulle palle, il Sergente Phoenix e l’ultima compagnia che li aveva raggiunti in fretta e furia, lasciandosi alle spalle una serie di vittorie ottenute in Austria. Era capitanata da un giovincello con un carattere incline ad ignorare gli ordini, il Sergente Monkey, ma, nonostante tutte le lettere di reclamo, nessuno lo aveva buttato fuori dall’esercito. Dalla sua parte si poteva dire che avesse una fortuna sfacciata e una buona dose di coraggio.
“Perfetto. Hawkins, tu apri la strada con La Cartomante, a seguire Red Fury, Fox-trot, Blue Flame e Sunny.
Il convoglio si mise in marcia, procedendo senza intoppi per parecchie miglia, calmando gli animi dei militari e strappando addirittura qualche battuta tra gli uomini seduti all’esterno dei carri a prendersi un po’ d’aria.
Quelle brevi ore di tregua diedero, inoltre, modo a Law di ambientarsi in quello spazietto angusto, situato sul fronte del carro, accanto al pilota, ovvero il tizio col cappuccio che aveva scoperto chiamarsi Wire. Era stato affidato a lui e, contrariamente a quello che aveva pensato, l’uomo gli aveva spiegato senza scocciarsi molto quello che era il suo compito, ovvero orientare una mitraglietta e sparare a qualsiasi cosa sospetta che si muovesse. Non credeva che sarebbe riuscito a farlo, ma non lo aveva detto, annuendo semplicemente alle informazioni e assimilando tutto il resto della spiegazione, ignorando le battutine di Ace, che aveva la sua età, forse un anno di più, e godendosi le sgridate che quell’ultimo si beccava da Wire e Killer, il cannoniere biondo che si era rifiutato di tagliarsi i capelli quando si era arruolato, tenendoli legati in una coda bassa, ben sistemata dentro al colletto della divisa per non avere fastidi.
“Apoo, tappati quella fogna, prima che ti pianti una pallottola nel cervello.” Sentì borbottare il Sergente Eustass. A quanto pareva, tra i due superiori non correva buon sangue, ma non erano comunque affari suoi, e tornò a concentrarsi su quello che gli stava davanti, ovvero una strada all’apparenza infinita, fangosa e desolata, costeggiata da una fitta boscaglia che gettava ombra sui veicoli, riparandoli dal sole che era sbucato timido tra le nuvole.
Vicino a lui, Wire pilotava Red Fury, canticchiando una canzoncina di cui non afferrava bene le parole, ma che lo metteva ugualmente in agitazione data la melodia funerea. Ci volle poco prima che Ace li deliziasse con una delle sue imprecazioni.
Flame, la smetti?” si alterò il pilota, smettendo di cantare e dando un pugno alla leva della frizione, facendo sobbalzare lievemente il carro.
“Arrenditi Bible, non riuscirai a convertirci.” rispose il moro, mostrandogli il dito medio con un sorriso da schiaffi.
“Ha ragione. Lo sai che siamo casi disperati.”
“Killer, non ti ci mettere pure tu!”
“Impara a farci l’abitudine, Wire.”
Capitano, non stai dalla mia parte?”
Kidd sogghignò, estraendo da un pacchetto di carta una sigaretta, offrendone anche a Killer, accomodato alla sua sinistra, alla postazione di mitragliere.
“E tu, novellino? Sei credente?” chiese Wire, rivolgendosi a Law e guardandolo speranzoso.
Era uno sguardo quasi disperato, tanto che Trafalgar decise di essere sincero e accontentarlo, conscio che lo avrebbero preso in giro, ma tanto era certo che lo avrebbero fatto in ogni caso per altri motivi. “Si.”
“E di che orientamento? Cattolico?” domandò Ace, sporgendosi dall’alto verso di lui. Non ottenendo risposta, inclinò un sopracciglio. “Nah, sei protestante, giusto?”
Law annuì.
“Che palle, ce ne bastava uno di santo. Non pensate minimamente di mettervi a recitare il rosario, chiaro?” li avvisò, strappando una risata a Killer e ad Eustass.
Wire roteò gli occhi al cielo. “Mi chiedo come mai la tua lingua non brucia ogni volta che ti fai beffe di argomenti sacri.”
“Ehi, Wire, secondo te Dio ama Hitler?” fece ad un certo punto Killer.
L’interpellato rimase in silenzio, ponderando bene la risposta da dare in quel caso. Certo, quell’uomo non stava facendo delle belle cose, soprattutto non aveva un minimo di carità cristiana, ma era pur sempre un uomo, solo con la ragione deviata. “Beh, si, ecco. Insomma, è stato battezzato, quindi credo che…”
“Ma non dire stronzate!”
“Se ama noi, di sicuro avrà misericordia anche per…”
“Chiudi il becco!” fu la secca risposta di Ace, che non riusciva a sentir parlare di morale per più di cinque minuti. Con il lavoro che facevano dubitava che avrebbero ottenuto un posticino in Paradiso, forse nemmeno nella periferia del Purgatorio.
Per Trafalgar Law, in ogni caso, quei discorsi non stavano ne in Cielo ne in Terra e aveva pure smesso di ascoltare tutte quelle chiacchiere inutili, guardandosi attorno e osservando gli alberi che superavano mano a mano che avanzavano.
Si irrigidì e fu sicuro di essere impallidito quando si accorse di una sagoma che si muoveva dietro le foglie e guardò più volte il mitra che reggeva tra le mani, indeciso se sparare o meno, mentre le parole di Wire gli risuonavano in testa come un mantra: ‘spara, spara, spara ad ogni cosa che si muove’.
Ma lui non poteva sparare ad un bambino, proprio non ce la faceva.
Il respiro gli mancò del tutto quando un fischio gli assordò per un momento i timpani, seguito successivamente da un boato che causò l’orrendo finale di quella giornata iniziata storta.
Il carro armato che guidava la spedizione, La Cartomante, venne colpito e il Sergente Hawkins, il quale teneva d’occhio la strada, venne investito dalle fiamme provocate dal colpo, rotolando a terra e dimenandosi per il dolore, talmente sconvolgente che, in un attimo, Law lo vide estrarre la pistola e spararsi alla tempia.
Nel frattempo, gli altri si erano messi in allerta ed Eustass Kidd era saltato giù da Red Fury e si era inoltrato nella vegetazione, sparando una serie di pallottole al corpo che si stava allontanando di corsa e beccandolo alle spalle, trivellandolo ugualmente di colpi anche una volta che fu caduto.
Fortunatamente, il carro si era fermato e Law poté scendere e vomitare, reazione lecita quando capitava di vedere il cervello di qualcuno schizzare via, incurante dell’agitazione del resto del plotone.
Non si accorse nemmeno del ritorno del Sergente Eustass fino a quando quello non lo afferrò per la collottola, rimettendolo in piedi con la forza, ma senza mollare la presa, strattonandolo invece rudemente e con l’aria incazzata.
“Perché cazzo non gli hai sparato?” lo sgridò, furente.
“I-io non lo sapevo. Non sapevo che… era solo un bambino.” balbettò Trafalgar, ancora scosso e non totalmente presente con la testa. Hawkins era morto. Si era ammazzato per non soffrire. Era morto, morto, morto. Sotto al suo naso.
“Devi capire che ogni cosa che si muove, che striscia, che respira deve saltare in aria. Che siano uomini, donne, vecchi o bambini, devono morire tutti. Chiaro?”
“S-si.”
“Non ho capito!”
“Sissignore!” urlò Law, desideroso solo di essere lasciato in pace.
Venne accontentato e, una volta risalito sul carro, si estraniò completamente, fingendo di non vedere l’occhiata di Wire, tra il dispiaciuto e il comprensivo, dimenticando per un istante di essere lontano da casa, in guerra e alla guida di un cazzo di carro.
“A questo punto apriamo noi la strada.” decretò Kidd, avvisando il resto della compagnia e riprendendo la marcia nel silenzio più totale. Già erano in minoranza, un carro armato in meno non ci voleva proprio, ma avrebbe raggiunto la prossima base a tutti i costi, fanculo i nazisti.
 
