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Autore: determamfidd    13/09/2015    1 recensioni
La battaglia era finita, e Thorin Scudodiquercia si svegliò, nudo e tremante, nelle Sale dei suoi Antenati.
La novità di essere morto sparisce in fretta, e osservare i propri compagni presto lo riempie di dolore e senso di colpa. Stranamente, un debole barlume di speranza si alza nella forma del suo parente più giovane, un Nano della linea di Durin con dei capelli rosso intenso.
(Segue la storia della Guerra dell'Anello)
(Bagginshield, Gimli/Legolas) Nella quale ci vuole tempo per guarire, i membri morti della Compagnia iniziano a guardare Gimli come se fosse una soap opera, Legolas è confuso, il Khuzdul viene abusato, e Thorin è quattro piedi e dieci pollici di sensi di colpa e rabbia.
[Traduzione]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Gimli, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Bilbo si svegliò. Di certo si era solo appisolato un attimo? Dannazione. Dov'era il suo libro? Ce l'aveva avuto in grembo solo un attimo fa.

«Se l'hai preso di nuovo, Erestor» disse irritato, e poi batté le palpebre sentendo la sua voce; non più roca e esitante, era chiara e rapida e decisamente infastidita.

Quindi. Era ancora quel sogno, quello che non ricordava mai bene quando si svegliava. Guardò le proprie giovani, lisce mani, e poi se le passò sul volto. Pelle soffice salutò le sue dita, senza la secca mollezza dell'età. Non c'era troppa luce, dovunque lui fosse, e si guardò attorno. Era seduto su un qualche tipo di cassettiera, e l'aria sapeva di chiuso ed era calda e rilassante.

Ci fu un gemito alla sua sinistra.

Bilbo girò la testa di scatto, i suoi ricci castani rimbalzarono ai lati della sua visione. C'era un letto contro al lato della stanza, con sopra un paio di coperte fatte a mano consumate e con una spessa pelliccia nera alla fine. Riusciva a malapena a riconoscere la figura sotto tutti quelli strati.

Si accigliò quando un paio di grandi mani squadrate uscì da sotto le coperte, chiudendosi in aria come se chiunque fosse il proprietario si stesse stiracchiando. La persona (persone?) fece un altro gemito, e poi ci fu il suono di dita che sfregano pelle coperte di pelo. Una grattata? Decisamente.

E poi le sopracciglia di Bilbo si alzarono quando Thorin Scudodiquercia, nudo fino alla vita e coi capelli più spettinati che Bilbo avesse mai visto, si sedette sul letto e si strofinò la faccia. Sbadigliò, e Bilbo avrebbe potuto contargli tutti i denti nella testa. «Avresti dovuto parlare prima, mia stupida stella» disse con voce piuttosto soddisfatta, continuando a grattarsi lo stomaco distrattamente. Sembrava tremendamente compiaciuto di qualcosa.

Oh, cavolo Bilbo non sapeva dove mettere la faccia Non questo, non ora, non lui! Thorin stava muovendo le gambe sotto le coperte, ancora mezzo addormentato, e ovviamente stava per alzarsi. Bilbo sentì le sue orecchie che iniziavano a bruciare, e sapeva che tutto il suo colto era rosso come un pomodoro.

Si ricordò tutto di colpo: in piedi nei prati assolati di Granburrone e fissare il proprio volto, invecchiato oltre immaginazione. Imparare che questi piccoli sogni ad occhi aperti erano più che sogni. Trovare che i fantasmi, per quanto improbabile suonasse, erano molto, molto più delle storielle superstiziose di bambini spaventati e creduloni.

Scoprire che questo pomposo, regale, intollerabilmente maleducato idiota lo pedinava da ottant'anni!

Il momento in cui Thorin lo notò fu ovvio, e si bloccò tanto completamente che avrebbe potuto essere fatto davvero di pietra.

«Devi girare sempre mezzo nudo?» esclamò Bilbo, e incrociò le braccia e guardò via. Insopportabile, insopportabile Nano attraente.

Gli occhi di Thorin andarono sulle sue gambe, dove era ancora posata la coperta. «Ho una coperta.»

«Davvero è tutto quello che hai da dire?» le orecchie di Bilbo tremarono per l'irritazione, e alzò gli occhi verso il soffitto. Era stranamente familiare, anche se non riusciva a riconoscerlo. «Vattene. Non ho nulla da dirti.»

«Bilbo» disse Thorin lentamente, e le narici di Bilbo si dilatarono «Mastro Baggins» si corresse in fretta.

«Non mi hai sentito?» disse Bilbo, continuando a fissare su. Non avrebbe guardato quel Nano ridicolo e sentito le sue scuse ridicole. No grazie! «Ho detto che non ho niente – anche meno di niente! - da dirti, quindi se non ti dispiace, buon giorno e vai! Via!»

«Ti ho sentito, Mastro Baggins. Ti lascerò, allora» disse Thorin, basso e deferente «Se posso vestirmi, me ne andrò. Non rimarrò a causarti dolore.»

«Causarmi – oh tu, tu insopportabile-» Bilbo sputacchiò, e le sue mani si strinsero sulle sue braccia «Gentilmente spariresti e basta? Stava perfettamente bene finché non hai deciso di intruderti, sdraiato lì spoglio come un'arancia sbucciata, addormentato e nella mia stanza! Dovrei -»

«Bilbo» disse Thorin lentamente, e poi sembrò esitare, come irritato con se stesso per averlo interrotto «Scusami, scusami per averti interrotto, ma – sei nelle mie stanze. Non te ne sei accorto?»

Ciò fece tornare gli occhi di Bilbo a Thorin, spalancati per la sorpresa. «Le tue stanze? Aspetta, com'è possibile?»

Gli occhi di Bilbo erano allo stesso livello dei suoi, così, e stava guardando direttamente il volto di Thorin. Il Nano sembrava abbastanza uguale a un tempo, quasi precisamente identico in effetti. Come se tutti quegli anni non fossero passati. «No lo so» gli disse, e Bilbo arrossì di nuovo e guardò via.

Ora che ci stava attento, era ovvio che questo non era Granburrone. Gli angoli erano quelli di rigide forme geometriche associate all'arte Nanica, e non c'era una sola foglia verde in vista. Non era un posto grandioso come l'aveva immaginato: piccolo e stretto e senza nessuna decorazione. Le mura erano di un qualche tipo di pietra grigia, con screziature nero brillante, come certi marmi che si ricordava dalla sua infanzia lontana.

«Allora» disse Bilbo, e si schiarì la gola «Sembrerebbe che sia io il presuntuoso – per una volta.»

«Presumi quanto vuoi» disse Thorin, e mise i gomiti sulle ginocchia e si guardò i piedi nudi «Non te lo impedirò. Mi farebbe piacere.»

Oh per - ! «Non era l'espressione di un desiderio di un qualche sciocco invito, grosso idiota galoppante» disse Bilbo, piuttosto freddamente «Era l'opportunità perfetta per scusarti per il tuo spiare e guardare. Una che hai mancato, naturalmente.»

«Ah» i capelli annodati di Thorin gli ricaddero sul volto, che era toccato da una leggerissima traccia di rossore «Le mie più sincere scuse, Mastro Baggins. Mi sono intruso nella tua vita in modo molto inappropriato, e ne sono dispiaciuto dal profondo del cuore.»

«Bontà, ti scusi molto bene quando decidi di farlo, eh?» commentò Bilbo, e Thorin alzò lo sguardo.

«Mi dispiace» disse, secco e senza alcuna traccia di finzione.

Bilbo strinse le labbra. «Non pensare di essere perdonato!» disse, e agitò un dito minacciosamente. Tutta quella – quella Nanicità, e i muscoli, e le spalle, e capelli dall'aspetto morbido pronti per essere afferrati – basta. «Perché sono molto, molto arrabbiato. Molto arrabbiato, e per un sacco di cose, non solo per il fatto che mi hai spiato, e – oh, per favore, mettiti una maglia, non riesco a parlarti così!»

Thorin batté le palpebre, e poi si strinse la coperta attorno ai fianchi e si alzò. «Molto bene, lo farò...»

Acri di pelle coperta di peli fini, e braccia tatuate e no, no, oh nonononononono. Bilbo strinse i denti e i suoi occhi scattarono di nuovo verso il soffitto. «Oh, dannazione.»

Thorin evidentemente decise di non interessarsi alla questione, mostrando finalmente qualche discrezione. Bilbo fissò il soffitto mentre sentiva l'altro che si muoveva per la stanza, evidentemente vestendosi il più in fretta possibile.

Anche se ad essere onesti, forse Bilbo avrebbe dovuto guardare Thorin che si vestiva? Chi sa cosa quel fastidio arrogante avesse fatto, girando e mettendo il suo naso Nanico fuori misura negli affari di Bilbo senza nemmeno chiedere permesso? C'era una sola cosa della vita di Bilbo che non fosse come un libro aperto per Thorin? Non gli era concesso nessun segreto?

Rimase a in silenzio per un momento, e poi un altro gemito fece tornare i suoi occhi a Thorin che lottava con una tunica blu. I suoi capelli erano per metà impigliati nel collo della tunica e per metà sul suo volto. Era tanto diverso dal Thorin Scudodiquercia che conosceva Bilbo che lui non poté fare a meno di fissarlo.

E poi il Nano, evidentemente imbarazzato dalla sua chioma recalcitrante, afferrò la spazzola sulla cassettiera. La cassettiera su cui Bilbo era seduto. La sua mano era passata direttamente attraverso la gamba dello Hobbit!

Le sopracciglia di Bilbo sparirono fra i suoi capelli, e sentì la sua faccia che ricadeva nella sua espressione più Baggins mentre Thorin lentamente si girava per guardarlo. «Ancora, le mie scuse» disse.

«Non te la stai cavando tanto bene, sbaglio» disse Bilbo, e non era una domanda. Thorin gemette, senza nemmeno cercare di nasconderlo, e si sedette sul letto e giocherellò con la spazzola nelle sue mani.

«Apparentemente no» disse amaramente.

«Nani» sospirò Bilbo.

Thorin non si mosse, seduto sul letto con la tunica messa di fretta tutta spiegazzata sulle spalle, i capelli un disastro e il volto pieno di frustrazione. Bilbo pensò brevemente a lasciare la testarda cosa maleducata al suo malumore, ma qualcosa lo fermò.

Thorin era diverso. Qualcosa in lui... era diverso.

Bilbo si era aggrappato il più forte possibile ai suoi ricordi mentre gli scivolavano via, e quelli di Thorin erano stati i più cari e i più dolorosi di tutti. Li aveva nascosti come se fossero stati premuti sotto a della carta. Gli aveva fatto la guardia come un drago fa la guardia al suo tesoro. Li aveva tenuti segreti e privati per tutti quegli anni, più preziosi e pericolosi di qualsiasi anello.

Aveva pensato di sapere tutto di Thorin Scudodiquercia; nobile, determinato, arrogante, ossessionato, solenne e imponente Thorin Scudodiquercia, che faceva sembrare gli stracci di Pontelagolungo abiti di seta e velluto. Thorin Scudodiquercia, che una volta era cambiato davanti agli occhi di Bilbo e non in meglio.

Ma questo Thorin era seduto lì, senza pretese né solennità. Non era minimamente maestoso. Solo un Nano dopotutto. Era semplicemente seduto lì e aspettava, coi capelli disordinati, le gambe nude sotto la tunica stropicciata e la barba spettinata dal cuscino. Una calma contrizione era scritta su ogni linea del suo volto.

Bilbo non aveva mai associato la pazienza a Thorin – né l'umiltà.

Stuzzicava il suo interesse. Lo intrigava.

«Oh, bene» disse a se stesso, e scese dalla cassettiera.

Thorin guardò Bilbo che si fermò di fronte a lui. Lui deglutì vedendo la scintilla di speranza negli occhi di Thorin, così in contrasto con la sua espressione rassegnata. «Dunque» disse, e represse l'istinto di dondolarsi e l'improvviso imbarazzo. Bontà, quanto assurdo era tutto ciò! «Queste sono le tue stanze? Dove, esattamente?»

«Io sono morto, Bil- Mastro Baggins» disse Thorin gentilmente, e Bilbo sbuffò.

«Sì, questo lo so. Non sono un imbecille, solo un po' smemorato. Non è colpa mia se non mi ricordo mai questi sciocchi sogni quando mi sveglio. Quindi. Dove sono? Mi sembra sia educato lasciarmi sapere dov'è che continuo a finire»

«Queste sono le Sale di Mahal» gli disse Thorin, e tenne gli occhi sulla spazzola fra le sue mani, tenendo i gomiti appoggiati sulle ginocchia. Bilbo si accigliò, cercando nella sua pessima memoria.

«Mahal, vi ho già sentiti dire questo nome» disse, e si picchiettò il labbro con un dito.

