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Autore: Little_Lotte    13/09/2015    4 recensioni
Negli anni '90, quando l'AIDS era ancora una malattia incurabile ed un'atroce piaga per l'umanità, due semplici ragazzi finiscono per innamorarsi.
Drew è malato, Mark lavora come volontario in un centro sociale.
Il destino non potrebbe essere loro meno favorevole, eppure i due scelgono di portare avanti la loro storia, mettendo da parte la paura per il futuro e vivendo solamente il presento.
[ DAL TESTO: "Non ho mai considerato la malattia di Drew come una parte di lui.
Forse perchè, da quando me ne sono innamorato, ho sempre cercato di guardare oltre essa.
In fin dei conti, Drew non era la sua malattia, nè qualcosa che gli si avvicinasse anche solo lontanamente; lui era semplicemente Drew: il suo cuore, la sua anima e tutto ciò che mi aveva fatto innamorare di lui, erano completamente immuni all'atroce morbo che imprigionava il suo corpo.]
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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NOTE: Questa storia trae ispirazione dal film "Rent", in particolar modo da questa scena.
In origine era una AU di un fandom del quale non farò il nome, ma adesso ho voluto rivisitare in chiave "originale" e  dargli un tocco un po' differente. Non so come sia venuta, ma la tematica mi sta molto a cuore e... Beh, a voi lettori l'ardua sentenza.

 



Drew.

Non riuscirò mai a dimenticare i suoi occhi, così azzurri, chiari e trasparenti come un pacifico mare dei Caraibi.

Rimarranno impressi nel mio cuore e nella mia mente finchè campo.

Ricordo ancora la prima volta che s'incrociarono con i miei: erano così cupi, all'epoca, tristi e pieni di paura, sembravano non aver mai visto la luce del sole. Mi riuscì quasi impossibile credere - giorni e giorni dopo quell'incontro, quando per la prima volta li vidi sorridere, brillare di gioia e di felicità, - che potessero appartenere alla stessa persona che, con il trascorrere del tempo, si rivelò essere la più bella e gentile che avessi mai conosciuto.

Quel giorno, in quell'enorme stanza gremita di ragazzi e ragazze altrettanto cupi e spaventati, niente mi era sembrato tanto distante da quegli occhi quanto la felicità.

<< Mi chiamo Drew. >> mi disse, e la sua voce era talmente flebile e sottile che sembrava quasi non volersi far ascoltare << E sono malato, come tutti loro. >>

Poi sorrise leggermente, guardandomi con una velata espressione di dolore e stringendomi debolmente la mano, le dita che tremavano appena al lieve contatto delle mie falangi.

Ricordo di aver pensato, in quel frangente, che un ragazzo come lui non potesse affatto essere malato.

La sua malattia non era ancora ad uno stadio avanzato ed il suo volto pareva non essere minimamente turbato da quel doloroso male che lo affliggeva: La sua pelle era candida - quasi diafana - ed i suoi occhi, nonostante quel velo di tristezza, avevano lo stesso luminoso colore di un cielo senza nuvole; i suoi lineamenti perfetti lo facevano assomigliare ad una sorta di creatura fiabesche – una di quelle immagini che si possono trovare in un vecchio libro di leggende irlandesi - ed il suo grazioso nasetto a punta gli conferiva un'aria divertente e sbarazzina, la quale ormai poteva essere solamente immaginata, sotto quello spesso strato d'inquietudine e desolazione.

Non avevo mai visto niente di più bello in tutta la mia vita, ed il pensiero che tutto quello splendore fosse stato deturpato da una piaga tanto atroce e senza scrupoli, mi mandava completamente fuori di testa. Avrei dato qualsiasi cosa pur di riuscire a lavare via il dolore dal suo volto con un solo sguardo, un minimo gesto o un semplice sorriso.

<< Perché sei qui? >> domandò quando mi accomodai al suo fianco, sopra una seggiola di plastica all'esterno dell'enorme cerchio che era stato allestito al centro della sala; non era concesso, a noi persone "sane", di mescolarsi con tutti gli altri << Tu non sei malato, dico bene? >>

Non potei fare a meno di sorridere, per quanto – ripensandoci - un simile gesto potesse risultare terribilmente maleducato e fuori luogo; Drew conosceva tutti quei volti uno ad uno, sarebbe stato in grado di individuare un estraneo in meno di dieci secondi di esitazione, e di certo non gli sarebbe stato possibile confondermi con uno dei suoi compagni di sventure.

Del resto, un volto così stranamente rilassato, quieto e mai visto prima di allora, non poteva che appartenere ad una persone immune dalla malattia.

