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Autore: Ninfea Blu    10/09/2015    8 recensioni
Oscar ha delle sorelle, lo sappiamo. Questa storia parla di una di queste sorelle, una che non conosciamo, perchè la Ikeda non ha pensato a una possibilità del genere. Danielle ha davvero molto in comune con Oscar... stessi capelli, stessi occhi. Qui parlerò dei suoi sentimenti, del suo rapporto con Oscar e inevitabilmente con l'amico Andrè che potrebbe, in qualche modo, mettersi fra loro. Perchè Danielle, gemella identica ma più femminile della nostra madamigella, potrebbe avere il coraggio di essere tutto quello che non è Oscar...
Aggiunte fan art cap. 7 - cap. 12
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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28 – Ritrovarsi

28 – Ritrovarsi

 

 

 

Ecco il capitolo, e se potete perdonate la lunga attesa.

Grazie a tutte per l’incoraggiamento che mi date attraverso i vostri commenti, per me sempre preziosi.

Siamo quasi in dirittura d’arrivo, e magari entro l’anno riuscirò a terminare questa storia. Spero che abbiate pazienza fino ad allora.

Per ora, buona lettura e spero che il capitolo incontri il vostro gusto.

 

 

******

 

 

 

Sorpreso non era la parola che avrebbe usato lui. Esterrefatto. Incredulo. Alla fine, commosso.

Quanto aveva sperato André, quanto aveva atteso che accadesse qualcosa, un segno del destino che lo facesse sperare che non tutto era finito. Aveva quasi smesso. C’era mancato davvero poco.

 

E ora…

 

La luce nella taverna disegnava strane ombre sulle pareti e sui volti degli avventori, tanto che si chiese per un attimo, se non fosse vittima di un inganno dei sensi. Il silenzio sembrava perdurare e avvolgere tutto, anche i rumori lievi attorno a loro, come se provenissero da un altro luogo.

 

Ora non aveva parole da opporre di fronte a quegli occhi lucidi che lo scrutavano fissi, velati di un’ emozione che stentava a restare nascosta dietro le ciglia. Contro ogni aspettativa Oscar era di fronte a lui, in quella taverna di Etretat, in una sera come tante della sua vita. Era venuta a cercarlo. Forse per orgoglio, senso del dovere, timore o paura.

Forse per amore. Lo credeva, lo sperava.

Avrebbe voluto chiederglielo, subito.

Non seppe aspettare quelle parole, che parevano non voler uscire, sigillate dietro un turbamento troppo grande, troppo difficile da sciogliere. Doveva sapere.

“Come mai sei qui, Oscar?”

“Te lo spiegherò André, ma prima… per favore, andiamo a parlare in un angolo più tranquillo?”

La voce di lei tremò appena, nell’evidente sforzo di celare il turbamento. Lui ne fu intenerito. Non le avrebbe rifiutato niente, e comprese di fronte ai suoi occhi che lo catturavano, che la sua volontà volava via, trascinata lontano da una forza misteriosa e inspiegabile; se Oscar gli avesse chiesto di tornare indietro alla loro vecchia vita, l’avrebbe seguita anche subito, senza curarsi di nulla, né di Danielle verso cui nutriva affetto sincero e ben consapevole dei sentimenti messi in gioco, né di nessun altro. Non c’era rimorso che tenesse.

L’amore feriva sempre qualcuno e lasciava sangue sul terreno.

Quale potere aveva su di lui? Non era bastato fuggire in Normandia per salvarsi dal nodo troppo stretto di quel legame; gli aveva lasciato un segno rosso sull’ anima, come una strozzatura che bloccava l’ afflusso di aria nuova, impossibile da cancellare.

Era dunque, un uomo così debole? Fu solo un pensiero fugace, eppure il suo cuore palpitò attraversato da una scintilla di rabbia, subito spenta e repressa dietro le labbra serrate. André socchiuse gli occhi e scosse la testa, quasi con rassegnazione. La invitò a seguirlo presso un tavolo appartato, in un angolo del locale dove la luce troppo fioca delle candele arrivava appena.

 

Nessuno degli altri avventori prestò loro attenzione.

Chiusi nei loro mantelli, avevano l’aria di due uomini seduti a bere vino, per dimenticare chissà quale pena del cuore. Ma non erano lì per dimenticare, nessuno dei due. Forse era giunto il momento di alitare sulle fiamme sopite per riaccenderle, e non c’erano garanzie di nessuna sorta, che sarebbe stato indolore.

“Come ci hai trovati?” le chiese, calmo. Lei fu sorpresa e forse vagamente allarmata che parlasse al plurale. Ma non seppe decifrare il senso esatto di quella frase. Non capì se era deluso o indifferente, e André fu volutamente ambiguo, in un residuo tentativo di proteggere il cuore da altre botte impreviste.