Il volto di Thorin non si mosse, ma i suoi occhi sorrisero e Bilbo soppresse la piccola capriola del suo stomaco nel vederlo. Piantala! «Senza dubbio» disse «Mahal è colui che voi chiamate Aulë. È il nostro Creatore, il padre di tutti i Nani.»

«Oh» Bilbo rimase in silenzio «La tua stanza?»

«Aye»

«È... più spoglia di quanto mi sarei aspettato» disse Bilbo, e colse l'opportunità di guardarsi attorno. Era davvero spoglia, così diversa dalle sale di un re. Thorin apparentemente viveva semplicemente nell'oltretomba. Un letto, sorretto da dei giunchi, quella montagna di coperte, una pelliccia per i piedi. Un baule, in legno e senza decorazioni, per i vestiti forse. Un tavolo con delle carte ammucchiate in una piccola pila. Una cassettiera, lo specchio di ottone con primule e caprifogli lungo i bordi. Quanto... non-Nanico. Un vassoio di legno pieno di fermagli e orecchini, tutti luccicanti dei riflessi grigi dell'acciaio. Stivali vicino alla porta – argh, perché qualcuno dovrebbe indossare cose simili – e dei vestiti gettati su un cesto. Una grossa lima, sul tavolo dove non dovrebbe essere stata. A cosa servirebbe una cosa simile in una stanza da letto? Tsk. «Al confronto il mio angolino a Granburrone è quasi un palazzo.»

La schiena di Thorin si raddrizzò leggermente, e c'era una certa durezza nella sua voce quando disse: «Ho trovato di essere molto meno interessato alla ricchezza ora. Non la avrò vicino a me. Mai più. Mai.»

«Sì, suppongo di sì» disse Bilbo distrattamente, e poi le parole registrarono e lui si voltò per guardare Thorin accigliato. «Oh, di certo non hai ancora paura di-»

Thorin rimase seduto fermo come una pietra.

«Oh» Bilbo si rimpicciolì un poco «Oh.»

«Scusami» disse ancora Thorin, e le parole ora sembravano dure e testarde nella sua bocca «Me ne andrò.»

Oh. Beh, non era questo che Bilbo voleva? Che questa piccola spia impiccione lo lasciasse solo?

La parte Tuc di Bilbo sussurrò: bugiardo.

Zitto gli disse Bilbo fermamente Se non fosse per te, non saremmo in questo posto tanto per cominciare.

Vuoi sapere perché è così diverso. Perché ha osservato te, fra tutte le creature. Perché è stato così maleducato.

Bilbo non era diventato più bravo a resistere alle tentazioni di quanto non lo fosse stato a cinquant'anni. Sospirò e si sedette accanto a Thorin. «No – non andare» disse, e si strinse le mani per tenerle ferme e guardò verso di esse e decisamente non verso Thorin «Andiamo, non ti farei scappare via dalle tue stanze!»

«Ma mi allontaneresti dalle tue, e quindi ti lascerò in pace, Mastro Baggins» disse Thorin, e fece per alzarsi.

«Beh, se facessi a te tutto quello che hai fatto a me, avremmo altri ottant'anni da passare e dovremmo trovarci dei bastioni» esclamò Bilbo «Siediti.»

Dannazione. La sua lingua era sempre stata un po' troppo affilata. Si fece forza per affrontare la rabbia di Thorin, ma non arrivò. Invece, comprensione e rimorso brillarono sul volto di Thorin, e lui rimase calmo mentre si sedeva di nuovo.

Così cambiato! Come aveva fatto a cambiare tanto completamente? Perché non avrebbe ruggito a Bilbo? Dov'era quell'accenno di risentimento che era sempre stato appena sotto la superficie della sua espressione dignitosa; quell'aria di terribile tragedia e di desiderio di vendetta?

Gli occhi del Nano andarono a Bilbo, e poi tornarono davanti a sé. «Mi...»

«Se mi dici ancora che ti dispiace, me ne andrò e non tornerò» Bilbo alzò un dito in aria «Non finché non avrò avuto delle risposte, e fatto sentire una o due delle mie opinioni! Allora ascolterò le tue sciocche scuse, e non prima.»

Thorin aprì la bocca, e allo sguardo furioso di Bilbo, la richiuse.

«E poi, sembri un pony arruffato, usa quella tua spazzola» Bilbo tirò su col naso e incrociò le braccia «Su.»

Thorin lo guardò di sottecchi, e molte espressioni passarono sul suo volto, da arrabbiato ad amaro a leggermente divertito. Ma non disse una parola. Invece, alzò la spazzola e iniziò a passarla nel folto disastro annodato che erano i suoi capelli, gemendo quando se li tirava.

«Bene, ora che hai un'occupazione utile» borbottò Bilbo, leggermente sorpreso. La sua insolenza aveva avuto dei risultati, ma non quelli che si era aspettato. Quindi Thorin non era del tutto diverso: aveva visto rabbia e irritazione lì. Aveva ancora tutto il suo amato orgoglio, ma non sembrava che fosse ancora superiore alla sua ragionevolezza.

Lo Hobbit si mise più comodo e si girò leggermente verso Thorin. «Ho delle domande. No, non parlare ancora!»

Thorin si morse il labbro inferiore.

«Voglio risposte, non motivazioni. Mi capisci?»

«Aye»

«Bene» Bilbo tirò su col naso e scalciò coi piedi pelosi per un momento, lo stomaco pieno di farfalle. Ora che le risposte erano così vicine, non sapeva se le voleva davvero.

Esitando, Bilbo pensò a qualcosa da dire, qualsiasi cosa. Il suo sguardo cadde su una pelosa, nuda gamba Nanica e lui arrossì di riflesso, prima che i suoi occhi andarono a quei piccoli piedi senza peli e con le dita minuscole. Non poté fare a meno di esclamare: «i tuoi piedi sono ridicoli. Nemmeno un riccio. Ho visto bambini con più peli sui pollici.»

«Era una domanda?» la bocca di Thorin si stava incurvando. Confuso, stupido Nano.

«Solo un'osservazione» disse Bilbo altezzoso, e sbuffò quando Thorin lo guardò curiosamente «Prima domanda: perché mia hai spiato? E sto usando molto attentamente la parola spiato. Più che altro perché non vorrei usare la parola perseguitato, per quanto possa essere appropriata. Ebbene?»

Thorin rimase in silenzio mentre ci pensava per un momento. «Mastro Baggins» iniziò, e poi fece un respiro profondo «Perché ti ho ferito, e ti ho lasciato solo. Perché ti amo, e penso – perdonami – penso che tu provassi affetto per me. Perché devo fare ammenda, per tutto il male e il dolore e i pericoli che ti ho portato. E perché... perché mi piaceva. Perché volevo esserti vicino.»

I suoi occhi si chiusero. «Mi faceva felice.»

Bilbo si sentiva come se fosse stato colpito da un fulmine. Una strana sensazione era apparsa nel suo stomaco, facendo muovere le farfalle in modo piuttosto fastidioso. Si leccò le labbra, e poi se le leccò di nuovo.

Bene.

Lo faceva felice, ringhiò a se stesso, mentre una vocina nella sua testa iniziava a strillare perché ti amo, perché ti amo, ti amo, tiamo, perchétiamo; Oh, lo faceva felice, davvero, infilarsi nella vita di Bilbo come ne avesse il diritto! Lo faceva felice chiamare Bilbo suo, come un animale domestico?

Come osava-

- penso – perdonami – penso che tu provassi affetto per me.

Come se importasse! Non aveva nemmeno chiesto! Non aveva nemmeno – di tutta l'arroganza!

Thorin guardò su, e la preoccupazione attraversò quegli occhi chiari. «Bilbo?»

«No» sibilò Bilbo.

Thorin ingoiò le sue parole, e chinò il capo.

«Tu...» la voce di Bilbo si spezzò, e lui fece del suo meglio per far asciugare i suoi occhi sospettosamente umidi per un momento «sai, mi ero dimenticato com'eri quando pensavi di essere quello che sapeva tutto?»

Thorin rimase in silenzio.

Bilbo fece un respiro profondo e tremante, e poi alzò la testa. «Stupido Nano» disse «Beh, almeno stavolta non ti stai tuffando di testa nel pericolo. Solo nella mia vita.»

Thorin posò la spazzola, e si alzò lentamente ancora una volta. «Ti lascerò in pace» disse, e non incrociò lo sguardo di Bilbo.

«Siediti» disse Bilbo, secco come lo schiocco di una frusta.

Thorin si sedette.

«Io sono furioso con te» disse Bilbo, e si voltò per affettare Thorin col suo sguardo. Qualsiasi cosa ci fosse nel suo stomaco aveva preso fuoco. «Mettiamo per un secondo da parte la tua presunzione e il tuo spionaggio e la tua arroganza, va bene? Non ero da solo perché volevo stare con te, grosso sciocco idiota morto. Ero solo perché volevo esserlo. E sì, provo – provavo affetto per te» e pronunciò il più rapidamente possibile quelle parole. Sembravano instabili, come sabbie mobili, e lui continuò: «ma mi piace sapere quando ho compagnia, non importa di chi! Di certo la notte del nostro incontro te ne diede prova? Io non potei di certo dire sì, entrate e benvenuti, oh no, non ho nemmeno avuto scelta: siete tutti entrati come fate sempre voi Nani. Io pensavo di essere solo, Thorin! E ora scopro di non essere mai stato davvero solo. Per tutta la mia vita, la mia privacy non ha mai avuto nessuna importanza per te. Non ne avevi il diritto!»

Thorin sembrava piuttosto pallido, ma rimase seduto e ascoltò, il respiro rapido. «Bilbo, io -»

«Ma a te ovviamente non è importato!» Bilbo alzò le mani «E come ciliegina sulla torta, mi chiami tuo – come se mi possedessi, come se ti portassi la mia vita in tasca!»

Thorin fece un suono di dissenso, nella gola, ma Bilbo continuò senza dargli modo di interromperlo:

«Oh, e esaminiamo quella piccola perla di prima, che dici? Che devi fare ammenda. Ammenda come? Facendomi diventare uno spettacolino per divertirti?»

«No!» Thorin ruggì «mai!»

«E allora come, prego?» Bilbo lo guardò storto, anche se c'era una piccola parte di lui che era in qualche modo sollevata dal notare che Thorin poteva ancora scomporsi.

«Mi – mi è stato dato un dono» disse, e Bilbo lo osservò mentre tremava e faceva un respiro profondo, calmandosi più in fretta di quanto non lo avesse mai visto fare «Posso raggiungere la mente subconscia del mio ascoltatore nel mondo vivente. Ho provato a parlarti molte volte. A volte questo te stesso più giovane – il te stesso subconscio – ascolta. Il te stesso più vecchio a malapena mi sente.»

«E non hai mai pensato di dirmelo» Bilbo scosse la testa, e alzò le sopracciglia in segno di sfida «Non mi ricordo che qualcosa di simile sia successo.»

«Pensavo tu non fossi che la mia solitudine, che si fosse guadagnata forma e voce» sospirò Thorin «Non sono un esperto in questo genere di cose, e la mia mente mi è già stata traditrice prima.»

Oooooooh. Una piccola scintilla di pietà apparve nel petto di Bilbo, e lui si schiarì la gola. Questo... spiega parecchio. «Oh. Oh, capisco. Beh, ha senso, suppongo» Bilbo si torturò il labbro inferiore.

Ma non si sarebbe scusato, però! Nano insolente. Solo perché si sentiva solo non aveva il diritto di entrare nelle vite degli altri senza il loro permesso. «Ammenda, quindi...»

«Per come ti ho trattato» spiegò Thorin «Per averti portato tanto terrore, per trascinarti nella spirale della mia follia e paranoia. Per la mia crudeltà. Per -»

«Sì, sì, mi ricordo, ero lì» disse Bilbo irritato. Thorin avrebbe gentilmente smesso di stuzzicare sentimenti a lungo nascosti? Oh, perché aveva chiesto delle risposte! Accidenti, accidenti, accidenti. «E ne parleremo, segnati le mie parole:-» sul mio cadavere «- ma cosa intendi fare come ammenda?»

«Ho giurato di proteggerti» Thorin scrollò le spalle, e poi lasciò che ricadessero «E poi quando tu fosti al sicuro senza il mio aiuto, nella casa di Elrond, io controllai Frodo e la Compagnia al tuo posto. Ho fatto da guardia ai loro passi. Ogni Nano della mia famiglia e della Compagnia lavora giorno e notte, scrivendo rapporti sulla Guerra.»

Del ghiaccio scese lungo la sua schiena. Gli occhi di Bilbo si allargarono. «Cosa? Frodo è vivo? Sta bene? Sta mangiando?»

«Vive» annuì Thorin, e si girò verso Bilbo «Vive. Il suo peso aumenta di continuo, ma lui si avvicina ogni giorno di più al fuoco. Il mio ultimo rapporto dice che fosse su qualcosa chiamato le “scale di Cirith Ungol”, ai confini di Mordor.»

