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Autore: MadHatter93    21/09/2015    0 recensioni
Correva l'anno 1910 e la piccola famiglia Romanov, discendente della più grande famiglia di zar della Russia, dava alla luce la piccola Alice. Data però l'estrema povertà della famiglia e le varie malattie incombenti all'epoca, Alice rimase presto orfana di entrambi i genitori. Si ritrovò così, dai tredici anni, a crescere in un'orfanotrofio, uscendone all'età di diciott'anni, senza aver trovato alcuna famiglia disposta ad adottarla. Bastò poco, alla fragile e ribelle Alice, per entrare in brutti giri e cominciare a frequentare gente poco raccomandabile. Un giorno però, l'incontro con un misterioso ragazzo cambiò la sua vita per sempre e drasticamente. Pochi giorni dopo la ragazza si trovò ad affrontare il passaggio tra la vita e la morte, attraversandolo ma non del tutto. Da quel giorno Alice vive una vita ben più oscura del suo triste passato.
Genere: Dark, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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La notte era gelida nella città di Tolka e quell’inverno, da quanto dicevano i giornali, lo era ancor di più, ma Alice sorrideva beatamente nel  letto di una misera locanda del posto, dormiva felice quella notte, ma sapeva che il giorno dopo si sarebbe dovuta rimboccare le maniche, dato che aveva speso gli ultimi soldi per l’affitto di quella stanza.
La notte passò tranquilla, con qualche sogno felice, di quelli che al mattino ti lasciano il sorriso sulle labbra e un senso di pace, ma che svaniscono nel momento in cui apri gli occhi. La ragazza si alzò e afferrò dallo zaino una mela che aveva portato con sé dall’orfanotrofio, guardando fuori dai vetri rovinati della finestra. La gente cominciava ad uscire di casa e parecchi di loro erano già a lavoro, come panettieri e giornalai, la luce del sole, ormai oltre sopra l’orizzonte, si intravedeva tra le nubi fitte, tipiche di quei posti, facendo scintillare leggermente la neve riposta ai lati delle strade e il ghiaccio sui marciapiedi. Mentre faceva il secondo morso , una voce la chiamò dall’esterno della stanza .
“Signorina, devo pulire la stanza e le devo chiedere di lasciarla vuota il prima possibile”
“Arrivo!”
Ribatté veloce lei, per poi correre in bagno a darsi una sciacquata.
“un minuto solo!”
Uscì dal bagno e si  infilò di fretta delle calze pesanti nere e un vestito altrettanto pesante beige, una taglia più grande perché apparteneva a sua madre, le scarpe, degli stivaletti neri, la sua sciarpa poco pesante e consumata ed infine giacca marrone e zaino sulle spalle, riprese la mela lasciata a metà sul comodino e spalancò la porta, correndo fuori dalla stanza e lasciando entrare la cameriera, dal viso abbastanza corrucciato.  Alice le fece un cenno della mano insieme ad un veloce sorriso e poi scomparve giù per le scale. Una volta fuori diede l’ultimo morso alla mela, per poi lasciare il torsolo sul ciglio della porta.
Cominciò a camminare senza meta per la città e per tutta la mattina si propose per i posti di lavoro più svariati: giornalaia, aiuto cuoco, badante, spazzacamino, spazzina.. Ma nessuno sembrava essere disposto ad aiutarla, in più la trattavano come fosse una pezzente e Alice stava cominciando a stancarsi. Era ormai ora di pranzo e la ragazza si sedette sfinita su un muretto in pietra, spostando prima un po’ di neve da sopra. Non aveva un soldo ed era senza cibo, le cose non stavano più andando esattamente come avevano programmato lei e Bea.
D’un tratto, mentre era intenta a fare dei ghiri gori sulla neve col dito, qualcuno cominciò a parlarle.
“ Non prenderai freddo a star seduta lì sopra?”
Alice si voltò alla sua destra e quello che vide fu un ragazzo dagli sgargianti occhi verde smeraldo e una chioma scura, parzialmente coperta da un cappello, con le mani ben piantate nelle tasche del cappotto blu.
“Scusa dici a me?”
Il ragazzo le rispose ridendo.
“ Beh, sei l’unica così coraggiosa da sedersi lì sopra”
“ Il freddo è l’ultimo dei miei problemi al momento”
Gli rispose lei.
Il ragazzo aveva una statura nella media, poco più alto di lei e sembrava avere più o meno vent’anni. Ci fu un attimo di silenzio imbarazzante, riempito solo dagli sguardi del ragazzo indirizzati a lei, ma d’improvviso lo stomaco di Alice decise di rompere quel silenzio. Subito lei si portò imbarazzata una mano allo stomaco e non aggiunse una parola, cosa che però fece il suo interlocutore.
“ Lo sai che la taverna qui di fronte fa proprio delle zuppe di mais strepitose? Penso che andrò lì adesso e se qualche bella ragazza rossa si vorrà venire a sedere al mio tavolo, di certo non la caccerò.”
“ Non posso.”
Rispose secca lei, anche se il suo stomaco diceva decisamente il contrario.
“ Ohh andiamo.. Il tuo stomaco non sembra d’accordo, allora facciamo così: io invito ufficialmente il tuo stomaco a pranzo, se lui mi vuole concedere la grazia di venire a sedersi al mio tavolo ne sarò contento.”
Disse guardando verso la pancia della ragazza, mentre a lei scappava un leggero sorriso.
“ E se tu..”
 Guardò accigliato Alice in volto.
 “Sarai costretta a venire con lui, cercherò di sopportare la tua presenza.”