*
 
Gli spari si udivano forti e chiari persino a quella distanza. A coprire la radura dove i loro alleati erano incastrati e circondati, c’erano una fila abbastanza folta di piante e alberi, l’espediente perfetto per poter piazzare i carri il più vicino possibile al campo di battaglia senza essere avvistati troppo presto dai nemici.
“Allora, chi è fuori si allinei dietro i carri che apriranno la strada. Faranno fuoco non appena ci vedranno, dobbiamo solo individuare da dove puntano e colpirli fino a distruggerli.” informò Kidd, parlando attraverso una ricetrasmittente posizionata in tutti e quattro i carri in modo da aggiornare anche gli altri tre Sergenti, mentre i soldati a piedi si posizionavano dietro i veicoli per non venire presi di mira prima del tempo.
“Saranno nascosti al limitare del bosco dall’altro lato della radura.” sentenziò il Sergente Phoenix, scambiandosi un’occhiata con Eustass, il quale annuì, dandogli ragione. La strategia, comunque rimaneva invariata, perciò tutti si sistemarono ai loro posti, i Sergenti rientrarono nei carri per impartire gli ordini e le torrette furono orientate.
“Forza ragazzi, si balla.”
Wire fece partire Red Fury improvvisamente, facendo rimbalzare tutti all’indietro e strappando una risata a Killer e un urlo di battaglia a Ace, il quale si piazzò immediatamente alla sua postazione, pronto a caricare un bel po’ di pallottole formato carro armato.
I primi colpi li raggiunsero dopo circa trenta metri, provenienti da un punto in particolare davanti alloro, nascosto tra gli alberi.
“Killer, lo vedi?” chiese Kidd, osservando l’esterno e cercando di intravvedere qualcosa di utile, mentre i colpi continuavano a piovere su di loro ad intermittenza, fortunatamente senza colpirli pesantemente.
“Aspetta, aspetta.” rispose il biondo, chiudendo un occhio e guardando meglio dal mirino. Riusciva ad adocchiare le scie dei missili, doveva solo orientare la torretta. “ Beccato! Ace, carica!”
“Arriva!” gridò il moro, dando il segnale per iniziare a sparare a raffica contro il carro armato nemico. Un paio di colpi ben mirati e poterono vedere tutti chiaramente una nube scura alzarsi dal folto della vegetazione.
“Fuori uno, ne mancano due.”
“Siamo a metà strada, Capitano. Tra poco faranno fuoco di nuovo.” fece Killer, tenendosi pronto a mirare.
Come aveva predetto, infatti, non passarono molti secondi prima che un secondo carro nemico iniziasse a prenderli di mira. Quella volta era più spostato rispetto al Red Fury, perciò per loro era più difficile individuarlo, ma ci pensarono i compagni dell’ultimo carro, quello di Monkey che, dopo uno scontro piuttosto pesante, riuscì a neutralizzarlo, rendendo libero il lato destro della radura.
Rimaneva quello centrale, ma ancora non avevano ricevuto un attacco e ormai si erano avvicinati alle trincee.
“Wire, occhio a quelli dentro alle buche.”
“Tranquillo Ace.”
“Avanti i soldati a piedi.” ordinò Kidd, mobilitando gli uomini appostati dietro i quattro carri, i quali iniziarono ad avanzare lentamente, sondando il terreno e tenendo alta la guardia. Lungo l’attraversamento della radura erano riusciti ad aumentare di numero, dando modo ai loro alleati sparsi qua e la di aggregarsi e riuscire a venir fuori dalle buche dentro le quali si erano riparati. Si trattava di un paio di gruppi che erano andati in avanscoperta e che erano incappati in una trappola nazista che, dopo aver neutralizzato i due carri, li aveva tenuti bloccati lì, prendendoli costantemente di mira e sparando ad ogni uomo che aveva tentato di alzarsi per scappare.
Alcuni mitra sbucarono dal suolo e i tedeschi iniziarono a contrattaccare, bersagliando gli americani e i carri.
“Novellino, tieniti pronto a fare fuoco.” disse Wire, dando un colpo al braccio di Law che, di nuovo teso e nervoso, prendeva in mano i comandi della mitraglietta, guardando fuori.
“Killer, fa un po’ di piazza pulita per piacere.”
“Subito Kidd. Ace, carica.”
“Arriva!”
Law poté vedere chiaramente il terreno rompersi davanti ai suoi occhi, mentre zolle di terra schizzavano in aria assieme a corpi distrutti in mille pezzi. Si trattava del nemico, ma non riusciva a capacitarsi di come le persone potessero sentirsi tanto tranquille ed euforiche nel spegnere una vita in quel modo. Lui era stato abituato a salvare la gente, non a spedirla all’altro mondo.
Un colpo particolarmente vicino fece sobbalzare il carro armato Foxtrot e, anche se il Sergente Kidd si lasciò scappare un sorriso compiaciuto, si mise subito in allerta per trovare l’ultimo carro nazista e mettere fine a quello scontro.
“Ehi, Phoenix, lo vedi?” domandò Eustass, parlando tranquillamente alla radio.
“E’ più o meno davanti a noi.” gracchiò la voce del Sergente del Blue Flame dall’altro capo.
“Maledizione, ma non sa essere più preciso?” bofonchiò Ace con dell’esplosivo in mano, voltando il capo e fingendo di tornare al suo lavoro quando si accorse dell’occhiataccia di Kidd.
“Dammi le coordinate e facciamo fuoco assieme. Avvisa anche quell’idiota di Apoo.”
“Ricevuto.”
Wire avanzò di qualche metro, svoltando a destra e Killer orientò la torretta dopo che Ace ebbe caricato il colpo, pronto per ricaricare ancora se fosse stato necessario, mentre anche Foxtrot e Blue Flame si misero in posizione.