“Non è stato difficile immaginare dove si fosse nascosta mia sorella. Etretat è stato il primo posto a cui ho pensato; per fortuna, così non ha fatto l’uomo mandato da Leopold che ha cercato Danielle attraverso mezza Normandia, prima di giungere fin quaggiù. Mio cognato conosce davvero poco la sua consorte.”

“Mentre tu la conosci bene… altrimenti non saresti qui…” le rispose con lo stesso tono quasi incurante. Forse aveva ancora voglia di ferirla, e se ne sorprese lui stesso. Non aveva senso insistere in quell’atteggiamento, lo capiva perfettamente. Doveva lasciare andare il rancore. Doveva lasciare andare lei. Lui, la sua scelta l’aveva fatta, no?

Ora, per quanto male poteva fargli, doveva tentare di ascoltarla.

Un moto di stizza l’assalì e Oscar avvertì una profonda amarezza invaderla; non voleva proseguire in quel modo, non voleva che lui pensasse di non essere importante, e l’impressione che le stava suggerendo era esattamente quella. Poteva quasi indovinare il pensiero nascosto dietro le iridi verdi. Lo so che non sei qui per me…

 

No, non è vero!

Come fai a pensarlo?

 

 

“Non sono qui per mia sorella, in realtà di lei m’importa poco. Il motivo principale è che sono qui per te, André… - parlò accorata, senza nascondere il trasporto che le faceva vibrare la voce, - Leopold sta venendo a cercare sua moglie. Sa che sei qui con lei, e crede che voi siate… siate…” Sospirò dolorosamente, non riusciva nemmeno a dire la parola. Fu André a dirla per lei.

“Amanti?”

Oscar sgranò gli occhi trattenendo il fiato, fissandolo nella penombra scura che gli mangiava parte del volto. Doveva fare uno sforzo per trovare la luce in fondo ai suoi occhi verdi, come fosse stato un faro nella nebbia. E lui, pareva ritrarsi, quasi volesse nascondersi tra le ombre sulle pareti.

“Tu che cosa credi, Oscar?”

“Non è importante quello che credo io, André… io vorrei solo sapere se è tutto perduto… o se c’è ancora un noi… sono venuta fin quaggiù per scoprirlo. Mi sei mancato così tanto…” Confessò con un tremito che non seppe nascondere.

Alle ultime parole, fu certa di vederlo sussultare, ma fu un attimo rubato, perché André tornò a nascondersi. Lo capiva, ma ne fu ugualmente ferita, ed ebbe paura. Pareva deciso a non farle sconti, e lei era pronta a pagare tutto, convinta che fosse uno scotto inevitabile. E rivolse una silenziosa preghiera alla notte, che alla fine, la luce verde dei suoi occhi tornasse luminosa per lei soltanto.

 

Posso sopportarlo, André… per riavere anche una sola briciola del tuo amore, posso sopportare anche questo… ci penserò poi, a far lievitare il pane…

 

“C’ è mai stato un noi, Oscar? C’era prima che ci facessimo del male?”

Non c’era durezza nella voce, solo la traccia di una pena remota che doveva aver bruciato a lungo. Oscar assorbì il colpo, senza protestare. Non ne aveva il diritto. Poteva solo essere sincera, con lui e con sé stessa.

“Volevo fingere che non ci fosse, André, che non fosse così importante, ma avevo torto. Quando l’ ho capito era troppo tardi per tornare indietro, per riparare... – fece una pausa prima di proseguire, con tormento e fatica. - Da quando ti sei allontanato, sono stata così male… non lo credevo possibile, soffrire così…”

“Oh, Oscar… - sospirò André. Trattenne il respiro pochi secondi, poi abbassò lieve lo sguardo sul piano di legno, troppo turbato per sostenere quegli occhi celesti. – Anche tu… anche tu, mi sei mancata… non sai quanto…”

E rialzò il volto a incontrare quello di lei. Non furono necessarie altre parole.

Bastò annegare ciascuno negli occhi dell’altro per comprendere che l’amore era ancora lì, e bruciava i cuori e le anime. Si strinsero le mani intrecciando le dita come tralci di vite, poi si alzarono e si allontanarono nascosti tra le ombre disegnate sulle pareti.

 

 

*****

 

 

“Che cosa volete davvero Danielle? L’ ho capito che siete qui per un motivo personale, che forse non ho neppure il diritto di chiedervi, ma io vorrei tanto che vi fidaste di me. Potete considerarmi un vostro amico; non vi giudicherò, qualunque sia la verità…”

Le parole di Tristan mi colsero alla sprovvista, ma non v’era altro che sincerità in lui. Eppure sapevo, sentivo che non era solo amicizia, quello che mi stava chiedendo. Tristan con pazienza, perseveranza, stava cercando di arrivare al mio cuore. Mi era fin troppo evidente, ormai, e lui non cercava neppure di celare la cosa.

Ma era la tattica a lasciarmi un poco confusa e perplessa. Non era incalzante. Sembrava che Tristan fosse in attesa, forse della mia impossibile resa… o forse di altro, di un orizzonte ancora troppo lontano perché io fossi in grado di vederlo.

