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Autore: Laix    07/09/2015    6 recensioni
Lo scopo di questa raccolta di one-shot è di sperimentare varie coppie (non solo love couples) sia tra le più conosciute che tra le più impensabili. Alcune delle presenti sono già state suggerite da voi: con diversi personaggi e couple sperimentate, si vede cosa ne esce e si cerca di accontentare tutti! Non siete vincolati alla lettura dell'ultima shot pubblicata... Ogni shot è una storia a sé, quindi liberi di aprire la tendina dei capitoli e scegliere i duetti favoriti! ;) I contesti possono essere dei più svariati, anche passando per l'assurdo :D
***
35. Mary Sera e Shuichi Akai ~ [Sei dura, donna. Dura come la pietra, il ghiaccio, sei cemento. Io con te divento calce ma tu non ti rompi mai, una corrente salata che viaggia al contrario e apre le onde. Eppure guarda cosa hai nascosto lì sotto. Dietro le botte, gli insulti, lo sguardo, l'odio, ti stai solo preoccupando per me e per il destino avverso che inseguo. Hai già visto tutto coi tuoi occhi e su un altro uomo.]
Genere: Commedia, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Heiji Hattori, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Vermouth | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama, Ran Mori/Shinichi Kudo, Shiho Miyano/Shinichi Kudo
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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15. Ai e Mitsuhiko ~

***





La vedo grigia!


Questo bastardello mi sta sconfiggendo ad occhi chiusi.
Fu ciò a cui pensò Ai, davanti alla scacchiera. Lo pensò con un'espressione tra il divertito e il risentito, perché da una parte era ammirata dall'intelligenza del suo avversario, dall'altra però voleva vincere. E che diamine.
D'altronde l'avversario era pur sempre un bambino, non poteva farsi fregare così davanti al naso. La scacchiera di Mahjong si frapponeva tra lei e Mitsuhiko, il quale fissava le tessere del gioco con sguardo concentrato e assorto, come se ogni cosa circostante avesse cessato di esistere. Invece il senso di sfida non era tanto presente nei suoi occhi, non tanto quanto lo era in quelli di Ai, almeno.
Era il turno del ragazzino: dopo interminabili secondi di silenzio, in cui non volò una mosca, alzò il braccio per muovere una tessera in una posizione alquanto azzardata. Che scombinò totalmente i piani di Ai.
Eh, no, però. Un conto è lasciarlo vincere, anzi, sarebbe onorevole da parte mia. Ma perdere così perché mi sbaraglia le pedine è un'altra storia!!
La ragazzina sbuffò, leggermente spazientita. Rimise in moto i congegni del suo cervello per poter ribattere alla mossa dell'avversario in modo degno ed egualmente pericoloso. Mitsuhiko la notò e, vedendola così, dovette comprimere un risolino innocente.
- Ehi, Ai, guarda che non devi mica lasciarmi vincere... me la cavo abbastanza col Mahjong, e non mi offendo se perdo -
Eccole, le prime crepe che si aprivano sul suo orgoglio da giocatrice. Lei, che aveva lo sguardo basso sulla scacchiera, alzò soltanto gli occhi verso di lui. Beh, già che Mitsuhiko la pensava così poteva anche fingere fosse vero, così ci faceva anche una figura migliore... ma poi scosse la testa, con un sorriso.
- So che potresti pensarlo, visto che sto facendo proprio schifo in questa partita, ma ti assicuro che è tutta farina del tuo sacco. Non riesco a contrattaccare come si deve -
- Come mai? Forse... forse sei distratta, hai i tuoi affari a cui pensare? Ed io ti ho disturbata...? - chiese lui a voce bassa, titubante.
- No, perché sei davvero forte! Ed è la verità, non lo dico per esaltarti. Anzi, non ci penso neanche, mi stai facendo quasi arrabbiare – disse lei con esagerato e giocoso tono di sfida, suscitando una risata nel ragazzino.
- B-beh, grazie... sai, ci giocavo così tanto con mio padre, che ora ci ho fatto la mano – disse lui timidamente, sentendosi lusingato dal complimento di Ai.