Spararono uno dopo l’altro, mitragliando la stessa area ed esultando nei rispettivi carri quando notarono chiaramente l’ultimo nemico saltare in aria, poco preoccupati dei tedeschi rimanenti e disposti nel terreno davanti a loro.
“Ehi, novellino, li vedi quelli stesi a terra?”
Law sussultò, spostando lo sguardo verso il punto che Wire gli aveva indicato e vedendo solo corpi immobili.
“Sono morti.” Gli fece presente, guardando il compagno in modo stranito e con gli occhi leggermente più spalancati del solito per l’agitazione.
“No, non ne siamo certi. Spara di nuovo, avanti!”
“Ma sono morti!” alzò la voce Trafalgar, sentendosi sempre peggio e percependo il battito del cuore esplodergli nel petto. Cazzo, non si muoveva nessuno, erano trapassati, che bisogno c’era di infierire ulteriormente? Per quale motivo, poi?
“Ehi, moccioso, davanti a te! Spara, spara!”
Law avrebbe dovuto accorgersene, invece lo aveva visto prima Ace, alle sue spalle e con altri compiti da eseguire, ma il novellino doveva ancora imparare il mestiere e sembrava non volersi concentrare più di tanto.
“Cosa stai aspettando?” lo sgridò Wire accanto a lui.
“Si è inceppato, non funziona!” strillò Law, preso dal panico, non sapendo più che tasti premere e dove mirare.
Fu Killer a sistemare il problema, vedendo che nessuno si decideva a fare qualcosa, perciò mosse la torretta, disse ad Ace di caricare un proiettile un pochino più piccolo e fece praticamente esplodere un nazista, sfregandosi le mani e annuendo tra sé e sé per l’ottima mira, incurante che sotto di lui Wire scuoteva il capo esasperato, mentre Trafalgar era nel bel mezzo di un attacco isterico.
“Basta! non ne posso più, cazzo. Non ce la faccio!” gridava, tenendosi la testa fra le mani e mordendosi le labbra, cercando e sperando di scomparire, tappandosi le orecchie per non sentire più nulla.
“Copilota fuori controllo.” mormorò distrattamente Killer.
Fuori di testa, vorrai dire.” lo corresse il moro al suo fianco, osservando la scenata con disgusto, mentre fuori i soldati eliminavano il resto dei nemici, rendendo libero e sicuro il campo.
I Sergenti erano scesi a terra, guardandosi attorno e guidando gli uomini verso le ultime trincee, smantellandole tutte e ottenendo una nuova vittoria. I carri vennero spenti, i fucili smisero di sparare e tutti poterono tirare un sospiro di sollievo.
Furono organizzati dei piccoli gruppi per setacciare la zona e controllare che qualche tedesco non fosse riuscito a scappare, mentre il resto degli uomini facevano il punto della situazione, calcolando le vittime e contano i superstiti. Fortunatamente, nessuno ci aveva lasciato le penne e i feriti non erano poi tanto gravi. Qualche graffio, un paio di gambe rotte e alcuni fori di pallottole, ma nulla di critico o fatale.
Avevano recuperato quasi tutti gli alleati rimasti intrappolati. All’appello ne mancavano una decina, morti di stenti o a causa delle cannonate, ma nel complesso avevano fatto un ottimo lavoro ed Eustass Kidd poteva dirsi soddisfatto dell’esito della missione.
Stava parlando di ciò con il Sergente Phoenix e con Apoo, quando un gruppo di uomini uscirono dalla boscaglia spintonando un superstite che indossava la divisa americana, ma che biascicava parole tedesche.
Kidd, non appena lo vide, lasciò cadere il discorso che stava facendo e avanzò tra i soldati, avvicinandosi al nazista per parlargli, conoscendo lui la lingua.
“Wo Sie herkommen? Da dove vieni?” gli domandò, parandosi di fronte al poveraccio e fissandolo truce a braccia incrociate, intimandogli di rispondere quanto ottenne solo svariati farfugliamenti incomprensibili. Allora ripeté la domanda, più minaccioso di prima.
“Bitte, ich habe Kinder. Per favore, ho dei figli.” piagnucolò in risposta il tedesco, con le lacrime che ormai gli avevano annacquato gli occhi, rendendo difficile distinguerne il colore, anche se Kidd sapeva per certo che erano azzurri.
Il rosso alzò gli occhi al cielo. Non gliene fregava proprio un cazzo della vita di quel bastardo. Tutti loro avevano una patria, una casa, una famiglia e un cane da cui fare ritorno, invece erano bloccati lì, in mezzo a tutta quella merda, in quello schifo di paese e Dio solo sapeva se sarebbero mai tornati indietro. Molti, infatti, non ci riuscivano, perciò quelle lamentele non lo scalfivano minimamente.
“Anche Heat ne aveva.” sussurrò, stringendo i pugni e sputando ai piedi del nazista. Per colpa della sua gente, il suo amico non avrebbe più rivisto i suoi eredi, quindi la sua coscienza era più che a posto e quello che stava per fare non lo preoccupava minimamente.
Si voltò verso il carro con gli occhi che lanciavano saette, gridando a gran voce. “Trafalgar, muovi il culo e vieni qui!”
Il diretto interessato che aveva assistito alla scena da dietro le quinte, al sicuro, si sentì gelare il sangue, mentre Wire lo incitava gentilmente ad alzarsi e a non far attendere oltre il Sergente che, a quanto pareva, era piuttosto incazzato in quel momento.
“Meglio non tirare troppo la corda.” gli suggerì, prima di vederlo sparire all’esterno.
