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Autore: eolide98    20/09/2015    5 recensioni
Will Solace ha una cotta per Nico Di Angelo da un bel po' di tempo. Ma quando, finalemnte, riesce ad invitarlo ad uscire, un evento improvviso manda tutto a rotoli.
cosa succederebbe se i due ragazzi si trasformassero in dei supereroi? Tra squadre speciali, nemici potentissimi e compagni poco affidabili i due impareranno a conoscersi a vicenda, a comprendersi, e, forse, anche ad amarsi.
Una storia che mette in crisi l'idea del fumetto, stravolgendone i contenuti ed alterandone la realtà!
Dal testo: "-Nico andiamo via!- disse Will. -Qualunque cosa sia questa roba non ci riguarda, non voglio che mi impianti strana roba addosso!- Nico annuì, ancora leggermente scosso. I due tentarono di tornare indietro. Purtroppo il meteorite completò la sua “analisi” prima che i due ragazzi avessero avuto il tempo di fare anche solo un passo.
-Attivazione delle modalità di impianto I45, I46, I70, bypassare protocollo di sicurezza 14bis-. Le due pietre iniziarono a risplendere. Will afferrò la mano di Nico ed i due iniziarono a correre.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Nico di Angelo, Nico/Will, Will Solace
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
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 TRA LE TENEBRE

 

 

 

 

Svegliarsi tra le braccia di qualcuno è fantastico. Si sente un calore assolutamente dolce invadere il proprio corpo, una sensazione di benessere profonda, semplice. Sembra di essere in una specie di guscio protettivo, lontano da tutto e da tutti.

Ecco, Nico, con la testa di Will appoggiata contro la schiena, le braccia incrociate sulla sua pancia ed il suo petto contro la schiena, si sentiva esattamente così. Aveva caldo, ma non quel caldo orribile e afoso. Era più un calore dolce ed asciutto, che partiva dal petto e si irradiava in tutto il corpo.

Il ragazzino si sentì le guance in fiamme: era la prima volta che gli capitava di svegliarsi con qualcuno accanto, così vicino alla sua testa e al suo corpo. Certo non era una sensazione spiacevole, ma era comunque imbarazzante. Nico tentò di spostarsi, ma Will lo strinse a sé con un mugolio appena udibile. Nico deglutì a vuoto, tentando ancora una volta di scampare a quella presa.

A nulla valsero i suoi sforzi: ormai riusciva a sentire distintamente il respiro di Will solleticargli il collo, le sue dita muoversi leggermente sul suo addome.

-Buongiorno...- sussurrò una voce ben conosciuta all'orecchio di Nico, mentre le labbra del ragazzo più grande andavano a sfiorargli il lobo dell'orecchio sinistro. -Dormito bene, raggio di sole?- Avrebbe tanto voluto rispondergli di spostarsi, di stargli lontano e di smetterla di solleticargli la pancia con quelle maledette (e tremendamente fantastiche) mani. Purtroppo la sua lingua sembrava improvvisamente essere diventata di pietra. Dopo una serie di suoni sconnessi, Nico riuscì appena a sussurrare un “Si” che fece ridere di gusto Will. Sentì le sue dita scostarsi dalla pancia e scorrere lungo la schiena, fino ad incontrare le sue ali. Le sfiorò con delicatezza, provocando in Nico una sorta di arresto cardiaco.

-Credo che siano particolarmente sensibili...- sussurrò il ragazzo più grande. -Da quel poco che ricordo di anatomia, dovrebbero essere connesse al midollo spinale. In pratica, gli stimoli che ricevono passano direttamente al cervello tramite questo...- Will arrivò a sfiorare piano l'attaccatura delle ali; Nico fremette.

 

Ci sono momenti che vorresti durassero per sempre, altri che scompaiono in un attimo. Ecco, quei pochi istanti erano stati praticamente perfetti, purtroppo, improvvisamente, un ragazzo sui diciannove anni, fece il suo ingresso nella camera di Will.

Era alto, abbronzato e ben messo. I suoi occhi, verdi del colore del mare, si puntarono su Nico, stretto tra le braccia del ragazzo più grande.

-Uoh... ho interrotto qualcosa?- Si muoveva in maniera armoniosa e leggiadra, quasi avesse tutto il tempo del mondo a disposizione. Era piuttosto alto, un metro e settantacinque circa, spalle larghe e fisico da atleta. Will emerse lentamente da dietro la schiena di Nico, lanciando uno sguardo truce al ragazzo appena entrato nella stanza.