La mano di Bilbo andò alla sua bocca. «Oh, ragazzo mio» sussurrò, terrorizzato.

Thorin sembrò farsi forza per dire qualcosa di brutto. Più brutto. «Ha trovato una guida.»

«Una guida?»

«Gollum»

Bilbo sentì il suo intero volto che crollava, e un gemito acuto sfuggì alle sue labbra. «Oh no» sussurrò.

«Mi dispiace così tanto» disse Thorin, piano.

«Frodo, oh il mio Frodo» pianse Bilbo «Come puoi proteggerlo a Mordor? Come puoi proteggerlo da quella piccola scivolosa vile bestia? Come puoi proteggerlo da quell'orrore strisciante che è quel dannato, maledetto Anello? Come può chiunque?»

«Fatti forza» disse Thorin, e poi fece una smorfia alle proprie parole inutili «Frodo mi sente a volte, così come Sam. È più difficile ora che Gimli non è con lui, certo.»

Perché, cos'era successo? Si ricordava vagamente quel Nano rosso che si spazientiva facilmente al Consiglio, così simile a Glóin. Perché non era con la Compagnia? «Cosa gli è successo?» Bilbo tirò su col naso e se lo sfregò con la mano «Non è...?»

«Nay, è vivo» la testa di Thorin si chinò, e lui sembrò stranamente rattristato «La Compagnia è stata distrutta, ma vivono tutti tranne uno. Boromir.»

Oh bontà, mi aveva spaventato. Bilbo fece un sospiro di sollievo, e poi gemette. «Oh, mi dispiace...»

«No, è comprensibile. Io li conobbi tutti, mentre tu conosci solo i tuoi parenti» fece un sorrisetto a Bilbo «Tuo cugino Pipino ti somiglia molto.»

«Sciocchezze. Lavati la bocca. È un Tuc» Bilbo sbuffò.

«Lo sei anche tu» Thorin alzò le sopracciglia.

C'era una sola, singola cosa della sua vita che Thorin non conoscesse? Probabilmente sapeva i nomi di tutti i vicini e conoscenti di Bilbo, e quale delle sue piante di pomodori faceva i frutti migliori, quell'irritante spia. «Irrispettosi, invasivi, egoisti, cocciuti, fastidiosi Nani» borbottò Bilbo, e si strofinò ancora il naso «Dovrei rimanere qui tutto il giorno, farti assaporare la tua stessa medicina.»

«Come ho detto, sei il benvenuto» Thorin inclinò la testa «Hai il mio permesso di venire e andare quando lo desideri, senza riserve. Mi dispiace davvero di non aver cercato un tuo permesso. Per la mia presunzione, Mastro Baggins, soffrirò felicemente qualsiasi punizione tu desideri darmi.»

«Punizione!» Bilbo batté le palpebre, e poi si accigliò «Aspetta, pensi che io voglia punirti?»

«Perché no?» disse Thorin, sorpreso.

«Oh per...» Bilbo scosse la testa «Sul serio? Sono arrabbiato, ma non voglio farti del male, testarda creatura idiota.»

«Ho tradito la tua fiducia» obbiettò Thorin, e Bilbo sbuffò ancora.

«Ah, ma non prima che io tradissi la tua, quindi siamo pari. Non serve punizione»

«Pari» disse Thorin, piatto «Bilbo, ti ho isolato dalla mia Compagnia, ho versato il mio veleno nelle tue orecchie, ho stretto le mie mani attorno al tuo collo e cercato di strozzarti. Ho provato a gettarti dalle mura di Erebor. Ti ho portato in una battaglia disperata e ho portato via tutta la gioia che tu avevi nello stare a casa tua. Erebor è ora in mani Naniche grazie a te: il più caro, dolce sogno della mia vita. Ora capisco che ho persino portato via la tua privacy e ho supposto un livello di affetto che – no, Bilbo, noi non saremo mai pari. Ti devo troppo per questo!»

Bilbo ignorò la sfilza di azioni e torti: non era più di quanto non avesse detto a se stesso per quasi ottant'anni dopotutto. I suoi torti erano ancora più gravi, e per ancor meno. Frodo, ah, Frodo.

Ma – supposto un livello di affetto? Bilbo non si era provato, non aveva provato di averne, più e più volte? Non l'aveva fatto?

Così tanto per emozioni sepolte, per i suoi risentimenti e affetti a lungo meditati. Le orecchie di Bilbo si scaldarono, e sentì la sua rabbia che saliva lungo la sua pancia per entrare nella sua bocca. «Supposto un livello di» sputacchiò, e saltò giù dal letto per fissare Thorin. Parte di lui scosse la testa alla sua audacia, ma il resto di lui stava cavalcando l'onda della sua furia. «Scusami, Thorin così-dannatamente-chiamato Scudodiquercia, stai dubitando di me? Dubiti di me?»

«Non dubiterei mai di te, mai più, io-»

«Chi ha portato il tuo miserabile culo peloso fuori da Bosco Atro, eh?» esclamò Bilbo. Lo stesso impulso incosciente che un tempo lo spinse a affrontare draghi e frugare nelle tasche dei troll e rubare eredità reali senza prezzo ora gli sciolse la lingua. «Chi ha impedito che quell'Orco ti tagliasse quella testa piena di sassi? Chi è rimasto con te e ha cercato di farti mangiare, in quella lurida pila di oro avvelenato da una lucertola? Chi era che ha gettato via qualsiasi speranza di avere una buona opinione ai tuoi occhi per la possibilità di salvarti la pellaccia? Io, ecco chi, e ti ringrazierò se non dubitassi mai più del mio “livello di affetto”. La tua impudenza!»

«Lo so – Bilbo, lo so che l'hai fatto, e non potrò mai...» Thorin si strofinò gli occhi coi pugni e gemette «Non potrò mai ripagarti. Mai. Ti devo tutto, e non dubiterei mai di te. Ma. Io ti ho ferito.»

«Sì, mi hai ferito, e sì, ne sono arrabbiato» ringhiò Bilbo «Ma tu stai davvero suggerendo che io non ti abbia mai fatto del male?»

«Io...»

«Perché io ricordo delle lacrime nei tuoi occhi, Thorin Scudodiquercia, e mi hanno perseguitato molto più del tuo fantasma» sibilò Bilbo.

«Tu non hai mai alzato le mani contro di me, nemmeno quando ero sotto l'effetto dell'oro» disse Thorin rabbiosamente, e scosse la testa «No. Bilbo, no: non è lo stesso – e tu lo sai!»

Le mura di pietra rimbombarono con le ultime parole.

Ancora bravo ad arrivare al punto. Ancora bravo a far discorsi. Bilbo cercò di controllarsi, ma fu un completo fallimento. Aveva represso tutto per così tanto. Certo, Thorin dannato Scudodiquercia doveva solo parlare, e la sua diga era incrinata Ora? Ora aveva rotto gli argini e tutto stava esondando. Tutto ciò che aveva tenuto nascosto per settantotto lunghi anni stava uscendo: rabbia, dolore e risentimento fischiavano nelle sue orecchie. Il privato calore nascosto e il decennale desiderio profondo fino alle ossa battevano nel suo cuore.

Chiuse gli occhi e cercò di farsi forza.

«No, non è lo stesso» disse infine, e la sua voce era piatta e controllata. Ne era piuttosto orgoglioso. «E sei andato a farti uccidere prima che io avessi occasione di arrabbiarmi con te, per davvero. Sei morto, Thorin, e io non potei mai vederti cambiare, imparare a perdonarti, fidarmi ancora di te. Invece, sono invecchiato e ho tenuto tutto dentro e mordevo e ringhiavo a tutti quelli che provavano a parlarmene. Sono stato un vecchiaccio sospettoso per più di quanto riesca a immaginare, e non so nemmeno se posso ancora cambiare.»

«Mi dispiace» ripeté Thorin «Mi dispiace così, così tanto.»

«Lo dissi allora, e lo dirò ancora: sono stato felice di aver condiviso i tuoi pericoli» disse Bilbo, e guardò via. Andiamo, Matto Baggins. Sei abbastanza vecchio per scambiare onestà per onestà, verità per verità. «Ma sono meno eccitato di aver tutto questo tirato su. Pensavo di aver nascosto per benino tutto nei miei ricordi, di non toccarli mai più. I miei piccoli segreti» aggiunse, e sospirò «I miei segreti sono distruttivi quanto i tuoi alla fine, sembra.»

«L'Anello» disse Thorin piano.

«L'Anello» confermò Bilbo «Ah, che cosetta utile e furba che è! E così leggera, troppo leggera quando consideri tutto il male che porta. Smaug lo disse per primo, lo sai. Ho dei bei modi per un ladro e un bugiardo. Tu di certo non sei stato la fine di quella piccola avventura.»

Fissò le sue giovani, lisce, chiare mani. «Non mi meraviglio di essere diventato un tale vecchiaccio paranoico.»

«Io non dubito di te, Bilbo, né sottovaluto l'influenza dell'Unico Anello» disse Thorin, e guardò lo Hobbit «Ho udito la sua voce dolce, e conosco i tentacoli striscianti dell'ossessione e della sfiducia meglio di molti. Ma tu parli di affetto, e di dolore, e balli attorno ai significati con le tue parole. Inizi litigi e non incontri il mio sguardo. Volevi risposte, e ore le eviti.»

La bocca di Bilbo si chiuse.

Giuro, Thorin è veramente cambiato.

«Non ti metterò pressione» disse Thorin, e guardò completamente Bilbo. Il suo volto era serio e bellissimo sotto i suoi riottosi capelli screziati di grigio. «Non mi aspetto nulla – non mi merito le tue spiegazioni. Ma ti dico questo: Bilbo Baggins, io ti amo. Ti amavo quando non sapevo cosa fosse che provavo. Senza che me ne rendessi conto sei entrato nel mio cuore, Mastro Scassinatore.»

«Per carità, di nuovo i melodrammi» disse Bilbo, debolmente. Tutte queste dichiarazioni! Il suo cuore non poteva reggerlo; era troppo.

Ma Thorin stava ancora parlando. «Circondato da tradimento, maledetto dall'avidità del drago e pieno di rabbia, non potevo capire in vita perché fossi attratto da te, sempre di più. Perché, quando la mia mente fu spezzata, cercai te e non la mia famiglia. Perché mi sentivo infine in pace sul ghiaccio, con la tua mano sui miei capelli e la tua voce nelle mie orecchie» i penetranti occhi chiari di Thorin andarono al pavimento, ai suoi stupidamente adorabili piedini «Fui violento, e stupido. E non mi sono comportato bene nemmeno in morte, sembra.»

«Non... non esattamente, no» disse Bilbo, e il suo volto sembrava molto caldo. Era troppo, troppo in fretta. Si sentiva molto scombussolato. C'era qualcosa come il tè fantasma? Ne avrebbe voluto una tazza. «Perché? Non... non l'amore» la parole corsero fuori dalla sua lingua, malferme e scivolose «Dimmi perché fai la guardia a Frodo per me, perché ne hai fatto una questione di tale importanza.»

Thorin rimase in silenzio per un momento, e poi disse: «Non sarò sorpreso se non mi crederai, ma dico il vero quando dico che il mio senso di colpa mi avvelenò. Sono stato chiuso nella vergogna e nell'odio per me stesso. Ho strappato ogni parte buona del mio passato nella mia fretta di condannare i miei difetti. Non mi sono permesso alcuna pace, guarigione, comprensione. Mi sono portato ai limiti della mia resistenza e punito in modo che chiamerei crudele se fosse inflitto a coloro ai quali voglio bene. Se non sono stato gentile verso gli altri, sono stato mostruoso verso me stesso.»

Gli occhi di Bilbo si strinsero. Questo... suonava più come il Thorin Scudodiquercia che ricordava: implacabile in tutto ciò che faceva, sia il buono che il cattivo. O era una preghiera per compassione? No, era stato detto in modo serio e pieno di rimorso. Questo Thorin non desiderava pietà più di quello vecchio. «Oh, davvero?»

Thorin sorrise. «Temo di sì. Sono più saggio ora, spero, anche se evidentemente devo ancora crescere. Sono fortunato ad avere l'amore incondizionato della mia famiglia.»

«I tuoi nipoti»

La gratitudine brillò per un momento negli occhi di Thorin, e lui annuì. «Mi sono vicini, come mio fratello e mia madre.»

«Hai un fratello?» Bilbo era estremamente irritato ora. Davanti a lui c'era Thorin, che sapeva assolutamente ogni cosa di Bilbo – e lui non sapeva quasi nulla di Thorin!

«Sì» il mento di Thorin si abbassò, e la sua bocca tremò. Affetto, forse. «Devo loro molto per il modo in cui mi vedi oggi. Se non fosse stato per la loro devozione io sarei ancora sepolto dal senso di colpa, incapace di uscirne. Ma tu non dovresti dar poca importanza all'amore come motivazione, Mastro Baggins. I Nani hanno una certa singolare devozione.»