Law si mosse piano, scendendo dal carro con estrema lentezza, temendo che le sue gambe avrebbero ceduto da un momento all’altro, soprattutto alla vista dei soldati che obbligavano il prigioniero ad inginocchiarsi a terra, dando le spalle ad Eustass Kidd, il quale lo stava aspettando impaziente.
“Vieni, ragazzo.” disse, allungando un braccio verso di lui e passandoglielo attorno alle spalle quando lo ebbe a portata di mano. Non c’era nulla di divertente o di cameratesco in tutto ciò, non era un gesto amichevole, Kidd non sorrideva e la faccia di novellino era pallida. Non ridevano ed entrambi non erano tranquilli, ma era una cosa che andava fatta, si ripeteva il rosso.
“Lo vedi quello?” chiese, indicando il tedesco che continuava ad implorare pietà.
Law annuì piano e deglutendo a fatica.
“E’ un bastardo. E’ il nemico. Ergo, va eliminato.” concluse, estraendo una rivoltella dalla cintura e porgendola al moro, impietrito accanto a lui. “Fallo.” gli ordinò, mettendolo alla prova.
Se lo era aspettato un rifiuto, ma non di quelle dimensioni.
Law iniziò ad indietreggiare, negando con il capo e fremendo dalla testa ai piedi. No, non esisteva proprio che gli chiedesse di uccidere un uomo, l’ultimo, un prigioniero a sangue freddo. Non l’avrebbe fatto, anche a costo di venire punito. Non avrebbe premuto nessun grilletto, mai.
“No, non posso farlo.” decretò, fissando il condannato a morte piangere. “Non voglio.”
“Non vuoi?” sgranò gli occhi Kidd. “Ti dico una cosa, Trafalgar: lui non si sarebbe fatto problemi a spararti, il contrario di quello che hai fatto tu fino ad ora, perciò adesso vieni qui, prendi questa pistola, e gli spari dritto nella schiena.”
“No, non lo farò!”
Kidd gli fu di fronte in un battito di ciglia, fulminandolo dall’alto della sua stazza, piazzandogli la pistola sul petto affinché la prendesse. “Sparagli, adesso.”
“Uccidimi.” Sbottò allora Law, disperato, non sapendo più come andare avanti in quel casino in cui era finito. Si sentiva in trappola come un animale, senza via di fuga, ma per nessuna ragione voleva sporcarsi le mani, nemmeno se si trattava del loro nemico. Lui non era fatto per la guerra, non aveva mai voluto imparare a sparare e non desiderava affatto cominciare. Non era un assassino e non voleva diventarlo, ma, a quanto pareva, nessuno voleva starlo a sentire o dargli tregua.
Esattamente ciò che fece Kidd, stanco di quella giornata che stava diventando troppo lunga, stanco di quella vita, stanco di quello stupido ragazzino senza coraggio. Lo afferrò saldamente per un braccio, ignorando i suoi immediati tentativi di ritrarsi e si portò dietro di lui, stringendogli un polso dietro la schiena per immobilizzarlo e cercando di afferrargli l’altra mano, incappando in una disperata opposizione di ribellione.
“Forza ragazzo, forza.” Gli sussurrò all’orecchio, trovandosi costretto a trascinare tutti e due sul terreno, poggiando il mento sulla sua spalla e mollando la presa sul braccio per passarlo attorno al collo di Law, in modo da calmarlo facendogli arrivare meno ossigeno. Nel frattempo, usava le mani per fargli impugnare la pistola. “Dai, premi il grilletto.” disse ancora, fingendo di non sentire i lamenti del moro che, con le labbra spaccate a furia di morderle e gli occhi spaventati tentava in tutti i modi di opporsi a quella carneficina. “Un colpo, uno solo. Premi questo cazzo di grilletto.”
Ma non c’era verso. Nemmeno sotto tortura Trafalgar dava segno di voler obbedire. Era stato una spina nel fianco fin dall’inizio e continuava a dimostrarsi tale. Una vera perdita di tempo.
Al moro, però, non importava. Stava rantolando per respirare e cercava di allentare la presa del rosso attorno alla sua testa, ma era fatica sprecata. Quel bastardo era forte, molto più di lui, e toglierlo di dosso era un’impresa che non era certo di riuscire a compiere. Inoltre, iniziava a vedere le cose sfuocate. Non sapeva se per la mancanza d’aria o per il senso di nausea, ma per un momento sperò di svenire, lo sperò con tutto se stesso, ma non avvenne. Rimase lucido, conscio dell’attenzione di tutti puntata su di loro, notando il respiro spezzato da un fremito di Wire, con la testa fuori dal carro armato. Si accorse persino dello sguardo preoccupato di Ace, i cui occhi si spostavano velocemente da lui al tedesco inginocchiato a pochi metri da loro. Killer, invece, era a braccia conserte, impassibile come sempre.
E lui?
Lui si stava facendo mettere i piedi in testa.
“Si fa così,” sentenziò a quel punto Kidd, bloccandogli la mano e premendo l’indice sopra quello di Law, facendo scattare il grilletto. “Un colpo e tutto è finito.”
Lo sparo riecheggiò nell’aria, trapassando la schiena del prigioniero e facendolo stramazzare al suolo sotto allo sguardo dei soldati, dei Sergenti e di Law stesso, immobile tra le braccia di Kidd che, ansimando per lo sforzo di tenerlo fermo, buttava fuori l’aria con sollievo, maledicendo comunque il mondo intero per tutta quella merda di vita che si era ritrovato a vivere.
Respirando a pieni polmoni, si alzò da terra, lasciando che il ragazzo scivolasse sul terreno, reggendosi a stento sugli avambracci.
Gli scompigliò i capelli, senza una ragione precisa. “Bravo figliolo. Bravo.”
Poi lo lasciò lì, a reggersi la testa fra le mani, singhiozzando silenziosamente e graffiandosi le tempie con le unghie.
 
