Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Mai Valentine    23/09/2015    3 recensioni
Se Merida principessa ed erede di DunBronch si inoltrasse nella fitta foresta e seguendo il suo istinto trovasse un anello di ghiaccio? E se Elsa regina di Arendelle sognasse la coraggiosa e ribelle Merida e un regno devastato dalla guerra? Un viaggio oltre il tempo, un legame oltre ogni confine, una regina e una principessa così diverse unite da uno strano scherzo del destino.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Anna, Elsa, Kristoff, Nuovo personaggio, Olaf
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Violenza
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DunBroch
 
L'odore della terra bruciata, del fieno e della carne, arrivava trasportato dal vento terribile e disgustoso. Elinor fu costretta a tapparsi il naso nascondendo parte del viso sotto l'abito. Nelle prigioni del castello, che fino a poche ore prima apparteneva alla famiglia DunBroch, erano stati radunati tutti i Capo Clan e i loro figli. Le prigioni erano umide e fredde; la morsa delle catene di ferro stringeva divorando la carne dei polsi, delle caviglie, del collo, erano stati tratti alla stregua di pericolosi animali. Fergus era stato legato alla parete con le braccia aperte e le gambe divaricate, ritenuto troppo pericoloso. Aveva combattuto fino allo stremo come un orso e  sul viso, sul corpo, portava i segni della violenta battaglia. La regina cercò di avvicinarsi all'uomo per pulire il sangue raggrumatosi sul volto; la corta catena incastrata nel muro, legata al collare di ferro intorno al collo, quasi la soffocò.
         «Elinor» gorgogliò il re.
         «Sto bene» rispose la donna allungando una mano verso il fianco del marito. «Mi dispiace di non essere stato in grado di difendervi. Spero solo che i ragazzi siano vivi» rispose guardando la donna, o meglio immaginando il viso della moglie. Il buio e gli occhi gonfi per le percosse non gli rendevano chiara la vista.
         «No, sei stato valoroso, come un orso. Ci riprenderemo questa terra, abbi fiducia in Merida».
         «In chi dovrebbe avere fiducia? In tua figlia? Una ragazzina di diciotto anni?» la voce di Shane giunse con una risata malvagia. Elinor si spinse in avanti, contro le sbarre. Non le importò di soffocare.
         «Merida ti sconfiggerà...».
         «Credo che quel giorno non arriverà mai — si guardò le unghie delle mani con noncuranza —. Guardie, portate qui i prigionieri».
Elinor sgranò gli occhi; tutta la servitù del castello era trattenuta in catene, ad alcuni di loro erano state amputate le mani. Maudie era stata imbavagliata con un pezza di stoffa bagnata con l'acqua. Una figura coperto da un cappuccio nero forato all'altezza degli occhi e al naso, con indosso una tunica rosso scarlatto che non lasciava intravederne l'aspetto, puntò la spada alla gola della cuoca, la donna sussultò al contatto freddo della lama sul collo; un rivolo di sangue  scivolò sul corpetto bianco.
         «Questa gente si è opposta alla mia famiglia, a me sopratutto, eppure ho deciso di essere magnanima. Se ordinerai di servire i Sutherland come nuovi padroni di DunBroch e di tutte le terre, di rinunciare al titolo di Regina verranno risparmiati, nel caso  contrario o se proveranno a ribellarsi farò di loro un bel falò».
         Maudie scosse il capo e le voci dei servi arrivò forti e chiare alle sue orecchie.
         «No, maestà!» urlarono all'unisono.
         Nessuno di loro aveva paura di morire per lei e per il suo Clan. Apprezzò il loro coraggio. Fergus tentò di spezzare le catene, ma in vano, era legato bene e troppo ferito per poter veramente liberarsi da solo. Elinor inspirò a lungo.
         «Cedo le mie proprietà, il mio titolo... Tutto quello che vuoi, basta che lasci vivere tutti loro  e che non vi siano spargimenti di sangue».
         «Bene, ma non sono soddisfatta. Boia, uccidi la cuoca». E prima che la lama si lordasse di sangue caldo e viscido, una voce fermò l'esecuzione.