Lei annuì e gli sorrise. Era contenta di vederlo ridere di nuovo spensierato, come un bambino dovrebbe fare: in quella giornata che aveva passato con lui non era ancora successo. Ma adesso, forse grazie alle sue lamentele sull'essere troppo scarsa rispetto a lui in quel gioco, il peggio sembrava passato.
Notò anche come Mitsuhiko avesse istintivamente parlato al passato, riguardo al giocare con suo padre a Mahjong. Nell'indecisione di sondare o meno quella sua scelta di parole, il ragazzino la anticipò comunque togliendole il dubbio.
- Chissà se ci giocheremo ancora, io e mio papà. Mi piacerebbe, ma... se glielo chiedo, mi sa che gli rubo solo del tempo... - azzardò lui, affranto.
Ai rimase in silenzio, guardandolo compassionevole e ripensando al motivo per cui si erano ritrovati lì, lui e lei, a giocare a Mahjong, in quel pomeriggio primaverile.
***
Quella stessa mattina, durante il suo breve giretto di spese varie per lei e per il professore, Ai non si accorse nemmeno di essere passata davanti alla casa di Mitsuhiko. Aveva imboccato quella via sovrappensiero, guardando il cielo ed ascoltando i cinguettii degli uccelli e pensando agli affari propri, e soltanto nel momento in cui aveva visto Mitsuhiko uscire di corsa dalla propria abitazione aveva realizzato di essere lì. Perciò si era avvicinata a lui sorpresa e sorridente, per salutarlo, trovandolo però sull'orlo delle lacrime.
Ad Ai non piacque in maniera istantanea il fatto di averlo visto correre fuori di casa con le lacrime agli occhi. Per niente, un connubio tutt'altro che rassicurante. Lui parve basito e imbarazzato trovandosela davanti all'improvviso, tuttavia la tristezza che portava nell'espressione in quel momento ebbe la meglio, e Ai lo notò.
Senza nemmeno pensarci, la ragazzina gli prese la mano per trascinarlo da un'altra parte, lontano da lì. E Mitsuhiko non le chiese nulla, né che cosa volesse fare né dove stessero per andare, semplicemente si lasciò portare passivamente dove lei preferiva, poiché capiva le sue buone intenzioni. E si fidava.
Quando quindici minuti dopo giunsero in un bar piuttosto affollato, Mitsuhiko non riuscì a trattenersi. Avrebbe voluto, vista anche l'ingente quantità di persone sconosciute intorno a loro, ma dopo aver udito Ai sussurrargli una frase come “fregatene, se ti devi sfogare” decise di darle ascolto. Ai era sveglia, sapeva sempre quale fosse la cosa migliore da fare, perciò volle darle retta. Almeno, lui la vedeva così.
Mentre lui dava sfogo ad un pianto ancora sconosciuto e incomprensibile, Ai si diresse al bancone sia per lasciarlo un po' da solo sia per ordinare qualcosa di fresco per entrambi. Ogni tanto gli lanciava delle occhiate per assicurarsi che non decidesse di andarsene via, o che nessuno lo infastidisse.
Quel pianto non ha niente a che fare con i classici piagnistei dei bambini. E' qualcosa di serio, mi chiedo cosa gli sia capitato.
Lo guardò ancora per qualche secondo preoccupata, vedendolo a tratti singhiozzare e a tratti calmarsi, fino a che la cameriera non le consegnò le bevande. Ai le portò entrambe al tavolo e a quel punto il ragazzino sembrava essersi tranquillizzato, le guance ancora rosse.
- G-grazie... -
- Figurati. Ti ho preso il succo alla pesca, so che ti piace più degli altri -
- Sì... - rispose lui a bassa voce, con un lieve sorriso timido.
La piccola scienziata si accomodò di fronte a lui, incrociando le braccia sul tavolo e notando in modo automatico che, come al solito, non arrivava a toccare terra coi piedi. Non poteva fare a meno di notarlo ogni singola volta, nonostante l'abitudine: e a dire il vero si trattava di una sensazione che non le dispiaceva, sicuramente l'apprezzava molto di più di quanto non facesse l'altro suo compare detective incastrato nella stessa situazione. In ogni caso si levò quel pensiero dalla testa, concentrandosi sul piccolo interlocutore di fronte a lei.