*
 
“Ehi, novellino? Forza, bevi questo.”
Wire, porgendo a Law una tazza di caffè bollente, si sedette accanto a lui, davanti al piccolo falò che avevano acceso vicino al carro, esattamente come avevano fatto tutti gli altri, prendendosi una notte di meritato riposo prima di ripartire l’indomani successivo. Non faceva più tanto freddo in quella maniera e il cibo che si erano procurati anche grazie alle scorte dei tedeschi aveva reso tutto molto più facile, mettendo a molti addirittura il buonumore.
Il giovane guardò di sottecchi la tazza, afferrandola per non disturbare troppo Wire, ma poggiandola subito dopo sul terreno, ignorandola e tornando a fissare il fuoco, stringendosi nelle spalle.
Rimasero in silenzio e Law ringraziò Dio per la silenziosa presenza del tizio incappucciato, ma si rese conto di averlo fatto troppo presto quando li raggiunse Killer, il quale aveva deciso di diventare gioviale tutto d’un tratto.
“Non devi avercela con il Capitano.” disse casualmente, come se quello che era successo nel pomeriggio non fosse stato poi così grave, “Lo fa perché ci tiene.” chiarì, mettendosi comodo pure lui su una seggiola sgangherata.
Le sopracciglia di Law si inarcarono tanto da strappare un sorriso al biondo, incitandolo a continuare, consapevole che le sue parole potevano risultare molto, molto strane.
“A modo suo, si prende cura di noi. Potrà avere dei difetti, tanti difetti, te lo concedo, ma non c’è nessuna squadra unita come la nostra. E il merito di questo è suo.”
Wire annuì con convinzione. “Esatto. Lui ci protegge, sempre.”
“Giusto!” fece improvvisamente la voce di Ace, cogliendoli di sorpresa e aggiungendosi a loro, accovacciandosi a gambe incrociate giusto vicino a Law, piazzando il viso sotto al suo naso e guardandolo dritto in faccia, fissandolo con quell’espressione strana, accompagnata dal suo sguardo un po’ folle. “Siamo una famiglia, noi.”
“Vi ricordate quella volta in cui Killer è svenuto dopo che una mina gli era esplosa affianco?” domandò Wire, abbozzando un sorrisetto divertito.
“Cazzo, Kidd stava piangendo come un bambino!” strillò Ace con entusiasmo, riuscendo a smuovere un pochino anche Law dal suo torpore e facendo si che iniziasse a partecipare al loro cameratismo.
Sembrò funzionare, almeno fino a quando non sentirono qualcuno schiarirsi la voce alle loro spalle.
Voltandosi, poterono ammirare il Sergente Eustass, in piedi esattamente a pochi passi di distanza, una sigaretta tra le mani, un sopracciglio alzato in un’espressione scazzata e i piedi ben piazzati a terra. Dava la sensazione di essere imbattibile, una specie di eroe e metteva anche un certo timore nel guardarlo. Proprio per quello Ace aveva spostato lo sguardo altrove e Wire aveva finto di stare leggendo qualche passo della sua Bibbia tascabile. Killer, al contrario, se ne era fregato e aveva sogghignato in direzione del suo migliore amico con i capelli rossi.
Kidd decise di ignorare le balle stratosferiche che quei tre coglioni avevano iniziato a raccontare, li avrebbe puniti sul campo, ovviamente, ma al momento ciò che lo premeva era altro.
Osservò Trafalgar, avvolto in una coperta logora e sicuramente non confortevole. Sembrava sciupato, con le occhiaie profonde e gli occhi gonfi. Forse aveva frignato più del previsto per il modo irruento con cui era stato introdotto alla vita militare. Ad ogni modo, se voleva avere una possibilità di uscirne vivo, sia lui che tutta la sua squadra, moccioso compreso, doveva avere i suoi uomini dalla sua parte e dovevano avere fiducia in lui. Tutti, nessuno escluso.
“Trafalgar.” lo chiamò, mentre il ragazzo alzava di scatto il mento verso di lui, fissandolo dal basso con malcelato risentimento che, prontamente, Kidd fece finta di non vedere. “Non hai messo niente nello stomaco. Mangia qualcosa, forza.”
Non voleva vedere nessuno arrancare per la fatica, gli serviva che ogni soldato fosse fresco come una rosa e pronto a ricominciare.
Si scambiò un’occhiata d’intesa con Killer prima di girare i tacchi e andarsene, lasciandoli tranquilli di alzare un po’ il gomito e tornando dal resto dei Sergenti appostanti accanto al Blue Flame. Anche se Apoo gli stava sul cazzo e odiava la sua compagnia, aveva alcune cose in sospeso da chiarire con gli altri riguardanti la spedizione del giorno seguente. Più tardi avrebbe sicuramente concluso la serata con la sua squadriglia.