         «Basta così Shane, hanno già avuto la punizione che si meritavano».
         «Punizione? No, questa non è neanche lontanamente una punizione!» urlò la donna con rabbia. Un'ombra nera apparve su tutte le pareti ingigantendosi sempre di più con il crescere della rabbia di Shane. Roose fece segno alle sue guardie di sguainare le spade, sua figlia poteva essere imprevedibile.
         «Io voglio fargli provare ciò che ho vissuto io il giorno in cui gli uomini venuti dal Nord hanno ucciso e torturato mia madre, hanno raso al suo il nostro castello e  hanno razziato tutto ciò che potevano — indicò gli uomini chiusi in cella — E questi nobili signori non hanno mosso un dito per aiutarci! Dimmi cosa dovrei fare di loro?»
         «Non ti permetterò di ucciderli, loro ci servono vivi. Merida deve sposare Ramsay e loro saranno la nostra merce di scambio» lanciò un'occhiata ai prigionieri. Shane con rabbia sbatté le mani sulle sbarre di ferro, abbassando la maschera che le copriva metà del volto. Elinor sussultò. Le labbra portavano i segni di terribili cuciture e cicatrici. Un volto così bello sfigurato dal fuoco rendeva i suoi occhi neri ancora più spietati e freddi.
         «Quante volte mia madre vi ha scritto per chiedervi aiuto e quante volte non avete risposto? Lei ha cercato di proteggermi vestendomi da uomo, dandomi un nome da ragazzo, regalandomi questi quanti per  si è sacrificato al mio posto e tutto ciò che ha ottenuto è stata la vostra indifferenza». Elinor vide lacrime luccicare sotto la flebile luce delle torce e sembrò quasi che il suo corpo divenisse quello di una bambina per un breve e fugace istante. Provò pena per Shane.
         «Mi dispiace» sussurrò Elinor, sperava di calmare l'animo della donna ma tutto ciò che ottenne fu nuova rabbia.
         «Shane, basta» ordinò nuovamente suo padre.
         «Se Merida non tornerà entro quindici giorni io avrò la mia prima vittima, lo giuro». Con l'eco di quella promessa salì le scale che portavano all'entrata principale del castello. Il boia e altri quattro uomini, tutti loro avevano maschere che coprivano i volti, seguirono Shane. Ogni membro della famiglia Sutherland aveva i suoi fidati cavalieri e gli uomini più pericolosi erano i sottoposti della donna. Assassini, stupratori, violenti, non temeva nessuno di loro e loro la rispettavano come Regina. Si fermò innanzi alla porta di legno chiusa dall'interno, due  dei suoi uomini tenevano la guardia. Ramsay era nelle sue stanze a dormire e lei aveva il pieno controllo del Castello e della città.
         « Questo posto puzza di sangue. Ordinate ai servi di pulire».
         «E se si rifiutassero?»
         «Tu sai cosa fare» si rivolse al boia.
         «Come lei comanda, mia signora» rispose il giustiziere che la fissò con un lampo di gioia negli occhi.
         «Aprite le porte, ho bisogno d'aria».
         «Non credo sia opportuno uscire da sola, mia signora. Permettete di essere la vostra scorta, qualche contadino potrebbe venire strane idee» si inchinò profondamente una delle guardie.
         «Fate finta di obbedire agli ordini di mio fratello e di mio padre, mentre sarete voi in mi assenza a mantenere il castello».
         «Come comanda».
         «Io ho bisogno di cacciare» e dalle ombre notturne creò un cavallo. Un destriero dal manto lucido, dalla lunga criniera ispida e riccia, dalle sue narici uscì fumo grigio. Batté lo zoccolo in terra, impaziente di galoppare ovunque la sua padrona decidesse di andare. Shane gli montò in groppa e partì avvolta dalla tenebre.
         Era sola, sola con i suoi dolorosi ricordi. Cosa avrebbero pensato quegli uomini così crudeli se avessero saputo che tutto quello che stava facendo era per poter tornare indietro per salvare sua madre? Sarebbe stata ancora Shane Regina delle Ombre? O Shane la bambina? Queste domande non avrebbero mai avuto risposta. Il destriero ombra galoppava mentre lei ritornava indietro nel tempo.
 