<< Sono qui per il volontariato. >> risposi, cercando di non fissarlo troppo intensamente; immaginai che la cosa potesse farlo sentire vulnerabile e non volevo dargliene motivo, non volevo farlo sentire ancora più debole di quanto già non credesse di essere << Questa è la mia prima settimana. >>

<< E ancora non mi hai detto come ti chiami. >> replicò Drew, plasmando un sorrisetto malinconico << Che c'è, hai paura che qualcuno possa pensare che stai male anche tu? Non preoccuparti, qui sappiamo distinguere quelli come noi dalle persone normali. >>

Arrossii, abbassando lievemente lo sguardo.

Parlava della sua malattia con una leggerezza incredibile, eppure si capiva - dal tono spento della sua voce - quanto ne avesse paura, quanto quel suo modo di fare così semplice e disinvolto fosse solamente un tentativo di esorcizzare tutto il suo terrore ed il suo affanno.

Sollevai appena lo sguardo, giusto il necessario per permettermi di guardarlo senza sembrare troppo spudorato; avrei voluto fargli un milione di domande, ma ogni volta che provavo ad aprire bocca il fiato mi si mozzava letteralmente in gola.

Mi sembrava così assurdo che un ragazzo così giovane e bello, con tutta la vita ancora davanti a sè, dovesse combattere contro un male così infausto e crudele.

AIDS, la peste del ventesimo secolo.

Prima di conoscere Drew e gli altri ragazzi del centro sociale, non avevo idea di quel che significasse dover lottare contro una simile atrocità; avevo sempre sentito parlare dell'HIV, dell' AIDS e di tutte le terribili disgrazie che esse comportano, avevo trascorso mesi a documentarmi ed imparare a memoria regole su regole, per assicurare sempre a me stesso e a chiunque mi stesse intorno la massima protezione da qualsiasi male. Credevo, ingenuamente, che mai in vita mia avrei visto la malattia così da vicino, ma mi bastò entrare in quella stanza per capire che avrei dovuto completamente cambiare il mio modo di pensare, abbandonare tutte le certezze alle quali, disperatamente, avevo scelto di aggrapparmi.

<< Posso farti una domanda? >> ebbi finalmente il coraggio di chiedere, dopo una lunga serie di silenziosi minuti contemplativi.

Drew fece segno di sì con la testa, muovendo leggermente il labbro inferiore; io deglutì e tirai un lungo sospiro profondo, per farmi coraggio.

<< E' doloroso? >>

Drew mi guardò curiosamente, incredulo; sembrava sorpreso dalla mia domanda, come se nessuno si fosse mai sognato di chiedergli una cosa simile

Strano, pensai.

Immaginavo che quella fosse una delle domande più scontate da porre ad un giovane malato di AIDS, ma forse ero stato solamente troppo brusco e sfacciato, senza rendermene conto. Ero già pronto ad alzarmi in piedi e fuggire via per l'imbarazzo, ma Draw non si lasciò intimidire dalla mia sfrontatezza, decidendo così di dare, a suo modo, risposta alle mie domande.

<< Dipende. >> mormorò << Ci sono giorni in cui non ricordo neanche di essere malato: Mi sveglio la mattina, come una qualsiasi persona normale, e vivo la mia giornata come farei se non avessi niente, come se fossi un qualunque, sanissimo ragazzo di vent'anni. >>

Abbassò tristemente lo sguardo, mordendosi un labbro e tirando su col naso, quasi volesse impedire a se stesso di piangere.

<< Ma ci sono giorni in cui sto talmente male da voler semplicemente farla finita e smettere una volta per tutte di soffrire. Non parlo del dolore fisico, quello in confronto diventa quasi impercettibile; mi riferisco ad un altro tipo di dolore, quel tipo di dolore che senti quando ogni singola fibra del tuo corpo sembra non avere più la forza di andare avanti, quando ti senti mancare il fiato al minimo sforzo, quando la tua voce suona sempre più flebile ogni giorno che passa, e ti sembra quasi di essere sul punto di trasformarti in un'altra persona. Lotto con questa malattia sin da quando sono nato, da quando mia madre è morta dandomi alla luce e non lasciandomi altro che i resti di questo schifosissimo veleno nelle vene. In molti qui dicono che sono fortunato, che una persona nelle mie condizioni sarebbe morta molti anni fa, e in un certo senso credo di potermi sentire davvero sollevato... Ma quanto potrà servirmi di consolazione, sapendo che potrei comunque morire da un giorno all'altro? >>

Si nascose il viso fra le mani, lasciandosi andare ad una serie di singhiozzi sommessi, ignorando completamente la mia presenza; doveva essere abituato a piangere davanti a degli estranei, poiché non si fece alcun problema a farlo di fronte a me.

<< Scusa, mi dispiace. >> bisbigliai mortificato << Sono stato inopportuno, perdonami. >>

Drew non rispose; aspettò che le lacrime cessassero di scorrere lungo le sue guance e che i singhiozzi si placassero, poi sollevò nuovamente il capo e si ricompose velocemente, rivolgendomi ancora una volta uno dei suoi sorrisi tristi e spenti.

