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Autore: giulji    28/09/2015    1 recensioni
*Storia corretta e rivisitata nei primi capitoli, in modo tale che adesso, anche a coloro che non hanno letto la saga di Hunger Games, risulti una lettura comprensibile*
Questa fanfiction, ambientata in un survivial game, avrà come protagonisti la maggior parte dei personaggi presi dalla saga dello zio Rick, ricollocati sotto forma di tributi/sacrifici.
Il tutto averrà attraverso più punti di vista (POV).
Chi sarà il vincitore finale ? Chi morirà durante i giochi ?
In che circostanze ? Quali saranno le alleanze ?
Dal testo :
"... Nonostante la sua enorme voglia di lasciarsi cadere tra le braccia di Morfeo, affogando in un sonno privo di memorie, che lo avrebbe momentaneamente esonerato dalle tenebre che gli offuscavano perennemente il cuore, Nico non era invece riuscito ad addormentarsi nemmeno per un ora di seguito e le occhiaia violacee che gli contornavano lo sguardo già corrucciato ne costituivano una prova.
Sapeva che quella mattinata, non rappresentava infatti, l'inizio di un giorno comune, bensì quella maledetta giornata portava con se la consapevolezza che di li a poche ore ci sarebbe stata la fatidica mietitura per il distretto 13 dello stato di Panem..."
Genere: Azione, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Hazel Levesque, Leo Valdez, Nico di Angelo, Percy/Annabeth, Talia Grace
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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THALIA

 

Il cielo in quella dannata ed esaustiva prigione soprannominata 'arena', si era scurito repentinamente nel preciso momento in cui era giunta la sera.

Una pioggia, probabilmente artificiale, non si era ancora fermata, dopo ben due ore ininterrotte, dal suo incessante scorrere, e si abbatteva perpetuamente al suolo, donando umidità a quel vento ghiacciato che si abbatteva sui tributi a partire dall'inizio di quei giochi.

Thalia si trovava nella parte ovest del campo, in un punto pressapoco estremo di quella zona, che situato verso la cima della montagna più alta di quel posto, tanto che probabilmente per riuscire a scorgere il fatidico campo di forza che delineava i confini dell'area, le sarebbe bastato proseguire in un avanscoperta di qualche chilometro scarso.

L'unico colore che riusciva a distinguere tra quella cupa atmosfera rocciosa, era un marrone spento, la tonalità che ricopriva quell'intero paesaggio privo del verde delle piante, del rosso dei fiori, che riusciva con la sua fitta nebbia a mascherare per fino il colore limpido e fittizio del cielo.

Per giungere in quella zona isolata e dispersa, Thalia, si era dovuta arrampicare su parecchie superfici rocciose, ed in quel momento di grande realizzazione, le rocce erano le uniche creature che la circondavano, in quella loro appuntita e scivolosa presenza.

Si era recata in un altura cotanto pericolosa, solo ed unicamente per il fatto che aveva presupposto che raggiungere un luogo simile, l'avrebbe esonerata da possibili e fatali incontri con altri tributi, e la sua priorità momentanea, era quella di sopravvivere a quelle condizioni disastrate, senza dover incorrere ad i metodi repellenti e meschini che aveva consigliato la sua subdola e sadica capitale, ed ovviamente tra questi, era presente l'omicidio dei giocatori restanti.

Lei non provava alcun tipo di paura verso i ragazzi che si trovavano in quel campo, non aveva paura di morire per loro mano, ed era chiaro che con la sua azione di isolamento eremitico, non stava tentando di fuggire o nascondersi da loro.

In realtà, il timore più grande che provava Thaila, era quello verso se stessa.

In cuor suo, la ragazza, sapeva infatti che posta in una condizione veramente pericolosa, non si sarebbe fatta scrupoli nell'ammazzare il proprio avversario, al fine di garantire la sua autoconservazione. Macchiarsi le mani di sangue, però, era l'opzione che più la faceva rabbrividire e che stava ovviamente stava tentando in tutti i modi di evitare.

Il suo animo era ribelle e feroce, perciò neppure la sua coscienza, se messa in pericolo di vita, l'avrebbe esonerata dal combattere e dal reagire, anche se fatalmente, ed era proprio per questo motivo che aveva deciso categoricamente di allontanarsi da tutti gli altri.

