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Autore: King_Peter    16/09/2015    13 recensioni
{ InterattivaApocalypse!NowIscrizioni chiuse }
I was angry with my friend; I told my wrath, my wrath did end. I was angry with my foe; I told it not, my wrath did grow.
And I waterd it in fears, night and morning with my tears; and I sunned it with smiles, and with soft deceitful wiles.
And it grew both day and night, till it bore an apple bright. And my foe beheld it shine, and he knew that is was mine.
And into my garden stole, when the night had veild the pole. In the morning glad I see, my foe outstreached beneath the tree.

(A Poison Tree, William Blake)
Genere: Avventura, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Nuova generazione di Semidei, Semidei Fanfiction Interattive
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Heaven Knows
♔ Official Video Trailer 
 
 


Aeren ♠ Flauto Magico
 
 
Aeren trattenne il fiato.
Ogni qualvolta attraversava il secondo piano della Casa Grande veniva assalita da un'ondata prepotente di vomito, acuita dall'alcool e dall'odore dolciastro dei veleni che venivano iniettati durante gli esperimenti. Oltrepassò svelta un paio di semidei armati che stavano discutendo fra loro, tenendo la testa bassa e reggendo in mano un piccolo pacchetto di erbe, utili per il compito che svolgeva.
Vittoria le venne dietro, i suoi capelli biondi che le svolazzavano sulle spalle, mentre le sue mani sembravano non fermarsi mai: continuava a stappare e riattappare una penna che, ormai, aveva cominciato a dare segni di cedimento.
- Tutto bene? - le chiese Aeren, preoccupata per lo strano tic della sua amica. La figlia di Atena imbastì un timido sorriso ed annuì, continuando lo stesso a torturare la sua penna. - Sto dicendo seriamente. Te la senti di accompagnarmi, oggi? - le domandò Aeren, guardandola dritta negli occhi e prendendo un bel respiro.
- Sto bene, tranquilla. - le rispose Vittoria, riponendo la penna in tasca e stringendo le mani a pugno per farle vedere che andava tutto bene. Aeren la osservò per un attimo, scorrendo i suoi occhi fino alle sue dita, le quali fremevano di tornare a muoversi, ma non disse nulla.
Continuò per la sua strada, la barella sulla quale era adagiato un ragazzo addormentato sui diciassette anni che le scivolava accanto, l'interno dell'avambraccio segnato da uno scuro codice a barre. Aeren si impose di ignorarlo, così come ignorava un sacco di cose che non le piacevano.
Lei non era un'eroina, solo una semplice infermiera.
Aveva accettato quel posto solo perché non sopportava vedere la gente soffrire, così lei e Victoria si erano assunte il compito di badare il più possibile a coloro sui cui venivano condotti gli esperimenti: cambiavano le flebo, curavano le eventuali eruzioni cutanee e davano sollievo come potevano.
E, se Vittoria se la cavava bene in tutte e tre le cose, Aeren si sentiva quasi inutile: non era forte quanto la progenie di Ares, intelligente quanto quella di Atena o bella come i figli di Afrodite. Sapeva solamente alleviare il dolore con la sua voce, l'unica abilità speciale che sua madre Ilizia le aveva lasciato.
Si infilò in una stanza, la porta che riportava i segni di graffi e di sangue. La ragazza sul letto aveva la pelle blu, come se il cielo stesso fosse stato concentrato nei suoi muscoli, le nuvole intessute assieme ai nervi.
- Miei dei. - sussurrò sorpresa Aeren, rimanendo per un attimo ferma, il cuore che le era salito lungo la gola. Si avvicinò con fare lento, il sangue che le pulsava nelle tempie, mentre controllava il polso alla ragazza e contava i suoi respiri.
- Che cosa le avranno fatto? - domandò Vittoria, indicando le fasce di cuoio che la tenevano ancorata al letto. Si scambiarono uno sguardo, poi tornarono entrambe a svolgere i loro compiti, senza fare più domande.
Aeren non aveva mai visto niente del genere in vita sua.
Certo, sapeva che la cosa sperimentava sui semidei, visto come fossero considerati vicini agli dei stessi, ma non si riusciva a spiegare perché colorare la pelle di un essere umano o indurre la sua mente alla pazzia. Chiuse gli occhi, una fitta di dolore che le pungeva la memoria.
Scosse la testa, continuando il suo lavoro ed estraendo un pizzico di erbe dalla sua scatole, riducendole poi in polvere, stringendole fra i palmi delle mani. Ne prendeva a piccole dosi e massaggiava il volto della ragazza, stimolandone la circolazione sanguigna.
- Aeren. - la chiamò Vittoria, la voce impregnata di timore, - È normale che tutti i suoi valori stiano calando a picco? - le chiese, mentre la macchina attaccata al braccio della ragazza prendeva a ticchettare in maniera nervosa. La figlia di Ilizia buttò un occhio allo schermo solcato da ripide linee seghettate, imprecando in greco antico.