<< Perchè sei qui? >> domandò nuovamente, con voce ovattata.

Sollevai un sopracciglio, perplesso: << Me lo hai già chiesto, sono qui per il... >>

<< ... Il servizio di volontariato, lo so. >> m' interruppe lui << L'ho capito. Quello che non capisco è perchè hai accettato di venire in questo posto. Non è bello stare qui se non sei malato, per quale motivo vuoi farti del male? >>

Lo guardai curiosamente, scrutando ogni singolo angolo del suo viso in cerca di una minima traccia di coraggio, di voglia di lottare contro la sua malattia; vi era qualcosa in quel ragazzo, qualcosa di indescrivibile ed incredibilmente travolgente, che mi faceva pensare che non era ancora troppo tardi per lui, e che dovevo fare tutto ciò che era ancora in mio potere per aiutarlo a ritrovare quell'antica e ormai quasi del tutto perduta voglia di vivere.

Non sapevo se esistesse una cura definitiva per la sua malattia - sapevo, tuttavia, che sarebbe stato molto difficile riuscire a curarlo - ma non potevo permettergli di arrendersi così, con rassegnazione, senza aver neanche provato a combattere.

<< Non credo che vi sia una ragione particolare. >> risposi, guardandolo con aria di conforto << Voglio solamente fare del bene, essere di aiuto a qualcuno. Forse non potrò fare niente di concreto per nessuno di voi, ma voglio vivere con la consapevolezza di aver fatto il possibile per rendere il vostro cammino un po' meno tortuoso. Non ho la presunzione di credere che grazie a me sarete tutti più felici, ma mi piace pensare che la mia presenza potrebbe esservi utile a ritrovare la voglia di andare avanti, di lottare. Se non a tutti, almeno ad alcuni di voi. >>

Drew mi guardò silenziosamente e poi storse leggermente il naso, con fare scettico.

<< Nessuno può aiutare me. >> disse con rassegnazione << E' troppo tardi ormai, nessuno può fare più niente. >>

Gettò nuovamente lo sguardo a terra, sospirando tristemente, e a quel punto posai una mano sulla sua, stringendola forte ed intrecciando le mie dita con le sue, con una certa sfacciataggine; lui sollevò la testa di scatto e mi guardò curiosamente, senza però liberare la mano dalla mia presa.

<< Io penso di poterlo fare. >> risposi, guardandolo dritto negli occhi << E voglio farlo, credo. Voglio aiutarti Drew, io... Io voglio farti stare meglio. >>

Lui, a quel punto, non riuscì a trattenere una risatina.

<< Tu? Farmi stare meglio? >> replicò, prendendosi chiaramente gioco di me << Mi dispiace, ma questo è del tutto impossibile. Te l'ho già detto, nessuno può fare più niente per me.

<< Beh, voglio provarci lo stesso! >> esclamai, posando anche l'altra mano sulla sua e rafforzando la presa << Sono un tipo testardo e se mi metto in testa qualcosa diventa impossibile farmi cambiare idea! Ho deciso che voglio aiutarti, Drew, e tu non potrai fare niente per impedirmelo. >>

Drew si morse nuovamente il labbro, tirando su col naso.

Sembrava essere sinceramente toccato dalla mia generosità, eppure una parte di lui stentava ancora a credervi - o più semplicemente, temeva che dietro di essa potessero nascondersi dei secondi fini, ben poco altruistici e molto meno nobili di quanto volessi far credere.

<< Perchè? >> domandò in tono lacrimoso << Perchè ti preme così tanto offrirmi il tuo aiuto? >>

Io continuai a fissarlo, con aria malinconica ed un placido sorriso sulle labbra.

<< Perchè non voglio che tu ti arrenda. >> risposi << Perchè credo che non sia ancora troppo tardi, non per te. Prendimi per pazzo, per visionario, quello che preferisci...Ma io sento che c'è ancora una possibilità per te, Drew. So di essere un perfetto sconosciuto, e so anche che ti ci vorranno giorni prima di riuscire ad aprirti del tutto con me e darmi fiducia, ma sono disposto ad aspettare. Lo sento, dentro di te c'è un cuore che muore dalla voglia di ricominciare a battere, di tornare a vivere! Non lasciare che il suo battito si affievolisca, non permettere alla malattia di ucciderti senza neanche aver provato a resistervi. Non te lo permetterò mai, io... Io darei la mia stessa vita, per poter ridare nuovamente luce al tuo sguardo e al tuo sorriso. >>

Drew mi guardò con occhi colmi di lacrime e scosse leggermente la testa, sorridendo un po' più dolcemente, in segno di resa; aveva capito che, per quanta resistenza avesse potuto opporre, niente sarebbe mai servito a farmi cambiare idea.

