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Autore: Cla90    11/02/2009    7 recensioni
Questa volta Chuck Bass era distrutto ed era abbastanza sicuro che non sarebbe riuscito ad aggiustare le cose. [Spoiler 2x13 - Oh Brother, where Bart thou?] [Chuck/Blair]
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Scusate il ritardo!! *.*

Spero che il capitolo valga l'attesa!!

Buona lettura.


Hopeless


-prima parte-



...So I'm holding on, I'm holding on

I'm holding on...



Erede dell'impero Bass muore suicida in una camera d'albergo”.

Charles Bass decide di farla finita appena dopo il funerale del padre”.

Riusciva a leggere con chiarezza i titoli di testa dei giornali che sarebbero potuti apparire nei giorni successivi...

Successivi alla sua morte.

Poteva addirittura vedersi al suo stesso funerale.

Il prete che pronunciava poche parole di circostanza...

Nostro signore, accogli nella tua infinita misericordia nostro fratello Charles, perdonalo di tutti i suoi peccati e ricongiungilo alla sua famiglia...

Blair, ovviamente non poteva mancare. Impeccabile nel suo formale abito nero, il mento alzato altezzosamente, calde lacrime le colavano lungo il viso.

Sì, forse poteva includere anche Nathaniel, in fondo era stato un buon amico.

Fedelmente al braccio di Blair, cercava di placare i suoi singhiozzi.

Magari si sarebbero sostenuti a vicenda, magari non avrebbero sofferto neanche più di tanto e magari sarebbero finiti un'altra volta insieme...

Solo il tempo avrebbe potuto deciderlo.

Dicono che il tempo curava tutte le ferite. Prima o poi.

Ma alcune rimanevano lì, annidate nel profondo, pronte a riemergere a sorpresa in ogni momento ed a farti a pezzi in un attimo, ripiombando nell'inferno che pensavi di esserti lasciato alle spalle. Definitivamente.

Probabilmente nessun altro sarebbe andato al suo funerale.

Ma andava bene così, dopotutto non aveva bisogno di nessuno.


Troppo sangue.

Sangue tra le sue pregiate lenzuola di seta.

Sangue sul pavimento.

Foto scattate da avidi giornalisti in cerca di uno scoop clamoroso che premettesse loro di fare carriera, dopo che la cameriera che era entrata nella suite aveva visto il corpo...

Non voleva che un qualsiasi insignificante Humphrey speculasse sulla sua morte, scrivendovi sopra un articolo da prima pagina.

In fondo sarebbe stato meglio un cocktail di farmaci e alcool. Un lavoretto pulito e indolore, probabilmente.

Scivolare lentamente nell'oblio. Proprio quello che desiderava.

Codardo. Codardo e buon annulla.

La voce severa di suo padre gli riecheggiò nella testa, colpendo un tasto dolente.

Guardò con disgusto l'arma che teneva in mano.

Poi calcolando ogni movimento, la ripose nella scatola e poi nella cassaforte.

Non voleva finire così. Semplicemente non voleva deludere ancora una volta suo padre, Blair d'altra parte ne sarebbe rimasta distrutta.

Ma soprattutto non poteva andarsene senza averle fatto sapere quanto fosse importante per lui. Se mai avesse avuto il fegato per farlo.

Si passò ancora una volta le mani tra i capelli, disfacendoli irrimediabilmente, mentre ormai senza vergogna piangeva silenziosamente.

Singhiozzò un paio di volte.

Semplicemente non sapeva cosa avrebbe fatto della sua vita, ormai.

Non ne aveva assolutamente idea.

Ed era proprio quello che lo spaventava a morte, perchè lui era Chuck Bass e doveva avere sempre tutto sotto il suo completo controllo.

Non sapere cosa avrebbe trovato dietro l'angolo, lo rendeva insicuro e vulnerabile.

Soprattutto quando dietro l'angolo trovava la morte.

Si asciugò distrattamente le lacrime con la manica della giacca, ormai rovinata, ed in fretta prese il cappotto, per poi sbattersi la porta alle spalle, lasciando dietro di sé una scia di sofferenza e distruzione.


*


Vagava ormai da tempo per le strade affollate di New York, le mani in tasca nel vano tentativo di allontanare i brividi di freddo che stavano avendo la meglio su di lui.

I passanti non osavano intralciare il suo cammino, data la negatività che emanava.

Continuò a passeggiare senza rendersi conto di dove stesse andando, di che ore fossero...

Il tempo, lo spazio, tutto era relativo.

Pensò a suo padre. Questa volta solo con rimpianto.

Si sentiva dannatamente responsabile e anche se aveva cercato in tutti i modi di convincersi che fosse stata Lily ad uccidere suo padre, in fondo, in fondo sapeva che non era vero.

Come al solito era colpa sua.

Come al solito combinava disastri.

All'improvviso qualcosa attirò la sua attenzione.

Di fianco a lui si trovava un fioraio. Il negozio esponeva anche una bancarella che occupava il marciapiede con sgargianti fiori variopinti.

Entrò nel negozio e parlando con un filo di voce, acquistò una mezza dozzina di orchidee.

Il fioraio gli lanciò un'occhiata curiosa, chiedendosi che cosa avesse mai da farsi perdonare per avere un aspetto talmente trasandato.

Non ne aveva assolutamente idea.

In realtà aveva un disperato bisogno di perdono. Di amore e di conforto.

Così decise di andare dalla persona, dalla quale aveva un estremo bisogno di perdono.


*


Eveline Clarisse Bass

1965 – 1991

Figlia, moglie, madre amata.


Cautamente si sedette sull'erba umida, poggiando una spalla contro la lapide, mentre tracciava con l'indice le lettere che componevano il nome di sua madre.

Sua madre.

Quella che era morta dandolo alla luce, in un atto estremo di amore nei suoi confronti.

Non si meritava una madre nel genere.

Generosa, altruista e coraggiosa.

No, non la meritava.

Prese un respiro, poi poggiò a terra i fiori, come faceva ogni dannato martedì.

Ogni martedì sgattaiolava fuori dalla sua suite e andava lì, portando orchidee sulla tomba di sua madre.

La maggior parte delle volte non rimaneva più di tanto, giusto il tempo di lasciare un bacio sulla fredda pietra e rimettersi la maschera del diciassettenne sarcastico e bastardo che tutti conoscevano ed odiavano.

-Mi dispiace. Mi dispiace...- ripeté all'infinito in una nenia senza senso.

-Ho fatto a pezzi tutto quello che mi circonda, non ho più nessuno...

Non seppe quanto rimase lì, aveva perso la cognizione del tempo.

Si era fatta sera quando si riscosse. Avevano chiamato il suo nome.

Alzò piano gli occhi e vide che qualcuno gli stava tendendo una mano.

Una mano amica, proprio quello di cui aveva bisogno.

Stringendola forte, si lasciò tirare su in piedi ed abbracciare forte.

A volte un abbraccio di un amico era la giusta cura.

Una volta tiratosi indietro, accennò un sorriso.

-Come mi hai trovato?

-Avanti, Chuck, come se non ti conoscessi...- rispose Nate, mettendogli un braccio intorno alle spalle.-Su, andiamo.

Chuck chiuse gli occhi e si lasciò trascinare via.

-Nate.-chiamò in un sussurro l'amico, che subito si voltò verso di lui.

-Ho bisogno che tu mi porti da lei.

Nate annuì gravemente.

-Ah, e...grazie, amico.

-Non dirlo neanche, Chuck.-rispose Nate, stringendogli la spalla, per infondergli coraggio.

Gli sarebbe davvero servito.


TBC...

  
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