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Autore: piccolo_uragano_    07/09/2015    9 recensioni
“Perché ogni volta che c’è in giro Lord Voldemort facciamo figli io e te, Martha?”
Martha accennò un sorriso. “Perché ogni volta che io e te facciamo figli c’è in giro Lord Voldemort, Sirius?”
Remus trattenne una risata. “Ed è per questo che sono vent’anni che ti ripeto che è quella giusta.”
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Non è una di quelle storie tutte miele e amore in cui Sirius trova la sua perfetta metà e vissero tutti felici e contenti. Martha darà a Padfoot del filo da torcere, insegnandogli ad amare e a restare.
(Si parte dal 1976 fino a poco dopo la battaglia di Hogwarts; in teoria è finita, dopo anni, ma in pratica.....)
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio | Coppie: James/Lily, Remus/Ninfadora
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ti amo più di ieri e meno di domani.'
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Era strano essere lì. Era strano trovarsi davanti a quella porta. Martha, stretta in un maglione blu, sentiva lo stomaco in una morsa di ferro ed il cuore in gola.
Si era fermata perché, per un secondo, si era rivista appena ventenne scendere di corsa dalla moto di Sirius, lì, esattamente lì dove era in quel momento, gettare la bottiglia di buonissimo rosso per terra (alcuni pezzi di vetro erano ancora a terra davanti a lei) e correre verso la porta di quella casa che ora era abbandonata. Correre, strillando i nomi di Lily, James ed Harry. Correre, e trovarsi davanti a quello spettacolo terribile che, dieci anni dopo, le dava ancora i brividi. Eppure sentiva i piedi ancorati al terreno, sentiva che era lì che doveva essere – perché era da lì che sarebbero di nuovo iniziate le sue ricerche per provare l’innocenza di suo marito.
Sirius.
Le mancava troppo. Non riusciva a spiegare a parole quanto le mancasse. La sua assenza era una voragine che le pesava sullo stomaco, un costante motivo di  ansia e preoccupazioni. Era convinta che, con il tempo, la sua assenza si sarebbe fatta meno pressante. Invece peggiorava di giorno in giorno.  Erano tutti convinti che stesse male, che fosse depressa. Nessuno aveva davvero capito quanto la mancanza di Sirius la rendesse apatica verso il mondo intero tranne che verso i suoi figli. Semplicemente perché, quei due ragazzini, avevano gli occhi di Sirius. I grandi occhi grigi e sinceri di Sirius.
Ora lei era magra, vecchia, sciupata e spenta. Se Sirius l’avesse vista così, avrebbero finito col litigare brutalmente. Lui l’avrebbe accusata di essersi lasciata spegnere dalla sua assenza, e lei avrebbe risposto, flebilmente, che non aveva avuto scelta. Lui si sarebbe arrabbiato e avrebbe sbattuto la porta, andandosene con passo pesante mentre imprecava contro Merlino, e lei sarebbe rimasta a fissare il punto in cui le sue larghe spalle erano scomparse. Poi, lentamente, lui sarebbe tornato sui suoi passi, con il rimpianto negli occhi e l’amore nello sguardo. Sarebbe tornato lì, e l’avrebbe ritrovata in piedi dove l’aveva lasciata, scoprendo quegli occhi verdi pieni di lacrime e paura.
Ma lui non c’è.
Nessuno poteva capire quanto avesse bisogno anche solo di litigare con Sirius, per ricordarsi che la vita va avanti e che lei era ancora viva. Perché lei, senza Sirius, non sentiva di avere un cuore nel petto. Fissava quella porta con la testa leggermente inclinata, come se si aspettasse che da un secondo all’altro James uscisse, facendole segno di entrare e di non guardarsi troppo attorno, perché erano nascosti e non dovevano farsi scoprire. Altrimenti sarebbero morti.
Possiamo tornare a quando il problema più grande erano i troppi compiti di Rüf?
Pensava a quei mesi al castello con nostalgia. Robert aveva appena finito il terzo anno, e non si rendeva conto di quanto fosse fortunato. Un giorno avrebbe pensato alla Sala Comune come al solo posto in cui ci si possa sentire al sicuro, ma sarà troppo tardi.
Con estrema fatica, passo dopo passo, si avviò verso quella porta. La casa cadeva a pezzi, ormai, ma lei sentì chiaramente l’odore del balsamo di James e del profumo che Lily si spruzzava ogni mattina alla base del collo. Posò la mano tremante su quella maniglia mezza rotta.
Ce la puoi fare, Martha.
Era la voce di suo padre. E niente le dava più forza che il ricordo dell’infanzia che Robert Redfort le aveva regalato.
Sul gas c’era una pentola vuota. Sicuramente Lily stava preparando la pasta, per Sirius e James. Non capiva come, ma quei due avevano sempre fame. Riuscivano ad avere fame anche mezz’ora dopo cena, Martha ormai si era abituata a preparare loro una doppia porzione ciascuno.
Le scarpe di James, piene di polvere, erano dietro la porta. Erano scarpe da corsa Babbane, Martha gliele aveva regalate nel ‘settantanove. Aveva capito che con quelle, su una scopa da corsa vai due volte più veloce.
“JAMES! LILY! HARRY!”
Non aveva aperto bocca, eppure la voce che aveva sentito era la sua. Era lei, la ragazza incinta del secondo figlio e spaventata da quello che aveva davanti, era lei che era entrata urlando, era lei che, a pochi metri dall’ingresso, aveva visto sul divano la bacchetta di James, e aveva capito che cosa era successo. Era lei, eppure, in quel momento, Martha era convinta di essere un fantasma.
La bacchetta sul divano non c’era più, eppure per un attimo le parve di vederla. Poteva sentire chiaramente i singhiozzi di Sirius sul corpo di James, il suo urlo sordo per quel dolore inconcepibile, perché il compagno della sua esistenza fissava il soffitto senza vederlo.
“James?” chiese, nel nulla. Ebbe paura che qualcosa o qualcuno potesse rispondere. In quella casa, il tempo scorreva lento.
Si sedette sul primo gradino della scala che portava al piano di sopra, tenendosi la testa tra le mani. Lasciò che una lacrima salata le rigasse il viso. Non le importava di piangere, tanto, nessuno l’avrebbe vista, lì.  In quella casa era tutto ancora uguale, ma era tutto in pezzi. Era tutto come prima, ma era tutto distrutto.