<< Sarà una sfida ardua. >> m'informò, con voce rotta dal pianto << La mia vita è un casino assurdo, è bene che tu lo sappia. >>

Sorrisi a mia volta, per poi tirare un leggero sospiro d'incoraggiamento.

<< Non ho paura. >> dissi, rassicurandolo ed ampliando notevolmente il mio sorriso << Te l'ho detto, sono disposto a fare qualsiasi cosa. >>

A quel punto, per la prima volta dall'inizio della nostra conversazione, Drew si decise finalmente a mostrarmi un sorriso radioso; per poco non mi sentì mancare il fiato quando quell'inaspettato bagliore illuminò il suo volto, facendolo così apparire come la più bella fra le creature che i miei occhi avessero mai avuto il privilegio di vedere.

In quel momento non mi importava di quanto sarebbe stata dura o di quanto avrei sofferto al suo fianco; quel sorriso era già una ricompensa più che sufficiente per tutte le fatiche che avrei dovuto sopportare.

<< Beh, se davvero hai deciso di volermi aiutare, penso che sarebbe carino se tu mi dicessi il tuo nome. >> aggiunse poi Drew, guardandomi con espressione sbarazzina e continuando a sorridere come sembrava non fare da troppo tempo << Almeno saprò come chiamarti, quando avrò bisogno di te. >>

I suoi occhi brillavano come stelle al calar delle tenebre, ed io lasciai semplicemente che il mio sguardo si perdesse in essi, dimenticandomi completamente del resto del mondo e di tutto ciò che avrebbe potuto distogliermi, anche solo per un istante, da quella visione.

<< Mark. >> risposi gentilmente, stringendo più forte la sua mano, mentre i suoi compagni prendevano uno ad uno posto nell'enorme cerchio nel centro della stanza, per unirsi a lui << Il mio nome è Mark. >>

*

Guadagnare la fiducia di Drew, nonostante i primi momenti di reticenza, fu molto più facile di quanto avessi potuto immaginare.

Innamorarmi di lui, prima ancora di dare a me stesso il tempo di accorgermene, lo fu ancora di più.

Non sapevo a che cosa sarei andato incontro, legandomi ad una persona con una simile malattia. Tutto quello che volevo era restare al suo fianco, essergli di conforto in ogni istante delle sue giornate, fare tutto il possibile per aiutarlo a dimenticare - almeno, per il tempo che avrebbe trascorso assieme a me - che dentro alle sue vene scorreva un sangue che lo rendeva diverso da tutti gli altri, sporco, torbido, malato.

Sulle prime Drew cercò di farmi desistere, mi supplicò affinchè lo lasciassi semplicemente andare; anche lui si era innamorato di me, probabilmente sin dalla prima volta in cui la mia mano aveva stretto la sua per dargli coraggio, ma non aveva la forza di abbandonarsi ai suoi sentimenti, non poteva permettere che questi avessero la meglio su di sè e su di noi.

<< Io sono malato, Mark. >> diceva sempre << E tu non puoi innamorarti di uno come me. Non vivrò a lungo, non c'è via di salvezza per le persone con l'AIDS, e questo tu lo sai fin troppo bene! Hai idea di quanto potrebbe essere doloroso, per te, dover sopportare la mia morte? Lo sarebbe già abbastanza se fossimo solamente buoni amici, io... Non posso permettere che tu soffra ulteriormente, per aver perso la persona che ami. Davvero, non riuscirei a sopportarlo. >>

Continuava a parlare di sè come di un condannato a morte.

Sembrava quasi che avesse deciso lui stesso, senza neanche ascoltare un singolo parere medico, che la sua vita fosse destinata a finire di lì a breve; non esistevano cure definitive per l'AIDS, e sebbene la scienza e la medicina stessero facendo passi da giganti in quel periodo, nessuno sapeva con certezza quando quel terribile morbo sarebbe stato per sempre debellato. Drew sembrava non nutrire alcuna speranza per la sua guarigione ma io, al contrario, non riuscivo a smetterla di pregare affinchè un miracolo lo aiutasse ad uscire da quel tunnel senza via di fuga, affinchè qualcuno trovasse un antidoto in grado di pulire definitivamente il suo sangue da quel veleno che lentamente lo stava consumando.

Eppure, un bel giorno, qualcosa cambiò.

Ricordo ancora il momento in cui, inaspettamente, Drew corse da me e si gettò letteralmente fra le mie braccia, piangendo ed implorandomi di restare con lui; quella mattina, durante la solita riunione al centro sociale, era stata annunciata la scomparsa di uno dei membri più "anziani" della compagnia: si chiamava Julian ed era un ex tossicodipendente di Long Island, che aveva contratto il virus a causa della sua eccessiva e morbosa dipendenza dall'eroina e dagli acidi.

