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Autore: Acer5520    28/09/2015    1 recensioni
È una storia di magia, maledizioni, guerre e amori impossibili, ma anche di amicizie indissolubili e folli. È la storia di una vita. Spero vi piaccia.
* * * * * * * * * * * * * *
Un potere smisurato, una maledizione, una promessa.
Il potere che scorreva nelle sue vene era antico come il tempo e devastante come solo il potere degli Dei poteva essere.
Ma lei non era una Dea. E non era neanche una semplice ragazza.
Sapeva solo che il peso sulla sua coscienza le impediva di vivere, che il suo potere unito ad una vecchia promessa le vietavano di morire e che non avrebbe più amato nessuno.
Quello che Selyan non sapeva era che, forse, si sbagliava in pieno.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-Selyan-

 

Doveva essere solo una presentazione, una cosa da nulla. Doveva lasciare Keira al centro dell'attenzione e non farsi notare e invece era riuscita ad attirare le attenzioni su di sé.

Maledizione!

E Keira avrebbe sicuramente combinato qualche disastro.

Era certa che quella ragazza avesse qualche capacità, ma la sua ambizione la spingeva più a mettersi in mostra che a pensare quando faceva qualcosa.

In più non riusciva a capire né per quale motivo il re non avesse permesso al comandante delle guardie di andare via, né perché lui avesse obbedito a tale ordine senza lasciare le spade.

Aveva davvero paura che potessero attaccarlo?

Il sovrano si fermò davanti a una porta e subito ne uscì quello che aveva tutta l’aria di essere un guaritore di mezza età, con la mano al petto e la schiena piegata in un inchino al re

<< Non ci sono cambiamenti, Altezza. Non so per quanto resisteranno >>

Il re annuì e si rivolse a Dalia minaccioso << Voglio solo un parere sulle loro condizioni. Ricordatevelo >>

La stanza era grande e illuminata da un'ampia finestra e i raggi del sole si posavano su un letto dove era sdraiata una donna profondamente addormentata. Aveva i capelli ingrigiti dal tempo, ma il viso non era quello di una persona anziana. Doveva avere quasi cinquant’anni o poco più.

Il re non aveva anticipato niente delle sue condizioni, sapeva solo che il suo sonno non era una cosa normale.

Eppure lei non sembrava disidratata e non aveva segni evidenti di una persona che dorme da troppo tempo.

<< Da quanto- >>

<< Stai zitta e torna al tuo posto >> la interruppe Dalia imperiosa << Non voglio che la tua goffaggine arrechi danni a questa povera donna. Keira, cara, dimostra cosa siamo in grado di fare a queste persone>>

Queste persone?

Selyan non fu sorpresa di vedere il comandante delle guardie storcere la bocca disgustato. Quella donna non aveva ancora capito che il mondo era diverso dalla loro piccola isola e che non tutti erano ai suoi piedi.

<< Ricordati i miei avvertimenti, donna>> le avvertì di nuovo il re

Keira attivò la sua pietra, la sua mano si circondò di un debole alone di luce rossastra e, appena sfiorò la donna, cominciò a urlare  spaventata

<< Cos’è successo? >> chiese Dalia in preda al panico << Selyan, guariscila! >>

 

Una bruciatura sulla punta di un dito. Era per quello che urlava come una a cui era appena stata tagliata una mano?

Lei sapeva già che guarirla le avrebbe causato una lite furibonda con Irmelin, ma obbedì a Dalia. Staccare un dito alla stupida oca al cospetto del re non era una grande idea se volevano restare.

<< Perché non lo hai fatto tu e hai chiamato lei per guarirla? >> chiese il re a Dalia

<< Avete detto voi che devono imparare loro e non io. Era solo un modo per darvi un'ulteriore dimostrazione del potere delle mie ragazze >>

Altra bugia degna di essere raccontata alla sua amica. Dalia non era capace di curare le ferite senza lasciare cicatrici e non ne avrebbe mai lasciate sulla sua adorata nipote. Neanche una stupida chiazza scura sulla punta di un dito.