E un poco mi dispiaceva che fossi per lui una possibile causa di sofferenza.

“Io già vi considero un amico sincero, e ho piena fiducia in voi, Tristan. Perché ne dubitate? Non vi ho forse, aperto il mio cuore, non vi ho esternato le mie più intime confidenze? Cosa volete più di questo?”

“Le vostre più intime confidenze? Non mi avete detto ancora tutto, Danielle… e io con voi l’ ho fatto. Non vi ho mai nascosto ciò che provo; non potete aver frainteso il mio trasporto.”

“Infatti, non l’ ho fatto. Ne ho solo preso atto, cercando di non alimentarlo. Vi prego amico mio, non fatevi delle illusioni… ve lo dissi già una volta.” Aggiunsi con serenità, mentre camminavamo fianco e a fianco, nel giardino della mia villa, tra le siepi delle rose ancora in boccio che spandevano attorno il loro profumo, con il sole che giocava sui nostri volti.

“Sì, rammento. – E fui certa della nota amara della sua voce – Non credo che il problema sia vostro marito; è per via di André, vero? Siete innamorata di lui…”

Lo guardai, stupita da tanta schiettezza, semplice e diretta. Era una constatazione che non implicava necessariamente una risposta, e probabilmente Tristan non si aspettava conferme, né dinieghi. Per lui, quella era la verità, e la accettava così com’era, senza finti imbarazzi, moralismi o vergogna. Tristan era una persona rara nel nostro ambiente, un uomo unico nel suo genere, e io non sapevo mentirgli. Potevo, al massimo, opporre la discrezione del mio silenzio.

“Non scegliamo di chi innamorarci, lo so bene, Danielle…- Mi disse semplicemente. Si era fermato, e mi ritrovai i suoi occhi incollati addosso. Mi scrutavano, ma con aperta benevolenza. - Solo mi chiedo: siete certa che i vostri sentimenti siano ricambiati?”

“André mi vuole bene, di questo sono sicura…” ribattei, e non mi accorsi di avere fatto quasi un’aperta ammissione. Ma con Tristan mi veniva spontaneo, come se avesse lo strano potere di abbattere i miei filtri.

“Oh, sì… sono certo che vi è devoto e molto affezionato. E suppongo che ha per voi il massimo rispetto, metterei una mano sul fuoco che è così. Ma voler bene, non vuol dire amare… sicuramente, lo comprendete anche voi, contessa. L’amore di cui parlo io, è altro da ciò che quell’uomo prova per voi.”

“Pretendete di conoscere il cuore di André, Tristan? È un po’ presuntuoso da parte vostra…”

“No, pretendo di conoscere cos’è l’amore. So cosa muove lo spirito di un uomo, e lo spirito di André è mosso da altro. Non posso sapere perché egli vi abbia seguito fin quaggiù, ma di sicuro le sue ragioni non hanno nulla a che vedere con le vostre, madame. Vi sto mettendo sull’avviso, Danielle, perché quando scoprirete come stanno le cose, voi ne soffrirete più di chiunque. - E senza esitazione alcuna, Tristan si avvicinò a me, abbassò il suo bel volto virile vicino al mio, e mi sfiorò una guancia tracciando la curva delicata dello zigomo con le dita. – Ma rassicuratevi contessa, che io, in quel preciso momento, sarò lì a sostenervi e darvi conforto. Le mie braccia vi accoglieranno come un sostegno sicuro e se piangerete, asciugherò le vostre lacrime con i miei baci più ardenti. E allora forse, mi vedrete con occhi diversi da ora. E non potrete più ignorarmi.”

Sentii tutta la spavalderia di quelle parole sussurrate sul mio viso, e il suo sguardo brillante fisso nel mio era carico di inaspettata dolcezza, e mio malgrado, mi sentii fortemente turbata. Lo fissai per alcuni secondi, persa in quegli occhi grigio/azzurri che spesso mi erano sembrati freddi, accesi di un inaspettato calore; poi posai la mia mano sulla sua per allontanarla delicatamente dal mio volto, mentre i miei occhi si abbassavano vinti e commossi.

“Tristan, vi prego, smettete…” balbettai, e non ebbi la forza di dire altro. Nel cuore avevo solo la paura che avesse ragione.

 

 

********

 

 

 

 

Come André aveva predetto, Leopold arrivò a Etretat.

Una tarda mattina di fine giugno, la sua carrozza fece il suo ingresso nel parco della tenuta e fu accolto da uno stuolo di servitori deferenti e un po’ intimoriti dall’inaspettata venuta del padrone.

L’unico a non risultarne sorpreso fu proprio il segretario della contessa, messo già in allarme dalla fonte più inattesa. Né si lasciò turbare minimamente dalla presenza del conte; nell’arco di una sola notte, la sua realtà si era trasformata in modo meraviglioso, ma nessuno, a parte lui e la diretta interessata, lo sapeva. Qualunque fossero i sospetti del conte di Recamier, o i motivi del suo arrivo lì, nulla potevano aver a che fare con lui. Non più oramai.