Quella fredda ed alta superficie in ascesa, per di più, garantiva una perfetta visione del panorama, da lontano si potevano scorgere delle lunghe chiazze verdognole che indicavano la boscaglia di est, che in parte riusciva a sua volta a coprire le chiazze arancioni che rappresentavano la zona calda situata a sud di quel luogo.

Le gocce piovane continuavano a cedere dal cielo ormai oscurato dalle nuvole, macchiando il corpo latteo della ragazza, poggiandosi sul suo viso oramai scarno, e simulando delle lacrime di disperazione che probabilmente avrebbe realmente voluto versare.

Ogni tanto si sentiva un tuono brusco rimbombare tra quella alte pareti naturali, creando un eco sinistro, che veniva accompagnato dal bagliore paralizzante delle saette, che facevano librare in volo gli spaventati pennuti che si appollaiavano in gruppo, ai rametti secchi della zona ovest.

Il suo ripido cammino era stato faticoso e complicato, più volte aveva rischiato di cadere nel vuoto, durante una delle sue tante scalate, ma mai si era fermata o arresa, facendo affidamento sulle sue ferree capacità di resistenza fisica, e finalmente ne stava ottenendo i risultati.

I palmi delle sue mani portavano delle cicatrici fresche, stessi segni ricoprivano anche le sue gambe, si trattava perlopiù di ferite che si era procurata appigliandosi nelle sue salite a delle rocce fin troppo spigolose od a dei tronchi ricolmi di spine.

Nonostante molte di queste croste, si fossero riaperte, lei nemmeno sembrava far caso al dolore od al fastidio che osavano recarle, tanto era shoccata e preoccupata dalla situazione che le si era presentata improvvisamente davanti agli occhi.

Teneva stretto tra le mani il suo ingombrante arco ramato, teso in una perfetta posizione di tiro, con la sottile freccia scura rivolta verso il nuovo nemico che le era appena balzato davanti al viso.

Passarono attimi ricolmi di tensione, in cui due individui immobili, restarono a fissarsi nel silenzio più assoluto, accompagnati solo dallo strascicare fastidioso del vento.

Il dito che tendeva l'arma, ormai cominciava a dolerle per quella posizione rigida, ma lei non riusciva a trovare, ne la forza di scoccare quel tiro, ne tanto meno quella di abbassare le difese, quindi si limitava a starsene immobile nella sua posizione d'attacco, fissando tra le fessure dei suoi grandi occhi felini, il volto spaventato ma determinato del suo rivale.

In quel momento, realizzò che anche volendo, non avrebbe potuto comunque muovere un solo passo, indietreggiare, od avvicinarsi, perché così come lei nocivamente teneva sotto scacco la sua preda, questa stessa teneva sotto scacco matto lei.

La sua rivale infatti, le puntava a sua volta, un sottile e sganghero archetto, in mezzo agli occhi, pronta quanto lei, a mettere la parola fine a quell'assurda situazione.

Era questione di tempo e di spazio, appena una delle due si fosse minimamente mossa, entrambe avrebbero scoccato quelle mortali frecce dalla punta di metallo, che si sarebbero abbattute rispettivamente, nella fronte, e nel petto dei due tributi, prelevando contemporaneamente le loro vite.

Il respiro di Thalia si faceva man mano più veloce, fondamentalmente per via dell'assurda adrenalina che quella situazione le aveva fatto entrare in circolo.

Mai, Thalia, si sarebbe aspettata, che una volta giunta in cima a quell'inarrivabile rilievo, avrebbe incrociato un altro tributo, che per altro, adesso sembrava pronto a farla fuori.

Pensava che in minima parte la colpa fosse appartenuta pure a lei, dal momento che non aveva nemmeno provato a considerare l'opzione che qualcun altro, avesse auto la sua stessa idea nel rifugiarsi sulla cima di quell'altura.

Era stata troppo ottimista, ed aveva finito con l'avvicinarsi a quelle solide rocce, con le difese completamente abbassate, ed il risultato era quell'assurda situazione che l'aveva costretta ad ondeggiare in un bilico tra la vita e la morte, bilico che probabilmente avrebbe contemplato una precisa conclusione.