Un lampo di memoria (oh, inaffidabile!), e Bilbo ricordò un accampamento nei boschi oltre alla Contea, e un allegro volto rotondo che parlava con nostalgia di casa, e di Alrís. «Bombur me l'aveva detto» disse Bilbo rigido.

«Allora sai che io ti amerò in eterno e non rivolgerò mai il mio sguardo a un altro» Thorin parlava così tranquillamente di come amava Bilbo, come se fosse semplice. La disapprovazione nata nella Contea di Bilbo si infiammò nella sua mente, e lui si morse la lingua. Lui, almeno, aveva un po' di discrezione, anche se aveva abbandonato molto tempo prima la propria reputazione (e pace ad essa).

Thorin continuò, abbassando la testa finché il mento non gli toccò il petto. «Non ho il diritto di avere il tuo affetto, e non lo reclamo. Non ho nulla nella mia tasca, Bilbo – non posso possederti, né voglio farlo. Ho imparato quanto sia folle essere troppo possessivo. A questo amore non serve una tua risposta. Non è un obbligo per te. È così che fa il mio popolo.»

Poi gli occhi di Thorin si alzarono, e c'era una nuova scintilla nelle loro profondità, qualcosa di acceso e saggio e limpido come acqua di fiume. «Parli di affetto, e io sono felice. Mi dà la speranza che forse un giorno tu potrai perdonarmi, e imparare a fidarti di me nuovamente.»

Oh, onestamente! Il volto di Bilbo era in fiamme. Non poteva reggere tutte queste – smancerie! Schiacciò fermamente la sua parte Tuc, che era abbastanza pronta a partire per un'altra avventura finché fossero stati quegli occhi a chiederlo. «Non puoi nemmeno toccarmi, quindi direi che sono al sicuro» disse, piuttosto stizzosamente «E gli Hobbit non parlano di queste cose, non apertamente. Non è... appropriato.»

Lo sguardo che Thorin gli lanciò era compassionevole. «Lo so.»

Bilbo si incupì di riflesso. «Oh naturalmente, certo che lo sai, fastidioso ficcanaso. Sei peggio di tutti i miei conoscenti irritanti. E non so se ti perdonerò mai. Mi hai ferito, mi hai spaventato a morte, e mi hai insultato e chissà cos'altro, e poi ti sei fatto uccidere, se non ti dispiace, e poi anche da morto sei riuscito a mostrare una terribile mancanza di considerazione. Sto iniziando a capire perché ti sembrasse qualcosa di necessario, ma non credere che mi piaccia, a parte le drammatiche dichiarazioni Naniche di affetto. Ma non dubiterai mai più di me, mai più.»

Thorin sembrava di nuovo confuso, e si accigliò. Un'espressione familiare finalmente! «Mi rimangerei ancora le mie parole e le mie azioni...»

«Dici così, però rimangono lo stesso dette e fatte» Thorin parve terribilmente pallido nel sentirlo, e il nuovo calore nel cuore di Bilbo lo spinse ad aggiungere: «Non sto dicendo che devi essere del tutto senza speranza.»

La testa di Thorin si alzò e lui liberò l'intero devastante effetto di quel sorriso, e oh perbacco, dannazione, cavoli e accidenti! «Allora intendevi davvero quello che avevi detto. Sul ghiaccio.»

«Sì, beh, stavi morendo in quel momento, no? Dovevo dire qualcosa» disse Bilbo, e poi chiuse gli occhi e fece una smorfia, detestando immediatamente le sue parole «Sì lo intendevo. Smettila di dubitare di me.»

«Non dubito di te, e mai lo farò» disse Thorin subito, e guardò Bilbo come aveva già fatto una volta, nel cuore di una montagna con una ghianda appoggiata innocentemente sulla sua mano, mentre una pietra rubata gli bruciava nel panciotto e un Anello tramava nella sua tasca «Non farò nulla senza il tuo permesso. Non supporrò né presumerò più nulla. Aspetterò fino a che ti farà piacere, Mastro Baggins.»

Bilbo arrossì drammaticamente. «Cielo» balbettò.

«Cosa vorresti che faccia?»

«Non voglio – non ne ho idea. Ci penserò» gli occhi di Bilbo si abbassarono, e poi guardò nuovamente il soffitto «Ma a pensarci bene c'è una cosa che potresti fare per me in questo istante.»

«Sì? Qualsiasi cosa, sabannimi»

«Per piacere» disse ancora Bilbo, e deglutì «potresti gentilmente metterti dei pantaloni?»


Fíli guardò nel tunnel oscuro, e tutto in lui si ribellò e urlò di non entrarvi. «Non mi piace.»

Dietro di loro, Sam tirò su col naso. «Ugh! Questa puzza!» disse «E sta diventando sempre più insostenibile?»

«È questa l'unica via, Sméagol?» disse Frodo. Il volto dello Hobbit era pallido e le sue guance erano svuotate. I suoi occhi erano orribili a vedersi: enormi e cerchiati di rosso e pieni di dolore.

«Oh, fidati di lui» sbuffò Nori.

Gollum saltellò. «Sì, sì! Sì, da qui bisogna andare adesso.»

«Intendi dire che sei già passato da questo buco?» disse Sam «Puah! Ma forse tu non fai caso ai cattivi odori.»

Gli occhi di Gollum luccicarono. «Lui non sa a cosa facciamo caso, nevvero tesoro? No, non lo sa. Ma Sméagol sa sopportare. Sì. È passato da qui, oh sì, fino in fondo. È l'unica via.»

Kíli guardò il tunnel e poi suo fratello. «Siamo sicuri di questo?»

Fíli scosse la testa. «No. Ma andiamo lo stesso.»

Le labbra di Kíli si incurvarono in un sorriso rassegnato. «Non mi mandi da nessuna parte, mettiamolo in chiaro.»

«Ora ci servirebbe il nostro zietto» disse Fíli, e alzò le mani «Tu sei il più rapido, tu dovrai essere tu la staffetta.»

«Solo perché le mie gambe sono più lunghe» obbiettò Kíli «E il funghetto dorato dorme, e lo sai quant'è scontroso quando si sveglia.»

«Andrai se e quando te lo dico» borbottò Fíli, e spinse Kíli «Muoviti.»

«Come ho fatto a finire bloccato con voi due» borbottò Nori, e si tirò la treccia centrale della barba infastidito.

Facendo un respiro profondo entrarono, seguendo il lieve rumore dei piedi Hobbit. Dopo qualche passo erano nel buio più completo e impenetrabile.

«È persino più buio di Moria» sussurrò Kíli.

«Non quanto i Sentieri dei Morti però» rispose Nori «Fatevi forza, ragazzi, li abbiamo passati entrambi.»

Fíli alzò una mano e la appoggiò sulla parete. «Liscia» disse sorpreso «Le pareti sono lisce. L'imboccatura del tunnel non sembrava fatta artificialmente però.»

«Noi tre non siamo bravi a leggere la pietra» giunse la voce di Nori nell'oscurità «Bifur lo saprebbe.»

«Io non vado a infastidire Bifur» commentò Kíli «Non se vuol dire infastidire Ori.»

«Non me lo ricordare» disse Nori, piuttosto amaramente «Dori darà di matto.»

«Se prometti di dirci quando inizieranno i fuochi d'artificio, ti pagheremo per vedere lo spettacolo?» disse Kíli, e Nori sbuffò divertito.

«Non ci avevo mai pensato. Grazie, ragazzi»

«Figurati»

«Aspettate, dov'è finito Gollum?» disse Fíli improvvisamente.

Perché il debole rumore dei suoi movimenti era scomparso, e tutto ciò che si sentiva erano i passi di Sam e Frodo, e i loro respiri nervosi. I due Hobbit si muovevano come storditi dall'orribile puzza. Un brivido freddo corse lungo la schiena di Fíli: cos'era? Cos'era questo posto?

«Padron Frodo» disse la voce di Sam «ecco, prendete la mia mano. Così, vi ho trovato!»

Il respiro di Frodo era il più forte: stava quasi ansimando, inspirare sembrava fosse laborioso ed era doloroso a sentirsi. Era quasi come se si stesse obbligando a continuare a muoversi attraverso la puzza.

Poi sentirono Frodo urlarle, e il rumore di arti che colpiscono il pavimento. E poi disse: «qua, Sam! Su, su – proviene tutto da qui, il lezzo e il pericolo. Scappiamo! Presto!»

«In piedi, Padron Frodo» disse Sam, devoto anche nel completo terrore.

«Cosa» iniziò Kíli, ma poi un orrendo ticchettio risuonò nel tunnel, rimbalzando sulla pietra liscia e facendo scorrere eco evanescenti lungo il collo di Fíli.

«Non mi piace come suona» sussurrò Nori.

«Andiamo!» abbaiò Fíli, e corse dietro al sussurro dei piedi di Sam e Frodo. Il ticchettio sembrava seguirli, mordicchiando orribilmente le loro orecchie.

«Ah!» disse Sam, e poi: «cavoli e patate!»

«La galleria si biforca qui» disse Frodo, rassegnato «Stai bene?»

«Ho picchiato il mio orgoglio più della mia testa, Padron Frodo» ansimò Sam, e Fíli poteva immaginarsi la sua espressione coraggiosa, la faccia migliore che poteva mettersi sul terrore per carità del suo amato Padrone «Che direzione ha preso Gollum? Perché non ci ha aspettati?»

«Forse dovremmo cercare Bifur» sussurrò Kíli «Ori magari continuerà a dormire, chi può dirlo.»

«Non riuscirà a capire molto da roccia che non può davvero toccare» disse Nori. Poi la sua voce si abbassò e disse: «e davvero preferirei non doverli vedere.»

«Sméagol!» cercò di chiamare Frodo «Sméagol!» ma la sua voce gracchiò e si spense appena uscita dalle labbra.

«Se n'è andato davvero questa volta» borbottò Sam «Scommetto che questo è esattamente ciò che intendeva fare. Gollum! Se mai riesco a metterti le mani addosso, ti assicuro che la pagherai.»

«Samwise Gamgee, Nano onorario, ve lo dico io» disse Fíli. La sensazione fastidiosa sulla sua nuca stava peggiorando, e si dondolò a disagio.

Ci fu un attimo di indecisione, e poi Frodo disse: «la via a sinistra è bloccata: un qualche grande macigno vi è stato rotolato davanti. Giusta o no, dobbiamo prendere l'altra galleria.»

«E presto!» balbettò Sam «C'è qualcosa assai peggiore di Gollum nei paraggi. Ho la netta sensazione di essere osservato.»

«Non sono solo io allora» mormorò Fíli.

«Vedi nulla? Sei tu quello con gli occhi migliori» disse Nori, e Fíli sbuffò.

«Chiedi all'arciere, è lui il più giovane»

«Non riesco a vedere la mia mano davanti alla mia faccia, figuriamoci un bersaglio» disse Kíli «Muoviamoci: stanno andando nel passaggio a destra.»

«State vicini» ordinò Fíli, e percepì piuttosto che vedere Kíli che alzava gli occhi al cielo.

Avevano fatto appena qualche metro quando udirono alle loro spalle un orribile rumore raccapricciante squarciare il pesante e ovattato silenzio: un gorgoglio, un ribollire, un lungo sibilo velenoso. Si voltarono bruscamente, ma non videro nulla. Rimasero immobili come pietrificai, con lo sguardo fisso, aspettando chissà che cosa.

«È una trappola!» urlò Sam.

«Mi prendi in giro, avrei potuto dirglielo io tre settimane fa!» urlò Nori, e i tre Nani si strinsero, sforzando gli occhi nel buio soffocante.

«Quella puzza!» ansimò Frodo, e barcollò e indietreggiò. Il soffio gorgogliante divenne più vicino, e ci fu un gemito come di una grossa cosa articolata che si muoveva lentamente nell'oscurità.

«Padron Frodo!» urlò Sam, e la vita e la fretta tornarono nella sua voce «Il sono della Dama! La fiala-stella! Disse che doveva essere per voi una luce nel buio. La fiala-stella!»

«La fiala-stella?» borbottò Frodo, come se fosse mezzo addormentato e a malapena udisse Sam «Ma sì! Come ho potuto dimenticarla? Una luce dove tutte le altre luci si spengono!»

Poi ci fu una tremolante, fievole luce – debole contro il buio, che lottava per uscire fra le dita magre. Sembrava flebile all'inizio, e poi come una stella nascente il suo potere crebbe e bruciò, fino a brillare come un piccolo cuore di luce.

Il buio recedette finché essa sembrò brillare al centro di un globo di cristallo d'aria, e la mano che la teneva brillava di fuoco bianco.

«Il Creatore ci salvi» sussurrò Fíli, e sentì Nori che sobbalzava di meraviglia.

«Questa è una bella cosa» disse ammirato.