- Allora. Hai voglia di spiegarmi cos'è successo? Te la senti? -
- Non... non è una cosa interessante, ti annoieresti -
- Guarda che non mi annoio per ogni singola cosa di questo mondo -
- Beh, a volte un po' sembra così – rispose Mitsuhiko con tono sommesso, emettendo un lieve risolino. Contagiò anche lei, sapendo che in fondo lui stava scherzando.
- Dai, davvero, dimmi tutto. Sennò mi preoccupo – lo incalzò Ai.
- No, Ai, io non voglio questo! -
- E allora parlamene, coraggio. Magari riesco a darti qualche consiglio, che ne dici? -
Il ragazzino la fissò con un misto di apprensione e timore. Ai non capiva bene di cosa lui avesse paura, forse di dover fare uscire dalla bocca alcune considerazioni riguardanti la sua famiglia. Il problema doveva per forza risiedere lì, altrimenti non l'avrebbe visto fuggire dalla sua abitazione.
Lui poi annuì lentamente, ancora non del tutto convinto. Ma provò subito a rivelarle tutto ciò che gli frullava in testa.
- A... allora... il problema principale è rappresentato da mio padre e dai suoi modi di fare -
- Cosa fa? Risponde male a tua madre? O magari ti urla addosso? Ti ha dato qualche ceffone?! Perché in quel caso c'è da chiamare i... -
- No, Ai, no!! Aspetta un attimo! - ribatté lui, preso alla sprovvista.
- Ah, oh! Sì, sì. Scusa. Come al solito do per scontate le cose peggiori. - rispose lei, sentendosi internamente imbarazzata come non mai.
Se reagisco così come posso sperare che lui mi racconti qualcosa? Bloccati, stupida.
- Davvero, non è nulla di così grave... - riprese lui, con l'ombra di un sorriso.
Era intenerito dalla reazione spropositata di Ai, perché era vero, lei tendeva sempre a pensare al peggio e ai lati più brutti delle cose, quasi come se fosse immersa in una lotta costante contro il fato. Spesso le sue parole forti e i suoi atteggiamenti pessimisti mettevano a disagio le persone intorno a lei, o addirittura le irritavano. Ma a lui piaceva, gli piaceva da morire quel suo modo di agire così disfattista e spesso sprezzante delle consuetudini. A lei non interessava fare colpo sugli altri, le interessava dire quel che diamine pensava e, se poteva farlo con una certa sfrontatezza, non si faceva problemi. All'inizio anche lui rimaneva spesso spiazzato, ma poi ci aveva fatto l'abitudine in fretta, constatando che era un lato di lei unico e pazzesco. Era Ai, punto e stop, e non doveva cambiare assolutamente nulla.
Mentre la fissava, lui si ritrovò a sorridere pensando a quelle considerazioni. E arrossì di colpo.
Ai se ne accorse, alzando le sopracciglia perplessa.
- …Mitsuhiko? Che hai? -
- Eh?! N-niente! - rispose lui, riprendendosi. Non poteva certo dirle che stava un attimino ricordando quanto lei gli piacesse. - Dunque, s-stavo dicendo... -
E lui le raccontò tutto di getto, omettendo il meno possibile. Per tutta la durata del resoconto Ai rimase concentrata su di lui senza mai distogliere lo sguardo, annuendo di tanto in tanto. Alla fine lasciarono passare alcuni secondi di silenzio, in cui Mitsuhiko tenne basso lo sguardo e in cui la ragazzina rimuginò su ciò che aveva ascoltato.