- La stiamo perdendo! - esclamò, mantenendo però la sua tipica dose di calma, - Aiutami, o morirà. - disse, rivolgendosi all'amica e facendo saltare i bottoni della maglia della ragazza. Slacciò poi la fascia che le premeva sul petto azzurro, in modo che potesse respirare con più facilità.
Prima che potesse anche tentare un massaggio cardiaco, la ragazza scattò a mezzo busto e tentò di morderle le dita. Aeren si ritrasse di scatto, osservandola poi con incredulità, mentre lei si dimenava, cercando in qualche modo di strappare le fasce che la tenevano ferma. 
Vittoria indietreggiò ed inciampò nei fili della macchina, la quale smise di ronzare, mentre la figlia di Ilizia osservava la ragazza, sempre più identica agli Iperborei, lacerare con i denti il cuio che le stringeva le gambe. Le unghia mutarono in feroci artigli, i quali tagliarono le ultime fasce che le bloccavano le caviglie.
Saltò giù dal letto, il colore blu della sua pelle più concentrato nei punti in cui era stata pressata dal cuio. Aeren non riusciva a leggere alcuna emozione, nei suoi occhi, solo rabbia e instinto selvaggio.
La figlia di Ilizia si abbassò per evitare gli artigli della ragazza, rotolando a terra e sbattendo la testa contro lo spigolo della porta. Vittoria stava lottando per rialzarsi in piedi, ma non era agile e svelta come sempre, forse per il fatto di essersi slogata una caviglia.
Aeren non sapeva combattere, non aveva nemmeno un'arma a disposizione per difendersi.
Per un attimo odiò sua madre, Ilizia, per il fatto di non averle passato poteri stratosferici, ma poi si odiò anche solo per averlo pensato. Aeren non voleva fare male a nessuno, eppure, a quanto pareva, c'era qualcuno che voleva fare male a lei, all'infermiera che dava sollievo e curava dal dolore.
L'ibrida iperborea si schiantò giusto sul punto dove si trovava la figlia di Ilizia un secondo prima, quando ebbe solo il tempo di rotolare ancora  e togliersi dalla traiettoria di tiro. Vittoria era riuscita in qualche modo a saltare sulle spalle della ragazza, spingendola prima a terra e poi spingendola contro la porta della stanza.
Aeren la guardò sorpresa, poi, approfittando del fatto che la ragazza era momentaneamente priva di sensi, si precipitò verso la figlia di Atena e le cinse il collo con un braccio, aiutandola a muoversi. Erano quasi uscite da quella maledetta stanza quando Aeren urlò di dolore; gli artigli di quella strana creatura conficcati nella sua gamba.
Perse la presa sulle spalle di Vittoria, cadendo a terra come una marionetta guasta, mentre la vista le si colorava di puntini gialli e rossi. Aveva sempre alleviato il dolore degli altri, ma non aveva mai pensato di sperimentarlo di prima persona.
Almeno adesso sapeva come si sentivano tutti coloro che erano stati feriti in guerra.
Tentò di alzarsi, ma ricadde in ginocchio, il corridoio deserto se non per lei e Vittoria, sole e completamente in balia di quel mostro. Poi qualcosa le saettò accanto, gli stivaletti scuri di una ragazza, una spada stretta tra le mani che scintillava di luce propria.
Bronzo celeste. fu l'unica cosa che riuscì a pensare Aeren, prima di osservare la ragazza scagliarsi contro l'ibrida iperborea e ferirla alle gambe, correndo poi nella stanza semi-distrutta e afferrare una siringa.
- Torna a dormire, bella. - le aveva detto, iniettandole qualche strana sostanza che Aeren non conosceva. La ragazza dalla pelle blu si accasciò a terra, rapita dal sonno di Morfeo. Aeren respirò affannosamente, notando come la sua gamba stava continuando a perdere sangue.
- Ci serve una barella, presto! - esclamò Vittoria accanto a lei, strappandosi un pezzo della sua maglietta e premendolo sulla ferita, cercando in qualche modo di fermare l'emorragia. La loro salvatrice, Annalise, si mosse veloce lungo il corridoio e chiese aiuto, venendo poi seguita da un paio di ragazzi completamente vestiti di nero.
Aeren era ancora cosciente, quando la issarono sulla barella, ma sentiva che i suoi sensi si stavano assopendo. Si sforzò di restare sveglia, visto che sapeva cosa poteva succedere se chiudeva gli occhi. Era ufficialmente entrata in uno stato di confusione, ricordi ed emozioni che facevano battere il suo cuore più velocemente.
Ripensò a suo padre, Julian, colpito da un mostro quando questi finalmente rintracciarono Aeren. Lei non sapeva che fine avesse fatto, ma adesso le ritornava in mente quando lui l'aveva portata a passeggiare sul lungomare, sotto un cielo trapuntato di stelle.
- Resta con me, Aeren! - la chiamò Vittoria, i suoi capelli biondi ridotti ad un ammasso informe giallastro, - Resta con me! - le ordinò, mentre la barella scorreva lungo il corridoio e le luci sfarfallavano davanti ai suoi occhi, il soffitto ammuffito e scuro.
Scuro come il baratro nel quale precipitò.
 