Il volto di Frodo era contornato di un bianco azzurrognolo dalla luce stellare, e fissava la sua mano con meraviglia. C'era un brutto livido sulla fronte di Sam.

«Aiya Eärendil Elenion Ancalima!» urlò Frodo, come in un sogno.

«Che cheion chealima?» disse Kíli sottovoce.

«Elfico, direi» rispose Fíli, fissando la piccola fiala che brillava come la speranza stessa.

«Ragazzi» raspò Nori, e si schiarì la gola «Ragazzi. Ragazzi.»

«Cosa?»

Nori si limitò a indicare, nella direzione da cui erano arrivati. Il suo dito tremava leggermente, qualcosa che nessuno nella Compagnia aveva mai visto. Persino davanti a un'intera città di Goblin, Nori era rimasto composto.

Fíli si accigliò e guardò nel passaggio scuro. «Che c'è?»

E poi la mano di Kíli scattò e si serrò sul suo bicipite, le dita come acciaio. Perché la luce stellare aveva rivelato due grandi grappoli di molti occhi sfaccettati. Brillavano con malvagità: bestiali eppure pieni di decisione e di orrida delizia, di godimento alla vista delle prede intrappolate senza speranza di scampo.

Frodo e Sam, terrificati, retrocedettero lentamente. Poi d'un tratto i loro nervi cedettero, e loro scapparono come lepri spaventate. La luce ondeggiò e traballò come una fiamma di candela sotto una brezza leggera, lanciando ombre folli lungo le lisce pareti della galleria.

«Veloci!» disse Fíli, e spinse suo fratello e Nori davanti a sé «Muovetevi!»

Kíli non rispose. Stava già allungando una mano sopra la spalla come verso una freccia, e imprecò quando le dita si chiusero sull'aria. «Corri e basta!» gli disse Fíli brusco.

Kíli imprecò ancora e scattò dietro alla rapida forma di Nori, Fíli alle calcagna. Si arrischiò a guardarsi dietro, e immediatamente volle non averlo fatto.

«Gli occhi ci seguono!» urlò.

«Da che parte?» ansimò Sam, e il suo piccolo coltello era alto davanti a lui. Nella mano di Frodo Pungolo iniziava ad emanare un leggero bagliore azzurro.

«Non lo so!» disse Frodo, e girò su se stesso, gli occhi disperati e la fiala alta in una mano «Non lo so! Sméagol! Sméagol!»

«Non serve chiamarlo» esclamò Nori, e i suoi capelli elaborati avevano iniziato a spettinarsi per la corsa «Voi due riuscite a sentire il passaggio?»

«Poco» disse Kíli dubbioso.

Fíli si concentrò, spingendo il più forte possibile i tacchi contro la liscia, umida roccia. «Sinistra...?» disse.

«Ci è quasi addosso!» disse Sam.

«Fermo! Fermo!» disse Frodo, e si pulì la faccia sporca con la manica e si voltò per affrontare l'orrore in arrivo «Correre non serve a nulla.»

Lentamente gli occhi si avvicinarono.

Frodo si raddrizzò, e alzò la Fiala. «Galadriel!» sussurrò, e si girò verso il mostro, il mento liscio rigido e determinato. Fece un breve respiro e lentamente tornò indietro per il passaggio verso la luminosa malevolenza di quella miriade di occhi.

Fíli lo fissò in costernazione. «Cosa sta facendo?»

«Non posso guardare» gemette Kíli. Fíli gli afferrò il polso e se lo tirò vicino.

«Si sono fermati» disse Nori sorpreso.

«Cosa?»

«Tutti gli occhi! Si sono fermati, come se la luce li ferisse. E poi sono scomparsi!»

«Padron Frodo!» esclamò Sam, e si mise una mano sul petto per il sollievo «Stelle e gloria! Gli Elfi comporrebbero una canzone, se sapessero come si sono svolte le cose!»

«Elfi?» Fíli sbuffò, reso brusco dal sollievo «Te la canterò io una canzone, meglio di qualsiasi tra-la-la-lallare.»

«Eh» disse Kíli.

«Tra-la-la-la-la era un po' stupido, devi ammetterlo» mormorò Nori.

Kíli sbuffò e incrociò le braccia.

Sam tirò indietro Frodo, e poi gli spazzolò con la mano la giacca macchiata. «Usciamo da questo immondo buco!»

«Sì» disse Frodo distrattamente, guardando il passaggio dov'era scomparsa la vasta cosa dai molti occhi «Sì; verso Mordor.»

«Sinistra!» ripeté Fíli, e grazie a un qualche miracolo, gli Hobbit scelsero quella strada.

Ricominciarono ad avanzare, barcollando e inciampando per la stanchezza, prosciugati oltre ogni dire dall'avvenimento. «È la mia immaginazione» sussurrò Kíli «O il tunnel sta andando in salita ora?»

«Sento dell'aria sul volto!» disse Sam improvvisamente «L'uscita è avanti a noi, di certo!»

«Ah!»

Sam per poco non trapassò con la spada il suo padrone. Perché Frodo era stato intrappolato da una qualche densa ombra che la fiala-stella non riusciva a illuminare; sembrava assorbire la luce invece di rifletterla. «Cosa...?» disse, e fece un passo indietro per osservarla.

Da un lato all'altro e dal soffitto al pavimento si stendeva un'immensa ragnatela, tessuta forse da un enorme ragno, ma più fitta e assai più grande e dai fili grossi come corde.

Sam rise sarcasticamente. «Ragnatele!» esclamò «Tutto qui? Ragnatele! Ma che ragno! Via, distruggiamole!»

«Oh no» disse Nori, e si morse una treccia.

«Oh non di nuovo» gemette Fíli «Odio quelle cose.»

«Non ci sono Elfi qua in giro, temo» disse Kíli senza molta speranza. Fíli guardò suo fratello, e notando la malinconia nei suoi occhi gli spinse una spalla.

«Andiamo, ghiaia-per-cervello, abbiamo un lavoro da fare» disse quanto più allegramente poteva in questo luogo orribile.

Kíli tirò fuori un ghigno da qualche parte. «Disse il sassolino alla roccia.»

«Siete entrambi degli idioti e affronterò la vista di Ori che giace accanto a Bifur se vuol dire avere un altro turno la prossima volta» borbottò Nori, torturandosi la barba con le mani «Ragni? Presente? Buongiorno?»

«Ci sta pensando Sam» disse Kíli, e fece spallucce.

Ma sembrava che il coltello di Sam non potesse rompere i fili. Tre volte Sam vibrò colpi furibondi, e tre volte volte le corde rimbalzarono e tremarono e scossero Frodo, catturato nel messo, e non si ruppero.

«Lasciami provare Pungolo. Ecco, tieni fiala-stella. Non temere. Reggila in alto e sorveglia!» disse Frodo, e lottò con la sostanza appiccicosa fino a riuscire a muovere il braccio che teneva la spada. Poi abbassò il braccio con tutta la sua forza. Il bagliore azzurro le squarciò come una falce nell'erba, ed esse rimbalzarono, si arrotolarono, per poi penzolare giù. Era stata creata una grande apertura, e Frodo si liberò i piedi e poi era di nuovo libero.

Con un colpo dopo l'altro riuscì a infrangere tutto ciò che si trovava alla portata della sua spada, mentre la parte superiore pendeva e ondeggiava come un leggero velo in preda a un forte vento. La trappola era aperta.

«Coraggio!» urlò, e corse avanti nel tunnel in pendenza «Siamo quasi fuori! Riesci a sentirla? Aria fresca!»

«Se una qualsiasi aria di Mordor possa essere detta fresca» borbottò Sam, ma si sistemò lo zaino e corse dietro a Frodo.

«Vedo il cielo!» disse Kíli allegramente «Ce la faranno!»

«Sono scivolati fra le reti di quel piccolo verme, ha!» urlò Fíli «Melekûnîth belkul!»

«Io non mi fido» disse Nori.

«Tu non ti fidi nemmeno di quello che hai davanti al naso, vecchia cornacchia» rise Kíli, e saltellò in una mossa di danza mentre correva «Ce l'hanno fatta!»

«Non sono ancora fuori» disse Nori cupamente.

«Guarda, Sam! Il valico!» disse Frodo, e indicò davanti a sé. Era di buon umore, e correva con tutta la velocità che i suoi piedi pelosi potevano dargli verso i grandi cigli irregolari dei dirupi. Proprio sopra di loro era la luce rossiccia di un fuoco: la torre di Cirith Ungol.

«Padrone, la spada, ci sono Orchi in giro e peggio che Orchi!» disse Sam, scattando in avanti con una mano alzata in avvertimento. Pungolo brillava più luminosa che mai – un faro nella fumosa nebbia di Mordor. Frodo, però, era troppo avanti: il sollievo e la gioia di scappare lo avevano reso incauto, ed era lontano almeno venti piedi. Sam imprecò e si mise la fiala-stella – che ancora teneva – nella giacca, prima di correre dietro a Frodo con un avvertimento ancora sulle labbra.

Sam aveva appena nascosto la luce della Fiala quando lei comparve.

Da sotto una fessura nella rupe uscì la forma più abominevole che Fíli avesse mai veduta: più orribile degli occhi di Smaug, più terrificante del coltello di Azog. Assai simile a un ragno, ma più immensa dei grandi animali da preda, e molto più terribile a causa del malvagio intento che covava nei suoi occhi senza rimorso. Aveva grandi corna, e dietro al tozzo e corto collo ondeggiava il suo immenso corpo gonfio, un immenso tumido sacco straripante fra le sue gambe; era una massa nera, macchiata di segni di lividi, ma la parte inferiore, pallida e luminosa, emanava un orrendo fetore. Curve le gambe dalle enormi giunture nodose, e come spine d'acciaio i peli irsuti, ed un artiglio all'estremità di ogni membro.

«Improvvisamente i ragni di Bosco Atro mi sembrano abbastanza docili» balbettò Nori, e si infilò entrambe le trecce laterali nella bocca e le morse più forte che poteva.

«Cerca Thorin!» ordinò Fíli, e Kíli annuì rapidamente e scomparve in un lampo di luce stellare quando il Gimlîn-zâram lo portò via.

Il rumore viscido, schioccante, ribollente di colpo aveva un terribile senso. Nori e Fíli si strinsero vicini mentre l'enorme ragno arrivava alle spalle di Frodo, separando Sam dal suo padrone. O lei non vide il giardiniere, o lo evitò in quanto portatore della luce dolorosa.

Sam sussultò e raccolse tutto il fiato nei propri polmoni per urlare. «Guardatevi alle spalle!» gridò «Attento, Padrone! Sto-» ma la sua voce fu d'un tratto soffocata.

Una mano dalle lunghe dita l'aveva afferrato alle spalle, chiudendosi sopra la sua bocca e il suo naso e rendendogli difficile respirare. Lo tirò indietro con un'orribile forza, asciutta e nata da un bruciante risentimento che avrebbe potuto fare a pezzi le montagne.

«Mahumb» sussurrò Nori «Odio avere ragione.»

«Preso!» sibilò Gollum «Infine, tesoro mio, l'abbiamo preso, sì, il cattivo Hobbit. Noi ci occupiamo di questo. Lei se la vedrà con l'altro. Oh sì, sarà Shelob a prenderlo, non Sméagol: Sméagol ha promesso, non farà male al Padrone. Ma a te ti ha preso, lurido, cattivo, piccolo, infido!» sputò sul collo di Sam.

L'allegra faccia abbronzata di Sam, che era sbiancata per la rabbia al tradimento, di colpo divenne rossa. Furia e disperazione per la sicurezza di Frodo gli diedero una violenza e una forza improvvisa, che prese Gollum completamente alla sprovvista.

Gollum stesso non si sarebbe svicolato con maggiore rapidità o furore. Sam si svicolò dalla bestia e disperatamente cercò di voltarsi per accoltellare il suo nemico. Ma Gollum era furbo e aveva avuto anni per fare pratica. Si riprese in fretta. Il suo braccio si alzò e lui afferrò il polso di Sam: le sue dita erano come una morsa; piano ma inesorabilmente curvò in avanti la mano, finché con un grido di dolore Sam lasciò cadere la spada; nel frattempo l'altra mano di Gollum lo strangolava lentamente.

«No, no, no» gemette Nori.

«Muoviti, Kee» sussurrò Fíli «Muoviti!»

Allora Sam giocò l'ultima carta. Usò tutta la sua forza per liberarsi leggermente e piantare i piedi per terra; poi d'un tratto spinse proiettandosi all'indietro. Gollum cadde sulla schiena e il peso del robusto Hobbit gli piombò sullo stomaco, mozzandogli il respiro. Giacque confuso, gli arti secchi molli sul terreno.

«Sì!» esultò Fíli, e si girò e tirò una testata a Nori esuberante. Poi si rese conto di cosa avesse fatto esattamente, e si allontanò. Il volto di Nori era sardonico.