Il problema principale era effettivamente il padre, il quale aveva iniziato a rincasare molto tardi quasi ogni sera, attribuendo il motivo ai pesanti e lunghi orari di lavoro. Motivo che però non reggeva, e la madre aveva quindi iniziato a porsi la classica domanda su cosa lui combinasse per rientrare a quegli orari, inventandosi palesemente un sacco di bugie. Indagine conclusa abbastanza in fretta, anche per via dei vari messaggi che la madre gli aveva scovato sul cellulare: messaggi molto vaghi e poco chiari, che però lasciavano intravedere la presenza di un'altra donna. Nonostante l'uomo si fosse poi difeso con la moglie, la donna aveva reagito molto male. Era iniziata perciò una serie di litigi dapprima sommessi e nascosti, che vedevano in campo soltanto i due genitori, divenuti poi nel giro di poco tempo manifesti e chiassosi, capaci di svolgersi in mezzo a parole violente e a pugni sbattuti sulle pareti, capaci di coinvolgere anche gli altri due membri che poco c'entravano, cioè Mitsuhiko e la sorella maggiore. Il ragazzino infatti, da sempre legato alla sorella, in quel periodo lo era ancora di più: più stavano vicini, più sopportavano la situazione. Purtroppo, però, pure lei non stava attraversando un bel periodo: la notte precedente Mitsuhiko non era riuscito a chiudere occhio, non solo perché angosciato dai problemi dei genitori, ma anche perché nella stanza accanto aveva udito la sorella piangere ininterrottamente. Lei stava affrontando la situazione in quel modo, inoltre la nuova scuola superiore in cui studiava era troppo difficile e severa, aveva tanti esami e poca concentrazione a disposizione, e il ragazzo che le piaceva le aveva appena dato un due di picche. Il suo modo per sfogarsi era quello, e Mitsuhiko avrebbe voluto darle supporto, ma non ce la faceva. Era arrivato al limite, costringendosi ad addormentarsi senza successo e fuggendo il giorno dopo da quella casa, per allontanarsi un po' da quel tipo di aria. Era domenica, qualcosa da fare l'avrebbe certo trovato: e poteva pure dire che trovare Ai di fronte a casa era forse la cosa migliore potesse capitargli.
Ai sembrò formulare un verdetto, mentre sorseggiava gli ultimi rimasugli del suo thè freddo dalla cannuccia.
- Quindi...? Che te ne pare? Sono esagerato? - chiese titubante Mitsuhiko, rialzando lo sguardo su di lei.
Ai finì completamente il suo thè, producendo il rumore risucchiante del liquido rimanente sul fondo del bicchiere. In tutta tranquillità, gli restituì lo sguardo. Era molto pacata e allo stesso tempo decisa.
- Ci sto pensando, e credo che farò una visitina a casa tua. - disse lei, per poi alzarsi serenamente dalla sedia. Lasciò i soldi sul tavolo e si avviò verso l'uscita del locale, seguita da un Mitsuhiko oltremodo allibito ed esagitato, e pure un po' terrorizzato.
- AI! Ai, no, fermati! Oh, dannazione... - provò lui, una volta che furono sulla via del ritorno verso casa sua.
- Ai, ehi, ti va di fermarti un secondo e dirmi cos'hai intenzione di fare? - chiese lui portandosi di fianco a lei con uno scatto, in preda all'ansia.
Lei camminava tranquilla, lo sguardo serio puntato di fronte a sé. Non si girò a guardarlo mentre gli rispondeva.
- Te l'ho detto, no? Vorrei che andassimo a casa tua. Solo un momento. Sai, devo chiedere un'informazione -
- Oh, avanti, non è necessario... non sei tenuta a farti carico dei miei problemi! - riprovò lui tirando fuori un sorriso forzato e un tono acuto di voce. Come diavolo faceva a bloccarla, adesso?
- Non mi faccio carico di un bel niente, Mitsuhiko. Voglio solo vedere com'è casa tua -
- Ma l'hai già vista! -
- La rivedo con piacere -
Il ragazzino si portò le mani al viso stropicciandosi la faccia, senza sapere più che pesci pigliare. Era fatta, okay, addio. La vedeva davvero grigia.
Appena dieci minuti più tardi si trovavano di fronte al campanello di casa Tsuburaya. Ai lo suonò, senza cenno di esitazione e mantenendo sempre quell'espressione serafica. Mitsuhiko credeva che se la sarebbe fatta nelle mutande: lo inquietava molto l'idea di vedere Ai fronteggiare il padre, che in quel momento era l'unico genitore presente in casa, visto che la madre era fuori per compere. Lo doveva ammettere, di film mentali negli ultimi mesi se ne era fatti parecchi, e tutti quanti vedevano come protagonisti lui e Ai, però più grandi e maturi: lui le chiedeva un appuntamento, lei accettava, andava tutto bene, veniva quindi il momento di farla conoscere ai genitori, la portava a casa sua, i suoi la accoglievano sulla soglia sorridenti, “ma che bella ragazza che hai trovato!”, le offrivano la cena, e tutto andava per il meglio. Questo significava far conoscere una ragazza ai propri genitori.