Julian aveva all'incirca trent'anni, ed ogni volta che si presentava ad una riunione per parlare di sè, non lo faceva mai per più di tre minuti di fila; sembrava non avere poi molto da raccontare, al di fuori dell'ormai sempre più rapido progredire della sua malattia. Era morto da solo, senza nessuno al proprio fianco, senza un amore o una famiglia su cui poter fare affidamento fino alla fine, senza una mano forte e calorosa che stringesse la sua durante quegli ultimi, inesorabili attimi di vita.

<< Non voglio che la mia vita finisca in questo modo. >> mi aveva detto Drew, gemendo e singhiozzando fra le mie braccia, lacrime calde che scivolavano lungo il mio collo fino a bagnarmi l'interno della camicia << Non voglio restare da solo, io... Non voglio morire senza nessuno al mio fianco, senza una persona speciale con la quale aver condiviso fino alla fine tutto ciò che ancora mi resta da vivere. Non voglio andarmene senza avere amato. >>

Lo lasciai a malapena finire la frase, afferrando gentilmente il suo viso con entrambe le mani e sporgendomi verso di lui per baciarlo, catturare le sue labbra in una morbida danza amorosa, come avrei voluto sin dal primo giorno in cui avevo capito di essermi innamorato di lui. Lo baciai intensamente e a lungo, senza alcuna paura; conoscevo le regole di sicurezza, sapevo che un semplice bacio non avrebbe mai comportato alcun rischio per la mia salute, ed ero disposto a continuare a baciare Drew in quel modo per sempre, fino a che la morte non ci avrebbe costretto a separarci.

Non avrei fatto altro che baciarlo, se solo avessi potuto.

<< Dovremo stare attenti. >> mi disse Drew, dopo essersi a malincuore staccato dalle mie labbra << La mia malattia è pericolosa, non voglio rischiare di contagiare anche te. Non lo sopporterei. >>

<< Stai tranquillo. >> lo rassicurai, accarezzandogli dolcemente il viso << Conosco le regole, non succederà nulla. Proteggerò entrambi, vedrai. >>

Drew mi sorrise e si strinse nuovamente fra le mie braccia, così forte che per un attimo ebbi la sensazione che potesse venirmi a mancare il respiro; solamente dopo, quando le lacrime ricominciarono a scendere a fiotti lungo le sue guance, compresi che quello era il suo modo per accertarsi che non me ne sarei mai andato, che sarei rimasto con lui per sempre – o almeno, fino a quando fosse stato possibile.

<< Sono qui, Drew. >> sussurrai fra i suoi capelli, avvolgendo le mie braccia attorno a lui e privandolo di qualsiasi via di fuga << Sono qui, e ci sei anche tu. Ci siamo solo noi, adesso, nient'altro che meriti di essere ricordato, menzionato o per cui valga la pena soffrire. Solo io e te. >>

Drew sollevò leggermente la testa, rivolgendomi uno sguardo tanto innamorato quanto timoroso.

<< Voglio vivere il mio presente assieme a te. >> disse << Non voglio ricordare i brutti momenti del passato, nè preoccuparmi per ciò che il futuro avrà in serbo per me. Voglio pensare solo al presente, adesso... Nient'altro che non sia il presente. >>

Chiusi gli occhi e sorrisi, stringendolo forte al mio petto e sospirando.

<< Nient'altro che non sia il presente: te lo giuro. >>

*

Non ho mai considerato la malattia di Drew come una parte di lui.

Forse perchè, da quando me ne sono innamorato, ho sempre cercato di guardare oltre essa.

In fin dei conti, Drew non era la sua malattia, nè qualcosa che gli si avvicinasse anche solo lontanamente; lui era semplicemente Drew: il suo cuore, la sua anima e tutto ciò che mi aveva fatto innamorare di lui, erano completamente immuni all'atroce morbo che imprigionava il suo corpo.

Era strano per me dover rispondere alla domanda "Come ci si sente ad essere innamorati di una persona afflitta da un male incurabile?", perchè niente di ciò che amavo in Drew sembrava riuscire a ricordarmi la sua malattia; era come stare con una persona sana, una persona come tutte le altre.

Anche se, in effetti, Drew non era come tutti gli altri.

Erano trascorsi diversi mesi dal nostro primo incontro, e la sua paura - forse un po' grazie alla mia presenza e a tutto l'amore che continuavo a donargli, giorno dopo giorno - si era notevolmente affievolità, così come la sua arrendevole apatia, quella voglia incontrastabile di mollare tutto ed aspettare semplicemente che la morte andasse a bussare alla sua porta. Era come se, in un certo senso, l'amore gli avesse aperto gli occhi: aveva ricominciato a prendere le medicine con regolarità, ed ogni giorno per lui era diventato come una nuova scoperta, una nuova avventura da voler vivere fino in fondo, senza sprecare di essa neanche un minimo istante.