«La prossima volta aspetta finché tuo fratello non è qui, va bene?»

Sam non aveva finito. Colpiva coi pugni, uno-due, uno-due, nel modo più semplice possibile. L'abilità di Fíli, guadagnata da migliaia di dure lezioni con Thorin e Dwalin, si disperò alla semplice tecnica. Ma il resto di lui stava esultando rumorosamente mentre Gollum sibilava e sputava come un gatto spaventato. Apparentemente era fuori gioco quando non poteva afferrare e strangolare la preda alle spalle, e uno Hobbit furioso e robusto come Sam Gamgee era un pasto troppo difficile – sopratutto quando Sam raccolse la sua spada e la alzò.

Con uno strillo, Gollum si mise carponi e saltò via come una rana. Prima che Sam potesse colpirlo già correva con rapidità stupefacente in direzione della galleria.

«Maledetto te, Puzzone!» ruggì Sam, e una luce rabbiosa era nei suoi occhi onesti «Ti troverò e ti infilzerò come uno dei maiali del Vecchio Tronfipiedi, vedrai se non lo faccio!»

«Sam Gamgee, guarda il tuo padrone!» giunse una profonda, autorevole voce da dietro Fíli. Tutta la tensione nel suo stomaco si rilassò di colpo, e si voltò per vedere Kíli in piedi dietro a Thorin. Suo fratello si stava torturando le mani ansiosamente.

Ma c'era un potere e una forza e una vita in Thorin che Fíli non aveva visto da-

No, non aveva mai visto Thorin così.

Era come se tutti i suoi pensieri preoccupati e nervosi finalmente avessero trovato pace. Suo zio era in disordine, con pantaloni semplici e la tunica che indossava era spiegazzata e i suoi capelli erano pettinati a metà, ma vestiva il suo disordine con una grazia naturale. Sembrava più vivo che – beh, che mai.

«Mahal pianse» disse Nori, echeggiando i pensieri di Fíli «L'ha fatto? Dopo aver lottato per tutti questi decenni?»

Sam per poco non fece cadere la spada, fermandosi davanti al buco scuro del tunnel. «Frodo» disse, e poi si voltò e corse più velocemente di qualsiasi altro Hobbit prima d'ora «Padron Frodo!»

I Nani corsero dietro di lui, ma nessuno di loro era abbastanza rapido da raggiungere uno Hobbit nemmeno nel massimo delle loro forze. L'enorme sacco nero e puzzolente che era l'addome di Shelob si ergeva davanti a loro, e Fíli vide una piccola forma tra quelle gambe schioccanti, che girava e girava e girava.

«Sono arrivato troppo tardi» disse Thorin, gli occhi in fiamme e la bocca dura e preoccupata.

«Odio le ragnatele» borbottò Nori «Ci si mette secoli a tirarle via dalle sopracciglia.»

Il mostro era così intento sulla sua preda ce non fece caso a Sam e alle sue grida. In terra giaceva Pungolo, inutilizzata. Sam esitò, e raccolse il piccolo tagliacarte Elfico e corse avanti con esso in mano. «Vieni qua, sporca creatura!» urlò «Hai fatto del male al mio padrone, bestia, e la pagherai per questo!»

Il mastodontico ragno parve riscuotersi dai suoi sogni gongolanti dal grido di Sam, e lentamente volse l'immonda malvagità del suo sguardo verso di lui.

«Cosa possiamo fare?» disse Kíli disperatamente, e la mano di Fíli stava cercando nella giacca una lama inesistente.

«Aspettate» disse Thorin, e anche se la sua voce era bassa mise comunque al silenzio il piccolo gruppo «Questa lurida carcassa non sa ancora che c'è un leone sotto questa pelle di Hobbit. Lo scoprirà ben presto.»

Gli occhi di Sam bruciavano di rabbia, e corse sotto agli archi di quelle schioccanti, puzzolenti gambe per scivolare sotto quell'antica testa con i suoi grappoli di occhi. Con un rapido colpo verso l'alto, uno di essi si spense, e il gigantesco ragno strillò di rabbia e agonia.

«Nessuno aveva mai piantato una spada in quella disgustosa carne, scommetto» disse Thorin soddisfatto «Spero le sia piaciuto il sapore.»

Sam stava ancora urlando a pieni polmoni, l'intero volto rosso di rabbia. Era ancora sotto al mostruoso ragno, piegandosi e rotolando e scattando per evitare i suoi artigli. L'immensa pancia lo dominava con la sua putrida luce, e Fíli lo vedeva sentirsi male per l'odore. Tuttavia la sua furia lo sostenne, dandogli vigore per un altro colpo, e sferrò un colpo selvaggio verso l'alto.

«Presa!» urlò Fíli.

Ma la bestia non era come i draghi, e non possedeva altro punto delicato che gli occhi. Pieni di fossi, di bozzi e di putridume era la sua vecchissima pelle, ma protetta all'interno da innumerevoli spessori di orrendi tumori. La lama aprì un terribile squarcio, ma era impossibile per Sam trafiggere quelle coriacee pieghe. Dopo aver ricevuto il colpo, lei sollevò l'enorme sacca del suo ventre in alto sopra la testa di Sam.

Schiuma e bolle di veleno sgorgavano dalla ferita. Poi, divaricando gli arti, piombò di nuovo con tutta la massa su di lui. Troppo presto. Sam era ancora in piedi, ed aveva lasciato la sua spada per tenere con ambedue le mani la spada Elfica puntata verso l'alto contro lo spaventoso soffitto; e così Shelob, con tutta la potenza del suo malvagio volere, con una forza più immane di quella di un guerriero, si lanciò su di una punta aguzza.

Profonda, sempre più profonda s'immerse, e Sam lentamente fu costretto ad accasciarsi per terra.

Uno strillo, mai udito nel mondo dall'alba dei tempi, uscì dal corpo del ragno. Un brivido la percorse. Sollevandosi di nuovo, allontanando il dolore, curvò sotto di sé gli arti e balzò indietro con un movimento convulso.

«La fiala-stella! Da Lothlórien!» disse Fíli, e Thorin si voltò e ripeté: «la fiala di Galadriel!»

Sam frugò nella giacca lacera e la estrasse di nuovo, e il colossale ragno si contorse in agonia quando le colpì l'occhio ferito. I suoi arti si contorsero, disgustosi e sgraziati e molli, mentre strisciava via verso la sua galleria e lontano da quella preda che le era costata più di qualsiasi altra nella sua vita. I suoi arti schioccanti e l'odore insopportabile furono le ultime cose che videro di lei, e poi scomparve.

«Sangue, ossa e barba di Durin» disse Kíli, stupefatto.

«Frodo, Padron Frodo!» ansimò Sam, e cadde in ginocchio accanto alla testa di Frodo «Svegliatevi, Padron Frodo, mio caro padrone!»

Frodo non parlò.

Sam iniziò a strappare le corde appiccicose che avvolgevano Frodo, avviluppandolo in una mortale crisalide. Riuscì a liberare solo l'area attorno al volto di Frodo. Lo Hobbit più vecchio era cinereo e immobile come marmo.

«Padrone, caro padrone» disse Sam, e aspettò in silenzio, ascoltando in vano. Poi fu preso dal panico, e premette l'orecchio contro al petto di Frodo e trattenne il respiro, e poi mise una mano davanti alla bocca di Frodo. Gli scosse il volto, strofinò le mani, e sentì la fronte.

«Non può essere» Fíli sentì dire Thorin, basso e addolorato «Non Frodo...!»

Sam sollevò la testa avvolta dalla seta del ragno di Frodo e se la premette contro al petto. Le lacrime stavano iniziando a gonfiarsi nei suoi occhi onesti, e Fíli riusciva a malapena a guardare il dolore nel suo volto. «Frodo, Padron Frodo!» singhiozzò «Non mi lasciate qui solo! È il vostro Sam che vi chiama. Non andate dove io non vi posso seguire! Svegliatevi, Padron Frodo! Oh, per favore, svegliatevi, Padron Frodo, povero me, povero me. Svegliatevi!»

Fíli non seppe dire quanto rimasero lì, a guardare Sam chino sul terreno nella sua nera disperazione. La mano di Thorin sulla sua spalla lo fece sobbalzare, e si rese conto di star piangendo. Cercò di fermare le sue lacrime, ma continuarono lo stesso a corree nella sua barba. «Namadul, vieni» disse Thorin, e gli asciugò gli occhi con un pollice «Non è una vergogna provare dolore» disse, e i suoi stessi occhi luccicavano sospettosamente e la sua voce era piena di dolore. Accarezzò per un attimo la guancia di Fíli, e poi se lo tirò contro al fianco. Kíli era premuto contro l'altra sua spalla, il volto nascosto fra i capelli spettinati di Thorin. La sua schiena tremava, come scossa da singhiozzi.

«Tutto questo osservare, tutto questo, questo» esclamò Nori, e strinse i pugni «Bilbo ne sarà distrutto. Arrivare fin qua, eravamo tanto vicini!»

«Tanto vicini» disse Kíli, soffocato dai capelli di Thorin «Il valico è lì! Oh, maledetto Gollum, perché Frodo si è mai fidato di lui?»

«Perché doveva credere che potesse essere salvato» disse Thorin, e si sistemò la testa di Fíli sotto al mento. Il suo odore familiare ricordava a Fíli la sua infanzia, e lui fece un respiro profondo, e poi un altro. «Perché l'oscura tentazione dell'Anello è ciò che ha creato Gollum, e persino gli Hobbit possono sentire l'avidità. Perché tutti noi ci meritiamo un po' di compassione ogni tanto, persino i peggiori.»

«Oh cosa devo fare ora, Padron Frodo?» disse Sam dolcemente, e accarezzò il volto immobile di Frodo «Sono dunque giunto sin qui con voi inutilmente?»

«Frodo Baggins» disse Thorin, e chinò la testa, il mento premuto contro i capelli di Fíli «Ah, nekhushel. Gaubdûkhimâ gagin yâkùlib Mahal.»

Kíli iniziò a cantare piano una canzone di lutto, e Nori e Fíli si unirono a lui.

«Cosa posso dare?» riuscì a dire Sam col respiro irregolare e gli occhi lucidi «Cosa posso fare? Non certo lasciarvi qui senza sepoltura sulla cima di una montagna, e tornarmene a casa. O proseguire? Proseguire?» ripeté, e per un momento fu scosso da un tremito di paura e di dubbio «Proseguire? È dunque questo il mio compito? E dovrei lasciarlo qui?»

«Aye, azaghîth» disse Thorin piano.

«Cosa? Io, solo, andare fino alla Voragine del Fato e tutto il resto?» singhiozzò Sam «Come? Io togliere l'Anello dalla sua mano? Il Consiglio lo affidò a lui.»

«La missione deve continuare, piccolo curatore del suolo, leone della Contea» disse Thorin, e la sua voce si ruppe «Nessuno è più adatto a questo compito. Il Consiglio ha dato questo peso a Frodo, ma a Frodo furono dati dei compagni affinché la missione non fallisse. E tu sei l'ultimo della Compagnia.»

«Se soltanto non fossi io l'ultimo!» gemette Sam «Che cosa darei perché il vecchio Gandalf o qualcun altro fosse qui!»

«Persino gli Stregoni temono questo compito, Samwise Gamgee» disse Thorin, e Fíli sentì il movimento della sua gola mentre deglutiva «Devi andare. Non c'è alternativa.»

«Sono certo di sbagliare. E poi non tocca a me prendere l'Anello, farmi avanti» le dita di Sam tracciarono la fronte fredda di Frodo, e poi sospirò «Ma non t stai facendo avanti; sei stato spinto in avanti. In quanto a non essere la persona adatta, nemmeno Padron Frodo era proprio quel che si potrebbe definire la persona più indicata, e nemmeno il Signor Bilbo. Non furono loro a decidere.»

«Se Frodo verrà trovato con quella cosa su di lui, supponendo che Gollum non lo derubi, beh – il Nemico lo prenderà. E anche se Gollum ottenesse il suo desiderio, la Torre Oscura lo vedrebbe lo stesso. E quella sarebbe la fine» disse Thorin, mentre piangeva per Frodo. Le lacrime scendevano liberamente lungo il suo volto, ma la sua voce era implacabile. «Non hai tempo, e i giorni diventano corti e insanguinati. La guerra arriva ovunque, e tu sei l'ultima speranza rimasta.»

Sam rimase seduto, immobile come la pietra, per un lungo, lungo momento. Poi si riscosse come uscito da un sogno oscuro.

«Se devo andare avanti» disse «allora, col vostro permesso, ho bisogno di prendervi la spada, Padron Frodo; ma al vostro fianco depongo quest'altra; e poi avete la bella cotta di maglia di mithril del Signor Bilbo. E la fiala-stella, Padron Frodo, ma l'avete prestata e ne avrò bisogno, perché ormai sarò sempre nell'oscurità. È troppo preziosa per me, e la Dama la donò a voi, ma forse comprenderà. Mi capite, Padron Frodo? Devo andare avanti.»