Così dicendo fece un ultimo sorriso ad Alice e ,con un gesto del cappello come saluto, si diresse proprio alla taverna dall’altra parte della strada.
Ormai la giovane ragazza era stata convinta: si, stava effettivamente per farsi offrire il pranzo da uno sconosciuto, ma non aveva molte alternative.
Varcata la soglia della taverna piccola e accogliente, subito la invase un profumo di carne arrosto e zuppa di legumi, insieme ad un tepore tale da farle togliere immediatamente la sciarpa poco consistente che indossava. Si guardò un po’ in giro e, dopo qualche secondo, trovò il ragazzo tanto sfacciato di qualche minuto prima. Lui appena la vide si alzò in piedi, aveva le guance leggermente rosee, forse per la differenza di temperatura tra l’esterno e quel posto, sorridendole le scansò la sedia per farla sedere. Era questo un gesto di cortesia che Alice non aveva mai pensato di ricevere, ricambiò il sorriso e si accomodò.
“Allora, benefattore del mio amato stomaco.. Come ti chiami?”
Chiese Alice per prima e il suo interlocutore sembrava sorpreso.
“ Mi chiamo Adam, come si chiama invece la padrona dello splendido stomaco che ho davanti?”
Alice sorrise.
“ Ohh! Andiamo. .. Così lo farai arrossire, è molto timido sai? Comunque io sono Alice.”
“Splendido nome.. Alice”
Ripetè lui, in modo melodico, mentre prendeva le ordinazioni dalla cameriera.
“ Bene, qual buon vento ti porta in questa cittadina desolata,  Alice?
Ripeteva ancora una volta ancora il suo nome, forse gli piaceva davvero, pensò lei prima di rispondergli, abbassando lo sguardo su una allegra tovaglia a quadri rossi e bianchi.
“ Beh ecco… Sto cercando lavoro, ma sono qui da ieri e non trovo aiuto da nessuna parte. Forse dovrei cercare altrove.”
Cercò di mantenere un sorriso palesemente finto, ma non le riusciva molto bene.
“ Come? Ahahhaha..”
Adam si mise a ridere davanti a lei, cosa che le fece assumere un’espressione tutt’altro che divertita.
“ Tranquilla, ti aiuto io. Io e mio zio lavoriamo alla panetteria in fondo alla strada, abbiamo bisogno di qualcuno che faccia le consegne alla gente che lo richiede, che di solito sono persone che non possono fisicamente muoversi di casa tutti i giorni, tu capiti proprio a fagiolo!”
Nel frattempo erano arrivati due bei piatti fumanti proprio davanti a loro e  il profumo saliva dritto nelle narici di Alice, invadendole in cervello, fin quando, quasi automaticamente, non prese il cucchiaio in mano e cominciò ad affondarlo nella zuppa calda, girando per raffreddarla un pochino.
“ Ti ringrazio molto Adam, ma .. perché? Insomma, non mi conosci affatto eppure mi hai offerto un pranzo e mi stai offrendo un lavoro, chi ti dice che non sia una truffatrice o robe del genere?”
Adama fece un’altra piccola risatina per poi guardarla intensamente.
“ Innanzitutto non sto offrendo del cibo a te, ma al tuo stomaco.. E poi diciamo che no si può resistere né ai tuoi capelli e né ai tuoi occhi…”
Alice alzò lo sguardo, con le guance arrossite, non solo per il calore della zuppa o della stanza, vedendosi riflessa in quegli occhi così chiari. Era la prima volta che riceveva un complimento del genere da un ragazzo della sua età o poco più grande. Nell’orfanotrofio era vissuta sempre con ragazzini più piccoli, mentre le piccole cotte che aveva condiviso con Bea erano per lo più a senso unico. Quel contatto visivo durò una  manciata di secondi, ma ad Alice sembrò un’eternità. Per fortuna, fu di nuovo Adam a spezzare la tensione..
“ Ci porterai un sacco di clienti.. I vecchietti adorano le giovani ragazze che gli portano il pane e che parlano con loro.”
Alice gli sorrise divertita e la tensione svanì del tutto. Fu così anche per il resto del pranzo, passarono insieme un’oretta abbondante, seduti a quel tavolo a chiacchierare del più e del meno, finchè la cameriera non fu costretta a farli alzare.
Una volta fuori Alice gli disse che sarebbe andata nella sua camera d’albergo a riposarsi e lui sembrò crederci. Non voleva essere di ulteriore peso a quel ragazzo. Subito dopo però lui la sorprese con una proposta:
“ Ascolta, questa è una città  molto piccola, ma c’è una locanda che si chiama “Il giglio” in cui ci troviamo spesso noi ragazzi.. Si insomma, io e i miei amici. Mi farebbe piacere se venissi anche tu a farci compagnia stasera,  se ti va.”
Sembrava un po’ agitato mentre glielo chiedeva e questo lo rendeva incredibilmente dolce. Alice annuì e gli rispose che sarebbe andata  sicuramente, quindi lui rispose subito con un sorriso speranzoso. I due si salutarono con un’amichevole stretta di mano e ad Alice trovò quel tocco così rassicurante e caldo, come quello di qualcuno che vuole proteggerti dai pericoli del mondo. Un ultimo sguardo alle impronte di lui che andavano allontanandosi, dopodichè lei corse lungo un ponticello, alla ricerca di un posto riparato per passare quelle poche ore, totalmente noncurante del freddo o del fatto che non avesse al momento alcun tetto sulla testa, ci avrebbe pensato in seguito…
La sua testa era troppo affollata per pensare a qualsiasi altra cosa.
   
 
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