 
Si sentiva come se avesse riposato su un letto di braci ardenti.
Il sangue pulsava violentemente alle tempie, dandole un senso costante di nausea, mentre muoveva le dita come fanno le persone quando si svegliano dal coma. Aprire gli occhi era fuori discussione, visto che sembravano fossero stati cuciti da un filo invisibile.
Sentiva il battito regolare del suo cuore, la gamba calda ed incandescente, là dove gli artigli sporchi della ragazza avevano perforato la carne. Una lacrima le scese lungo la guancia, chiedendosi chi fosse l'ibrido che aveva visto, chiedendosi se avesse una famiglia, come fosse la sua vita.
La C.A.D.M.O. le aveva portato via ogni cosa, trasformandola in un mostro. Ed era questo che ad Aeren faceva più male, sapere che la cosa prendeva chiunque volesse e lo riducesse a niente, anzi, a meno di niente.
E quel codice a barre? Il segno permanente che ricordava ad ogni semidio che non era e non sarebbe mai stato libero; che aveva fallito e non era riuscito a proteggere la sua casa, ma l'aveva consegnata al nemico.
Come si dice, rigirare il coltello nella piaga.
Respirò un dolce profumo di cannella e di miele, gli ingredienti che solitamente Aeren usava per curare e far rimarginare le ferite. Qualcuno aveva usato quella stessa medicina per lei, forse Vittoria, o magari la ragazza misteriosa che le aveva salvate.
Aeren non ne aveva idea.
Forse erano solamente i suoi nervi sovraeccitati, ma cominciò a canticchiare, improvvisando una ninna nanna che sembrò lenire il suo dolore, almeno quel minimo che bastava per farle pensare ad altro. Continuò a cantare e, ogni nota che le scivolava dalle labbra, la rendeva meno tesa e più energica, la gamba che pian piano si acquietava; una sorta di mano fresca che l'accarezzava e faceva scomparire il dolore.
Solo all'ultimo momento registrò la presenza di qualcuno, nella stanza, il suo respiro costante e regolare che accompagnava il canto malinconico di Aeren. Chi era, qualcuno che voleva farle del male?
La figlia di Ilizia scacciò quel pensiero: se qualcuno avesse voluto ucciderla l'avrebbe fatto mentre dormiva, non quando era vigile ed attenta. Aeren, a dir la verità, non sapeva nemmeno perché le avessero salvato la vita.
Dopotutto era solo un'infermiera, nulla di che.
Sbatté molto lentamente le palpebre, la luce che le feriva gli occhi e la faceva sprofondare di nuovo nel buio, come a volte fanno certe lumache quando si sentono in pericolo. Però poi ci riprovò, abituandosi pian piano allo sfavillante sole che brillava dietro la finestra sporca.
In un primo momento non capì dove si trovasse, poi cominciò a riconoscere gli spigoli degli armadi, i bordi di ferro di un letto, le lenzuola che le arrivavano alla vita e le lasciavano scoperto il busto. Accanto a lei, seduto su una sedia, c'era un ragazzo che non aveva mai visto, gli occhi di un rosso acceso come le fiamme dell'Inferno.
Aeren aprì la bocca per urlare, ma scoprì che non aveva voce. Sussultò, scattando a mezzo busto e pentendosi poco dopo per quella stupida azione, visto che la gamba le inviò fitte di dolore.
Il ragazzo alzò le mani, in segno di arrendevolezza, e poi le sorrise.
Nel complesso, Aeren doveva ammettere che solo gli occhi stonavano con il resto del suo viso, armonico e bello come quello di una statua greca. I capelli castano dorati erano scompigliati e ribelli, ma gli conferivano lo stesso un'aria attraente. Sul polso destro brillava scuro un codice a barre, linee nere che fendevano la sua pelle abbronzata, una successione di numeri che lo identificava come l'esperimento 9755512357896.
- Ehi, non avevo intenzione di spaventarti. - le disse lui, sorridendole timidamente, - Sono Theo, Theo Bouchard. - si presentò, mentre le porgeva la mano ed Aeren poteva vedere diversi lividi lungo il suo braccio.