Poi Sam si fece forza come se stesse per mettere la sua mano nel fuoco. Molto dolcemente aprì il fermaglio che stringeva la tunica attorno al collo di Frodo, infilandovi la mano; poi, sollevando con l'altra mano il capo, depose un bacio sulla gelida fronte e tirò delicatamente fuori la catenella.

Nessun cambiamento apparve sul volto tranquillo di Frodo – e questo, più di qualsiasi altra cosa, convinse Fíli che Frodo fosse davvero morto. Non avrebbe mai lasciato che l'Anello gli fosse tolto così-

Cuore Dorato, erede al Trono di Durin

Fíli urlò, e si mise le mani sulle orecchie.

Principe Ereditario, principe leone, oro è il tuo nome e oro potrebbe essere il tuo dominio, potere e legge possono essere tuoi

«Namadul!» urlò Thorin, e girò Fíli perché fissasse il suo volto. Fíli fissò gli occhi di Thorin, e il respiro rapido e irregolare. «Su di me, concentrati su di me, sulla mia voce! Non può farti nulla!»

Kidhuzurkurdu sussurrò la voce, sinuosa e seduttiva. Fíli boccheggiò per l'aria, e disperatamente pregò che smettesse, smettila!

«Su di me, Namadul!» ordinò Thorin, e premette insieme le loro teste «Occhi su di me!»

«Fee!» urlò Kíli, e sentì vagamente le braccia di suo fratello che si avvolgevano attorno a lui «Non la ascoltare!»

E poi Sam mise la catenella nella tasca, e Fíli cadde come una marionetta senza fili. Kíli dovette lottare sotto il suo peso per un momento, prima che Nori gli mettesse un braccio attorno alle spalle e lo tirò su.

«Bene, questo è stato intenso» fu tutto ciò che disse. Gli si vedeva il bianco degli occhi, e stava di nuovo tremando. Fíli per un istante si chiese cos'avesse sentito Nori, e poi rabbrividì.

«Ci ha già provato con noi» disse Kíli, guardando preoccupato il volto di Fíli «Non è arrivato a niente allora, quindi credo stia chiamando più forte ora. Non ho sentito nulla stavolta. Deve aver cercato un nuovo giacimento.»

«Può solo mentire e distruggere» disse Thorin cupo, e accarezzò le trecce di Fíli. «Siete stati bravi. Tutti voi. Stai bene, Fíli? Nori?»

Fíli annuì, e cercò di ricomporsi. La voce era stata una tenaglia, che gli strizzava fuori ogni pensiero dalla testa. Come aveva fatto Frodo a portare quella cosa un solo giorno? «Quindi, non lo senti più?» biascicò, e Kíli scosse la testa.

«Mi chiama, ma non risponderò» disse Thorin fermamente «Avete bisogno di andare?»

Fíli esitò, e Nori si morse il labbro.

«Allora andremo» disse Thorin, e guardò nuovamente la scena «Sam è il Portatore ora. Non possiamo fare altro.»

Sam si stava alzando, come barcollando sotto un grande peso. Poi si asciugò delle nuove lacrime e guardò malinconicamente il calmo, immobile volto di Frodo. «Addio, Padrone adorato!» mormorò «Perdonate il vostro Sam. Tornerà in questi luoghi a lavoro finito – se assolverà il suo compito. Allora non vi abbandonerà mai più. Riposate tranquillo finché torno; e che nessuna creatura malvagia venga a disturbarvi! E se la Dama potesse udirmi e realizzare un mio desiderio, mi farebbe tornare qui a trovarvi. Addio!»

«Perdonami, Bilbo» Fíli sentì Thorin che lo sussurrava mentre la luce stellare arrivava a portarli via dolcemente.


«Ci hanno fatto spezzare i ranghi» ringhiò Dáin, e spedì Värc il corvo nel cielo con un movimento del braccio «I soldati degli Uomini di Dale sono intrappolati nel tunnel, e noi siamo ancora bloccati su questa dannata pila di roccia. Martelli e tenaglie! Immagina, gettar via un intero esercito solo come diversivo! E ora Dale è senza difese, spoglia come un neonato, mentre loro portano qui la loro seconda divisone!»

Bomfrís ansimò, la mano stretta al fianco. Sulla sua spalla, il corvo Tuäc gracchiò ansiosamente.

«Dov'è Thorin?» disse lei quando ritrovò il respiro «Pensavo che dovesse comandare le mura?»

«C'è stato un cambio nei pieni, ragazza» disse Dáin, e alzò la mano e la abbassò nuovamente con uno schiocco delle vecchie dita. Giunsero urla quando il segnale fu riferito lungo le mura, e grandi pentoloni di metallo liquefatto furono gettati dai bastioni sulla rumorosa, puzzolente orda di sotto. Le urla e l'odore era terribile, e Bomfrís si mise un braccio sopra la bocca. «Il tunnel è stato preso.»

Bomfrís fissò il Re. «E lui è là sotto?»

«Aye» Dáin guardò gli Orchi strillanti sotto di loro, il volto rugoso duro come il granito «Ha i nostri genieri migliori con sé, e quel Principe Elfico la cui compagnia tu ami tanto.»

Bomfrís si incupì di riflesso al sentir parlare di Laerophen, e poi comprese le parole di Dáin e sbiancò, facendo risaltare le lentiggini sulla sua pelle. «Da quanto tempo?»

«Ore» disse Dáin, e le diede una pacca distratta su un braccio «È un ragazzo forte, mio figlio. Tornerà da te.»

«Come lo sai?» chiese lei.

Dáin si voltò verso di lei, e lei riconobbe l'incredibile età nei suoi occhi blu sbiaditi, la stanchezza. «Perché deve» disse, e le strinse il braccio «Ora, vai con gli altri arcieri, ragazza mia. Stai al sicuro. Ci serve il tuo arco per coprire il nostro assalto.»

«Il nostro assalto?» disse lei allarmata, ma il Re stava camminando lungo le mura verso Dwalin, in piedi come un macigno inamovibile, facendo segno al vecchio generale di chinare la testa per parlare.

«Cosa pensi intenda dire, il nostro assalto?» sussurrò Tuäc.

«Non lo so» disse lei, e si tormentò le mani «Ma devo andare al tunnel.»

«No no, tu non mi porti là sotto!» gracchiò Tuäc, le ali aperte in indignazione «E il Re ha detto di andare su!»

«Allora rimani qui, testa pennuta» sibilò lei, e girò sui tacchi così in fretta che il corvo cadde dalla sua spalla.

Tuäc svolazzò per un momento, girando e osservando la Nana che correva via, vestita della sua giacca e nei suoi pantaloni di pelle e di una maglia di ferro messa in fretta. «Oh, lo rimpiangerò» disse a se stessa, facendo schioccare il becco «Bomfrís! Aspetta!»

Dáin lanciò un'occhiata indietro verso Bomfrís che correva nella Montagna, e sospirò. «Beh, dannazione.»

«Non è tornata alla sua postazione, vero» disse Dwalin, e non era una domanda. Grugnì. «Posso mandare uno dei miei a prenderla.»

«Abbiamo problemi più grossi» disse Dáin, e si levò l'elmo e si strofinò la fronte per un momento o due «Quindi. Sei d'accordo?»

Dwalin gli fece un ghigno storto. «L'ho già fatto una volta, no?»

«Aye, ma non ero io a chiedertelo» Dáin guardò giù dai bastioni per un momento. Una grande Orchessa bianca gli ringhiò in mezzo alla massa tumultuosa davanti alla Montagna, le labbra tirate indietro a scoprire denti insanguinati. Nella mano teneva un grande mazzafrusto e sul suo volto vi erano delle cicatrici scavate in disegni orribilmente familiari. Dwalin guardò il Re, e poi seguì il suo sguardo.

«Dâgalûr» disse Dáin, e scosse la testa «La figlia di Bolg. Questa famiglia è peggio delle mosche su una carcassa.»

«Aye, e noi siamo la carcassa» ringhiò Dwalin «Bene, andrò a ucciderla.»

Dáin ghignò. «Aye, ma lascia andare me prima. Prerogativa reale.»

«Imbecille reale, al limite» mormorò Dwalin, e guardò l'enorme Orchessa con uno sguardo nero come una tempesta.

Dáin si rimise l'elmo e raddrizzò le spalle. «Dov'è Dís?»

Dwalin fece un cenno con la testa, e Dáin si voltò per vedere il Primo Consigliere, in piedi dritta come una polena su una prua. Indossava un'antica maglia di ferro e schinieri che portavano il sigillo del suo antenato, Thorin I, e con un mantello e dei pantaloni blu non era mai somigliata tanto a suo fratello. I suoi capelli grigi volavano nel vento mentre lei alzava la spada e uccideva l'Orco che aveva provato a strisciare sul pendio come un qualche scarafaggio gigante. «Serve aiuto?»

«Un – attimo!» grugnì lei, e infilzò l'Orco con la spada come un insetto su una tavola. Poi si appoggiò pesantemente su di essa e si asciugò la fronte. «Sono troppo vecchia per queste cose.»

Dwalin rise. «Aye, tu come tutti noi. Però siamo qui.»

«Perché voi due mi state dando fastidio ora» borbottò lei, e si levò i capelli dalla faccia con uno sbuffo. Il sudore aveva fatto colare polvere e sporco nelle profonde linee di dolore e amarezza attorno alla sua bocca, ai suoi occhi e sulla sua fronte. «Sono occupata.»

«Come temevamo» disse Dáin semplicemente, e lei si congelò per un secondo. Poi le sue spalle si abbassarono.

«Ah»

«Non mi sembrate sorprese, entrambi voi, se posso dirlo» disse Dwalin, e diede distrattamente un calcio in faccia a un Orco per farlo volare giù urlando dai bastioni.

«Non lo sono» disse Dáin, e si voltò per tirare una testata a un altro, mandandolo ululante dietro quello di Dwalin «Solo un po' rassegnato, ad essere onesto.»

«Dáin, per favore, non farlo» disse Dís, e strappò la spada dall'Orco che aveva ucciso e fece due passi verso suo cugino «Non...»

«Brand è circondato» disse lui, e il volto di lei si deformò per la rabbia.

«Non ci hanno nemmeno mandato aiuti!»

«Alla fine l'hanno fatto» mormorò Dwalin, e Dáin annuì. Dís sbuffò, agitando una mano.

«Alla fine! Mesi dopo, mesi dopo l'inizio di questo assedio. Solo parte delle loro forze, intrappolati sottoterra. Abbiamo dovuto mandare Bofur a implorare!»

«E non è una vergogna» disse Dáin, e afferrò l'Orco piuttosto confuso che era arrivato in cima alle mura, battendo le palpebre per la sorpresa, e gli tirò una testata. La creatura divenne molle fra le sue mani. «Gli stavo solo ricordando i loro accordi. Stavo facendo il bravo vicino, diciamo.»

«Tu e i tuoi accordi!» ringhiò lei «Sempre i tuoi dannati accordi!»

«Beh, c'è un motivo se li facciamo» disse Dáin tranquillamente, e usò l'essere che aveva in mano come scudo dalla lancia che era stata scagliata verso di lui. Fece uno suono simile a uno schlock! quando entrò nel corpo dell'Orco. «Li facciamo per onorarli.»

«Ignorali!» urlò Dís, e si girò e decapitò un altro Orco, calciando via la testa con più veemenza del solito «Siamo ancora circondati, vecchio idiota pazzo, è un suicidio! Abbiamo già abbastanza problemi!»

Dáin si scambiò un'occhiata con Dwalin. «Non posso, Dís.»

«Il tuo maledetto onore!» sputò lei, e ancora si voltò per colpire la faccia di un Orco col pugno coperto dall'armatura. Esso si strinse la testa e cadde dalle mura, e lei scosse via il sangue dalla sua spada con un movimento del polso. «Dáin, dannazione – l'onore ti ucciderà!»

«Come mi hai già detto molte volte» disse Dáin, e fece un giro su se stesso per spedire Barazanthual, la sua famosa ascia rossa, nel teschio di un altro scalatore.

«Dwalin, non puoi essere d'accordo» lo implorò lei. Dwalin spostò il peso da un piede all'altro, a disagio. «Sei il nostro Generale. Devi capirlo: questa azione non ha alcun senso militare! È follia!»

«Beh, dicono che corra nella nostra famiglia» disse Dwalin dopo un momento, e la faccia di Dís sbiancò completamente.

«È per via di Thorin» disse lei, mangiandosi le parole per la furia «Dáin, maledetto te...»

«No, non è per lui» disse Dwalin brusco «È per Dale. Tutti e tre conosciamo Brand da quando era un neonato. Tu lo facevi saltare sulle tue ginocchia, e Dáin gli aveva regalato uno dei soldati giocattolo di Bofur. È un nostro amico. Abbiamo promesso di difendere casa sua, cugina. Hai promesso di difenderla personalmente con la tua spada.»