E non quello scenario apocalittico che stava per scatenarsi! Non Ai che, ancora piccola e apparentemente ingenua, ne diceva di cotte e di crude a suo padre. E pure a sua madre, se fosse stata presente. Maledizione, addio ai suoi idilliaci progetti...
- Ai, posso solo chiederti di... di contenerti un po'? - le chiese intimorito Mitsuhiko mentre attendevano una risposta dal campanello, avvicinandosi a lei.
La piccola scienziata si voltò verso di lui, il braccio ancora alzato e pronto a tirare una seconda scampanellata se nessuno fosse arrivato nel giro di pochi secondi, e gli sorrise. Gli sorrise in modo assai rassicurante e portatore di pace.
- Ma certo, Mitsuhiko. Certo. Avevi forse qualche dubbio? -

Nonostante quel sorriso, il ragazzino udì con grande chiarezza una nota diabolica nella sua voce. Deglutì, riconoscendo la propria impotenza in quella situazione.
D'accordo, al diavolo, si fidava ciecamente di lei. Mentre vedeva il padre che, perplesso, apriva la porta e attraversava tutto il vialetto d'ingresso diretto verso di loro, si fece coraggio per fronteggiare qualsiasi evenienza.
- Mitsuhiko...? Che c'è? Non mi ero neanche accorto che fossi uscito. Hai portato con te un'amica? Entrate pure se volete – disse cordialmente il padre ad entrambi, guardandoli.
- Piacere, signor Tsuburaya, chissà se si ricorda di me. Beh, altrimenti pazienza. Senta, una domanda veloce -
- Vuoi chiedermi qualche dolcetto extra come fanno tutti gli amichetti di Mitsuhiko, eh? - proferì lui con una mezza risata, rimembrando probabilmente Genta, che veniva lì un giorno sì e l'altro pure e che quindi sbancava loro il frigo. Ai ridacchiò candidamente allo stesso modo di lui, anche se con atteggiamento piuttosto finto, due melodiche risate che si allacciavano tra loro, finché lei non chiese:
- Ahah, figuriamoci, signor Tsuburaya! Non mi permetterei mai! Volevo solo chiederle se è a conoscenza del fatto che il suo tentativo di trasformare la sua pacifica famiglia in un pandemonio fatto di grida, tradimenti e pianti sta producendo conseguenze spiacevoli sulla salute dei suoi figli. Così, tanto per sapere! - dichiarò lei, mantenendo quel sorriso volutamente plastico sul proprio angelico visetto.
Il signor Tsuburaya sbiancò sul colpo, rimanendo immobile come una statuina scolpita in un luogo di intemperie, e pure Mitsuhiko assunse una forma molto simile. Ma il ragazzino, allo stesso tempo, sentiva di provare una gran gratitudine.
***
Mitsuhiko rise di gusto quando fece la mossa finale contro Ai, vincendo. Ormai la scacchiera era tutta in mano sua da un bel po', entrambi lo riconoscevano, ma lo scacco vincente era comunque doveroso per chiudere tutto in bellezza. Tuttavia non era quello il motivo della sua risata, bensì il ricordo di ciò che aveva fatto Ai poche ore prima. Dopo aver sputato fuori quella sua domanda sarcastica e puntigliosa al padre, era iniziata una piccola guerra di cui Ai aveva monopolizzato strategia e scoppio, vincendo indiscutibilmente: la ragazzina non aveva alzato la voce nemmeno una volta, al contrario l'aveva fatto il padre, sentendosi attaccato e messo alle strette. Il tutto comunque si era concluso per il meglio e senza spargimenti di sangue, con una frase finale di Ai simile a “Col suo permesso Mitsuhiko oggi sta con me da un'altra parte, finché non fate tornare l'ossigeno in casa vostra” e si erano dileguati. Lei effettivamente l'aveva invitato a casa di Agasa, quel pomeriggio, dove poi aveva avuto inizio quella sciagurata partita di Mahjong.