Chiuse gli occhi, stanca, tanto che lo zainetto verde che portava sulle spalle, a parer suo, si faceva man mano più pesante, nonostante al suo interno contenesse solamente delle scorte di cibo e qualche bottiglietta di acqua, destinate ad i giorni che ipoteticamente avrebbe dovuto passare rifugiata in quella che si era rivelata una specie di trappola.

La ragazza che in quel momento le aveva rovinato i piani, si stagliava rettamente in una posizione di eleganza e solennità, mantenendo la schiena ritta e la braccia arcuate, pareva quasi una seria ballerina di danza classica pronta al suo elegante spettacolo.

La lunga chioma castana le ricadeva sulle spalle magre, gocciolante nelle punte per via di quel burrascoso tempo che si stava sforzando di dare un'atmosfera ulteriormente tragica a quel teatrino scenico leggermente drammatico.

Gli occhi bluastri di Thalia si specchiavano in quelli grigi e dalle lunghe ciglia nere dell'altra, che erano tanto opachi quanto splendenti, simili al simmetrico ciondolo a forma di luna che aveva posto sulla fronte e che le ricadeva in avanti.

Thalia ricordava perfettamente l'identità di quel volto, che nonostante si trovasse in una circostanza scomoda e distruttiva come quella, continuava a dimostrare una fermezza ed una dignità oltremodo notevole, ed ai suoi occhi appariva bella come un cigno, nonostante probabilmente sarebbe stata la spietata artefice della sua morte.

Zoe Nighthade fissava a sua volta quella sagoma importante, facendo trasparire stupore ed ammirazione. Nemmeno lei si sarebbe mai aspettata di imbattersi in un qualunque tributo, non tra quelle rocce desolate, eppure si era ritrovata presto l'imponente ed energica figura della ragazza del distretto elettrico davanti agli occhi ed in quell'istante non sapeva cosa fare.

La invidiava terribilmente, perché mentre la osservava, penetrando ne suoi occhi scuri quanto il cielo in tempesta, in cerca di risposte, non riuscì a scorgere un minimo di timore o dubbio, mentre lei invece, aveva un impellente pelle d'oca, dovuta al timore, e nel suo fragile animo amareggiato, si ritrovava a rabbrividire per ogni singolo tuono.

La trovava così selvaggia e combattiva nel suo essere, totalmente differente da lei, ed era forse per questo che non era ancora riuscita a mollare la presa sulla corda dell'arma e mettere fine a quella vitalità, perché temeva che ucciderla sarebbe stato oltremodo uno spreco.

Fosse dipeso da lei, a quell'ora avrebbe già abbassato le difese, sentiva che se la ragazza corvina fosse stata posta in una situazione meno pericolosa, non avrebbe in nessun modo tentato di farle del male, eppure le sue braccia non riuscivano a rilassarsi e la sua presa continuava ad apparire fin troppo minacciosa.

C'era qualcosa che la frenava, e forse si trattava proprio del suo cuore ferito, che sentiva il ricordo di un tradimento, ma percepiva anche quanto Thalia fosse una persona che meritava un minimo di fiducia e che non avrebbe mai dovuto morire in quel modo. Eppure le ferite del suo spirito ingannato non si erano ancora cicatrizzate, ed in quel momento la ostacolavano, bloccandola staticamente al suolo.

Una saetta sopraggiunse a pochi centimetri di distanza dai piedi incrociai di Zoe, bruciacchiando la traiettoria incriminata, il terreno secco tremò andando a creare qualche scintilla, dando un atmosfera ulteriormente surreale a quella condizione.

Zoe fu pervasa dal panico, per via di quelle brusche sequenze, ed in un momento di debolezza lasciò andare quella sottile freccia letale verso la figura alta dell'altro tributo.

Thalia assistette quella scena con lo sguardo corrucciato, il suo stomaco bruciava e lei ebbe una gran voglia di contraccambiare quell'azione, una gran voglia di lasciare andare il filo teso nella sua mano, di far partire a sua volta un tiro mortale, di uccidere Zoe, di farlo prima che quel colpo fosse giunto al suo termine, avrebbe voluto rispondere al fine di non morire invano, ma ottenendo una vendetta sul suo carnefice.