-No, assolutamente!- Nico colse l'occasione al volo, alzandosi dal letto e scivolando via dalle braccia del suo quasi-fidanzato per mettersi seduto. Si rese conto solo in quel momento di essere senza maglietta, le ali in bella vista dietro la schiena. Se ne rimase immobile ad osservare il ragazzo dagli occhi verdi, terrorizzato all'idea che lui potesse fargli qualche domanda o venire a sapere del suo piccolo “segreto”.

-Jackson, va’ via!- La voce di Will fendette l'aria, tagliente. Ma l’altro ragazzo sembrò infischiarsene. Sorrise e fece un paio di passi avanti.

-Io sono Percy-. Porse la mano a Nico con assoluta naturalezza. E lui gliela strinse, pregando Dio che non notasse le sue alette nere. Percy Jackson sorrise un'altra volta e poi si allontanò velocemente a grandi passi.

-E quello sarebbe?- chiese Nico a Will, con l'aria di chi ha appena scoperto la propria moglie a letto con un altro.

-Il mio fastidioso coinquilino... non badare a lui. Piuttosto, a che punto eravamo rimasti noi due?- Il ragazzo tentò di accarezzare il viso di Nico, ma quello si alzò dal letto velocemente e afferrò la prima maglietta disponibile.

-Stavo per tornare a casa e per dirti che prenderò in prestito questa maglietta per un po'!- Ovviamente la maglietta doveva essere gialla e ci doveva anche essere un grosso sole rosso disegnato sopra... che figuraccia avrebbe fatto con sua sorella.

-Nico aspetta!- lo pregò Will. Ma il ragazzo aveva già oltrepassato la porta e si era diretto verso l'ingresso infilandosi la maglietta.

-Allora ciao, piacere di averti conosciuto!- lo salutò Percy, che stava educatamente aspettando vicino la porta d'ingresso. Nico gli lanciò uno sguardo dubbioso, sorrise ed aprì la porta, precipitandosi verso casa sua e sperando che sua sorella Bianca non lo ammazzasse per aver trascorso la notte fuori casa.

 

Le ali, strette dalla maglia gialla, davano a Nico un fastidio non indifferente. Ogni passo sembrava echeggiare nel silenzio della strada ancora buia che stava attraversando, la luce intermittente dei lampioni risultava insufficiente a rischiarare le tenebre. Tuttavia il ragazzo, sebbene non avesse mai avuto una vista molto sviluppata, riusciva a distinguere con chiarezza le forme e perfino i contorni ed i colori di ciò che si trovava avvolto nell'ombra nei dintorni.

Probabilmente, si ritrovò a pensare, la strana pietra dell'ombra aveva avuto effetti sulla sua visione notturna, incrementando l'intensità del suo sguardo. Di certo era forte avere dei superpoteri, ma, allo stesso tempo, sentire addosso l’immensa responsabilità di salvare l'intero universo non era esattamente una delle cose che Nico avrebbe preferito. Chissà che tipo era questo Kronos, ma soprattutto come si sarebbe comportato nei loro confronti nel momento in cui lo avessero incontrato? Di sicuro avrebbe tentato di farli fuori, ma Nico ancora non riusciva a comprendere in che modo e soprattutto utilizzando quali strategie.

Quello di cui era certo, in tutta quella faccenda, era che lui e Will avrebbero dovuto sbrigarsi ad imparare ad usare al meglio le loro nuove capacità. Che fossero raggi di luce, ali magiche o visione a raggi infrarossi non aveva importanza, l'esercizio era più che necessario.

Deciso a condividere questo suo pensiero con il suo quasi-fidanzato l'indomani mattina, il ragazzo si diresse titubante verso casa.

Metteva un passo davanti all'altro, veloce e preciso, mani nelle tasche e cuffiette nere nelle orecchie, la musica al massimo. In fondo, chi mai avrebbe potuto investirlo alle quattro di un sabato sera in una piccola cittadina di periferia? Un gatto randagio miagolò alle sue spalle, ma Nico non lo sentì, il volume della musica era troppo alto. Ma quell'animaletto sembrava deciso a non lasciarlo andar via, quasi avesse annusato le sue alette e lo avesse scambiato per un uccellino. Gli si parò davanti con uno scatto, ostacolando il suo cammino. Era un gattino non troppo grande, dal pelo maculato di grigio e nero, con un tenero musetto rosa e dei baffetti bianchi tutto attorno. Insomma, una bestiolina assolutamente dolce.

Purtroppo per lei, Nico i gatti li detestava. Fin da quando era piccolo, i felini lo avevano sempre inquietato, con quei loro occhi grossi e gialli, le zampe velocissime e munite di artigli e soprattutto con quei denti affilati come lame. Dei predatori niente male, pronti a graffiarti quando avvicinavi la mano per accarezzarli.