- Se te lo stai chiedendo, non sono un maniaco. Sono qui perché, beh ... - le mostrò il polso, abbassando gli occhi, - Hanno sperimentato, su di me. -
- I tuoi occhi. - fu l'unica cosa di senso compiuto che Aeren riuscì a dire, ignorando il dolore alla gamba, - Sono rossi. -
Lui annuì, il labbro inferiore che gli tremava. - Già. - rispose, malinconico, tirando su col naso, - Una volta erano azzurri. - ricordò, puntando il suo sguardo oltre la finestra, da dove si potevano scorgere i campi di fragole convertiti a piantagioni di marijuana.
Aeren non sapeva cosa dire.
Aveva sempre saputo farci, con le parole, ma adesso le veniva impossibile parlare, come se avesse inghiottito delle fiamme e si fosse bruciata. Il ragazzo che aveva davanti sembrava distrutto, come se, durante gli esperimenti, si fosse rotto qualcosa, nella sua anima.
- Mi dispiace. - sussurrò, la sua mente confusa e disordinata come non mai nella sua vita, - Deve fare male, non è così? -
Theo annuì, guardandosi le mani, come se fossero ricoperte di sangue. - Non immagini quanto. - rispose, la voce incrinata per il dolore, - Quando mi sono svegliato la prima volta e ho visto questi occhi ho dato di matto. Ho quasi staccato la testa ad un ragazzo, solo perché mi ha porto uno specchio. - raccontò, mentre Aeren cercava di immaginarsi la scena. Rabbrividì.
- Si, sono un mostro, un mostro come tutti coloro che abitano qui. - sorrise, il sorriso di una persona disperata, quella che non aveva più nulla da perdere, - Non so cosa mi abbiano fatto, ma voglio impedire che possa succedere a qualcun'altro. -
Le prese la mano e, con grande sorpresa di Aeren, era calda. - Io non posso uscire di qui, almeno ufficialmente, ma tu si. - le disse, i suoi occhi rossi che mettevano in soggezione Aeren, - Raduna un esercito, qualcuno che sia abbastanza potente da spezzare la barriera intorno al campo. -
Aeren scosse la testa. - Non saprei come fare. - gli disse, mordendosi il labbro, - Io sono una semplice infermiera, non un'eroina. -
Ma lui scosse la testa, lasciandole la mano ed alzandosi in piedi. - Trova Rain Sound, è una figlia di Ecate. Lei potrebbe aiutarci, visto che con me l'ha fatto. - replicò cocciuto Theo, indicandosi il petto, il punto esatto dove si trovava il cuore.
Aeren si chiese se avesse a che fare con dei problemi sentimentali, ma ignorò ciò che la sua mente gli suggeriva. - Va allo spaccio del campo, lì potrai trovare delle persone fidate. - concluse, dirigendosi verso la porta, la canottiera bianca che indossava che si era colorata di rosso e di arancio.
- Ti prego, aiutami. – disse, la voce ridotta a poco più di un sussurro, il suo sguardo perso nel vuoto, l’eco lontano della sua anima.
- E tu che farai? - domandò Aeren, ancora indecisa se dare o meno retta alle sue parole, - Tu sei rinchiuso qui, come potrai scappare? - chiese, incredulità e voglia di conoscere che si affollavano nella sua testa.
- Io agirò dall'interno, cercherò di farmi degli alleati. - rispose, abbassando lo sguardo, - L'ho sempre fatto. - commentò, amaro, mentre finalmente Aeren capiva.
Prostituiva il suo corpo. pensò, osservando quel ragazzo, così giovane, eppure già così amareggiato dalla vita. Era in un certo senso attratta, da lui, ma non si trattava di attrazione sessuale, bensì qualcosa che andava oltre, qualcosa che diventava onore e lealtà.
Anche se non lo dava a vedere, Aeren avrebbe scommesso che fosse un leader nato. Theo sorrise, quel tipo di sorriso che aveva visto solo sulla bocca dei figli di Afrodite, suscitando un moto di improvvisa compassione, per lui, nella figlia di Ilizia.
- Après moi, le Déluge. -