- Che fai, piccolo demonio? Ridi sulle mie spalle, sulla mia sconfitta?! Bel fairplay! - gli disse Ai, corrucciata.
- No, giuro che non è così! - ribatté lui, sempre ridendo.
- Comunque, riprendendo la tua domanda di prima: io dico che se un giorno di questi chiedi una partita a tuo padre, sono certa ti dirà di sì -
- Dici che potrebbe essere un po' rinsavito, dopo oggi...? -
- Diciamo che, magari, ci ha pensato un po' su. - disse lei, facendogli intendere una risposta positiva.
A quel punto lei gli prese la mano, per rassicurarlo. Lui si tramutò in un peperone rosso di stagione, evitando il suo sguardo ma ricambiando di buon grado la sua stretta. Avrebbe lasciato a lei la decisione del momento in cui interrompere quel contatto, perché lui di certo non l'avrebbe fatto.
Mitsuhiko ebbe modo di verificare quella sera stessa l'ipotesi di Ai. Ed era vero, lui e suo padre giocarono a Mahjong per ore, facendo più partite in tutta tranquillità. Nonostante le tensioni ancora percepibili, era stata una piacevole serata, e lo doveva soltanto a lei. Le telefonò prima di andare a dormire, trovandola ancora sveglia.
- Ai, grazie per oggi. Grazie di tutto, avevi ragione! -
- Ne sono felice, l'importante è che stai bene tu -
- S-sì... - ascoltando quella frase di Ai, lui divenne color porpora, ma si costrinse a ignorare il fatto.
- Spero di non averti disturbato. E spero che, se succedesse ancora una cosa simile... tu possa starmi ancora accanto. Non sarebbe andata così bene se avessi incontrato chiunque altro davanti a casa mia, stamattina -
Ai lasciò passare un po' di silenzio, sentendosi colpita e traendo gioia da quella frase così ben elaborata nei suoi confronti. Era piuttosto convinta che nessuno al mondo provasse emozioni tanto positive per lei quanto Mitsuhiko.
- Sì, anche se ti auguro non succeda più nulla di brutto. E in caso contrario... certo, sarò al tuo fianco – puntualizzò lei.
Lui sorrise raggiante e con il cuore librato, aveva sperato in quelle parole. Non avrebbe potuto chiedere di meglio e, nell'indecisione se rivelarglielo o meno, Ai lo anticipò:
- Sempre e solo se non ci mettiamo più a giocare a quel maledetto gioco, perché ne va della mia autostima! Altrimenti te ne puoi tornare a casa a piagnucolare nel tuo angolino, tsè! -
Mitsuhiko scoppiò a ridere, apprezzando l'ironia pungente della ragazza in qualunque situazione. Lei era così, ed era tutto ciò che lui chiedeva rimanesse.





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Ciaooooo ragazzi!!! Ehi, non mi sono volatilizzata nell'etere senza lasciare tracce XD Dopo una pausa “stagionale”, eccoci qui di nuovo con una parata di shot pronta ad essere sfornata ^O^ Come stateeeeee? Non ho certo dimenticato i vostri bei commenti e vi ringrazio infatti moltissimo per le precedenti recensioni! E voglio farvi sapere che sto seguendo alcuni consigli da voi stessi proposti. Infatti prima o poi la fantasia inizierà a scarseggiare, ragion per cui le vostre idee possono solo essermi d'aiuto :D
Fatemi sapere cosa ne pensate di questa, più delicata e rilassata rispetto alle ultime pubblicate :) Mi raccomando, vi voglio vedere carichi e belli come l'ultima volta!! *.* I due protagonisti in questione non si sa mai bene come inquadrarli, ognuno immagino la pensi un po' a modo suo, ma di certo non si può dubitare di un legame alquanto genuino. Troppo carini ç_ç Ma adesso lascio la parola a voi! Alla prossima! ^__^

 

  
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