Quando ogni giorno della tua vita potrebbe essere l'ultimo, il tempo assume un valore diverso.

Drew aveva smesso di piangersi addosso e lasciare semplicemente che i minuti scorressero via come un fiume in piena, aveva finalmente ricominciato a vivere, aggrappandosi al tempo che ancora gli rimaneva e lasciando che fosse questo a trasportare lui, trascinandolo ogni giorno verso una nuova avventura, della quale avrebbe assaporato con gusto ogni singolo morso di vita.

Ed io ero con lui.

Sarei rimasto sempre insieme a lui, fino a che il tempo me lo avesse concesso.

Sapevo, nonostante una piccola parte dentro di me continuasse a sperare in un miracolo, che Drewt non avrebbe vissuto per sempre, e che prima o poi sarei stato costretto a dirgli addio; all'inizio cercavo di non pensare troppo al futuro, di vivere semplicemente il presente così come mi aveva chiesto lui.

Dovevo essere forte, almeno per Drew.

Se fossi stato io il primo a temere per ciò che sarebbe stato, lui non avrebbe mai trovato dentro di sè la forza per andare avanti e avrebbe semplicemente smesso di vivere, attendendo la morte con rassegnazione e continuando a sopravvivere per pura forza d'inerzia.

Fu facile, per i primi mesi, fingere che non mi importasse niente dell'avvenire: avevo Drew con me – e tutto il nostro amore – e questo era più che sufficiente per entrambi. Poi, però, la sua malattia incominciò a progredire, portandosi via tutto ciò che ancora di sano era rimasto in lui: i suoi muscoli perserò di tonicità, incominciò a dimagrire a vista d'occhio, le febbri divennero sempre più frequenti e persino il tono della sua voce si fece più flebile, arioso, anch'esso ormai quasi completamente privo di forze.

Non ci voleva certo un luminare della medicina per capire cosa stesse succedendo: Drew stava morendo, ed io non potevo fare assolutamente niente per evitarlo.

Mi sembrava, in un certo senso, di non aver fatto fede alla mia promessa; avevo giurato di proteggerlo, di restare al suo fianco e fare tutto ciò che era in mio potere per aiutarlo a stare meglio, ma niente di tutto ciò era servito a farlo guarire da quella schifosissima malattia.

Erano state solo chiacchiere, niente più.

Eppure, in un certo senso, aveva fatto molto più di quanto avessi mai potuto sperare.

<< Tu mi hai riportato in vita, Mark. >> mi aveva detto Drew, avvolto fra le lenzuola di un gelido letto di ospedale, appena un paio di giorno dopo che un forte attacco di bronchite lo aveva costretto al ricovero << I dottori mi davano per spacciato, ma in realtà io ero già morto tanto tempo fa, prima ancora di conoscerti; avevo deciso che per me era troppo tardi e avevo semplicemente scelto di lasciarmi andare, aspettare che il mio tempo scadesse, dimenticandomi completamente di che cosa significasse veramente "vivere”. E forse quei dottori avevano ragione, forse il mio tempo qui è quasi finito ormai... Ma almeno, adesso, so che non è andato sprecato. >>

Allungò debolmente una mano verso di me, sfiorando appena con le sue fragili dita le mie.

<< E' stato bello averti con me, Mark. >> bisbigliò << Mi hai fatto sentire amato, mi hai dato la sensazione di essere speciale quando io per primo non riuscivo a crederci, e mi hai fatto sentire normale, forse per la prima volta da quanto ho messo piede in quel centro. Sai che nessuno al di fuori dei miei compagni di terapia riusciva neanche a guardarmi negli occhi, una volta venuto a sapere della mia malattia? Tu hai avuto persino il coraggio di amarmi, di donarmi il tuo cuore e tutto te stesso. Sei stato davvero coraggioso, a volerti gettare in questo baratro senza via d'uscita... Chissà, forse avrei dovuto fare di più per tentare di impedirtelo, forse avrei dovuto cercare di tutelarti meglio di quanto non abbia fatto. >>

<< Hey, non dirlo neanche per scherzo! >> lo interruppi io, stringendo con forza - ma non troppo, per non rischiare di fargli male – la sua mano << Ascolta, voglio essere molto chiaro riguardo a questa cosa: io non rimpiango un solo istante trascorso al tuo fianco, non un solo giorno della mia vita passato insieme a te. E' vero, sarà difficile andare avanti quando...Dopo che...Senza di te. >>

Feci una breve pausa, mordendomi energicamente il labbro inferiore per impedirmi di piangere.