“Sentito il capo? Meglio se metti qualcosa sotto ai denti.” lo riprese bonariamente Wire, muovendosi per cercare qualcosa di commestibile nel campo improvvisato che avevano allestito. “Ah, e fa in modo che lui ti veda, farsi imboccare non è una bella esperienza. Ace te lo può assicurare.”
“Stronzo, ti avevo detto di lasciar stare quella storia!” si inalberò il corvino, stappando una bottiglia di birra da quattro soldi e attaccandosi al collo, bevendone una generosa sorsata.
Killer lo osservò accigliato per un po’ prima di illuminarsi come una lampada. “Non dirmi che hai deciso di farlo!” disse alzand la voce ad ogni sillaba, indicando il compagno con una mano e portandosi l’altra a scostarsi i capelli dal collo.
Wire per poco non fece cadere il piatto che stava consegnando a Law. “Cosa? Sul serio? Lo vuole fare?”
Per la prima volta da quel pomeriggio, Trafalgar decise di aprire bocca. “Fare cosa?” chiese curioso, afferrando la sua cena prima che finisse nel fango. Fanculo l’orgoglio, aveva una fame da lupo.
Wire si riscosse e tornò ad occupare il posto accanto al novellino, riflettendo su come spiegarglielo. Alla fine optò per esse pratico e chiaro, così chiese a Killer di afferrare saldamente Ace e di alzargli la maglia, dato che si era tolto la divisa per stare comodo. Tempo qualche secondo di zuffa durante la quale il corvino venne immobilizzato e Law poté spalancare gli occhi davanti alla cosa più affascinante che avesse mai visto nella sua, seppur breve, carriera di medico.
Sulla schiena di Ace spiccava un’orrenda cicatrice che aveva deturpato tutta la pelle in superficie, rendendola più scura rispetto a quella normale e in risalto. Probabilmente, al tocco sarebbe risultata ruvida, come la pelle di un anziano. Aveva una forma quasi circolare e copriva gran parte delle scapole. Per i suoi occhi era uno spettacolo inquietante.
Quando il giovane iniziò ad avere la pelle d’oca, Killer lo lasciò andare, accettando senza storie il dito medio che Ace gli rivolse per averlo mezzo spogliato.
“Sai che non voglio che la gente mi guardi.” gli sibilò.
“Non ti ha visto nessuno.” ribatté il biondo con calma. “E comunque hai deciso di farlo, quindi che problema c’è?”
Trafalgar sbuffò e Wire lo interpretò come un segnale per raccontargli la storia del loro caricatore.
“E’ successo l’anno scorso. Ace aveva da poco compiuto vent’anni e ci trovavamo in missione, diretti proprio qui, in Germania. Non si trattava di nulla di impegnativo, solo uno spostamento e ci affiancava il Blue Flame. Sono in gamba quei ragazzi, anche se sono dei cazzoni esaltati. Ad ogni modo, quei cani dei nazisti ci hanno teso un agguato. Stavamo procedendo a piedi, eravamo circa venti persone e due carri, ma quegli schifosi erano ovunque. Hanno iniziato a bersagliare il suolo e avevano piazzato delle mine antiuomo. Eravamo quasi fuori dalla linea di tiro, quando questo cretino decide di tornare indietro.” disse pacato, gettando un’occhiata intensa e veloce al corvino di fronte a lui, intento a bere, forse per dimenticare, rischiando di strozzarsi quando Killer gli diede uno scappellotto sulla zucca, forse per ricordargli la sua imprudenza. “Me lo sono immaginato su una bara, sepolto in mezzo a un campo, quando tutto esplose e non vidi più nulla. Lo credevamo morto!”
“Grazie tante.” farfugliò il diretto interessato, passando ad una seconda bottiglia.
“E poi, ecco che dai fumogeni esce il Sergente Phoenix con lui tra le braccia. Grondante di sangue, con la schiena squarciata e più nell’altro mondo che nel nostro, ma ancora vivo.” concluse Wire, sospirando e sorridendo quasi con fare fraterno al ragazzo dai capelli neri e gli occhi sfuggenti.
Law sbatté le palpebre incredulo, con la forchetta a mezz’aria e la faccia di chi non credeva alle sue orecchie. Stranamente, però, si sentì tranquillo e pure sollevato per la buona sorte toccata ad Ace. Gli piaceva l’amicizia che li legava e vederli tanto uniti faceva sembrare tutto meno barbaro di come appariva da fuori.
Ace ingoiò un altro sorso e poi fece una smorfia schifata. Quella birra doveva essere davvero disgustosa. Alla fine, invece, Trafalgar scoprì che era solo un riflesso per quello che stava per dire.
“Stupido Marco.”
 
