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Autore: moonlight97    06/09/2015    2 recensioni
Adalhard, cavaliere caduto in disgrazia, dopo un lungo esilio torna al suo villaggio natale. La situazione è però molto cambiata da quando è partito: il bosco attorno al villaggio è diventato luogo di raduno di una setta misteriosa, la Maschera.
Adalhard non poteva, non voleva crederci. Eppure doveva; doveva riconoscere che tutto quello a cui assistito era realmente accaduto. Egli aveva dato vita alla propria ombra.
“Salve, me stesso” disse l'ombra.
Genere: Dark, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo II




Presa una fiaccola, Adalhard si incamminò sulla via del ritorno; che potesse morire sbranato dai lupi o essere attaccato da dei briganti poco gli importava, tanto ormai che altro gli rimaneva nella vita? Con questi cupi pensieri varcava il limitare del bosco e subito si accorse di un fruscio sospetto.
“Chi è là? Mostrati, codardo che non sei altro, e affrontami, se sei un uomo!” gridò, puntando in qua e là la torcia. Non era stato così sprovveduto da partire di casa disarmato: teneva infatti un coltello nascosto nel mantello. Dopo qualche istante riuscì a intravedere nella penombra un volto... No, anzi, una maschera: aveva due corna perfettamente diritte sul cranio, così come perfettamente dritto era il prolungamento all'altezza del naso, mentre gli occhi non erano altro due cavità nere. L'inquietante e statuaria figura, senza scomporsi minimamente, emise un suono cupo, gutturale e stridente, come un ruggito, e poi cominciò ad allontanarsi rapida verso il folto del bosco. Adalhard si maledisse mille e più volte per quello che stava per fare, ma ancor di più si sarebbe maledetto, se avesse saputo cosa sarebbe accaduto dopo; corse dietro all'uomo mascherato, perché ipotizzava che di un uomo si trattasse, e alla fine riuscì a bloccarlo con la schiena contro un albero.

“Sei forse uno di quegli idioti che se ne vanno in giro per il bosco a venerare il demonio e che al villaggio chiamano col nome di Maschera?” domandò Adalhard, puntandogli il coltello alla gola.
L'uomo non rispose; il suo respiro era regolare, come se non avesse alcun timore.
“Rispondimi, o giuro su Dio...”
“Attento coi giuramenti, cavaliere” fu l'asettica risposta dell'uomo.
Adalhard fece pressione col coltello, sperando che questo avrebbe indotto l'altro a parlare, ma fu con suo grande stupore e forse anche terrore che vide l'uomo smaterializzarsi nel nulla, quasi fosse fumo, e il coltello cadergli di mano. Come poteva averlo fatto? No, non poteva essere vero: non voleva crederci.
“Povero, piccolo, cavaliere in disgrazia! Ecco un'altra delle sue certezze che va in fumo...” disse una voce alle sue spalle. “Mi chiamo Octavius e sì, mi sembra ovvio che faccia parte della Maschera” concluse, ridendo beffardo. “Oh, ma guardatelo! Il coraggioso Adalhard, ma per favore! Credevi di avere la situazione sotto controllo, non è vero? Sciocco! Non mi avresti mai preso, se io non avessi voluto questo”. Vedendo che quello stava per muoversi, Octavius, con un gesto abbastanza stufo, gli lanciò contro un incantesimo, che lo paralizzò da capo a piedi. “Non seccarmi oltre e stammi a sentire: abbiamo visto in te... O meglio: la nostra congrega ha visto in te un certo potenziale, io non ci ho visto un bel niente, ma, ahimè, fra i servitori del demonio funziona la democrazia. Strani, no? I cristiani, dico. Si professano tutti uguali e tutti fratelli e poi scelgono il sistema feudale; ma valli a capire! Sono proprio un mistero della fede! Comunque, tornando a noi, sono stato mandato qui per proporti un patto: se e soltanto se ti unirai a noi, potrai avere tutto quello che vuoi. Hai un giorno di tempo per pensarci. Quando avrai deciso, saprò io come trovarti” disse e, nell'istante in cui liberò Adalhard dall'incantesimo, si smaterializzò di nuovo. Il nostro cavaliere si allontanò immediatamente da lì. Aveva il corpo scosso da brividi continui e anche quando fu a casa la situazione non migliorò; gli sembrava quasi di aver assaggiato il male ed era come se mille aghi lo stessero pungendo in quel momento. Nella notte, mentre turpi pensieri gli balenavano in mente, Adalhard si contorceva nel letto, come in preda a spasmi febbrili.

La mattina seguente la passò a recuperare le forze e a perderle nuovamente, pensando in maniera ossessiva all'offerta che gli era stata fatta e a quanto potesse essere giusto accettarla. Pur non avendo ancora preso una decisione definitiva, afferrato d'impulso il mantello, uscì di casa; non sapeva bene come sarebbe stato contattato e certo questo non lo rassicurava. Si recò fino al limitare del bosco e si mise ad aspettare con la schiena appoggiata ad un albero, mentre il vento non dava segno di non voler smettere di soffiare. Che fosse per raccogliere informazioni sulla Maschera o per accettare veramente la loro offerta, bisognava comunque che si recasse fino al loro covo.