         «Madre, madre!» gridava mentre correva giù per le scale di un modesto castello che affacciava sul mare, schivando la servitù con abilità.
         «Shane, quante volte ti ho detto di non urlare in questo modo. Una principe— si interruppe mordendosi le labbra morbide — un principe deve saper gestire le sue emozioni».
         «Ho visto degli uomini provenire dal mare. Erano in tanti. Vieni a vedere anche tu» afferrò la mano della madre trascinandola verso la finestra. Da lontano si potevano vedere  delle grandi lunghe e strette avvicinarsi minacciosamente. «Pensi che possa essere mio padre? Vorrei davvero vederlo. Secondo me è alto e bello» disse Shane stringendo un pupazzo di pezza guardando sua madre con i suoi grandi occhi neri e profondi.
         «Quelli sono Drakkar!* Gli uomini del Nord sono qui». Shane non capì. Il volto di sua madre divenne una maschera di cera. Tremava. Come aveva sempre sospettato erano venuti per conquistare e per prendersi lei, Erin Sutherland e se avessero scoperto che Shane aveva ereditato il suo potere l'avrebbero usata come meglio potevano per i loro scopi, messa in catene o peggio. Si era preparata per tutta la vita a quell'attacco, per questo non aveva mai permesso a sua figlia di indossare abiti femminili, ma solo brache, camicie e legata sempre  al fianco una daga lucente, tutti avevano creduto che fosse un maschio e per questo veniva addestrata per combattere.
         «Chiudete i cancelli! Non fate entrare nessuno e dite agli arcieri di preparasi  a scoccare frecce infuocate! E agli uomini rimasti di difendere il Castello!»
         «Sono già qui?» domandò una donna grassoccia dal viso paffuto.
         «Si. — abbassò lo sguardo sulla figlia — Shane nasconditi nel posto più sicuro che tu conosca e non farti trovare, non fargli capire che sei una ragazza e non mostrare mai i tuoi poteri. Chiaro?  I Clan non hanno risposto alla nostra chiamata e tuo padre con molti uomini è a cercare rinforzi. Siamo sole, ma tu non devi avere paura. Ci sarò io a proteggerti. Tha gaol agam oirbh*» La donna sciolse i nodi dei guanti di cuoio e li donò alla figlia, il suo ultimo regalo. Shane la vide uscire dalla porta, andava fuori a combattere, a morire. Lei piangeva, mentre la cuoca la tratteneva tra le sue forti braccia. In molti conobbero la morte quel giorno, conquistatori e conquistati. E quando Shane aprì gli occhi intorno a se non vi era più nulla, solo il dolore. Da quel momento il simbolo dei Sutherland non fu più una Margherita in Campo Verde, ma l'Uomo Bruciato in campo rosso.
        
         «Dimmi madre a cosa è servito tutto quello che avete fatto? A cosa è servito proteggermi se io stessa sono diventata un mostro? La leggenda dei cinque anelli era vera e io sono riuscita a viaggiare nel tempo uccidendo ogni singolo mago o strega e il suo Berserk... Mi manca l'ultimo e potrò governare sul tempo, potrò rivedervi un'ultima volta e regnare sul mondo».
          Il vento le soffiò sul viso, come una carezza. Interpretò quel gesto come una preghiera di sua madre. Era pronta alla conquista.
 