Ad André non sfuggì comunque, l’occhiata sospettosa al suo indirizzo, che Leopold gli rivolse, a cui fecero seguito parole maligne, ironiche e allusive.

Leopold si era accomodato nel salotto riservato agli ospiti, con l’aria di chi non volesse congedarsi tanto presto, e si rivolse al servo che restava in piedi di fronte a lui, mantenendo quella rispettosa distanza che il conte pretendeva da un inferiore di rango. E l’ ex attendente di madamigella Oscar, per lui era meno di nulla, l’ultimo salariato da tenere in considerazione. E non si sarebbe degnato di intavolare con lui una conversazione qualsiasi, se non era per i sospetti che gli agitavano l’animo.

“Che curiosa sorpresa trovarvi qui, André. So che avete lasciato il servizio presso mia cognata, ma non immaginavo che aveste seguito mia moglie, in qualità di segretario personale mi dicono, e io suppongo che dovrei credere a questa surreale diceria…”

Parole, notò André, smentite dall’atteggiamento di Leopold che non pareva affatto stupito.

“Non è una diceria, signore: sono davvero il segretario della signora contessa. Madame mi ha assunto con questo incarico, dopo aver lasciato il mio ruolo di attendente.”

“… E per caso, ricoprite anche altri ruoli, André? Questa nuova mansione vi pone in maggior intimità con mia moglie, dico bene?” Domandò Leopold con tono volutamente insinuante e mellifluo, che l’ex attendente accolse con freddo distacco.

“Non capisco a cosa alludete, signore.”

“Sì, sì certo… - Leopold palesò un gesto brusco con la mano. - Siete davvero bravo. Ci sapete fare, André: non vi scomponete di un millimetro. Ma la vostra conoscenza con mia moglie è troppo di lunga data per non pensare che tra voi ci sia una confidenza molto diversa, e la recente assurda richiesta di Danielle completa un quadro preciso, e sono certo che sapete di cosa parlo.”

“Non comprendo, signore. – Obbiettò André con assoluta calma. - Comunque, Madame Recamier mi ha assunto proprio perché mi conosce da lungo tempo, e in virtù di questo, ha la massima fiducia in me. Per tutto quello che non è di mia competenza, credo che dovreste parlare con la contessa. Se non c’è altro, col vostro permesso, mi ritiro.”

“Aspettate giovanotto! Non ho ancora finito! Spiegatemi, allora, perché non avete informato vostra nonna, una donna anziana che poteva essere in pensiero per suo nipote, della vostra permanenza qui a Etretat.”

Questa volta André sgranò gli occhi per la sorpresa, che presto si trasformò in palese fastidio.

“Cosa c’entra ora, mia nonna!?” Domandò interdetto.

“Ho avuto modo di parlare con la vostra parente. Vostra nonna non sa dove siete, di preciso. Mi chiedo a cosa è dovuto tutto questo mistero; forse dovrei indagare i motivi che vi hanno fatto abbandonare il vostro precedente incarico presso la famiglia Jarjayes.”

“Scusate signor conte, ma i motivi sono personali, e riguardano me soltanto.”

“Siete un insolente, ragazzo!” Borbottò il conte, visibilmente paonazzo, che non si aspettava tanto geloso riserbo.

“Come volete voi, signore.”

“Io esigo che mi diate delle risposte chiare!”

“E io non ho altro da dirvi, signore.”

André non avrebbe gradito altre ingerenze nel suo privato e il conte aveva l’arroganza tipica di chi crede di potere tutto, solo perché ha sangue blu nelle vene. I due uomini stavano scivolando sul terreno pericoloso di una discussione un po’ troppo accesa, interrotta per fortuna, dall’ ingresso in sala di Danielle vestita da amazzone, accompagnata da Tristan.

La contessa rientrava da una cavalcata in compagnia del giovane amico, che pure quella mattina era venuto a farle visita, come accadeva ormai frequentemente. Non aveva ancora lasciato le scuderie e dato disposizioni per la cura della sua cavalla Desiree, quando era stata subito informata da Ninette dell’arrivo del marito. Aveva assottigliato lo sguardo senza lasciarsi sconvolgere, e perentoria, aveva invitato Tristan a seguirla dentro casa.

“Volete conoscere quel gran signore che è mio marito, Tristan? – Ironizzò. - Venite con me, allora. Non avrete un’ occasione migliore di oggi.” E a passo svelto, sollevando un poco le gonne, si era diretta verso l’ingresso della villa.

Dal corridoio, colse la voce concitata di Leopold e quella calma, ma vagamente irritata di André. Entrò in salotto come un ciclone, spalancando la porta senza tante cerimonie.