Sei stata una stupida, Martha. Qui non troverai niente.
Eccola. La voce della testarda Rose che si fa sentire proprio quando Martha non ne avrebbe assolutamente bisogno. si asciugò quella lacrima, e con passi decisi andò verso il salotto. Dietro a uno dei divani blu, c’era un tavolino su cui Lily aveva appoggiato moltissime fotografie magiche, che sembravano essere indenni alla polvere e al tempo.
Infatti, una giovane Martha sorrideva allegra in spalla ad un James spettinato e sorridente, mentre lui si divertiva a farla ruotare su sé stessa in mezzo alle foglie che gli alberi avevano abbandonato al vento e che si erano posate nel giardino di casa Black. Sirius aveva scattato quella foto, ridendo come sempre, mentre Lily teneva in braccio Robert, che aveva solo un paio di mesi.
Martha, in piedi davanti a quella foto la prese in mano con l’intento di mettersela in borsa e posarla sul comodino di Sirius, ma quando la spostò, una busta gialla la raggiunse in volo.
Fece un passo indietro. Si sarebbe spaventata a morte, se non avesse riconosciuto il volo esperto di quel foglio e la scrittura piccola e confusa di James sulla superficie.
“Com’è possibile?” sussurrò, con espressione preoccupata.  La lettera, in tutta risposta, le si posò sulla spalla.
James è morto dieci anni fa. Com’è possibile?
Con mano tremante, afferrò la lettera. L’inconfondibile scrittura di Ramoso aveva scritto Alla signora Felpato al centro di quella busta rovinata. Impaziente, la aprì.

Martha,
se stai leggendo questo e stiamo bene, e siamo ancora noi, hai la mia autorizzazione per prendermi in giro fino ad avere mal di stomaco.
Se è successo ciò che credo accadrà, allora siediti, perché sto per dirti una cosa che cambierà un po’ tutto, o forse non cambierà nulla, e in quel caso sei di nuovo autorizzata a riderne fino ad avere mal di stomaco.
Sei venuta qui, prima, Martha, a dirci che aspetti un bambino. Che avrete un secondo piccolo Black, e io non sono riuscito a farti capire quanto in realtà questa cosa mi renda felice.
Però c’è una cosa che non posso dirti, Martha, che non ho potuto dirti, ma mi è rimasta in un nodo in gola, perché ho giurato che non avrei parlato con anima viva. Ecco perché ti scrivo, cosa che non ho mai fatto prima.
Non è Sirius il nostro Custode Segreto, Martha. È Peter.
L’idea è stata di tuo marito: è venuto qui, tempo fa, dicendoci di nominare Peter e non lui, perché Voldemort non sospetterebbe mai di Peter, e avrebbe cercato lui, torturato ed ucciso lui, e noi saremmo rimasti al sicuro, perché il vero Custode Segreto era vivo. Io e Lily lo abbiamo implorato di pensare più a te e al piccolo Robert, quando diceva che sarebbe stato torturato per niente. Ma conosci bene Sirius: è impossibile fargli cambiare idea, e se si convince di stare facendo la cosa giusta, nessuno gli farà capire che forse, per una volta, si sbaglia. Così io e Lily abbiamo accettato di non dirlo a nessuno, compresi te e Remus.
Ma tu ci hai detto che presto avrai un bambino, un’altra vita da difendere, e non posso permettere di andarmene senza prima aver provato a dirti tutto. Non so cosa succederà, Martha, ma non ho paura.
Fatto il misfatto, non ho mai avuto buone intenzioni.
Sei stata la sorella migliore che potessi desiderare,

con amore,
                       tuo fratello James.

Prima che potesse reagire in qualsiasi modo, sentì la porta aprirsi dietro di lei. Si girò di scatto, puntando la bacchetta con decisione, perfettamente consapevole che l’unica persona in grado di mettere piede in quella casa era Remus.
Moony, con aria sciupata, fece il suo ingresso in quella specie di museo. “Ti ho beccata, piccola Redfort.” Sospirò, entrando. Ma, guardando Martha, la sola cosa che fu in grado di fare fu sorridere come non faceva dai tempi della scuola.
Martha aveva il viso illuminato di una luce nuova, una speranza nello sguardo che non pensava avrebbe mai più rivisto.
 Martha stava sorridendo.
Era da prima che si sapesse che sarebbe arrivata Kayla che non la vedeva sorridere così, e rispondere al suo sorriso fu assolutamente spontaneo.
Era tornata la Martha di sempre.
“James mi ha scritto che Sirius è innocente.”  Disse troppo velocemente e  con voce flebile. Nel momento in cui lo disse si rese conto che sembrava davvero assurdo. Era pazzesco quanto fosse letteralmente assurdo, ma James aveva pensato a tutto. James conosceva tutti fin troppo bene. James l’aveva salvata, di nuovo.
Diede la lettere  a Remus, mentre lei telefonava a Rose per dirle che aveva buone notizie e che avrebbe fatto tardi, Remus si passò una mano tra i capelli con aria dubbiosa. “Come ha fatto?”
Martha scosse la testa. “Nessuno conosceva i Malandrini meglio di James.” Rimise la lettera nella busta e baciò Remus sulla guancia. “Dobbiamo andare da Silente!” esclamò, saltellando fuori dalla porta.
Remus scoppiò a ridere, scuotendo la testa. “Questa è la vera signora Felpato!” esclamò, raggiungendola. Le afferrò la mano in modo affettuoso e si Smaterializzarono.

La faccia di Albus Silente era qualcosa di indescrivibile. “Benedetto ragazzo.” Sospirò la McGranitt, in piedi dietro alla scrivania di Silente.
Tutto in quell’ufficio era esattamente come ricordava Martha (ogni quadro, ogni libro, ogni oggetto di cui solo Silente poteva conoscere l’utilità) ma non le importava di nulla, non le importava assolutamente di nulla che non fosse andare da Sirius al più presto, prenderlo per mano e riportarlo a casa.
“James Potter ne ha davvero sempre saputa un più del diavolo.” Concluse Silente, restituendo la lettera a Martha. “Forza, forza. Andiamo.”