*
 
“Quindi il Sergente Phoenix l’ha salvato.”
“Esatto. E lui non lo sopporta.” annuì Wire, osservando il caricatore bere la quarta birra consecutiva. “Dice che il suo orgoglio è ferito.”
Killer sbuffò, scuotendo il capo. “Che stronzate.”
“Tu n-non capisci, vec-chio mio.” balbettò Ace, faticando a tenere gli occhi aperti e tentando di appoggiarsi alla spalla del biondo, mancandola di parecchi centimetri.
“E cos’è che ha deciso di fare?” domandò Trafalgar, incuriosito e preoccupato, studiando gli effetti che poteva comportare l’assunzione di alcool scadente. Si chiedeva tra quanto il corvino avrebbe iniziato a vomitare l’anima.
Wire sogghignò con un lampo di divertimento negli occhi. “Vuole dichiararsi.”
Ace sputò la birra, Killer scoppiò a ridere e Law strabuzzò le iridi grigie, più stupito che mai. Aveva dimenticato l’accaduto delle ore precedenti e si stava godendo la serata, beandosi del calore del fuoco e dell’atmosfera pacifica che lo circondava.
“Sai,” continuò Wire, dandogli una gomitata allusiva, “E’ innamorato.”
“Io lo o-dio!” sbottò un Ace furente, alzandosi in piedi troppo velocemente e ricadendo col sedere sulla polvere, scatenando l’ilarità generale. Persino Law si trovò a stendere le labbra in un piccolo sorriso. Sarebbe quasi stato credibile, se non fosse stato ubriaco.
“Certo, certo.” lo liquidò Killer, aiutandolo a rimettersi in equilibrio sulle sue gambe magre. “E’ l’ennesima volta che si ubriaca per andare a parlargli, ma ogni volta si ferma a metà strada e scappa.”
“Questa volta.” iniziò a parlare il giovane con aria seria e solenne, prendendo un respiro profondo. Tutti attendevano il seguito della frase, ma anziché parole, ne uscì fuori un rutto tremendo che fece alzare gli occhi dei tre soldati al cielo.
“Il serbat-oio è p-pieno. Io vado. Auguratemi b-buona fortu-na!” biascicò, ubriaco marcio e instabile, avviandosi verso il Blue Flame che sembrava deserto, probabilmente perché la squadra si era spostata per stare più vicina agli altri, staccando un po’ dalla solita monotonia.
“Dieci dollari che non lo fa.” esclamò Wire, stiracchiandosi e srotolando il suo sacco a pelo.
“Quindici che vomita sulle scarpe di Phoenix.” aggiunse il cannoniere, tranquillo. Sembrava quasi che scommettessero da tempo sulle intenzioni di Ace.
Law lo osservò camminare ostinato, incespicando spesso, ma continuando a puntare dritto verso la sua meta e ammirando un pochino il coraggio e l’ostinazione che ci metteva. Era troppo sicuro di sé per mollare sul più bello e per lui le persone erano libri aperti: le leggeva al volo.
Sogghignò. “Venti che ci riesce.”
 
*
 
Era buio tutt’attorno a loro e da quel dislivello sul terreno, dentro al quale si erano accovacciati, appoggiati l’uno alla spalla dell’altro, le luci dell’accampamento non si vedevano, ma si sentivano solo il vociare indistinto e qualche risata troppo sguaiata.
“Vorrei sapere perché sei sempre ubriaco ogni volta che vieni a parlarmi.” sussurrò il Sergente Phoenix, osservando il cielo quasi nero, ma puntellato da una miriade di stelle. Non faceva nemmeno tanto freddo; a dire la verità, il calore che veniva dal corpo di Ace era sufficiente a farlo sentire a suo agio.
Il moro si accomodò meglio sull’erba, soffiando una boccata d’aria che sapeva di birra. “E’ più facile sopportarti.” borbottò, un po’ scontroso come al solito, anche se era sempre lui ad invitare il biondo a fare due passi, senza mai, tuttavia, chiacchierare molto.
Marco si voltò a guardarlo e sorrise, sinceramente divertito. Gli piacevano quei momenti passati in compagnia di quel ragazzino un po’ pestifero e strano. Si sentiva in pace e spesso si trovava a ridere di gusto davanti al comportamento incomprensibile di Ace.
“E’ più facile ammettere che ti piaccio.” lo punzecchiò, osservando il suo viso voltarsi di scatto verso il suo, mentre le pupille si dilatavano per la sorpresa.
Ma alla fine Ace sorrise, quasi con malizia, e alzò il mento con altezzosità in segno di sfida, come solo lui sapeva fare, risultando a volte fastidioso, altre irritante e altre ancora attraente. Non era poi tanto ubriaco, solo era bravo a fingere. “Forse.” mormorò, tornando a puntare il capo verso il cielo sopra di loro.
Finiva sempre in quel modo, senza troppe parole o troppi gesti. Stavano bene e restavano in silenzio, il resto non serviva.
 