<< Non ce l'ho con te per avermi trascinanto in questa storia. >> proseguii << Ho fatto tutto da solo, mi ci sono gettato a capofitto perchè sentivo che era la cosa migliore da fare al momento. E ripensandoci adesso, so di aver avuto ragione: Era questo il mio destino, innamorarmi di te e condividere con te tutte le piccole gioie della vita, fino a che ne avessimo avuto la possibilità. Sono felice di averlo fatto, e se mai un giorno tutto questo dovesse finire...Beh, ad ogni modo saprò che ne è comunque valsa la pena. >>

Drew mi guardò e sorrise, un sorriso debole e fiacco, la sola cosa che in quel momento avrei potuto aspettarmi da lui.

<< Ti amo, Mark. >> dichiarò << Forse sin dal tuo primo giorno di volontariato al centro, quando ho capito che avrei potuto fidarmi di te molto più di quanto non abbia mai fatto con chiunque altro. Tu eri lì per salvarmi, ed in un certo senso lo hai fatto: non era la morte a farmi paura, bensì tutto ciò che avrei dovuto aspettare prima di arrivare ad essa. Con te non ho mai avuto alcun tipo di paura, tu mi hai insegnato che cosa significa veramente vivere il presente, non pensare a niente che non fosse il puro e semplice “qui e ora”, cogliere l'attimo fuggente e godere di ogni sua minima parte, senza troppe preoccupazioni per il futuro. >>

Intrecciò le sue dita con le mie, sospirando leggermente.

<< Io non morirò, Mark. >> disse << Smetterò di respirare, il mio cuore cesserà di battere ed il sangue di scorrere dentro alle mie vene, ma io non morirò mai: Il mio ricordo vivrà per sempre, nel profondo dentro te. >>

Tirai su col naso e feci segno di sì con la testa, le lacrime che senza sosta scivolavano lungo le mie guance.

<< Vorrei aver fatto di più. >> mormorai, con voce rotta dal dolore.

Drew sorrise, carezzandomi gentilmente le nocche.

<< Hai fatto tutto ciò che poteva essere fatto. >> rispose morbidamente << Ora devi solo restare qui con me, fino a quando non sarà tutto finito. >>

Poi chiuse gli occhi e sospirò nuovamente, alla ricerca di un po' di ristoro dalle sue fatiche; si addormentò dopo poco, la sua mano ancora stretta fra le mie ed un'espressione stranamente serena e rilassata sul volto, probabilmente dovuta al fatto che, comunque fossero andate le cose, avrebbe sempre avuto la certezza di trovarmi lì al suo fianco. Emisi un lieve gemito e mi lasciai andare ad un pianto silenzioso, mentre le memorie delle nostre numerose giornate trascorse assieme scorrevano rapidamente davanti ai miei occhi, come i fotogrammi disordinati di una pellicola ancora da montare.

Rimasi lì per tutto il resto della giornata, e per tutti i giorni a seguire.

Non sarei andato da nessuna parte, non senza di lui; non sapevo quanto tempo ancora avrei dovuto trascorrere in quell'ospedale, ma sapevo che il mio posto era lì, su quella minuscola e scomoda seggiolina posta di fianco al letto di Drew. Non ricordavo da dove venivo, nè sapevo dove sarei dovuto andare in futuro.

La mia unica certezza era che, in quel momento, quello fosse l'unico luogo al quale sentissi veramente di dover appartenere.

*

Drew morì in una calda mattinata primaverile.

Se non fosse stato per il tragico evento che influenzò quella giornata, avrei potuto tranquillamente definirla come una delle più belle che quella limpida stagione newyorkese avesse mai offerto da quando mi ero trasferito in città: il cielo era terso e pieno di nuvole, gli alberi in fiore, il sole riscaldava la terra con il suo candido tepore e gli usignoli riempivano l'aria con il loro canto melodioso.

Il cuore di Drew smise di battere poco prima di mezzogiorno, ed avvenne tutto così in fretta che ebbi a malapena il tempo di accorgermene; i medici dissero che non aveva sofferto, il che fu per me di grande consolazione, visto quanto doveva aver patito in vita a causa della malattia.

Ricordo di aver pianto fino alla sfinimento, fino a che le mie stesse forze non venirono a mancare e i medici mi costrinsero a fare ritorno a casa. A dire il vero, continuai a piangere anche dopo, per tutta la notte ed i giorni a venire.

Ripensandoci adesso, credo di nin aver mai realmente smesso di farlo.

Ho sempre cercato di ricordare Drew da vivo,di non lasciare che l'ombra della morte e della sua malattia deturpasse la mia memoria, e credo di esserci riuscito, alla fine; ogni volta che penso a lui, riesco solo ad immaginarmelo felice e spensierato, un Drew lontano anni luce da quel giovane ragazzo pallido e moribondo, le cui forze dipendevano esclusivamente da tutti quei tubicini di flebo ai quali era attaccato.