“Leopold!! – Alla vista della moglie, l’uomo saltò su dalla poltrona. - Non è un buon vento quello che vi ha condotto qui. Siete appena arrivato, è già la vostra presenza disturba la quiete e la serenità di questa dimora. Che cosa siete venuto a fare? Non avevo alcun desiderio di vedervi… mi pareva di essere stata chiara.”

“Che accoglienza, mia cara. – Ribatté il conte con sarcasmo. - È stato più gentile il vostro segretario, per quanto ha rivelato una notevole insolenza che non ho gradito. Dovreste scegliere con maggior cura il personale di servizio, Madame… O in realtà, è una scelta molto ben oculata.”

Incurante del disappunto malcelato della consorte, la sua attenzione fu attratta dal giovane estraneo di aspetto distinto, entrato insieme a Danielle. Per un secondo, lo sfiorò il dubbio che stesse facendo la figura dell’ idiota, e che i suoi sospetti fossero caduti tutti sulla persona sbagliata.

“Chi è questo gentiluomo che vi accompagna, mia cara? Non mi pare di conoscerlo. Dovreste presentarci.”

Fu Tristan a farsi avanti con prontezza, mentre Danielle restava muta a osservare la scena, non troppo contenta.

“Infatti non ci conosciamo, messieur; sono Tristan De Laundes, e di recente, sono diventato un buon amico della contessa. Abito poco lontano da qui, e ho incrociato Madame durante un’ uscita a cavallo. Le ho fatto da scorta, e l’ ho riaccompagnata a casa.”

“Allora dovrei ringraziarvi. Laundes, avete detto? Io ho conosciuto vostro padre; era un amico di mio padre, il defunto conte di Recamier. Come sta il vecchio Laundes?”

“Sta bene, a parte qualche acciacco dovuto all’età… mantiene sempre il solito temperamento austero e autoritario…”

“Capisco, lo ricordo così, infatti. Mi scuserete Messieur De Laundes se vi chiedo di lasciarmi solo con mia moglie; ho necessità di parlare con lei di alcune questioni private. Potreste venire a farle visita un altro giorno…”

Leopold non ebbe bisogno di rivolgere lo stesso invito ad André, che colse subito il messaggio; l’esperienza decennale gli diceva quando la sua presenza non era richiesta né gradita. In silenzio, con l’espressione più neutra a celare il malessere, lasciò la sala, seguito da Tristan, che si era congedato con un inchino rispettoso e cortese.

 

 

 

*******

 

 

In procinto di andarsene, sulla soglia, Tristan non riuscì a trattenersi dal chiedere conferma delle sue intuizioni.

“Mi pare che tra Danielle e il marito non corra buon sangue, anzi, sembrano decisamente ai ferri corti. È così, vero?”

“Beh… Mi pare inutile negarlo, signore.” Fu il commento asettico di André.

“Non ho mai visto tanto astio, travestito da finta cortesia. Che situazione penosa. Ditemi, da quanto i loro rapporti sono così… ostili?”

“Non saprei dirlo con esattezza, ma non credo siano mai stati idilliaci; comunque, non sta a me dire certe cose.”

“Non vorrei essere nei vostri panni, André; trovarsi in mezzo a una disputa del genere tra marito e moglie non dev’essere piacevole…”

Il segretario abbassò lo sguardo e si aprì in un mezzo sorriso enigmatico, che sconcertò un poco l’altro.

“Non preoccupatevi per me, signore… nei miei panni io ci sto benissimo…”

Tristan indugiò ancora un istante, indeciso sul significato di quella frase, calcandosi il tricorno sulla testa. Preferì non approfondire, ma vi avrebbe riflettuto a lungo e con calma.

“Bene André, portate i miei saluti alla contessa. Ditele per favore, che tornerò a farle visita in un altro momento; mi faccia sapere lei quando sarà quello più opportuno. Non vorrei piombare qui, e mettere la contessa in imbarazzo col marito…”

“State tranquillo, le riferirò il vostro messaggio…”

 

 

*********

 

 

 

Ninette parlava mentre riponeva nella credenza della cucina i piatti del prezioso servizio di porcellana decorata a mano. André a braccia conserte, l’ascoltava appoggiato al bordo del grande tavolo su cui troneggiavano due grandi ceste ricolme di frutta fresca e ortaggi da pulire; poco prima, da una delle ceste l’uomo aveva afferrato una lucida mela rossa che ora addentava con gusto. La discussione tra i due andava avanti da svariati minuti, e la cameriera personale della contessa palesava tutta la sua inquietudine, scatenata dall’argomento che stavano dibattendo in maniera vivace.

“Non li ho mai sentiti litigare così, te lo giuro André. Il conte trattava la signora come l’ultima donnaccia che si possa incontrare per strada. E anche la contessa era furiosa, - non voglio avere più alcun legame con voi…voglio separare per sempre le nostre vite, in un modo o nell’ altro… vi detesto, odio voi, i vostri pensieri meschini e ipocriti. Sarebbe meglio essere l’amante dell’ultimo degli uomini che vostra moglie. – Così diceva la signora, ed era davvero inviperita.”