“Andiamo?” chiese la McGranitt.
“Andiamo da Caramell e poi andiamo ad Azkaban. Quel povero ragazzo è innocente, e non merita di stare là dentro nemmeno un minuto di più!” si alzò e camminò verso Martha. Le posò una mano sulla spalla, mentre con l’altra mano le asciugò una lacrima. “Oggi riporti a casa tuo marito, Martha.”

“Come è possibile?!”
Cornelius Caramell, con la sua bombetta verde acido, passò lo sguardo da Silente a Martha mezza dozzina di volte. Intanto, Kingsley Shackelbolt rideva sotto ai baffi che non aveva.
“Mi sembra ovvio, Cornelius.” Rispose Silente. “Sirius Black si è fidato troppo della persona sbagliata, e James non ci ha messo un secondo per seguirlo.”
“Possiamo essere sicuri che questa lettera sia stata scritta dal signor Potter?”
Perché si arrampica sui vetri in questo modo?
“Ne siamo più che certi.” Rispose la McGranitt. La sua voce era calma, ma il suo sguardo era colmo di gioia.
“Bene, bene, benissimo …” Caramelle si accarezzò i baffi. “A questo punto, credo che la signora Black abbia il diritto di riavere la bacchetta del marito, e …”
“E di riportarmelo a casa.” concluse Martha. “Un uomo innocente in carcere per dieci anni non è un bell’affare per il Ministero, vero, Cornelius?” chiese, incarnando un sopracciglio con un sorrisetto Malandrino. L’espressione dell’uomo non lasciava dubbi.
Martha si divertiva a fare la spina nel fianco di turno, con Caramell. Era sempre disposta a ricordargli i suoi mille errori, tra cui aver sbattuto in carcere suo marito. Caramell sapeva di non poterla licenziare, perché come Auror era bravissima e perché lei avrebbe trovato subito di meglio.
“Andiamo a prenderlo, allora.”

Erano stati moltissime cose.
Erano stati i Black, erano stati la piccola Redfort ed il suo ragazzo, oppure Sirius Black e la sua ragazza, erano stati amici, amanti, fidanzati, ex fidanzati, ricercati, membri dell’Ordine, genitori, marito e moglie, i testimoni dei Potter, due Auror, e in un tempo che ora sembrava lontano anni luce, erano stati due sedicenni Grifondoro che si trovarono per caso in Sala Comune.
Lei era conosciuta come la piccola Redfort, Martha, la sorella minore della ragazza più bella della scuola, Rose Redfort, oppure era la migliore amica della Evans, la secchiona dai capelli rossi. Martha. Era stata la ragazza con i capelli spettinati e sempre raccolti da una matita, con le felpe larghe e i maglioni da uomo. Poi era stata la ragazza del Malandrino Black, la migliore amica di Potter e la confidente di Lupin. Era stata anche la ex di Sirius Black, ma erano durati poco distanti l’uno dall’altra. Era stata una guerriera, una tosta, una che non si era mai arresa. Una mamma, una testarda, una moglie ma una donna sola.
Eppure ora tutte le cose che era stata sembravano essere scomparse. Era una donna, una donna con i capelli chiari, gli occhi verdi e pieni di lacrime, era bellissima, ma sembrava che da un momento all’altro si potesse rompere in mille pezzi.
Stonava in quell’ambiente tetro e scuro: Azkaban, la prigione dei maghi. Era davanti ad una cella aperta, e davanti a lei vi era una via di mezzo tra un uomo, un fantasma, e un Dissennatore. Quello che un tempo era stato Sirius Black,  se ne stava con le mani sulla grata di una piccola finestra nella sua divisa da carcerato.
“Sirius.” Sussurrò la donna.
Lui non si mosse.
Accanto a lei, vi era un Patronus a forma di cane, e dietro di lei Albus Silente, Minerva McGranitt, Remus Lupin e Cornelius Caramell.
“Sirius.” Ripetè. Si sforzò di mantenere un tono fermo, ma la voce le tremava.
Di nuovo, lui non si mosse.
“Sirius, sono io, sono Martha.”
Martha vide quelle mani magrissime stringersi sulle sbarre della finestra. “Non mi porterete via anche lei!” urlò, con una voce fredda e lontana.
Martha capì che l’aveva scambiata per un ricordo. Un ricordo che i Dissennatori volevano portargli via. Chissà quanti ricordi di momenti felici gli erano stati portati via, in quei dieci, lunghi anni.
Anche Sirius era stato molte cose, ovviamente. Un Black, la pecora nera, la vergogna Grifondoro tra una famiglia Serpeverde, poi era stato un Malandrino, il fratello di James, un Animagus, era stato Felpato, il ragazzo più bello della scuola, era stato il ragazzo di Martha, suo marito ed il padre dei suoi figli. Era stato un guerriero, una delle colonne dell’Ordine, per alcuni, era stato anche il Custode Segreto dei Potter, un Mangiamorte, un traditore, un doppiogiochista, un criminale.
Ma per lei lui era sempre stato solo Sirius, e per lui lei era sempre stata solo Martha.
“Sono qui, Sirius, sono io, sono davvero io.”
“BALLE!”
Martha temette che quelle grate si sarebbero spezzate da un momento all’altro. “No, Sirius, sono qui davvero. Guardami.”
Lui tolse le mani dalle grate e se le guardò, come se non gli appartenessero.
“Guardami.” Ripeté lei. “Guardami, Felpato.”
Forse fu il nome da Malandrino a convincerlo, forse il fatto che lì dentro non avesse nulla da perdere, ma si girò.
Martha fece del suo meglio per non mostrarsi spaventata, ma quell’uomo era peggio di un cadavere. Magro, pallido e sporco. L’unica cosa che era rimasta di Sirius erano quegli occhi, gli occhi di Felpato, quegli occhi grigi, in cui solo lei e James erano riusciti a leggere pensieri e paure.
“Martha.” Sussurrò con un filo di voce, muovendo appena le labbra.
“Sono qui, Sirius. E ti riporto a casa.” tese la mano verso di lui, ma lui non la vide, era perso nei suoi occhi lucidi.
“Casa?”
“Casa, casa nostra, ricordi? Con il giardinetto e la porta di legno antico. A casa, a conoscere tua figlia e ad abbracciare il tuo Robert, che sta diventando un uomo. Ti porto a casa.”