In fin dei conti, non è così che lui avrebbe voluto essere ricordato.

Mi piace ripensare a Drew come a quel giovane ragazzo brioso e dal cuore d'oro del quale mi ero innamorato; mi piace ricordare tutte le volte in cui il nostro amore ci ha aiutato ad andare avanti, piuttosto che quelle in cui avevamo la sensazione che non fosse abbastanza.

Non rimpiango un solo istante di quelli trascorsi assieme a lui.

La notte prima della sua morte, mi disse che era felice di ciò che gli era stato concesso dal destino, di andarsene con la consapevolezza di non aver perso assolutamente niente dalla vita. Disse anche che, se quello era il prezzo da pagare per avermi incontrato ed amato, forse morire non sarebbe stato poi così doloroso.

Ricordo ancora le ultime parole che sentii uscire dalle sue labbra, poco prima di addormentarsi: “Non smettere mai di vivere il presente, Mark, mai. E non dimenticare mai, finchè campi, quanto ti amato quando ero in vita.

Poi chiuse gli occhi e si addormentò, e quella fu l'ultima volta che vidi il suo sguardo così chiaro e limpido riflettersi come uno specchio argentato dentro ai miei occhi stanchi ed innamorati.

O almeno, l'ultima volta che lo feci da sveglio.

A volte, durante i miei sogni più frequenti, Drew torna a farmi visita e mi ricorda che non sono solo, che posso sempre fare affidamento sul suo ricordo e ripensare a ciò che abbiamo vissuto assieme, a ciò che abbiamo condiviso e che continuerà, per tutta la vita, a mantenere viva la propria memoria dentro di me.

Ed ogni volta, sembra essere sempre più bella di quella precedente.

*

E' trascorso un anno intero dalla morte di Drew, e ancora sento addosso a me il suo profumo.

La mia vita non è cambiata poi molto, frequento ancora le mie lezioni all'università, vado al centro sociale due volte a settimana ed ogni giorno, prima di tornare a casa, mi fermo al cimitero per far visita alla tomba di Drew.

Faccio ancora fatica a realizzare che sia morto davvero, che non potrò più rivedere il suo sorriso, specchiarmi nei suoi occhi, stringere il suo esile corpo al mio e baciare le sue morbide labbra, come ero solito fare quando era ancora in vita; continuo a pensare a lui ogni giorno e non vi è notte trascorsa senza aver pianto per lui fino ad addormentarmi.

Non credo che riuscirò mai ad amare qualcuno come ho amato Drew.

Chissà, magari un giorno incontrerò una persona che mi farà nuovamente battere il cuore - qualcuno per cui varrà veramente la pena innamorarsi e lasciar cadere tutte le mie difese - ma so per certo che nessuno potrà mai occupare quel posto che, un tempo, è appartenuto a lui.

Forse perchè, in realtà, Drew non se ne è mai realmente andato.

Lui vive ancora, dentro al mio cuore, nella mia mente, in ogni singola fibra del mio corpo; è entrato dentro alle mie ossa sin dal primo giorno, e vi resterà per sempre. Si dice che esista un solo grande amore nella vita di ognuno, ed io credo che Drew sia stato il mio: mi ha mostrato il valore del presente, mi ha fatto scoprire la gioia di condividere con qualcuno un sentimento grande ed intenso come l'amore, mi ha insegnato il vero significato del termine "vivere".

Abbiamo combattuto la sua malattia fino alla fine, e anche se non siamo riusciti a sconfiggerla, so per certo che siamo usciti da quella battaglia da vincitori; la morte non mi ha strappato via Drew, lo ha semplicemente accolto fra le sue braccia quando ormai le mie non potevano più fargli da rifugio.

Spesso, quando mi sento solo, mi siedo sulla collina del cimitero, di fronte alla sua tomba, e chiudo gli occhi, lasciando semplicemente che la brezza mi scompigli i capelli e mi accarezzi il volto, con il suo tocco gentile e delicato, tipico di queste tiepide giornate primaverili; a volte, se mi concentro, riesco persino ad immaginare Drew al mio fianco, mentre mi guarda e sorride, con quei suoi occhioni azzurri pieni di amore e di dolcezza.

Ed è proprio in quei momenti, che dimentico tutto il resto.

Lascio semplicemente che il mondo si chiuda alle mie spalle, e resto da solo con me stesso, con il ricordo di Drew e del nostro amore: solamente noi, solamente tutto questo.

Nient' altro che non sia semplicemente il presente.



 

There's only us, there's only this

Forget regrets, or live is yours to miss.

No other road, no other way

No day but today

( Life support- Rent. )


 


 


 


 


 


 

  
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