Lei li fissò.

Poi chiuse gli occhi. «Sì, è vero» disse, quasi a se stessa «L'ho promesso.»

E poi, ancora più piano: «Devo seppellire anche te?»

Dáin fece un passo avanti per metterle una mano sulla spalla e guardarla in faccia. «Smettila, ora» disse «Smettila, non ci sono garanzie, e chi lo sa? Potrei non rimetterci la pelle.»

«Non abbiamo una storia incoraggiante per quanto riguarda Re che sopravvivono alle battaglie» disse lei amaramente, gli occhi ancora chiusi «Ci hai preparati: Thira, me, tuo figlio, Bomfrís. Hai pianificato. Perché devi essere un tale...»

«Una tale testa dura?» Dáin finì la frase per lei, ghignando apertamente. Lei aprì gli occhi per incenerirlo con lo sguardo.

«Buffone» disse, la meravigliosa voce spezzata.

Lui strinse le dita sulle sue spalle. «Non ti ho ancora lasciata» disse «E tu sei più vecchia di me.»

«Non che qualcuno lo direbbe» rispose lei «Sono stata ghiaccio per più a lungo di quanto tu possa immaginare. Tu lasci ancora che il mondo ti cambi: lasci che il mondo ti muova. Io non posso.»

«Lo so, namaduh kurdulu» disse lui, facendo un passo avanti «Ho occhi e testa buoni, e li uso. Ma vieni con me in ogni caso.»

Lei lo fissò ancora, il petto che si alzava e si abbassava rapidamente.

Dwalin iniziò a cantare piano con voce ruvida ma piacevole:

[La canzone dei soldati dei Colli Ferrosi (coro), eseguita e arrangiata dall'autrice]

[La canzone dei soldati dei Colli Ferrosi (assolo), eseguita e arrangiata da notanightlight]

"My home is no great hall of stone:
No golden treasures greet me.
Nor an ancient place of great renown
No grandeur in its history.

My home may not seem much to you
And pretty poor you think her
But gold and gems will turn on you
Where iron will not falter…"

Dáin sorrise. «Stai cercando di rendere un vecchio nostalgico ora?»

«Sta funzionando?» rispose Dwalin.

«Vi odio entrambi» sussurrò Dís «Aprite quei dannati cancelli allora. Andiamo a salvare Dale.»

«Cercate Thira, ditele di venire ai bastioni esterni» disse Dáin, prendendo un guerriero di passaggio per il braccio e soffiandogli all'orecchio «Sii rapido!»

Dwalin alzò il suo martello da guerra, e lo fece cadere su un tamburo vicino con un rimbombo tuonante che sembrò far tremare persino l'aria, prima di far seguire due colpi rapidi, e poi quattro lenti.

Il silenzio che seguì il colpi fu completo e stupefatto.

«Siete sicuro, Maestà?» chiese un soldato.

Dáin lo ignorò, e iniziò a zoppicare dai bastioni ai Grandi Cancelli.

«O but take me where the falcons scream» cantò piano Dwalin, seguendolo. Dáin sbuffò, e poi si unì con la sua vecchia voce rotta:

"And the wind rips round the mountains,
Where the waters run as red as blood
And cascade in crashing fountains."

«Vecchi sentimentali!» sputò Dís, e quando i versi successivi iniziarono a salire da ogni gola attorno a loro, lei chiuse gli occhi e tuttavia una lacrima riuscì a sfuggirle da sotto la palpebra.

"My home is hard and poor and free
And untamed as any lion.
No gold nor gems does she have for me,
Her proud hard heart is iron.

My home is far away from here
My hearth it calls me sadly
My forge it lies so cold and drear
When it used to echo gladly."

Ai Grandi Cancelli era il Generale Orla, insieme a Glóin, Dori, Gimrís e ai guaritori militari. La sua ascia dalla lunga impugnatura era tenuta mollemente nella sua mano e i suoi occhi erano confusi osservando il contingente di guerrieri dai bastioni, tutti che cantavano piano e guidati dal Re.

«Cosa succede?» sibilò a Dís, la quale lanciò alla sua amica un'occhiata dura piena di amarezza.

Glóin si tirò la sua vasta barba bianca e sospirò, gli occhi lontani. «Questa è una vecchia canzone dei soldati dei Colli Ferrosi.»

«E quello è Dáin che fa l'idiota nobile e va a morire per la gloria e per l'onore e per Erebor come tutti gli altri» ringhiò Dís «Andrà avanti così finché non saremo morti tutti!»

Orla rimase in silenzio per un secondo, la sua abituale maschera severa si incrinò per mostrare una profonda e presto nascosta tristezza. «Ah» fu tutto ciò che disse.

La Regina Thira era accanto alle porte, e prese la vecchia testa bianca del Re fra le mani, e lo baciò a lungo. Nessuno era abbastanza vicino da sentirli parlare, ma lei piangeva quando si allontanò e il suo volto sottile era angosciato.

«Hai sempre saputo che non sarei morto nel mio letto, amore mio, e hai sempre saputo che sarei andato prima di te» Orla poté sentire Dáin che parlava, e cercò di tapparsi le orecchie «Perché sposasti un Nano tanto vecchio, Mahal solo lo sa. Prenditi cura del nostro ragazzo, va bene?»

«Non tornerai da me, non stavolta» disse lei, e lui sorrise.

«Penso di essere arrivato alla fine. Questa dannata pila di roccia che Scudodiquercia ci ha mollato mi ha prosciugato, ma c'è un'ultima cosa che posso darle, eh?»

«Dáin» disse lei in un mezzo singhiozzo, e lui le lisciò la barba nera sulle guance con un pollice.

«Ti amo» fu tutto ciò che disse.

«Torna indietro» gemette lei, e gli prese le mani. Lui premette la sua fronte contro quella di lei, e si fece passare le sue trecce nere fra le mani, lasciandole cadere liberamente «L'hai sempre fatto. Torna ancora, mostra a tutti che hanno torto un ultima volta!»

«Ci proverò» disse lui, ma non suonava ottimista «Ci proverò.»

I soldati giungevano a frotte dai bastioni per ammassarsi dietro al Re, Orla, Dwalin e Dís. Il volume della canzone divenne più alto mentre il Re baciava ancora la Regina, e le labbra si lei si attardarono su quelle di lui e le sue piccole mani gli presero il rugoso, saggio, stanco volto.

"O I long for where the sun beats down
And the rivers roar with fierceness
Where the earth is painted red not brown
And the weather scares me beardless.

For gems and gold and mighty halls
The great will bid us roam.
And every time we obey their call
We pray that we come home."

Dáin fece un cenno ad Orla, che alzò l'ascia. Sopra la porta, Dori suonò il grande corno di battaglia e i giganteschi ingranaggi dietro ai Cancelli iniziarono a scricchiolare quando il meccanismo fu messo in modo per la prima volta in mesi. Dáin baciò ancora una volta Thira, e poi accettò il coltello di Dwalin e se lo portò fra i propri capelli bianchi. Si tagliò una treccia, e la mise fra le mani di lei, e poi incrociò lo sguardo di Dís.

Il suo volto era così contorto che sembrava stesse ringhiando, e i suoi occhi scuri nuotavano nelle lacrime mentre attorno a loro ogni gola si apriva nella tuonante, trionfante canzone:

"Soon the drums will sound again
And out we'll trot like cattle
The lordly need that iron blood
For watering their battle.

O I'll turn my feet towards the north
Like a compass ever true!
I'll never roam again henceforth
From my land of red and blue!"

«Andiamo allora» disse Dáin, e si mise in spalla Barazanthual «Andiamo ad affrontare un'altra volta quella feccia.»

«L'hai sempre saputo» lo accusò lei «l'hai sempre...»

«Dís» disse Dáin, e la sua voce fu quasi ingoiata dai canti attorno a loro «Questo feudo è vecchio di secoli, e non vi siamo mai scappati, mai. Il suo bisnonno ha decapitato mio padre, e io l'ho scannato a mia volta. Suo nonno ha ucciso Thrór e Fíli e Thorin, e Thorin l'ha ucciso a sua volta. Suo padre ha ucciso Kíli! Potremmo mai sfuggirvi? Io sono il prossimo, e lo so. Il bersaglio è sulla mia testa ora. L'ho scampata per un sacco di tempo – ma non puoi correre più di tanto quando hai una gamba mozza come me.»

«Sei un bastardo!» urlò lei, e lui chinò la testa.

«Aye» disse lui dolcemente, e strinse la mano di Thira «Ma pratico. Dobbiamo salvare Dale, cugina. Se Dale cade, noi siamo perduti. Non possiamo mangiare oro e non possiamo farcela da soli, l'abbiamo imparato. Quindi, Dâgalûr è il rischio che dobbiamo affrontare, e so da quando ho imparato il suo nome che lei aveva un biglietto col mio nelle sue mani sporche. Ma ti dico questo, Dís: se quella feccia prende me, conto su di te per prenderla a tua volta.»

«Ti farai uccidere, dannato idiota» ringhiò Dís, e lui rise.

«Forse. Mi sembra un giorno fortunato!»

Le voci si alzarono fino a diventare un muro di suono, e lui si girò per guardare i Cancelli con la determinazione in quei pallidi e sbiaditi occhi blu.

"O! I dream of jagged rusty skies,
And her savage wild beauty.
I see her when I close my eyes;
The Iron Hills for me!"

«The Iron Hills for me» cantò Dáin a se stesso, la voce bassa e roca, e l'elmo decorato a forma di cinghiale si abbassò per un attimo.

Poi alzò l'ascia nel cielo e urlò con voce grande e terribile:

«BARUK KAHAZAD! KHAZAD AI-MENU!»

I Cancelli si aprirono con uno schianto e il ruggito scosse l'aria attorno a loro mentre Dáin guidava i Nani fuori verso il campo di battaglia. Dís strinse i denti e alzò la spada e seguì attraverso la nebbia delle sue lacrime di rabbia.

TBC...

Note

C'è un riferimento a “Lo Hobbit” nel quale Thorin dice: “Dori è il più forte, ma Fíli è il più giovane e ha gli occhi migliori”

Dialogo e descrizioni prese da “La Tana di Shelob” e “Le Scelte di Messer Samwise”.

Il motivo della relativa stabilità dei Colli Ferrosi era l'assenza di un Anello dei Nani. Gli anelli portavano grandi tesori, che a loro volta portavano draghi.

Sotto il governo di Dale, i Nani della Montagna Solitaria di guadagnarono la reputazione di essere persone di fiducia.

I Nani dei Colli Ferrosi furono gli ultimi ad arrivare alla Battaglia di Azanulbizar. Là, all'entrata di Khazâd-dum, il padre di Dáin Náin fu decapitato davanti ai suoi occhi da Azog. Allora Dáin (allora un ragazzo di trentadue anni) uccise Azog. In questa storia il libro e il film sono stati riconciliati supponendo che Azog del libro fosse in realtà il padre di Azog del film. (Questo vuol dire che Azog del film sarebbe potuto essere chiamato Junior).

"The Iron Hills for Me" è un lavoro originale dell'autrice.
Traduzione:
Casa mia non è una grande sala di pietra:
Nessun tesoro d'oro mi saluta.
Né è antico luogo di grande fama
Nessuna grandiosità nella sua storia

Casa mia potrà non sembrarvi molto
E male pensate di essa
Ma oro e gemme vi si rivolteranno contro
Mentre il ferro non vi lascerà mai.

O ma portami dove il falco grida
E i venti soffiano fra i monti,
Dove acque corrono rosse come sangue
E cadono in fragorose cascate

Casa mia è dura e povera e libera
E indomabile quanto un leone.
Né oro né gemme ha per me,
Il suo orgoglioso cuore è in ferro.

Casa mia è lontana da qui
Il mio cuore mi chiama con tristezza
La mia forgia giace fredda e spoglia
Quando un tempo risuonava felicemente

O mi manca dove il sole picchia
E i fiumi ruggiscono con ferocia
Dove la terra è dipinta di rosso non marrone
E il tempo mi fa perdere la barba per la paura.

Per gemme e oro e grandi sale
I grandi ci ordineranno di vagare.
E ogni volta che ubbidiamo alla loro chiamata
Preghiamo di tornare a casa

Presto i tamburi suoneranno ancora
E trotteremo via come bestiame
Ai signori derve quel sangue di ferro
Per innaffiare le loro battaglie

O girerò i miei piedi verso nord
Come una bussola sempre vera
Non me ne andrò mai d'ora in avanti
Dalla mia terra di rosso e blu

O sogno frastagliati cieli rugginosi,
E la sua feroce selvaggia bellezza.
La vedo quando chiudo i miei occhi
I Colli Ferrosi per me.

 

Tutte le fanart e i lavori ispirati a Sansûkh possono essere trovati sul blog dedicato.

   
 
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