“A casa.” ripeté.
“A casa!” esclamò lei, accennando un sorriso. “Sei innocente, Sirius Black. Ci ho messo dieci anni, ma ho trovato le prove. James aveva pensato di avvertirmi dello scambio, solo che io ci ho messo tanto a capire come mi avesse avvertita.”
Lui, di nuovo, non disse nulla. Si guardò attorno, come un folle. Era libero, libero, se ne poteva andare. Sarebbe tornato a casa, con la sua Martha, sarebbe tornato a casa, avrebbe avuto la vita da mago, padre, marito che aveva sempre sognato. James l’aveva avvertita, benedetto ragazzo. Era venuto meno ad una promessa, la promessa di  “non parlare mai a Martha dello scambio”,  ma così facendo lo stava salvando da Azkaban e gli stava ridando la libertà. Il suo sguardo si posò su Remus, che aveva uno sguardo colpevole ma sollevato.
Il Lupo Mannaro incrociò il suo sguardo. “Sei libero, Sirius.” Gli disse.
Lui sembrò notare solo allora la mano tesa di Martha. Lentamente, la afferrò, facendo del suo meglio per stringerla, ma non aveva più forza. Sentire la sua pelle liscia sotto le dita fu già come tornare a casa. Lei sorrise, e i maghi alle sue spalle si resero conto che erano anni che non sorrideva così, era da quella notte, da quell’Halloween, da quando con gli occhi pieni di tristezza e odio era stata allontanata dalla casa di James e Lily, aveva dovuto cedere il piccolo Harry ad Hagrid e le era stato ordinato di tornare a casa dallo stesso Sirius, che le aveva promesso che sarebbe tornato prima del risveglio del loro primogenito, che si era svegliato ogni mattina per dieci anni senza suo padre accanto. Era da allora che Martha Redfort Black non era veramente sé stessa, non era veramente felice.
Usò quella stretta di mano per attirarla a sé e si abbracciarono, fondendo i cuori, le anime, i pensieri, stringendosi fino a farsi del male, perdendosi l’uno tra le braccia dell’altro.
Dopo un arco di tempo indecifrabile si presero per mano e uscirono da quella cella, camminando verso la ricostruzione di una felicità distrutta.

L’espressione di Kayla e Robert era di meraviglia pura. Martha, seduta sul tavolino davanti al divano su cui aveva chiesto ai suoi figli di aspettarla, piangeva e sorrideva. Rose, seduta accanto a Kayla, ebbe la stessa identica reazione, mentre Marie, che stava cucinando, si limitò a scoppiare a piangere.
“Quindi, è … libero?” La voce di Robert tremava.
“Si, pulce. Ora è … ad Hogwarts. Starà lì un paio di giorni, Madama Chips vuole rimetterlo in sesto.  È … sempre bellissimo, ma pallido e magro, e non vorrei che vederlo vi mettesse paura, quindi …”
“Lui è il mio papà! Lui non fa paura!” lo difese Kayla. Seduta a gambe incrociate con il broncio e le treccine, era comunque bellissima.
Martha le accarezzò la guancia. “Ha detto che non vede l’ora di conoscerti, sai?”
Kayla si illuminò. “Posso andare da lui?”
“Si, mamma! Possiamo andare da lui?!”
“Facciamo i bravi, mamma, promesso!”
Martha scosse la testa. “Silente ha detto che lo potrete vedere domani mattina.”
Remus, che era rimasto in piedi dietro di lei (Sirius gli aveva dato il compito di accompagnare Martha a casa, e Silente gli aveva chiesto di non perderla d’occhio), sorrise, incrociando lo sguardo di Rose.
“Oh, ti prego, mamma! Saremo bravissimi!” implorò nuovamente Kayla.
Martha rise, osservando il suo orologio da polso. “Tesoro, guarda. Sono le otto e trenta di sera.” Le disse, indicando le lancette. “Ti prometto che tra dodici ore andremo da lui.”
“Io non ce la faccio ad aspettare dodici ore!” replicò la bambina.
“Suvvia, principessa!” le rispose Rose. “Hai aspettato per dieci anni!”
“Si, ma io lo voglio vedere adesso!”
“L’erba voglio non cresce nemmeno nel giardino del re, ragazzina!” la richiamò Marie.
Martha scosse la testa. “Dodici ore, Kayla. E ti dirò di più: se dormi passeranno più in fretta.”
“Io non voglio dormire!” replicò Robert. “Io voglio andare da lui!”
“Robert, calmati.” Gli ordinò Rose.
“Gli ho promesso che vi avrei portati da lui appena possibile, Robert.” Intervenne Remus. “Ma Silente e Madama Chips hanno dato ordini precisi.”
“Ciò che accadrà da adesso in poi non lo possiamo sapere. Sicuramente, prima che inizi la scuola il Profeta verrà a sapere di questa storia.” Aggiunse Martha. “E molti andranno nel panico.”
“Perché?” chiese Robert.
“Perché il Ministero ha spedito ad Azkaban un uomo innocente senza processo e ce lo ha lasciato per dieci anni.”
“E cosa farai tu?”
“Io lavorerò per cercare l’uomo che ha incastrato vostro padre.” Rispose Martha con decisione. “E farò sempre in modo che voi due siate protetti da tutto questo.”
“A scuola scoppierà un macello, mamma.” Robert si portò una mano sulla fronte. “Un macello.”
“L’importante è che ti circondi di persone che ti vogliono bene, pulce. Loro saranno in grado di proteggerti.”
“Lo hanno creduto tutti colpevole per un decennio.” Marie sembrava in coma. “Quanto ci metteranno per ricredersi?”
“Quanto lo decide Caramell, mamma.” Rispose Rose.
Marie annuì. Poi guardò Martha, sorridendo con tenerezza. “Torna da lui, bambina mia.” Martha guardò sua madre senza capire. “Vai da lui, Martha. Qui ce la caviamo.”
Rose annuì. “Si, la mamma ha ragione. Vai da lui.”
Martha guardò Kayla e Robert.
“Vai da lui, mamma.” Si unì Robert. “Avete un po’ di cui parlare.”
Martha gli scompigliò i capelli. “Quanto sei cresciuto, pulce.”