 
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♔ King says: Ask me 
 
Good evening, guys! 
Come state? Io sono a scuola da tre giorni, ma mi sento stanco come se fossero già passati tre mesi, che cosa brutta. Solo Pendragon, e chi frequenta come noi due poveri scemi il liceo scientifico, può capirmi.
Anyway, non siamo qui per parlare dei miei problemi personali, no? u.u
Ecco a voi il nuovo capitolo di Heaven Knows! Dite la verità, da quanto lo aspettavate, eh? Ci ho messo un po' per scriverlo, ma alla fine sono davvero contento di esserci riuscito ed essere qui ad aggiornare.
Credo che aggiornerò regolarmente di giovedì (anche se oggi è mercoledì, babies) perché per il venerdì non ho molto da fare, so mi ritroverete quasi sempre qui a battere questo angolino autore!
Ringrazio ancora una volta tutti coloro che hanno letto e coloro che hanno lasciato delle recensioni (Ve se ama ♥). Ringrazio molto anche la mia fidata Holls e la sua fissa per Alice nel Paese delle Meraviglie (questo è per te, lo aspettavi eh? Click me), Luthien e l'esperimento DHLB, Nali e le sue insospettabili doti da agente segreto e anche Angy che, spero, possa leggere presto questo capitolo! Tieni duro, girl :3
Insomma, adoro chiunque di voi abbia voglia di stalkerarmi su Ask ♥


► Abbiamo oggi conosciuto Aeren Murray (Winter98), la pargola di Ilizia che adoro proprio per questa sua discendenza improbabile! Ho aggiunto un personaggio secondario, ovvero Vittoria Venier (HannahBelle), la figlia di Atena e poi un personaggio che rivedremo nel prossimo capitolo (vi ho dato solo un piccolo accenno), ovvero Annalise Pevensie (Pendragon_M).
Come vi sembra Aeren? Credo che piaccia proprio per la sua non-eroità (esiste come parola?), nel senso che non si sente proprio a fare l'eroina, in quanto è brava solo ad alleviare il dolore altrui. Comunque, ditemi voi cosa ne pensate :')
Abbiamo rivisto Theo, a gran voce invocato, e i suoi occhi rossi, su cui scopriremo qualcosa in più nel prossimo capitolo. Ho notato come siano partite le ship più improbabili ed addirittura Foursame! AHAHAHAHAHAAH
Me fate morire :')

► Visto che qualcuno di voi mi ha chiesto un breve riepilogo dei personaggi presentati, li divido in ordine di apparizione per buoni e cattivi, così non vi sbagliate! Lo so che sono tanti, quindi grazie fenris per avermi dato l'idea di fare questo breve ripasso u.u (i sottolineati sono coloro che svolgono un ruolo secondario)

Good guys: Theo Bouchard (Afrodite), Rain Sound (Ecate), Asher Bellamy (Eos), Nick Preston (Efesto), Anthony Mason (Apollo), Nicole (Ecate), Aeren (Ilizia), Vittoria (Atena)

Villains: Takeshi (Tanato), Jude (Eris), Arthur (Ecate), Astrid (Nike), Duncan (Ares), Amber (Eros), Alyx (Melinoe), Christopher (Dioniso), Annalise (Ate)

Bene, spero che ve li ricordiate tutti, perché nel prossimo capitolo vedremo qualcosa di molto ... aehm, come definirla, esplosivo! Non temete, la fuga è vicina e presto conosceremo anche i fantomatici Custodi.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Alla prossima, guys c:



King.

 
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Soon on Heaven Knows: Jude ♠ Mela Avvelenata
 
  
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