“Non è carino origliare alle porte Ninette.”

“Era impossibile non sentirli, parlavano a voce alta. Passavo di lì, e ho sentito tutto. Terribile!”

“Passavi di lì, e hai pensato bene di fermarti dietro la porta chiusa. Ninette, Ninette… vecchia volpe!” rise André, e agitò la mano in una finta minaccia all’ indirizzo della cameriera, che dimenticò per un momento i piatti di porcellana, e lo sfidò piazzandosi davanti a lui, con i pugni puntellati sui fianchi rotondi.

“Non fare il santarellino con me, mio caro! – Lo accusò maliziosa. - Tu fai sempre finta di nulla, ma con quel bel faccino che hai, metteresti nel sacco perfino il tuo confessore, e hai orecchie più acute delle mie, signor Grandier!”

“Solo quando serve.” Ironizzò André divertito, mentre Ninette continuava il suo racconto in maniera un po’ colorita, imitando talvolta i toni accesi dei due contendenti.

“È per questo motivo che volete il divorzio? Per rotolarvi nel fieno di una stalla con la plebaglia? Per accompagnarvi a un servo qualsiasi? La vostra condotta è volgare e scandalosa, una vergogna per il buon nome dei Recamier! Avrei ogni ragione di ripudiarvi! – Borbottava il conte, e sbraitava dicendo che non esiste una legge in Francia che preveda il divorzio, e anche un atto segreto non avrebbe alcun valore legale. Diceva alla signora di rassegnarsi e lasciare le cose come stanno…- Questo mai! Non mi interessano le leggi, mutevoli e fallaci come il cuore degli uomini. Io non voglio continuare a essere vostra moglie. Questa è la libertà che pretendo! E me la prenderò, a dispetto dei vostri ignobili insulti! Richiederò un annullamento, piuttosto. Mi rivolgerò a Sua Maestà. – Rispondeva la contessa con orgoglio, mentre il conte continuava con le sue malevoli accuse; dovevi sentirlo André, diceva che sei avvenente, così tanto che non si sorprenderebbe se fossi passato prima nel letto di madamigella Oscar - che cosa volgare da dire!! - però, a questa cosa che ha detto, io non ci credo; tu, amante di madamigella Oscar… è una cosa impossibile da credere…” 

André non era uno sprovveduto, conosceva l’arguzia di Ninette e nell’affermazione della cameriera colse l’implicita malizia, cui rispose negando subito ogni possibile congettura.

“Uff… Questa è una vecchia maldicenza che girava da tempo immemore già tra i corridoi di Versailles; a quest’ora sarà arrivata perfino all’orecchio della regina; se io e il Colonnello Oscar ci fossimo preoccuparci di tutti i pettegolezzi diffusi sul nostro conto saremmo impazziti…” minimizzò con gran disinvoltura, e morsicò con soddisfazione l’ennesima mela.

Ninette continuò a raccontare colorando tutto con sentimento vivace e spontaneo; Danielle negando tutte le accuse più o meno indirette del marito, aveva chiesto a Leopold di lasciare Etretat, ma il conte si era rifiutato, adducendo che c’erano altre cose che intendeva verificare, e qui il riferimento al ruolo inatteso del giovane Tristan era stato evidente.

“Il conte si è comportato molto male… parlava trascinato dal risentimento e dalla cattiveria… e l’amico di Madame, quel giovane Tristan è arrivato proprio nel momento peggiore: se almeno lui e il padrone non si fossero incontrati… povera signora, tutto sembra contro di lei…”

“Dimmi Ninette, credi anche tu, che io abbia una relazione con Madame Recamier?” Domandò Andrè, guardandola apertamente. Questa volta Ninette ebbe un attimo di esitazione, incerta su cosa rispondere.

“Beh… io questo non lo so… per me è evidente che madame abbia un debole per te, questo non puoi negarlo… - E fu lesta a cambiare discorso, per togliersi dall’imbarazzo. - Oh, André, cosa accadrà adesso? Madame potrebbe ottenere davvero l’annullamento?”

“Non è così semplice; ci devono essere delle condizioni particolari perché la chiesa annulli un matrimonio, e quello tra Danielle e il marito non mi pare le presenti. Ma so di casi in cui perfino la Sacra Rota cede senza problemi di fronte a lauti compensi in denaro. In realtà, non so bene perché la contessa si ostini in questa cosa. Le basterebbe separarsi, e vivere lontana dal conte, per ottenere lo stesso risultato. Mi chiedo se non sia più una questione d’orgoglio, che un anelito di libertà…”

“Beh, comunque André, io sono solo una semplice cameriera ignorante, ma trovo assurdo che un banale pezzo di carta firmato davanti a un prete, obblighi due persone che non si amano a restare insieme per sempre… mi spiace per questa situazione che coinvolge la signora contessa…”

“Che idea insolita, Ninette!! Eppure, credo tu abbia ragione… - Impressionato dal commento della ragazza, André all’improvviso si ritrovò a riflettere su sé stesso. - In realtà, due persone non sono obbligate a restare insieme se non lo vogliono, e credo che non ci sia pezzo di carta che tenga…”

E col pensiero Andrè corse a Oscar, alla consapevolezza che con lei probabilmente, non ci sarebbe mai stato alcun pezzo di carta, né alcuna firma. Non gli apparve più così importante, perché la semplice verità era un’ altra e superava le leggi effimere e imperfette degli uomini.