Lui non ci fece caso. “Posso dirlo a Dora, Fred e George?”
Rose, Remus e Martha si guardarono.
“Pulce, è meglio se dici ai tuoi amici di venire direttamente qui.”
“Non possiamo sapere se stanno indagando su di noi, in qualche modo. E la posta non è uno dei mezzi più sicuri.” Aggiunse Remus.
“Se vuoi, prendo la macchina e vado a prenderli intanto che voi mangiate.” Gli disse Rose.
“Oh, si!” esclamò Kayla. “Porta qui anche Ginny!”
Martha, di nuovo, sorrise e scosse la testa. Guardò Remus, pronta per tornare da Sirius.

“Ehi, Redfort.”
Sirius era seduto a gambe incrociate su un letto dell’Infermeria. Era stato lavato e nutrito, e assomigliava già di più al ragazzo che era stato un tempo. Martha fece il suo ingresso, con la camicia buona, sfoggiando quel suo nuovo sorriso.
“Redfort Black, prego.” rispose, con espressione Malandrina. Ai piedi del letto, trovò le analisi del sangue che Madama Chips aveva effettuato. Si mise gli occhiali, e, senza smettere di sorridere, avvicinò il foglio al suo viso.
“Togliti quell’espressione Malandrina dalla faccia. Il mio cognome deve esserti stato scomodo.” Rispose lui.
Aveva quasi dimenticato quanto si scaldasse la sua voce quando si piegava sulle esse e sulle emme.
Scosse la testa con aria divertita.  “Sei sballatissimo, sai? Manco ti fossi drogato per dieci anni.”
“Da quanto è che sei infermiera?” rispose prontamente lui.
Lei si morse il labbro e si concesse di guardarlo di sottecchi, scoprendo che lui la stava già osservando. “Ti daranno degli integratori Babbani per vecchie iperattive, se non ti calmi.” Lo richiamò.
“E lo capisci controllandomi i globuli bianchi?”
“I globuli bianchi sono una delle poche cose che sono a posto, lasciali dove sono, per favore.” Replicò prontamente lei.
“Ha detto Madama Chips che posso mangiare quanto mi pare, sai?”
“Non ci credo nemmeno se lo vedo, Felpato.” Rise lei. “Ti metteresti a vomitare sangue.”
“Dai, Martha. Sono a digiuno da un decennio.”
“Ed è per questo che devi andarci piano.” Posò gli esiti e si passò una mano nei capelli.
“Lo vedi che sei un’infermiera?”
“Veramente sono Auror.”
“Con gli occhiali?” chiese, divertito. “Non esistono Auror con gli occhiali.”
“Ne conosco a dozzine.” Rispose lei con aria saccente. Si morse il labbro perché, il primo nome che le venne in mente, fu quello di James Potter.
“Non mi hai detto come hai imparato a leggere i valori del sangue.”
“Ho mille vite.” Si sedette ai piedi del suo letto e incrociò le braccia sul petto.
“Secondo me, è colpa degli occhiali.”
Martha rise di nuovo, sfilandosi gli occhiali neri dal naso. “Guarda, li ho tolti.”
Sirius sorrise con aria furba. “Potevi dirlo che erano per coprire le occhiaie.”
Lei lo guardò fingendosi offesa. “Nemmeno tu sei uno splendore, sai?”
“Sono solo un po’ meno bello del solito, Redfort.”
“Lo dici perché Poppy fa in modo che qui non ci siamo specchi, Black.”
“Illuminami. In quale triste momento Madama Chips è diventata Poppy?”
“Nel triste momento in cui tua figlia ha deciso di nascere nel cuore della notte.”
Sirius si illuminò al pensiero di Kayla. “Quando è nata?”
“Il trentuno maggio millenovecentoottantadue.”
“Ed è nata qui?”
Martha indicò un letto poco più a sinistra. “Tecnicamente, è nata .”  
“Chi c’era con te?”
“Rose.”
“E Robert?”
“Era con Remus a giocare a Quidditch.”
“Remus non gioca a Quidditch!”
Robert si.” Rispose lei, ridendo.
“Ed è forte?”
Rimasero per ore a ridere delle cadute di Robert dalla scopa. Poi si guardavano e ridevano di nuovo. Era qualcosa di meraviglioso, ritrovarsi in quegli occhi.
“Dimmi di Kayla.” Disse lui, dopo un po’.
Fu Martha ad illuminarsi. “Kayla è … una piccola principessa. Ti giuro. Prima, era seduta sul divano, con il broncio e le treccine, ed era comunque bellissima.”
“Ti tiene il broncio?” chiese, divertito.
“È testarda quasi quanto me.” rispose Martha divertita. “Voleva venire qui subito per conoscerti.”
Martha fu pronta a giurare che gli occhi di Sirius non si fossero mai illuminati tanto. “Davvero?”
“Ha un bel caratterino, quella bimba. Sarà divertente vederla crescere.”
“Credo di aver perso la battaglia per il titolo di miglior papà del mondo quando sono stato arrestato.”
“Credo che questo non sia vero.” Replicò lei in un sussurro. “Loro stravedono per te. Rose e Remus hanno provveduto a tenere alto il tuo nome.” poi sembrò notare qualcosa sotto al camice da ricoverato che portava. “Ehi, Black, quello non è un tatuaggio, vero?!”
Lui si grattò dietro la nuca con aria colpevole. “Ne ho fatti un po’, a dire il vero.”
Lei sembro indignata. “Avevamo detto che ci saremmo tatuati insieme! Oh, io ti ammazzo!”
Lui scoppiò a ridere. “Non posso farci niente, piccola. Non ho resistito.”
Martha scosse la testa. “Giuro, giuro che questa me la paghi. Quanti ne hai fatti?”
“Sicura di volerli vedere?” chiese, divertito.
“Ti ho visto nudo mille volte.” Replicò lei scocciata.
“Non è per quello.” Alzò gli occhi al cielo. “Solo che sono tanti.”
“Ti ho sposato, Sirius Black. Posso sopportare di tutto.”
Lui ci pensò un po’ su e poi inclinò leggermente la testa. Si slacciò il camice alla base del collo, rivelandosi maledettamente magro e ricoperto di disegni e scritte.