Eppure non lo fece, respirò, rilassò le spalle, fu assalita dalle memorie di Luke, che gli parlavano a distanza, ricordandole quanto l'unico vero nemico fosse la capitale, e ricordandole che commettendo un ulteriore omicidio, non avrebbe risolto niente, ed a quel punto sarebbe stato molto meglio spegnersi senza sporcarsi di rosso.

Chiuse frettolosamente gli occhi e lasciò cadere mollemente il suo fedele arco di rame, che tintinnò una volta che si scontrò con il terreno.

Era pronta per quel verdetto decisivo, assaporava già il sapore del suo sangue e della sua tomba, ed il respiro cominciava già ad abbandonarla.

Eppure riaprì gli occhi di li a poco, indenne, quando si rese conto che la freccia che avrebbe dovuto terminarla, ritardava fin troppo ad arrivare.

Davanti a se, scorse l'immagine sbiadita della Nightshade, che la squadrava corrucciata, ancora immobile ed aggraziata, in punta di piedi su quel suolo sporco e scuro, con la tuta ricolma di macchie e di pozzanghere.

La ragazza non aveva più l'arco tra le mani, che in quel momento era riposto a terra come il suo, bensì le teneva strette tra loro, nervosa e forse infreddolita.

Thalia si guardò confusamente intorno, non riuscendo a capire cos'era accaduto nelle ultime sequenze di quell'incontro, quando, fissando dietro di se notò la sottile freccia di metallo che aveva lasciato andare qualche attimo prima il tributo del sette e che lei pensava sarebbe stata la colpevole della sua morte, ma che invece si trovava conficcata innocentemente a qualche centimetro di distanza da lei.

Era impossibile che Zoe avesse sbagliato un tiro simile, la sua mira si era sempre rivelata perfetta durante gli addestramenti, ed in più la loro lontananza era fin troppo breve per poterla ostacolare in qualche modo. Se quella freccia non l'aveva uccisa, l'unica spiegazione plausibile era che la ragazza aveva deciso di cambiare traiettoria all'ultimo istante, desiderosa di non colpirla una volta giunto quel momento decisivo.

Thalia si avvicinò titubante a quella figura tremolante, zoppicando per via di una ferita alla gamba che si era procurata qualche giorno prima, cadendo da un masso, trascinando i grossi scarponi tra la fanghiglia del terreno roccioso.

Quando arrivò a pochissimi centimetri di distanza dalla figura di Zoe, tanto che solo avesse compiuto un altro passo sarebbe riuscita a toccarla, si fermò, e cominciò a scrutarla attentamente.

“Perché non mi hai ucciso?”, domandò infine, non sapendo bene come agire o cosa fare. Si chiedeva se quel gesto avrebbe comportato l'unione di una loro alleanza, o se fosse stato un errore, o magari della mera pietà nei suoi confronti.

“Perché mi chiedi? Bhe, presuppongo per il medesimo motivo per il quale tu non mi hai trafitto con il tuo arco.” rispose restando ferma sul posto la ragazza, con il cuore che le batteva velocemente per via di quell'assurda situazione che aveva appena vissuto e che non aveva ancora smesso di scombussolarla interiormente.

Dalle sue labbra uscì una specie di nuvoletta di fumo bianca, che testimoniava quanto il freddo gelido stesse man mano aumentando in quel luogo.

Thalia era rimasta un po' spiazzata da quella risposta, che non si sarebbe in alcun modo immaginata, ma non disse niente, si limitò ad avanzare ancora verso di lei, fino a che i loro nasi si sfiorarono.

Poi un fulmine più forte degli altri squarciò nuovamente il cielo, dividendolo per qualche istante a metà, accompagnato da un potente boato. Zoe indietreggiò e scivolò a terra, su una pozzanghera viscosa e appiccicosa, sorpresa dalla paura di quell'attimo.

Thalia trattenne a stento una risatina, fissando quella ragazza così fine e forte, scaldarsi tanto solo ed unicamente per uno stupido evento atmosferico quale quello che si era appena palesato.

La scrutò, mentre si ritrovava seduta scompostamente a terra, all'interno di un appiccicoso laghetto d'acqua marrone.