“Allora, possiamo andare o vuoi sprecare altro tempo in inutili elucubrazioni?” disse Octavius, che era apparso nel frattempo. I due si incamminarono, o meglio: Octavius procedeva spedito e sembrava quasi non toccare terra, mentre Adalhard faceva del suo meglio per stargli dietro.
“Se posso chiedere, Octavius, esattamente com'è che mi avete scelto?” domandò.
“Ti abbiamo pedinato ogni giorno da quando sei tornato al villaggio, mi sembra ovvio. La tua rabbia, la tua sete di vendetta, il tuo temperamento focoso sono caratteristiche particolarmente apprezzate ecco, purché non si scada nella volgarità. Alla Maschera preme di mantenere un certo profilo”. Passò qualche istante di silenzio, poi la guida fu interrogata nuovamente.

“Mettiamo che io acconsenta a fare questa cosa; non c'è alcun prezzo da pagare?”
“Caspita! Mi sembri ancora più sciocco di ieri sera! È naturale, caro mio, che ci sia un prezzo. Ma non ti preoccupare, è un qualcosa di cui puoi fare benissimo a meno. Tutto quello che dovrai... Oh be'! Ma perché rovinare la sorpresa!” fu quanto Adalhard ottenne in risposta.

Erano quasi usciti dal bosco e già si intravedeva il grigio profilo dell'abbazia; nel mentre in cui Adalhard si distrasse a guardare l'edificio, l'altro svelò l'ingresso di un tunnel.
“Che diamine?!”
“Nessuno è a conoscenza di queste gallerie, nemmeno quel panzone dell'abate!” esclamò Octavius ridendo. Scesero una ripida rampa di scale, che terminava all'ingresso di un lungo corridoio buio. Octavius, una volta accesa una fiaccola che si trovava lì posizionata, guidò Adalhard per quell'antro. Il cavaliere poté notare graffi sulle pareti, su cui tra l'altro si presentavano inquietanti teschi.

“Guarda! Questo è il mio preferito: si chiama Mikael!” esclamò la sua guida, con una gioia perversa. Octavius si arrestò improvvisamente e spense la loro unica fonte di luce.
Completamente avvolto dall'oscurità, Adalhard tratteneva il respiro in attesa di qualcosa. Non sentiva più la presenza della sua guida accanto a lui.

I servi dell'Ombra noi siamo.
Baciati dalle tenebre dell'Erebo,
la nostra anima arde d'amore
per le fiamme dell'Averno

Si accesero intorno alla stanza, che acquistò quindi una forma circolare davanti agli occhi del nostro cavaliere, delle fiammelle, che incastonavano cinque losche figure, avvolte da un mantello rosso come il sangue e il cui volto era naturalmente coperto da una maschera; tra di esse riconobbe quella di Octavius. I cinque sedevano e le loro voci erano profonde e cupe come il suono delle campane dell'abbazia.

Cavaliere, accetta la nostra offerta,
diventa potente oltre ogni misura,
inchinati alla potenza della Maschera,
o muori!

“Di morire non se ne parla proprio, miei cari” disse Adalhard in tono quasi beffardo. “Cosa devo fare?” domandò. Si guardò di nuovo attorno ed analizzò con attenzione la stanza: proprio davanti a lui c'era una specie di altare in pietra e su di esso una coppa dorata, che recava su di sé incisioni in una lingua che non riusciva a comprendere.

Versa, Cavaliere, il tuo sangue
all'interno della coppa e taci mentre noi
intoniamo il sacro canto.

Adalhard fece quanto gli era stato ordinato; preso dalla concitazione del momento, non riusciva ancora a capire se fosse saggio o meno, né ad immaginare quale fosse il prezzo di cui Octavius gli aveva parlato.

Principe delle Tenebre, Signore delle schiere infernali,
Sovrano assoluto delle regioni d'Averno, noi, tuoi umili servi,
ti invochiamo: volgi il tuo sguardo dal trono di sangue su
cui sei assiso e infondi a questo sangue versato
la tua essenza.

Per un istante una fiamma brillò maestosa all'interno della coppa, per poi spegnersi.
Adalhard aveva praticamente smesso di respirare; era divenuto come di pietra. Del fumo nero sorse ora dalla coppa e calò rapido giù dall'altare come un fiume in piena, una volta rotti gli argini; si radunò tutto in un sol punto, speculare rispetto a quello in cui si trovava il cavaliere. Cominciò ad addensarsi ancora e ancora fino ad assumere consistenza di carne. Adalhard era esterrefatto: davanti a lui si trovava un qualcosa che aveva le sue stesse fattezze, ma era come vuoto, pareva quasi una statua modellata su un blocco di onice nero. Questi si pose una maschera bianca e dai connotati semplici, quasi asettici, si sul volto, prima di rivolgerlo sul cavaliere.

Adalhard non poteva, non voleva crederci. Eppure doveva; doveva riconoscere che tutto quello a cui assistito era realmente accaduto. Egli aveva dato vita alla propria ombra.
“Salve, me stesso” disse l'ombra.






Spazio Autore
Salve! Bene, sono molto lieto di dirvi che da ora le cose peggioreranno un titillino *risata malefica*.
Comunque, domandina: voi cosa fareste se poteste usare la vostra ombra come Adalhard? Boh, io avrei ceduto al lato oscuro della Forza (lol). Prima di chiudere vi voglio dire che proverò a pubblicarla tutta prima che mi inizi la scuola. Alla prossima! 

 

   
 
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