Lui e Oscar, nulla li obbligava a restare insieme, salvo vivere e obbedire a quel sentimento potente e assoluto, vasto come quel mare profondo e sconosciuto che si stendeva infinito davanti alla selvaggia, meravigliosa costa normanna, strisce blu scuro appena intraviste dalle finestre della villa.

Amore non chiedeva permesso né agli uomini, né agli dei.

Per loro era una catena salda e incorruttibile che legava le loro anime e i destini.

Era una legge incisa nei loro cuori, una necessità cui era impossibile sottrarsi.

 

 

********

 

 

 

La luce crepuscolare scendeva sul paesaggio, colorando tutto di quella particolare tinta neutra che confondeva cose e ombre, che rilassava lo sguardo e immalinconiva lo spirito. André si sentiva così, al pensiero che a breve sarebbe dovuto tornare verso la villa, da Danielle. Si sentiva come un’ ombra senza corpo che si perdeva annullandosi nella sera, leggero e pesante allo stesso tempo. Una tristezza vaga si insinuava in lui, mentre sentiva uno strano conflitto montare nel cuore.

La felicità colpevole e malata  aveva un gusto salato, lasciava una sensazione amara, un senso di vuoto alla bocca dello stomaco. Non era così che voleva sentirsi, ma se così doveva essere, lo accettava, per quella guerriera selvaggia, tenera e ribelle che dormiva placida, avvolta dal lenzuolo che modellava un corpo che sapeva accendersi e consumarlo al fuoco della passione più viva e ardente.

Si era alzato dal letto, si era infilato i pantaloni e si era avvicinato alla finestra.

Lì, era rimasto nascosto dietro la tenda pesante e un po’ consunta, fermo in piedi a osservare l’esterno, la vita che si muoveva discreta, le piccole barche dei pescatori che rientravano al porto, chi si indaffarata a scaricare la merce da vendere l’indomani al mercato del paese, il mondo fuori da quella stanza segreta, dove lui e Oscar si rifugiavano per qualche ora tutti i giorni, da almeno una settimana.

Sentì un fruscio provenire dal letto, e volse la testa in direzione del lieve rumore.

Oscar era seduta sul materasso con le ginocchia piegate contro il busto, le braccia nude a trattenerle. Gli occhi le brillavano, e un vago sorriso le aleggiava sulle labbra, e a lui quello bastava per allontanare tutta l’amarezza. Le sorrise sereno, quando vide la mano di lei invitarlo, con una carezza sul lenzuolo sfatto, a raggiungerla.

La sua sirena lo chiamava a sé, e lui, novello Ulisse si lasciava travolgere dal suo canto.

Non era mai stato così tra loro, ed era qualcosa di meraviglioso e appagante. Per quella gioia estatica si poteva tollerare qualsiasi senso di colpa, si poteva sopportare qualsiasi martirio, consapevoli che sarebbe stato spazzato via da una felicità più grande e completa.

Lui tornò verso il letto, tra le sue braccia che lo accolsero possessive, sulle sue labbra schiuse affamate di baci che rubavano il respiro e accendevano brividi sulla pelle, a ricevere di nuovo il suo sapore di donna, e a donarle il suo di uomo, miele aspro per lei così eccitante. Avrebbero fatto l’amore di nuovo, per l’ultima volta per quel giorno, prima di separarsi fino all’indomani.

I corpi si sciolsero subito sotto le carezze e si fusero senza impazienza uno nell’altro, per prolungare il più possibile quell’ ultima onda di piacere, preda di un nuovo delirio, dolce e avvolgente come una marea che li sommergeva. Dopo l’amore restavano ancora un poco abbracciati, la testa di Oscar reclinata sulla sua spalla, una mano abbandonata sul petto ampio del suo uomo, all’altezza del cuore, una gamba tra le cosce tese di André.

 

E parlavano di ciò che accadeva in quei giorni a Etretat, e in particolare alla villa.

Parlavano della vita lasciata a Palazzo Jarhayes, e di come sarebbe stato tornarci con un bagaglio più pesante, per tante, troppe ragioni, eppure più completo. Parlavano di quella strana attesa, che bloccava tutti lì, uomini e donne sotto quel cielo della Normandia che sull’orizzonte disponeva nuvole gonfie di pioggia, come soldati in battaglia.

Aspettavano il vento che venisse a ridipingere l’azzurro, senza sapere se sarebbe stato dolce come una brezza estiva, o crudele e violento come una bufera spaventosa.