Le offrì una mano, che Zoe accettò con sufficienza, tirandosi in piedi rapidamente e riassumendo in pochi attimi quella sua aria orgogliosa, fingendo che non fosse accaduto niente.

“Cosa ha scatenato tutta questa ilarità nella tua persona?” domandò schioccando la lingua la castana, cercando di togliersi il fango dalla divisa, ed inchinandosi per recuperare il suo liscio arco scuro.

“Si può sapere perché parli come la mia ex professoressa di italiano? Comunque, mi fa ridere il fatto che una tipa come te si preoccupi tanto per un po' di pioggia, non morirà nessuno per questo, si spera.”

Esclamò Thalia fissando intensamente l'orizzonte, lei in tutta sincerità aveva sempre adorato fenomeni atmosferici simili alle tempeste od alle bufere, riuscivano a metterla interamente a proprio agio, e per di più generalmente sembravano mutare in base al suo umore.

Zoe ripose la sua arma nella fodera che portava a tracolla, poi scosse energicamente la testa, polemizzando.

“Oh, se continui a deridermi o ad insinuare che il mio lessico sia obsoleto, ti garantisco che qualcuno perirà, eccome! E comunque tu non potresti comprendere i miei timori, dato che son legati a vicissitudini correlate al mio passato, che non ho intenzione alcuna di narrare, tanto meno a te.”

Thalia sollevò gli occhi al cielo, divertita da quella risposta acida.

Si inchinò al suolo e raccolse a sua volta la sua fidata quanto inutile arma, togliendo i sassolini e gli insetti che vi erano finiti sopra.

Poi allungò la mano verso l'estremità del terreno e strappò, con un rapido gesto, anche la freccia che aveva scagliato Zoe, facendo attenzione a non spezzarla.

Si risollevò da terra, non facendo caso alla sporcizia che si era concentrata sui pantaloni della sua divisa, e porse all'altro tributo, accompagnata come al solito da uno strambo sorriso sarcastico, la sua freccetta.

L'altra si limitò a prendergliela dalle mani con fare sgarbato e con una finta aria di presunzione, ed a riporlo senza rivolgerle un singolo ringraziamento, dentro la piccola sacca dove riponeva le freccette.

“Zoe, immagino che dovremmo trovare un rifugio prima che ad una delle due venga la broncopolmonite, o comunque un infarto per via di questi “fulmini molesti.

Che ne dici di proseguire ancora più in pendenza, per scrutare la zona situata ad estrema ovest?” domandò ad un certo punto la corvina, mentre ispezionava attenta quell'ambiente così spoglio e triste.

“Scusa? Riformula. Dobbiamo? Ambedue?

Chi è che avrebbe stabilito che adesso noi due dovremmo muoverci assieme? Solo perché non ho messo fine alla tua interessantissima esistenza, sarei grata se evitassi di farti copioni mentali su ciò che io dovrei o non dovrei fare.

Nemmeno un attimo fa volevamo ucciderci vicendevolmente, ed adesso secondo la tua testolina retrograda, tutto d'un colpo, saremmo diventate fidatissime amiche?” rispose frettolosa Zoe, sbattendo più volte le palpebre in un chiaro segno di sorpresa.

Thalia cominciò a muoversi verso la direzione che aveva indicato, senza dire una parola, cominciando a rimettere in moto gli stanchi muscoli delle sue gambe piene di tagli, e facendo forza sull'addome per continuare l'ascesa in quell'altura.

Zoe, seppur non si esonerò per un solo istante dal pronunciare sentenze e polemiche esistenziali, ricolme di apparente indignazione, la seguì faticosamente, intimandole più volte di rallentare.

“Alla fine mi stai seguendo, vedo. Comunque, nessuna di noi due voleva ammazzare l'altra, sennò in questo momento saremmo entrambi degli zombie in putrefazione.

Non ho assolutamente detto che siamo entrate in amicizia, semplicemente presumo che abbiamo creato un alleanza, o no?”.

Domandò ad un certo punto Thalia, interrompendo quel silenzio pesante che si stava andando a creare, mentre si arrampicava su un ripido masso.