 
Arendelle
 
La luna piena splendeva sul mondo, le stalle le danzavano intorno infondendo luce. Merida aprì piano le palpebre, ogni muscolo del suo corpo le doleva, sopratutto il fianco destro e la spalla. La sua vista si stava abituando lentamente al buio, cercava di riconoscere il luogo. Era una grande stanza, dalle tende di un celeste chiaro, con un semplice mobile alla sua destra e null'altro. Era bella, bella e vuota. Cercò di alzarsi.
         «Io non lo farei se fossi in te». Non aveva fatto caso alla figura seduta alla sua sinistra, il suo abito si confondeva con la tenda. In un primo momento non capì le parole, le sembravano provenire da una lingua sconosciuta, poi divennero più chiare e nitide e a quel punto Merida la guardò con indifferenza e provò lo stesso ad alzarsi. Una fitta lancinante al fianco la costrinse a stendersi, nuovamente.
         «Ah» gemette la ragazza dolorante.
         Elsa sospirò e con eleganza si alzò, spostando con grazia il mantello. La principessa di Dunbroch la seguiva con lo sguardo, senza mai staccarle gli occhi di dosso. La regina le si parò innanzi e con un gesto veloce scoprì le lenzuola. Un brivido freddo percorse il corpo della ragazza. Le finestre erano sigillate. Proveniva da quella donna misteriosa?
         «Hai due ferite profonde sulla spalla e al fianco. Hai perso molto sangue e sei stata trovata sotto strati di neve e neve. Se non ti avessero trovato saresti morta, tu e i tre bambini che erano legati a te». La principessa di DunBroch corrugò la fronte. Non capì.
         «Tre bambini?» rispose con un accento marcato, molto simile a quello di Ramsay.
         «Non ricordi?» domandò Elsa.
          Merida scosse il capo. La regina sospirò scostandosi la treccia dietro la schiena. Capì che quella ragazza venuta da chissà dove,  materializzatasi direttamente dai suoi sogni, era smarrita e persa. Aveva bisogno di tempo. Merida abbassò lo sguardo sulle ferite, quello che diceva la misteriosa donna era vero. Bende bianche le fasciavano il corpo.
         «Dove mi trovo?» domandò mettendosi seduta resistendo al dolore.
         «Ad Arendelle, in Norvegia».
         «Uomini del Nord!» gridò indicandola alla ricerca del suo arco e quando non lo trovò serrò le mani a pugno.
         «Non ti agitare o le ferite si riapriranno!» l'avvertì la donna. Merida ignorò il bruciore e saltò sul letto, mettendo il piede in fallo scivolò in terra sbattendo la schiena sul duro pavimento. Elsa si precipitò ad aiutarla.
         «Capisco che tu sia spaventata, ma ti prego calmati. Sono tua amica!»  La ragazza sbuffò sollevando una ciocca di capelli ribelli dal viso, sulle labbra della regina si dipinse un sorriso.
         «Non sono il tuo giullare...» chiuse le braccia al petto, assumendo un espressione bambinesca. Elsa si trattenne dal non ridere. Piano l'aiutò a sollevarla da terra e a stenderla sul morbido materasso. La regina la coprì con le pesanti coperte. Sfiorò le mani della donna, erano  gelide come ghiaccio.
         «Sei fredda».
         «Oh, mi dispiace» ritrasse le mani portandole al petto.
         «Tanto non importa, mi sento scottare e un po' di freddo non mi può uccidere». Elsa le toccò la fronte era calda. La febbre stava salendo.
         «Vado a chiamare il dottore».
         «Cosa?Aspetta!» urlò, ma a nulla valse il suo gridare Elsa era già uscita dalla stanza correndo per le scale.
         «Ma dove sono finita!» esclamò battendosi le mani sul viso.
         Quando  la monarca rientrò nella stanza la giovane donna dormiva.  Il dottore, un uomo basso dagli strani baffi arricciati con indosso un elegante panciotto color oliva dal cui taschino fuoriusciva un orologio dalla cassa in oro,  si avvicinò alla principessa. Le controllò il polso contando i secondi. Il cuore batteva più velocemente era tutto dovuto alla febbre. La fasciatura doveva essere cambiata e sarebbe stato più semplice mentre la ragazza dormiva. Le bende erano sporche di sangue e ciò preoccupò Elsa. Il medico si rivolse dolcemente alla regina.
         «Non si preoccupi, bisogna solo ricucire... Sono saltati alcuni punti, non deve essere una ragazza abituata a stare troppo a letto».
         «Si salverà?»
         «Oh si, credo proprio che supererà la notte senza problemi. Io mi preoccupo per voi,  Maestà.  Siete pallida e vi consiglio di andare a riposare o dovrò chiamare Gerda».
         Elsa impallidì. Guardò prima il medico, poi la ferita.
         «Lasci fare a me, è in buone mani. Prometto che se la situazione dovesse peggiorare la chiamerò». La promessa del medico la rassicurò e con un cenno del capo ringraziò il dottore Marcus. Lanciò un ultimo sguardo a Merida e le sussurrò a bassa voce. «Buona notte».
 