Il micio miagolò ed il ragazzo provò a cacciarlo via muovendo una mano. La sua strategia fallì miseramente. Il piccolo felino schivò il suo colpo e miagolò ancora una volta.

-Cosa vuoi?- Nico si tolse le cuffie, rendendosi vagamente conto che parlare ad un gatto non era una cosa poi tanto normale. L'animaletto miagolò e soffiò, stizzito. Nico avrebbe potuto benissimo mettersi le cuffie e tornare a camminare verso casa, se un rumore inaspettato ed un puzzo inaudito non lo avessero fermato.

 

L'uomo che gli stava dietro era alto e panciuto, la testa calva e piena di bernoccoli. Indossava una camicetta hawaiana ed un paio di occhialoni grossi e spessi. Una folta barba bianca gli incorniciava il volto paffuto. Una perfetta versione di Babbo Natale in camicetta, se solo non avesse avuto in mano una pistola, o almeno quella che, premendo contro la schiena di Nico, sembrava essere una pistola.

-E' pericoloso girare da soli a quest'ora, ragazzino. Non te lo ha insegnato la mamma?- L'arma si accostò alla schiena del ragazzo, mentre il ventre lurido di quell'uomo depravato si avvicinava al sedere del povero Nico. Un senso di disgusto puro lo invase e lo spinse a scostarsi quando sentì distintamente la pressione dovuta al rigonfiamento nei pantaloni dell'uomo di mezza età. Una mano sudicia, viscida, gli si insinuò sotto la maglia, andando ad accarezzarlo negli stessi punti poco prima toccati dalle dita agili e sottili di Will. Tocchi così differenti quelli di quel lurido pervertito. Veloci, rapidi, sudici, sporchi...sporchi.

-La smetta!- La voce di Nico risuonò estremamente più forte e sicura di quanto il ragazzo non si sentisse in realtà. Il barbuto stupratore rise di gusto, arrivando con le dita a sfiorare il bottone dei jeans di Nico. Il ragazzo stava per vomitare.

-Altrimenti?- Premette l'arma dietro la schiena della sua vittima con maggiore intensità, poi slacciò il bottone.

-HO DETTO LA SMETTA!- L'esplosione di collera di Nico fu accompagnata da una serie di eventi catastrofici. Innanzitutto, le ali strapparono la stoffa della maglietta, si allungarono e diventarono lunghe due metri ciascuna e larghe cinquanta centimetri a testa (o ad ala?) e fecero letteralmente volare via il pervertito con la camicia hawaiana. Nico si voltò piano, mentre il quarantenne tentava di rimettersi in piedi e di afferrare nuovamente la pistola, caduta lontano. Non ne ebbe l’opportunità. Il ragazzo-angelo aprì la mano sinistra e l'arma venne colpita da un raggio violaceo che la ridusse letteralmente in polvere.

-Che razza di mostro sei tu?- Il ciccione si rimise in piedi a fatica, guardando il ragazzo con occhi sbarrati. Una specie di nebbiolina nera avvolse Nico, mentre un raggio viola, partito dal palmo della mano del ragazzo, colpiva quel sudicio essere abominevole al petto, facendolo ricadere all'indietro.

-Chiami me mostro? Tu… tu sei un essere immondo. Mi fa schifo anche solo guardarli quelli come te. Tu che ti apposti nell'ombra e minacci poveri ragazzi per un attimo di piacere. Sei sporco, sudicio, un bastardo con nessuna utilità e MI FAI SCHIFO!- Le ali del ragazzo si aprirono, i muscoli del suo corpo si tesero in sincrono e la nube oscura volò verso il pervertito, avvolgendolo. Si udirono dei mugolii soffocati, poi dei sospiri affannosi, infine delle grida di aiuto.

Uccidilo” sussurrò una voce all'orecchio di Nico. “Dagli ciò che si merita, non permettere che possa fare ad altri ragazzi quello che ha provato a fare a te. Uccidilo”.

E' facile fare la scelta sbagliata. Decidere di cancellare la violenza con la violenza, l'orrore con l'orrore. E' così tremendamente semplice che di rado qualcuno rinuncia alla possibilità di restituire ciò che ha subito. La vendetta seduce, attira con quelle sue braccia fumose, dense e tremendamente buie. Il risentimento ed il desiderio di giustizia, alle volte, mutano in rancore, una forza devastante che fa del male, che non crea, distrugge, che attacca, non protegge, che odia, non ama. Non c'è nulla di puro nell'uccidere, niente di giusto nel versare del sangue, sia questo limpido o sporco, buono o cattivo. Perché il sangue, le urla, rimangono impresse nella mente, macchiano indelebilmente fino a quando non si verifica un evento capace di mettere a tacere il senso di colpa.