Ce la fece con grande fatica, ed atterrò al suolo balzando con i pugni stretti ed i muscoli degli arti inferiori contratti, verso l'ennesima superficie piana che si trovava dietro di esso.

Allungò una mano verso Zoe, che continuava a seguirla con il fiatone, e che ogni volta che i loro sguardi si incrociavano le rivolgeva un occhiataccia allusiva, cercando di rimarcare il suo disappunto per ogni suo singolo gesto.

Il braccio di Thalia rimase sospeso in aria, teso e flesso verso l'altra, con la mano spalancata, pronta ad acchiappare la sua.

Zoe era consapevole del fatto che accettando quell'aiuto, e raggiungendo la ragazza dall'altura di quella roccia, congiungendo in una stretta le loro fredde mani, avrebbe suggellato la loro ipotetica alleanza, e non era esattamente sicura di volerlo fare.

Alzò lo sguardo verso l'alto, ed incrociò il volto della corvina, che la fissava con aria sicura e rassicurante, continuando incessantemente ad allungare l'arto sinistro verso il basso.

La chioma nera le ricadeva appiattita sul volto, per via delle gocce che continuavano a cedere dall'oscurità nera del cielo, ma Zoe riusciva comunque ad intravedere la bellezza singolare e dura che nascondevano quei lineamenti determinati.

Allungò titubante un arto superiore, rendendosi conto del leggero tremore che la scuoteva, ignorandolo repentinamente ed andando a congiungere il suo palmo affusolato, con quello ricolmo di cicatrici fresche dell'altra. Sorprendentemente notò quanto quel contatto si fosse rivelato caldo e sicuro, e non gelido come si era immaginata.

Fece forza sugli arti inferiori ed aiutata dalla compagna, raggiunse la liscia superficie marmorea che si trovava al culmine assoluto d'altezza appartenente a quell'arena, accettando in un muto gesto di consenso quella loro provvisoria unione costituita al fine della sopravvivenza.

Quel punto grigio e desolato in cui erano giunte, era totalmente oscurato da una fitta nebbia pallida, probabilmente per via della massima ripidità che riservava sul livello generale.

Le due, provarono ad allontanarsi di qualche centimetro, ma rischiarono addirittura di perdersi, sparendo in mezzo alla foschia fittizia di quella cima, tanto che concordarono, alquanto a disagio, di continuare a tenersi per mano per non rischiare di perdersi di vista.

Il suolo pareva liscio e grigiastro, senza ulteriori rilievi o fosse improvvise, ma era comunque meglio ispezionare attentamente l'orizzonte, dal momento che potevano rischiare di incorrere in un eventuale invisibile campo di confine, ed era meglio non scontrarsi con uno di quei recinti se si voleva restare in vita.

Continuarono a proseguire rettamente, attente ad ogni singolo passo che compivano, con Thalia che guidava il tragitto anteriormente, e con Zoe che seguiva i suoi movimenti, stringendo fortemente la presa della sua mano, timorosa di perdersi.

Il vento continuava a soffiare prepotentemente, tanto che le due in parecchi istanti, rischiarono più volte di perdere l'equilibro e di cadere su quel suolo scivoloso, bagnato dalle lacrime di Urano.

Poi finalmente, le due scorsero la fine di quella montagna, o meglio, la fine di quel burrone.

Davanti a loro, nascosto dalla foschia e dalle rocce, si trovava, chilometri e chilometri più in basso, situato ad i piedi di quell'enorme rilievo, un enorme ed infinito mare azzurro, mare che raggiungeva la medesima tonalità intensa appartenente agli occhi, momentaneamente sgranati, di Thalia.

Entrambe erano a dir poco stupite, nessuna delle due si sarebbe mai aspettata che il loro confine non fosse stato una barriera tecnologica, ma bensì l'oceano naturale. Questa nuova prospettiva le aveva lasciate di sasso, trasportando con se mille idee di ribellione che cominciavano ad instaurarsi nel cervello di entrambe.