Martha si limitò a scuotere la testa. “Tu sei pazzo.” Indicò il simbolo sopra l’ombelico. “Ehi, idiota, quello è Ansuz. Te lo abbiamo spiegato io e Lily all’ultima lezione di Rune.”
“Sono tutte Rune, Martha.” Replicò lui. Indicò lo stesso simbolo indicato da Martha. “Ansuz incarna i principi dell’ordine, della ragione e della comunicazione. La mia ragione eri tu. L’ordine e la comunicazione ciò che non sono stato in grado di insegnare a quel topo maledetto.”
Martha scosse la testa. “Sirius, non …”
“No, aspetta. Questo” e indicò un simbolo che ricordava due bastoni incrociati per ottenere un fuoco “significa necessità. L’ho fatto, all’incirca, il giorno del tuo venticinquesimo compleanno, immaginando di essere lì con voi. Anche se avrei scommesso che avremmo avuto un altro maschietto.”
Tu volevi una femmina!” replicò lei.
“E adoro l’idea che Kayla sia una femmina, davvero.” Tornò a guardarsi il petto. “Questa è Algiz, significa protezione. È capovolta, perché capovolta assume un significato di vulnerabilità. Volevo che significasse quanto avrei voluto proteggere, te, Robert, J-“ si bloccò, come se si fosse reso conto di una cosa. “James e Lily sono morti.” Sussurrò.
Martha abbassò lo sguardo, girandosi i pollici. “Sì.” rispose, flebilmente. “Ma noi no.”
Lui la guardò senza capire. “E ha senso vivere senza di loro?”
Martha si passò una mano nei capelli. “Io … io non lo so. Cioè, si, dannazione, ne vale la pena per Robert e Kayla, per vederli crescere e vedere Rose invecchiare e Remus ridere, ma non …” mostrò a Sirius due occhi lucidi. “Non avrò mai più amici così importanti.”
“Remus e Rose?” chiese, cercando di cambiare argomento.
Martha scosse la testa. “Rotto definitivamente anni fa.”
Sirius alzò le spalle. “Almeno sono arrivati a un dunque.”
“Già.”
“Rose ha qualcuno?”
“Nessuno di serio.”
“E Remus?”
Martha lo guardò incarnando un sopracciglio. “Remus si sottovaluta troppo per avere una storia. Ma secondo me, tra poco troverà una spumeggiante ragazza che gli farà dimenticare del suo piccolo problema peloso.”
Sirius scrutò Martha incuriosito e divertito. “Martha Marie Redfort Black.”
Lei si tirò su con le spalle. “Sembra il nome di una contessa.”
“Martha Marie Redfort Black.” Ripeté lui con aria severa. “Con chi stai giocando a fare Cupido?”
“Non lo puoi ancora sapere, è troppo presto. Però ti giuro che sono fatti per stare insieme.”
Lui si guardò attorno per pensarci. “Aspetta, lei chi è?”
Martha scosse la testa, trattenendo a stento una risata. “Non te lo posso dire.”
“Oddio, sarà una vecchiaccia brufolosa con il culo cadente.”
“Sei lontano anni luce, Black.”
“Allora è tipo una Vampira. Lo sai che non potrebbero avere figli, vero?”
“Se ti sei riprodotto tu, può farlo chiunque.”
“Smettila, io non sono un Lupo Mannaro, i ragazzi non … non sono dei piccoli Felpato, vero?” chiese, allarmato.
“No, no. Ma Robert ha un olfatto sviluppatissimo e Kayla sembra sentire rumori che nessun altro riesce a sentire.”
“Come me.”
“Come te.”
Rimasero a guardarsi come se volessero colmare la memoria dell’immagine dell’altro. Senza vergogna, senza imbarazzo, seduti ai due apici opposti del letto.
“Tua madre come sta?” chiese lui, di punto in bianco.
“Mia madre sta alla grande. Si gode la pensione Babbana a pochi isolati da casa nostra, ma Molly, dopo la nascita di Kayla, le ha proibito di telefonarmi per più di due volte nella stessa giornata.”
“Che donna meravigliosa. Quanti figli ha, ora?”
“Dopo sei maschi, poche settimane dopo di me ha avuto anche lei una femminuccia, e si sono fermati. È carina, si chiama Ginny. È molto amica di Kayla.”
“E i gemelli combinano guai con Robert?”
“Fred, George, Robert e Ninfadora. Io e Remus crediamo siano i degni eredi dei Malandrini.”
Lui allontanò l’ipotesi con un gesto. “Impossibile.”
“Hanno la Mappa.”
“COME HANNO FATTO?” sbraitò lui. “Credevo fosse perduta.”
“L’hanno rubata a Gazza. Furbi, no?”
Sirius sorrise orgoglioso. “Li amo già. Aspetta, hai detto Ninfadora … Tonks? La figlia di Andromeda e Ted?”
“La figlia di Andromeda e Ted.”
“Oh, e com’è?”
“Beh, è … una mezza Black. Posizione perfetta, labbra sottili, ossa piccole. Per il resto è un uragano. Si veste peggio di me alla sua età e in questo periodo porta i capelli blu elettrico.”
“La vedete spesso?”
“Lei e Robert sono molto amici.”
Solo amici?”
“Andiamo, Sirius, sarebbe una specie di incesto.”
“I Black amano gli incesti.”
“Allora perché hai sposato me?” chiese Martha, ridendo.
Lui la guardò con lo stesso sguardo innamorato di sempre. “Perché ti ho trovata davanti al fuoco una sera di settembre e mi sei sembrata la creatura più bella del mondo.”
Lei abbassò la testa e sorrise. “Kayla l’altro giorno mi ha chiesto … in quale momento mi sono innamorata di te.”
“E la tua risposta?”
Martha inclinò la testa. “Non c’è un momento preciso, in realtà. Sono solo tanti, piccoli attimi di quell’autunno. Quando bevesti il caffè amaro, per esempio. Quando entrasti nel dormitorio femminile dicendo che ti annoiavi e mi chiedesti di venire con te ad Hogsmeade. Quando Remus mi chiese di dargli una mano a tirare te e James giù dal letto, un sabato mattina, e ti trovai a pancia in giù sul letto mezzo nudo.”
“Ero molto sexy.” Replicò lui.