Gli uomini sono fatti anche di questo, di rimorso, dolore, rancore...vendetta.

E Nico, in qualità di persona, non era da meno.

Sentiva chiaramente le dita stringersi attorno ad una gola invisibile, mentre il fumo nero entrava nelle narici del ributtante personaggio vestito di quella squallida camicetta hawaiana, i pantaloni sbottonati, il rigonfiamento prima tanto evidente adesso totalmente scomparso. Un respiro soffocato, ancora un grido, molto presto il suo cuore avrebbe smesso di battere.

Una scarica prepotente di adrenalina attraversò il corpo del piccolo Di Angelo. Si sentiva potente, indistruttibile, invincibile. Avere la vita di qualcuno nelle proprie mani fa spesso sentire così, come se ci appartenesse, come se fosse di nostra proprietà. Solo dopo ci si rende conto che quella vita non è mai stata nostra, che quel dolore inferto non lo abbiamo mai desiderato. Solo dopo ci si rende conto che incatenare la libertà di un altro essere umano, uomo, donna, pervertito o meno che sia, rende sporchi, luridi, viscidi proprio come chi ha fatto talmente tanto male nella sua vita da sporcare per sempre la propria umanità.

Ma quando arriva la consapevolezza è già troppo tardi.

-Ti...ti supplico...- L'uomo cadde in ginocchio e Nico fece un passo avanti, un'espressione di puro ribrezzo dipinta sul volto.

-Sei tu il mostro qui... e pagherai per quanto hai fatto-. Il ragazzo avanzò ancora, sorridendo questa volta, mentre le ombre gli si addensavano attorno. E tutto si fece buio in quella notte senza stelle, mentre anche la flebile luce dei lampioni si estingueva.

 

***

 

Luke ed Ethan se ne stavano appollaiati sul cornicione di una vecchia villetta fuori città, lontano dalle luci invadenti, a godersi le stelle. Quella sera avevano rubato delle caramelle ed erano andati a mangiarle nel loro posto segreto. Era inquietante quella casa, vecchia da far paura, scricchiolante, abbandonata da che il mondo ne avesse memoria. Ma il tetto, lontano dalla polvere degli interni, era tremendamente fantastico.

-Ethan?- Luke catturò la mano del ragazzo con le sue dita, portandola lentamente alle labbra dolci di zucchero. -Credi che dovremmo andar via di qui?- Luke era leggermente più alto dell'altro ragazzo, i capelli biondi gli ricadevano sul volto. La sua bocca toccò le dita di Ethan, assaporando quel poco di caramello rimastoci sopra.

-Io... ci stanno cercando Luke. Loro sanno quanto potremmo essere pericolosi. Se ci trovassero ci costringerebbero ad entrare in quella specie di squadra speciale e...- Non ci fu bisogno che finisse di parlare. Le labbra di Luke catturarono le sue in un bacio senza scampo, bello di una felicità semplice, sotto quel cielo stellato.

Era un bacio che urlava amore e forza e “ti seguirei fino in capo al mondo” e “andiamocene lontano, liberi, solo io e te, perché in fondo non ho bisogno di altro”.

-Potremmo andarcene in Messico, adoro il Messico!- Luke si era staccato dalle labbra del suo ragazzo ed aveva inghiottito un'altra caramella. Ethan, invece, era stranamente silenzioso, le gambe raccolte attorno al petto e tenute ferme dalle braccia.

-Ci troveranno, Luke. Quello che io e te siamo in grado di fare... loro ne hanno bisogno e non si può scappare per sempre lo sai-. Il ragazzo più alto annullò la distanza che li separava, posizionando un braccio attorno alle spalle di Ethan e stringendolo a sé. Lo trovava assolutamente adorabile quando rimaneva sorpreso, sembrava quasi tornare bambino, con quegli occhi improvvisamente grandi e quelle labbra dischiuse.

Tentò di concentrarsi sui suoi occhi, di modo da non cedere ancora una volta alla dolce tentazione di baciarlo.

-Ehi, piccoletto, io e te abbiamo la forza necessaria per respingere un intero esercito. Cosa credi possano fare un paio di supereroi da strapazzo contro di noi?- Ethan sorrise e si sporse verso Luke, assaporando il suo calore.

Una serata perfetta, un momento perfetto in un posto perfetto.

Se solo il Generale Chirone non fosse apparso esattamente dietro di loro, probabilmente, tutto sarebbe potuto essere meraviglioso.