Quel panorama era da mozzare il fiato, ambedue si tenevano ancora per mano, con lo sguardo rivolto al di là della montagna, perso in un orizzonte oceanico tempestoso e celeste, limpido ma agitato. L'oceano si scagliava prepotentemente sulle rocce ove loro risiedevano, tornando però subito dopo a ricomporsi, formando delle onde perfette, per poi riandare nuovamente a scagliarsi contro i massi, in un gesto folle che a Thalia pareva simile a quei ragionamenti che potevano essere compiuti solamente da uno strano kamikaze.

Il cielo continuava a tuonare in lontananza, lanciando potenti bagliori chiari in quella nuova prospettiva, fermandosi poco prima di raggiungere il mare.

Ormai la notte era quasi giunta, e le nuvole oscuravano ulteriormente il minimo sole che ancora aveva resistito alle intemperie, ricoprendo con un velo di oscurità quella cima.

Entrambe realizzarono, superato il loro primo momento di stupore, che avrebbero dovuto scendere presto da quei grandi massi, per tornare a terra, prima che fosse calato il buio, o in alternativa avrebbero rischiato, durante la loro discesa, di cadere nel vuoto per via dell'illuminazione assente.

Si ripresero dalla loro ipnosi e, staccando le loro mani ormai calde, cominciarono a compiere qualche passo in retromarcia, in maniera molto cauta e lenta.

Ad un certo punto, un rumore sordo, totalmente differente da quelli che avevano udito fino a quell'istante, le distrasse dai loro attenti pensieri, cogliendole di sprovvista e facendole sobbalzare verso la direzione incriminata.

Avanzarono qualche passo, togliendo contemporaneamente l'arco dalla fodera, ed impugnandolo saldamente, con tanto di freccia inserita, entrambe pronte ad un eventuale scontro.

Ad un certo punto, ambedue videro materializzarsi, apparentemente dal nulla, una sagoma scura.

Una folata di vento trasportò la foschia verso il largo, rendendo per pochi istanti, chiaro e limpido il panorama, e fu allora che le due ragazze scorsero, la figura di un tributo che risiedeva chino davanti a loro, affacciato oltre quel burrone, pericolosamente in bilico.

Entrambe furono prese dal panico, e senza pensarci due volte, lasciarono andare due potenti frecce contro quella sottile sagoma, che solo a quel punto, percependo i movimenti dei loro archi, si accorse delle loro presenze estranee.

Prontamente, esso si difese con un grande scudo argentato, che aveva tenuto, saldamente stretto all'arto sinistro.

Quest'ultimo strumento, riuscì a difenderlo dall'impatto mortale di quelle armi, ma il tributo, voltandosi bruscamente per difendersi da quei tiri, mise male il piede, e finì con il perdere ugualmente l'equilibrio.

Precipitò, quasi a rallenti, in quel vuoto maledetto, riuscendo a tenersi all'ultimo minuto, solamente all'estremità liscia e complicata di quel rilievo piatto.

Thalia, realizzando l'impulsività erronea del suo gesto, assaporando già dei pesanti sensi di colpa, si precipitò verso il punto in cui quell'individuo stava per cadere, intenzionata a soccorrerlo.

Quel povero ragazzo non aveva fatto niente di male, erano state loro due ad attaccarlo per prime, e lei, personalmente non si sarebbe mai perdonata la sua morte, non avrebbe permesso la fine brusca di altri innocenti, non dopo quello che era accaduto a Luke.

Scorse la sua mano pallida, che tentava, faticosamente, di tenere con l'ausilio di sole quattro fragili dita, il corpo saldo a quel pessimo appiglio, rischiando di cadere per via del solo movimento molesto del vento.

Gli acchiappò il braccio con entrambe le mani, mentre Zoe continuava a fissare l'orizzonte con gli occhi semiaperti, incapace di metabolizzare cosa stava succedendo, affranta quanto la compagna per il suo stupido gesto poco riflessivo, immobilizzata dal panico.

Thalia riuscì a scorrere, tra il chiarore della nebbia, il volto corrucciato e terrorizzato del magro tributo che tentava di tirare su con scarso risultato.

Leo Valdez era cosciente che ormai per lui era finita, era grato a Thalia per il suo vano tentativo di salvataggio, ma in quelle condizioni era palese che se la ragazza non l'avesse lasciato andare istantaneamente, sarebbero caduti entrambi nel niente.