 
***
 
         Elsa seduta sulla poltrona nella sua stanza scrutava il cielo. Gerda le aveva portato la cena in camera come richiesto, il vassoio d'argento sostava sulla scrivania, ogni pietanza era intatta. Bussarono alla porta.
         «Avanti» disse con fare distratto. La porta si aprì e Anna avanzò nella camera con passi lenti, per non disturbare.  La sovrana si voltò verso la sorella, sorridendola.
         «Elsa, stai bene?»
         «I tuoi sogni hanno mai preso forma?»
         «Beh c'è stata quella volta che ho sognato di mangiare un gelato in pieno luglio ed è successo, oppure ho sognato di baciare un Troll o ancora... Oh, ti riferisci a Merida, giusto?»
         La regina annuì. Anna l'abbracciò stringendola per le spalle.
         «Se vuoi possiamo andare dai Troll, loro potrebbero aiutarci».
         La sovrana alzò un sopracciglio, indecisa.
         «Kristoff ci farebbe da guida».
         «Ci penserò...» Aveva molti dubbi sulle capacità dei Troll di prevedere il destino e il futuro, sopratutto il suo. Non era certo colpa loro quanto accaduto, tre anni prima, eppure non riusciva proprio a fidarsi. Se suo padre non fosse andato da GranPapà la sua vita sarebbe stata diversa, se non avesse ferito Anna non avrebbe dovuto passare tredici anni della sua vita chiusa in quattro mura. Cacciò indietro i cattivi pensieri e tornò a concentrarsi su sua sorella che la fissava con occhi spalancati, preoccupandosi per lei.  «Kristoff ti ha fatto più quella proposta?» chiese prendendo il calice di cristallo portandolo alle labbra bevendo il vino rosso, profumato e dolce.
         «Non abbiamo avuto modo, purtroppo. Credo che aspetterà ancora un po', però sono curiosa» sbuffò sonoramente. Ad Elsa quel gesto le ricordò Merida. Erano a loro modo simili.
         «Cosa stai facendo?»
         «Ho di dormire con mia sorella!» disse lanciando la vestaglia color pesca per aria e gettandosi sul letto.
         «Non sei grande?» scherzò la sovrana.
         «Nessuno è grande per un caldo abbraccio».
         La regina roteò gli occhi al cielo e per un attimo dimenticò il suo ruolo, dimenticò il suo potere, dimenticò Ramsay, raggiungendo la sorella e per quella notte il Castello si riempì di rumorose e felici grida.
          Ramsay udì le voci allegre delle due giovani donne e facendo oscillare il vino rosso nel calice di cristallo,  con un sorriso dipinto sulle labbra pensò "Presto quella risata sarà solo per me, Elsa".  
 
 
***
 
         La porta della stanza da letto della principessa di DunBroch venne aperta con uno stridente cigolio. Passi rimbombarono per la stanza silenziosa. Due mani rugose e pallide scostarono le coperte dal volto di Merida. Sollevò il pugnale, la lama brillò sotto la luce della luna. Era pronta a ucciderla quando qualcosa attirò la sua attenzione. All'anulare della mano destra un anello di ghiaccio luccicava. La strega coprì la bocca con le mani.
         «Forse c'è ancora speranza. Dovete solo conoscervi. Tu sei il suo  Berserk*».
         E con uno schiocco di dita si trasformò in un colibrì uscendo di fretta dalla camera. Ramsay e Shane sarebbero stati sconfitti e lei avrebbe potuto finalmente trovare pace.
 
 
Angolo Autrice:
Buona sera a tutti, il capitolo doveva essere pubblicato domani ma ho deciso di aggiornarlo oggi. Passiamo alle note:
1* Tha gaol agam oirbh (dovrebbe significare Ti voglio bene in Gaelico Scozzese, trovato su Wikiquote)
2*Drakkar Navi tipiche degli uomini del Nord
2*Berserk significa Guerriero in Norreno.
Non è stato un capitolo molto lungo, ma era di passaggio anche per spiegare la vita di Shane e la sua megalomania. Da questo momento in poi sarò costretta a inserire l'Avvertenza Violenza, non volevo arrivare a questo punto (e mi sono anche molto censurata, di solito i miei personaggi vengono trattati anche molto peggio), ma non ho resistito, spero di non turbare la sensibilità di nessuno. Detto questo, grazie a tutti voi.
   
 
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