*
 
Trafalgar se ne stava rannicchiato accanto al falò con la mente in un dormiveglia confortevole. Era mezzo conscio di essere solo, mentre il suo corpo era rilassato, merito anche della schifosissima birra con cui Killer gli aveva corretto il caffè, quel bastardo infame.
Stava quasi per addormentarsi, cullato dal rumore non troppo esagerato delle incitazioni che i soldati stavano dando a due carri di distanza, piazzati davanti al carro armato Sunny, davanti dove due dei subordinati del Sergente Monkey si stavano prendendo a scazzottate. Wire gli aveva spiegato che quella squadriglia era la più sgangherata di tutte e alcuni componenti non si erano nemmeno arruolati nell’esercito, ma erano stati raccattati a bordo per caso dal comandante perché gli erano sembrati simpatici.
Quelli che in quel momento avevano deciso di dare spettacolo erano due giovani dall’energia inesauribile, visto e considerato che si menavano a suon di bastonate e calci, ma Law aveva comunque rifiutato l’invito di andarli a guardare, preferendo restarsene tranquillo a cercare di prendere sonno, sperando di dormire fino al mattino seguente senza incubi o tormenti.
Ad un tratto, però, alcuni passi lo disturbarono, riportandolo alla realtà con un sussulto quando una mano si posò sulla sua spalla, picchiettandola leggermente.
“Tutto a posto?” si sentì domandare, ritrovandosi a sbattere le palpebre sugli occhi assonnati prima di mettere a fuoco la faccia conosciuta di Kidd, in piedi al suo fianco che lo guardava piegato su di lui.
Voltò il viso dall’altra parte, stringendosi meglio nella coperta e annuendo poco convinto.
Non aveva ancora voglia di parlargli e non voleva nemmeno ricordare quello che era successo, anche se era ben consapevole che per quello ci sarebbe voluto molto tempo. Nella sua mente, comunque, aveva collegato la faccia del Sergente con quel trauma, perciò meno lo vedeva e meglio stava.
“Hai mangiato?”
Annuì di nuovo, fissando il fuoco e mantenendo la calma. Sentiva il petto stringere, come se una morsa lo stesse stritolando da dentro. Aveva voglia di urlare, di prendere a pugni qualcosa, di sfogarsi.
“Non tenermi il muso.” fece con ironia Kidd, “Con me non funziona.”
Law mollò la tazza e si tolse di dosso la coperta nel giro di un paio di secondi e nel medesimo tempo il rosso si ritrovò faccia a faccia col novellino che, nonostante fosse più basso e decisamente più minuto, lo stava chiaramente affrontando.
“Smettila di darmi ordini.” sibilò Law, pronunciando lentamente ogni singola parola e facendo in modo che grondassero di rabbia e minacce non espresse. Era una cosa che aveva sempre detestato, fin da quando era un bambino. La gente gli diceva sempre cosa fare, cosa non fare, dove andare, dove non andare, chi frequentare e chi no, e lui ne aveva fin piene le palle di permettere agli altri di decidere al suo posto. In ogni caso, aveva scelto un pessimo momento e il luogo meno adatto dove decidere di prendere in mano la situazione per capovolgerla. Soprattutto perché Kidd era il suo superiore ed era difficile che non gli desse ordini, di ciò ne era conscio, purtroppo, ma aveva ancora abbastanza energie in corpo per buttarsi in una sana discussione.
Non sapeva sparare, ma con le parole era capace di ferire chiunque.
“Mi sembra che tu abbia fatto comunque quello che hai voluto.” ribatté Kidd, non rifiutando il piede di guerra del moro, il quale si era aspettato una risposta differente e molto, molto più stupida. Forse lo aveva giudicato male: non era un infame senza cervello, ma solo un infame e basta.
“Beh, allora piantala di tormentarmi!”
Se prima era stato lui ad attaccare, toccò a Kidd la mossa seguente.
Afferrò Law per il bavero della giacca, strattonandolo ad un soffio dal suo viso e piantando le sue pupille di fuoco in quelle gelide del ragazzo. “Apri gli occhi, Principessa, siamo in guerra. E’ brutale, è ingiusta, fa schifo, ma è questo e molto peggio. Facci l’abitudine e impara a difenderti e a non avere pietà. Nessuno qui ce l’avrà per te.”
Lo lasciò andare, facendolo tornare con i piedi per terra  e congedandolo con una spinta sul petto che quasi lo fece cadere se non fosse stato bravo a rimettersi in equilibrio.
“Buonanotte, Trafalgar.” aggiunse, più per sfotterlo che per buon augurio, prima di scomparire nel campo.
“Ma vaffanculo.” fu la secca risposta del moro, completa di sguardo omicida e dito medio rigorosamente alzato.
 
 
 
 
 
Angolo Autrice.
Buongiorno a tutti!
Oh si, avete ragione, questo capitolo non ha proprio niente a che fare con tutto il resto, è davvero qualcosa di nuovo e malsano, giusto per movimentare gli animi e per incasinare ulteriormente la mia vita, visto che non so accontentarmi.
MA! Ma c’è un ma. Per bontà divina, -no, non è vero, è solo perché mi sono presa quasi per tempo- questa mini (LOL) long l’ho praticamente, ripeto quasi, conclusa, quindi non passeranno secoli e secoli, amen, prima di vederla conclusa.
Il fatto è che ho visto un mesetto fa, circa, il film Fury e, beh, è inutile stare a dirvi che mi sono innamorata, che l’interpretazione di Logan Lerman è stata proprio bella, compresa quella di Pitt che, anche se non sono una fan di nessuno dei due, mi ha fatto tipo morire durante tutta la storia, ma pace. Da ciò l’idea di fare una One Shot.
W-wait, what?
Volevo dire, ALL’INIZIO doveva essere una ONE SHOT, ma dopo oggi ho capito che non sono capace di scriverle perché divento incredibilmente prolissa e non riesco a concludere nulla con un solo capitolo di dieci pagine e passa. Fanculo a me, ok? Già mi sembra poco e spero che ci abbiate afferrato qualcosa.
Si, insomma, siamo in guerra contro i nazisti e bisogna ucciderli, punto.
Quindi, si ci saranno altri capitoli. In teoria saranno tre, ma sto finendo ora il terzo e non so ce mi basteranno, perciò probabilmente concluderò con un quarto. La tempistica per la pubblicazione, invece, non la so ancora, dipende come va a finire con le ultime battute. Forse sarà una alla settimana, ma se finisco prima accelero i tempi anche. Sinceramente volevo aspettare a finirla, ma ci tenevo tanto e niente, volevo solo condividerla e consigliarvi il film se vi piace il genere.
Ho preso un po’ spunto dalla linea temporale e dai personaggi, ma il resto l’ho un po’ stravolto, perciò non preoccupatevi degli spoiler, conto di modificare un pochino pure il finale, anche se sarebbe giusto non farlo, ma LOL, mi conoscete ormai.
Quasi dimenticavo: io non so il tedesco ok? Le frasi spero siano giuste e se qualcuno lo studia e trova degli errori è invitato ad avvisarmi che li correggo! Sono le uniche, ma preferisco che vadano bene, grazie ^^ E quindi niente, buona domenica e buona fine delle vacanze per chi ricomincia la scuola, l’università o il lavoro che sia.
Alla prossima!
 
See ya,
Ace.
  
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: ___Ace