“Indubbiamente. Oppure quando mi seguivi in biblioteca anche se odiavi studiare, quando iniziasti a ricordarti quanto zucchero mettessi nel caffè la mattina, o rinunciasti a sederti accanto a James per fregare a Lily il posto accanto al mio.”
“Avrei voluto che Lily prendesse il mio posto accanto a James, veramente.”
“Ti costa tanto dire che lo hai fatto per me?” chiese Martha, portando avanti le mani.
“Due piccioni con una fava. Invece Lily si sedette accanto ad Alice, dannata ingenua. Oh, a proposito, Alice e Frank si sono ripresi? Così li prendo a calci per lo spavento che mi hanno fatto prendere.”
“Alice e Frank sono dove li hai lasciati tu, Sirius.” Rispose lei, perdendo il sorriso. “Non si sono mai ripresi, non si sono mai mossi da quei letti del San Mungo.”
Sirius ne sembrò colpito. “Non si sono mai ripresi?”
Martha scosse la testa.
“E mia madre? È morta?”
“Sì.” Poi decise di fingersi offesa. “E grazie tante per avermi costretta ad organizzarle il funerale e tutto il resto.”
“Bellatrix ne sarà stata felice.”
Rimasero a parlare, ridere, e prendersi in giro, a guardarsi senza vergogna, scrutandosi in ogni dettaglio.
“Dovresti dormire un paio d’ore, Sirius Black.” Gli disse lei, dopo un bel po’.
“Solo se resti qui con me, Martha Redfort.” rispose lui, trapassandole l’anima con quegli occhi grigi.
“Questa volta non ti libererai di me tanto facilmente.”
Lui allargò le braccia e Martha vi si rannicchiò. Una volta si rannicchiava sui suoi muscoli, ora poteva contare le costole, ma sorrise sentendo il suo cuore accelerare. Lui prese ad accarezzarle i capelli, mentre lei intrecciava le sue dita all’altra mano. Sentiva il suo intestino lavorare su tutto il ben di Dio che Madama Chips gli aveva fatto mangiare, nel corso della giornata, sentiva il suo cuore battere in modo così dannatamente veloce, e sentiva il suo sangue pompare delle vene. Era di nuovo accanto a lei, erano di nuovo loro e Martha poteva tornare ad essere felice.
Si svegliarono poche ore dopo, quando la luce dell’alba prese ad illuminare l’intera infermeria. Nessuno dei due disse niente, erano entrambi semplicemente grati di poter avere l’altro di nuovo accanto. Martha ascoltava il respiro di Sirius come se fosse la canzone più bella di sempre, mentre poteva riuscire a sentire il suo cervello lavorare,  prima che lui rompesse quel silenzio magico.
“Dimmi che ti sono mancato.”
Si tirò su come se avesse appena detto una sciocchezza. Avrebbe giurato che stesse pensando a Robert e Kayla, a come recuperare, a Remus, a cosa avrebbe detto vedendolo, a Rose, chiedendosi se avrebbero ripreso subito a litigare come serpi del primo anno o si sarebbero presi qualche ora di tregua.
“Sai che è così.” Rispose Martha, flebilmente.
“Forse ho bisogno di sentirmelo dire.” Replicò lui.
Lei lo fissò con tutta l’intensità di cui era capace. “Mi sei mancato da impazzire, Sirius Black.”
Sirius sorrise, come faceva un tempo. Si mise a sedere e lentamente, le prese il viso tra le mani, e baciò sua moglie. Il primo bacio dopo dieci anni, interrotto solo dai loro sorrisi. Sembravano due ragazzini che lottavano contro la paura di sbagliare.
“Mh.” Disse Sirius, dopo poco, allontanandosi. “Beh, direi che mi sei mancata anche tu.”
Martha scoppiò a ridere. “Ne sono onorata.” Poi si alzò e andò verso la dispensa di Madama Chips. Sirius, a fatica, si alzò e la seguì.
“Dove vai, Redfort?” chiese.
“Cercavo qualcosa per fare colazione, Black.” Aprì un armadio e sorrise. “Succo di zucca!” esclamò. Estrasse dalla tasca dei jeans la sua bacchetta e disse “Accio bicchieri!” e due bicchieri di vetro volarono verso di lei. “Torna di là, Padfoot.”
“Dì un po’, non avrai mica imparato a cucinare?” scherzò lui.
“No, quello mai. Ci pensa sempre Rose, e se mi metto a cucinare io, i ragazzi si oppongono e scappano da mia madre o da Molly.”
Ogni volta che Martha nominava i loro figli, Sirius si illuminava.  “Parlami ancora di loro.” La invitò.
Prima che Martha potesse rispondere, l’inconfondibile voce di Rosalie Elizabeth Redfort invase l’intera Infermeria. “Martha! Martha, dannazione!”
Martha uscì velocemente dalla dispensa, mentre Sirius la seguiva con aria allarmata. “Rose!” rispose la sorella. “Rose, tutto bene?”
Rose, stretta in una camicia azzurra con la solita frangetta castana, incrociò le braccia sul petto. “Martha, so che manca un’or..” si bloccò e sorrise quando vide Sirius. “Manca un’ora ma quei rompipluffe dei vostri figli non ce la facevano più.” Poi li guardò con finto disgusto. “Merlino, nella dispensa?”
Sirius rise e Martha scosse la testa. “Tu hai fatto di peggio, Rose.”
Lei alzò le spalle con aria divertita, poi tornò a guardare Sirius. “Non sei mai stato così brutto, Black.”
“Non sei cambiata affatto.” Replicò lui, allargando leggermente le braccia, e Rose, immediatamente, lo strinse in uno dei pochi abbracci della sua vita. Rose, alla fine, sarebbe sempre rimasta, la ragazza bellissima con lo sguardo di ghiaccio piena di misteri. Il fatto che in questo momento stesse abbracciando Sirius era un evento più unico che raro.
“I ragazzi sono in macchina.” Disse poi. “Volevo che Madama Chips lo visitasse pr-“
Ma Sirius la bloccò. “I ragazzi sono già qui?”
Rose annuì. “Ho detto a Dora che se riesce a farli stare calmi le faccio i compiti di Pozioni.”
“Ti vendi per poco.” Commentò Sirius.
Rose alzò gli occhi al cielo. “Madama Chips ti ha visitato stamattina?”