I suoi ricci scuri erano appiattiti contro le orecchie, il volto stanco, il cuore fermo in petto, mentre il freddo che gli trafiggeva le fragili ossa gli preannunciava il chiarore della sua bara, perché era sicuro che di lì a poco, ci sarebbe stata la sua fine, per altro, avvenuta in una maniera molto meno teatrale e scenica di quanto avesse sempre desiderato.

Ad un certo punto, Thalia, che cominciava ad avvicinarsi a quel vuoto pallido per via del peso di quel corpo che la trascinava verso l'oblio, si lasciò sfuggire la presa su Leo, per colpa della viscosità che aveva causato pioggia, che gli fece mollare irreparabilmente quel braccio, cosicché il ragazzo finì in pochi secondi tra le braccia scure di Poseidone.

Thalia vide come al rallentatore l'immagine del suo leggero corpo bruciacchiato scivolare sotto di lei, diventando solo un misero puntino in lontananza, per poi sparire sommerso dalle onde.

Un fulmine saettò rumorosamente nel cielo, con fare irrequieto e prepotente, e raggiunse rapidamente il mare, creando lo scoppio di una scintilla elettrica, come se quella morte ingiusta avesse appena scatenato l'ira del sommo Zeus.

Thalia si rese conto che stava urlando al cielo solo quando sentì le braccia profumate di Zoe circondarle la vita, accarezzandole il volto rigato dalla pioggia e dalle lacrime, tentando faticosamente di frenare il suo attacco di panico.

Entrambe si sentivano in colpa, prevalentemente la corvina, che momentaneamente si reputava alla stregua di un mostro, non era riuscita, per un ennesima volta, a frenare un fiume di sangue ingiurioso, ma era arrivata nuovamente troppo tardi.

Sprofondò in un pianto sommesso sulla morbida spalla dell'amica, che di tutta risposta, la strinse forte, e non la lasciò andare nemmeno per un secondo.

Rimasero in quello scomodo abbraccio per un lasso di tempo che parve interminabile, appollaiate al termine bagnato di un ripido burrone, intente meramente ad affogare nei loro sbagli.

Alla fine i capitolini erano riusciti a renderle degli assassini.

Il suono del cannone che scoppiò qualche istante dopo, fu la goccia che fece traboccare il vaso, o meglio, la psiche di ambedue, che si lasciarono trasportare per quegli istanti, in un tunnel di rimpianto e disperazione.

Ingiustizia, sentivano di essere ingiuste, di essere divenute delle carnefici, di esser diventate quello che avevano sempre odiato.

Thalia venne distratta solamente dal tremolante luccichio del possente scudo che era appartenuto un tempo a quell'adorabile ragazzo ispanico, che adesso era l'unica cosa che rimaneva di lui, e che brillava, in cerca del suo padrone, in un bilico tra la terra ed il vuoto, barcollante, sull'estremità dell'altura.

Thalia si sporse leggermente per afferrarlo, ed una volta che riuscì ad impossessarsene lo strinse forte al petto, passando i caldi polpastrelli sulla superficie ghiacciata di quello strumento, leggendo sottovoce la parola che vi era stata incisa sopra: Egida.

Chiuse gli occhi, percependo tutto il calore che aveva trasmesso Leo a quello strumento ormai esanime.

Un fulmine più potente di tutti gli altri divise il cielo notturno in due parti, accompagnato dal feroce grido della ragazza del cinque.

 

Nda: Heylà.

Adesso, ditemi che non sono troppo favolose Thalia e Zoe, io le adoro troppissimo, quindi non preoccupatevi, non avrei mai potuto farle morire insieme, tanto meno una per mano dell'altra… * per lo meno non ancora, muahahaha*

Spero che le descrizioni della parte alta dell'isola siano risultate comprensibili, in caso contrario vi prego di avvertirmi.

Per quanto riguarda Valdez, frenate il vostro istinto omicida, sono ancora giovane.

E poi, siete proprio sicuri al milleuno per cento che sia morto?

Io ancora non ne sono troppo sicura, ma vedrò di decidermi… chissà.

Tra l'altro, che cosa stava facendo sulla cima di un burrone armato di Egida?

Il piano è realmente andato in fumo? Saranno tutti spacciati?

Alla prossima. <3

   
 
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