 

E fu sera inoltrata.

Venne il momento di raccogliere i vestiti, tolti in fretta solo poche ore prima. Era quello il passaggio più triste, quello che speravano di rimandare fino all’ultimo secondo, nell’istante dell’ ultimo bacio disperato, promessa di un nuovo incontro.

Oscar annodò il fiocco di seta che chiudeva lo scollo della sua camicia immacolata. Mosse le mani lentamente come se dovesse guadagnare tempo prezioso, ma parlò con calma, e una sicurezza profonda permeava ogni sua parola.

“Io voglio che torni a palazzo con me, André. Ti rivoglio nella mia vita, come e più di prima. Sono stata una pazza e me ne rendo conto solo ora…- si portò una mano alla tempia, infilando le dita nella frangia - in fondo, è solo colpa mia se siamo arrivati a questo punto.”

“È inutile colpevolizzarsi, Oscar. Sono le nostre azioni, le abbiamo volute; non si possono respingere le conseguenze, possiamo solo accettarle…”

Oscar emise un sospiro pesante.

“Dobbiamo dirlo a Danielle. Ora che Leopold è qui, prima ce ne andiamo, meglio sarà; mi spiace per mia sorella, ma col marito dovrà vedersela da sola. Ha voluto cacciarsi lei in questa spinosa situazione, con la storia assurda del divorzio e tutto il resto. Già mi preoccupa il fatto che tu vada a dormire sotto lo stesso tetto con loro. Mio cognato è un inetto, ma se si ritenesse offeso in qualche modo, il suo senso dell’onore potrebbe fargli commettere qualche pericolosa sciocchezza. Non mi sono mai fidata di quell’uomo.”

“Se non torno alla villa, Danielle si insospettirà e mi troverei costretto a dirle la verità. Le dovrei dire di noi. Per ora credo sia meglio non farlo. Ti prego Oscar, dammi ancora un po’ di tempo, poi verrò con te, ovunque vorrai.”

Oscar sentì un nodo serrarle la gola.

“Non vuoi ferirla, è così, André? Ti sei affezionato a lei…”

Lo sguardo puntato a terra, Oscar si era bloccata nell’atto di sistemare un risvolto del polsino della camicia.

“In un certo senso, è così, Oscar. Sai, potevo davvero innamorarmi di lei… stavo per cederle… - Andrè si avvicinò e le prese le mani. Lei rialzò il volto per incontrare i suoi occhi e la sua anima in essi. – Non è successo solo perché ho ritrovato te, e questo amore che ci lega, più forte di tutto. Saperti al mio fianco, non mi fa temere nulla Oscar, neppure le accuse di tuo cognato. Ma Danielle… la ferirò comunque, quando scoprirà che ho fatto una scelta diversa da quella che lei si aspetta; vorrei solo che fosse pronta ad accettarla… vorrei evitarle un inutile dolore…”

“Non ti sei preoccupato così per me…” Obbiettò Oscar con lieve amarezza, ma sinceramente commossa, mentre André tratteneva ancora le sue mani e le portava alle labbra. La guardò serio mentre posava un bacio sulle sue lunghe dita.

“Tu sei stata sempre nei miei pensieri… - disse rauco - sempre Oscar, anche quando tentavo di scacciarti. Non sai quanto dolore mi è costato lasciarti sola… quanto dolore mi costa lasciarti uscire da quella porta… anche ora…”

“Oh, André…”

Oscar tremò e a malincuore si divincolò leggermente dalla sua presa. Afferrò il giustacuore appoggiato sullo schienale di una sedia e se lo infilò in fretta, dandogli la schiena. André era immobile e la guardava sollevarsi le chiome per liberarle dalle falde del colletto rigido. Un istante dopo lei si voltò, si mosse e lo abbracciò stretto, accostando il volto alla sua guancia. Chiuse gli occhi celesti per assaporare meglio quell’attimo. Lui le cinse appena la vita, mentre la sua voce vibrante gli arrivava all’orecchio.

“Ti aspetterò qui domani, e anche domani l’altro, André. Fai molta attenzione, e stai lontano da Leopold… - Seguì un respiro trattenuto. - Ti amo.”

Non disse altro. Lo baciò con passione e desiderio mentre André la tratteneva per la nuca e ricambiava il suo slancio, dopo si staccò da lui più velocemente di quanto avrebbe voluto; se avesse esitato troppo, se non avesse opposto resistenza non sarebbe più riuscita ad allontanarsi da quella stanza e dal suo abbraccio caldo, per tornare nel suo alloggio. Le ore future che li separavano erano una pena rinnovata ogni giorno.

Prese il mantello e fu fuori di lì in un lampo.

Per André, la porta si era aperta e chiusa troppo in fretta, come se una folata di vento gelido l’avesse attraversata. Sentiva già la solitudine riempirgli lenta il cuore.

 

 

 

Continua...

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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