 

Chirone era un uomo piuttosto anziano. Lui ed Ethan si erano incontrati per la prima volta su una nave quando il ragazzo aveva compiuto quindici anni. Gli aveva parlato in maniera dolce, spiegandogli quello che gli stava accadendo, tentando di dirgli che “non era esattamente una persona normale” e cercando di condurlo in una fantomatica base di addestramento per quella che lui chiamava “Squadra Diana”. Ed Ethan aveva avuto una paura enorme, di un mondo che non conosceva, di una società che lo avrebbe ulteriormente additato come diverso ed infine di se stesso... soprattutto di se stesso.

Perciò era scappato via dai suoi genitori, dal suo mondo e dalla sua vita, lontano da tutto ciò che avrebbe potuto fargli del male.

-Generale, le abbiamo già ripetuto molte volte che non abbiamo alcun interesse ad accettare la vostra offerta! La prego di andar via, o mi vedrò costretto a farle del male-. Luke si era messo tra il militare ed il suo ragazzo, sollevando le maniche della sua grossa felpa, mostrando degli insoliti bracciali argentati.

Di fianco al Generale stava una donna sui venticinque anni, il Caporale Levesque. Anche lei possedeva, come Ethan e Luke, delle particolari abilità: riusciva a ridurre lo spazio a piccoli strati di realtà e ad attraversarlo o a permettere ad altri di passare, in sostanza sapeva usare il teletrasporto. Aveva una frusta colorata nella mano destra, evidente simbolo del fatto che Chirone e la sua assistente non erano lì solo per un pacato dialogo tra amici.

-Ragazzi, mi vedo costretto ad insistere. La terra sta per subire il più massiccio ed imponente attacco mai visto, senza le abilità particolari vostre e della squadra Diana non c'è alcuna possibilità di poter...- I bracciali di Luke si illuminarono e otto tentacoli argentati iniziarono a svolazzare per aria.

-Le ho detto di lasciarci in pace!- Hazel schioccò le dita ed un mucchio di soldati comparve alle sue spalle, armati fino ai denti e pronti alla lotta.

-Se non accetterete le mie condizioni sarò costretto ad eseguire gli orini dei miei superiori... vi prego, venite con me alla base. Prometto che non vi torcerò un capello e vi assicuro che entrambi sarete trattati con il massimo rispetto!- Ethan si divincolò e riuscì a mettersi davanti a Luke.

-Ci lasci andare, Chirone. Non combatteremo una guerra che non ci appartiene-. Uno dei soldati vestiti di nero si fece avanti. Era alto, e si vedeva chiaramente una bella barba rossa seminascosta dall'elmo.

-In questo caso procederemo secondo i piani del primo ministro Iupiter!- L'uomo alzò la pistola e vibrò il colpo. Luke tentò di spostare Ethan, ma era già troppo tardi. Una raffica di spari riempì l'aria, mentre un “NO” soffocato usciva dalla bocca di Chirone.

 

 

N.D.A.

Carissimi lettori eccoci tornati. Cioè, eccomi. La scuola mi ha un po' distrutto sono rimasto steso su un letto tentando di riprendere le forze ma la mia mortale nemesi (FRANZ detto IL TOSSICO), mi ha letteralmente reso la vita impossibile e, quando la sera tentavo di scrivere, mi si bloccavano, letteralmente, le mani.

Sì, vi racconto i fatti miei e a voi non interessa, ma pazienza.

Questa situazione è continuata fino a quando, una sera, non ho contattato Glenda. Le ho detto di essere triste e lei, semplicemente, mi ha tirato su. E, DIO, se ne avevo bisogno. Per cui, ho ripres a scrivere, ho consegnato questo capitolo per tempo e soprattutto, quando quell'imbecille ha tentato di mettermi in ridicolo gli ho risposto a tono e ha fatto una figuraccia globale. Morale; non sfidare il principe del vento o ti ritroverai spappolato dalle correnti d'aria.

 

TORNANDO A COSE CHE POSSANO INTERESSARVI.

Mi dispiace per il ritardo e, sul serio recensori, vi adoro! Tantissimo, mi sentivo così demoralizzato e le vostre recensioni mi hanno aiutato moltissimo!

Le pubblicazioni si mantengono a Domenica.

Mi raccomando, recensiteeeee, che vi adoro quando recensite. (Non riesco più ad esprimermi in un italiano corretto, bah).

Il capitolo lo dedico a Glenda, ovviamente, per l'aiuto che mi ha dato.

 

Un abbraccio, a domenica

E.f.

   
 
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