“Sono perfetto.” Replicò lui con la superiorità di sempre.
Martha li guardò, pensando che, in qualche modo, quei loro battibecchi le erano mancati. “No, ma è a posto, parola mia.”
Rose guardò la sorella come se volesse interrogarla. “Hai controllato i valori del sangue?”
“Si, ieri sera.” Rispose lui. “Dice che sembra che io mi sia drogato per dieci anni.”
Accio.” Disse Rose, e i documenti di Sirius volarono verso di lei con la delicatezza della strega che era. Li controllò e poi sorrise, scuotendo la testa. “Nemmeno i reni.” Disse, poi.
“Ma siete diventate entrambe infermiere, negli ultimi dieci anni?! Io sto benissimo.”
“Si, certo, tesoro.” Gli disse Martha, con la voce di chi lo dice solo per far star zitta la gente. “Prendi il succo di zucca, però.”
Rose girò i tacchi. “Vado a prendere quei maledetti piccoli Black.” Annunciò.
Sirius, con lo sguardo pieno di emozioni, si sedette, osservando una piastrella davanti a lui. Martha, prima come lui potesse accorgersene, sussurrò ‘aguamenti’ e lui immediatamente pensò alle mille volte in cui James lo aveva svegliato così. Scosse la testa e guardò sua moglie. “Ma sei pazza?”
“Vatti a vestire.” Gli disse con tono asciutto, indicando la camicia ed i pantaloni buoni ai piedi del suo letto. Lui fece un grugnito (a metà tra un maiale e il cane che era) e si chiuse in bagno. Mezzo minuto dopo lo scatto della serattura (il tempo che aveva sempre impiegato per vestirsi), un urlo che James avrebbe definito ‘da checca isterica’ invase l’infermeria.
A intuito, Sirius aveva trovato lo specchio. “REDFORT!” strillò poi.
“BLACK!” replicò lei divertita in risposta.
“SONO VECCHIOOOO!”
Martha, facendo del suo meglio per non ridere, aprì la porta (patetico che Sirius si fosse chiuso a chiave) e guardò suo marito. “Ho detto di vestirti, non di guardarti allo specchio.”
Lui osservava con terrore la sua immagine riflessa. “I MIEI CAPELLI! I MIEI BELLISSIMI CAPELLI!”
“Sembra di sentire James.” Sbuffò lei.
“E LA  FACCIA, MERLINO! PERCHE’ NON MI HAI DETTO CHE SEMBRO UNO SCHELETRO?”
Martha rise di gusto. “Merlino, Sirius. Stai benissimo.” Si avvicinò a lui per rientrare nel riflesso insieme al suo uomo. “Siamo ancora noi, vedi?”
Lui sorrise, perdendosi a guardarla. “Martha?”
“Dimmi.”
“Sei invecchiata anche tu.”
Prima che lei potesse rispondere o picchiarlo in qualche modo, come due ragazzini, una voce da quattordicenne in preda agli ormoni invase la stanza.
“Papà!”
Sirius scattò come se avesse sentito un richiamo. Uscì da quel piccolo bagno di corsa, per trovarsi davanti alla perfetta fotocopia del quattordicenne che era stato.
La sola differenza con Robert era che sebbene Sirius e James avessero sempre avuto il pieno possesso sul loro fascino, Robert non si rendeva conto di quanto in realtà fosse bello. Martha li guardava con commozione, mentre posava una mano sulla spalla di Sirius, sorridendo come non mai.
“Papà.” Ripeté, con un sussurro commosso.
“Ciao, pulce.” Rispose Sirius, con voce tremante.
Senza dire nulla, i due Black si abbracciarono, stringendosi con l’affetto che sapevano di avere sempre provato l’uno per l’altro.
“Bentornato, papà.” Sussurrò Robert, e Martha fu quasi sicura che gli occhi di Sirius, in quel momento, luccicassero come pieni di lacrime.
Ma dietro Robert, una bambina di nove anni e mezzo, di un metro e trenta circa di altezza, con una maglietta nera a piccoli fiorellini bianchi, dei riccioli scuri ed eleganti, fece il suo ingresso con uno sguardo spaventato e curioso.
“Kayla.” Sussurrò Sirius, mentre Robert si faceva da parte per assistere al fatidico incontro. “Sei più bella di quanto tua madre non riesca a dire.” Aggiunse, chinandosi quanto bastava per essere alla sua altezza.
La bimba, con lo sguardo più furbo che mai, si avvicinò e porse la mano destra al padre. “Mi chiamo Kayla Lily Black.”
Sirius, divertito, strinse la mano alla sua secondogenita. “Sirius Orion Black, principessa, al suo servizio.”
In quel momento, con uno sguardo, Kayla riconobbe in quello sguardo suo padre, e lui vide riflesso in quegli occhi sinceri la perfetta fusione di lui e Martha.
Kayla approfittò della stretta di mano per mettere le braccia al collo a suo padre e lui fu più che lieto di sollevarla, mostrandole che il mondo, in spalla al proprio papà, è pieno di colori e cose belle.
Martha guardava la sua famiglia (Robert, Sirius e Kayla finalmente insieme, e Rose sulla porta) assaporando il sapore di quell’istante eterno.


Perchè alla fine questa Claude è una persona romantica. Loro sono loro e io non potevo lasciarli separato ancora troppo (dieci anni mi sembrano abbastanza, no?) 
Per il resto. 
La straordinaria idea della lettera è di gossip_girl (Mille volte grazie a quel tuo cervellino, tesoro) e alla sua "Un nuovo inizio", che, ti prego, ti prego, devi aggiornare, devo capire come va avanti. 
Le spiegazioni dei tatuaggi ... non le ho cercate tutte io, su internet. Eh, no. Magari. Qualcuno ci ha pensato prima di me, e io ho avuto la fortuna di trovare la OneShot che parla giusto di questi misteriosi segni. (Ecco, prendentene e leggetene tutti. http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3041132 )
Per il resto, spero di trovarvi di nuovo numerosi nelle recensioni (CINQUE anche lo scorso capitolo! Cinque mila abbracci a tutti voi!) e spero di non avervi delusi. Il prossimo capitolo arriverà quanto prima. 
Fatto il misfatto!

 
   
 
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