Keira si asciugò il viso con una smorfia stizzita << Provaci tu >>

<< Da quanto è così ? >>

<< Cinque giorni >>

Le sfiorò una mano. Non era fredda e non era rigida. Sembrava solo addormentata.

Un grande bracciale dorato al suo polso attirò la sua attenzione. Non sembrava un comune gingillo. Era troppo grande e troppo lavorato. Senza contare che il re ne aveva uno identico.

<< Quello non è un comune bracciale, vero? >>

Il re sembrò esitare a risponderle e l’uomo alle sue spalle si intromise per la prima volta nei loro discorsi  << Non  sei qui per fare domande >>

Scortese, sgarbato e con una copia esatta di quel bracciale al polso. Non lo aveva notato prima. L’unica cosa di cui era certa in quel momento era che, se fossero rimaste in quel regno, Irmelin avrebbe avuto pane per i suoi denti con lui.

Comunque, lei non era lì per mettersi in mostra e per fare domande, tanto valeva che attivasse il suo potere. Lasciò che il potere della sua pietra le inondasse le vene e toccò di nuovo la mano della sconosciuta serva del re.

Il suo mondo divenne buio per un breve istante, poi riuscì a mettere a fuoco i poteri inutilizzati e invisibili intorno a lei. C’era il tenue alone evanescente e rossastro di Keira, più simile a quello di una bambina che di una sacerdotessa della sua età, il buio della Somma Sacerdotessa che, come tale, aveva la protezione della Dea sul suo potere ma che, a detta di Irmelin, aveva così poco potere da risultare invisibile, e due abbaglianti aloni dorati alle sue spalle. Evidentemente dovevano essere il re e il suo antipatico compare.

Il comandante delle guardie non aveva altro potere che quello della sua spada a quanto pareva e la donna sul letto era una questione complicata.

La sua luce non era dorata come quella del re. Neanche lontanamente. L’intensità era quella del potere di Keira e il colore era uno strano rosa mai visto prima.

Selyan ripensò velocemente a quello che aveva imparato negli anni riguardo a quella capacità che aveva tenuto nascosta a Dalia fino a quel momento ma che in realtà aveva sempre avuto.

La terra appariva marrone scuro, il vento era grigio, il fuoco rosso intenso, l’acqua azzurra, il potere delle piante verde… aveva visto diversi colori in vita sua, ma quello mai.

Certo, anche l’oro del re era nuovo per lei, ma se il re era dorato e il suo scorbutico aiutante con lo stesso bracciale aveva lo stesso colore, tutto lasciava pensare che anche quella donna dovesse avere un potere dorato. Che senso aveva quello stupido rosa scuro e sbiadito?

Non lottava neanche contro di lei. Avrebbe potuto ucciderla senza sforzo se avesse voluto.

Selyan abbandonò quel tipo di visione, tornò al mondo reale e si strofinò la fronte per la confusione. Doveva trovare il modo di capirci qualcosa se voleva restare in quel regno!

<< Mi dispiace, altezza >> si intromise Dalia << Selyan è solo una sacerdotessa alle prime armi e io non dispongo del mio pieno potere al momento perché ho forzato le correnti che spingevano la nostra nave per troppo tempo. Appena mi sarò ripresa potrò aiutare questa donna con il potere della Dea >>

Il re non rispose, doveva aver capito che Dalia stava solo cercando di guadagnare tempo in quella terra.

Lei però capì qualcosa di diverso in quel momento. Non osava crederci, non osava neanche pensarlo eppure… Il viola era il potere della pietra del tempio dell’isola. Un viola intenso come quello delle pietre d’ametista più scure. Era il potere della Dea concesso solo alle somme sacerdotesse nel rito più importante della loro religione. Cosa succedeva se un viola del genere veniva sovrapposto a un oro come quello della corte di quel posto?

Era una blasfemia, ma dopo quello che aveva visto succedere alla loro isola, Selyan non credeva più che ci fosse un limite alle crudeltà o alle assurdità

<< Sembra che qualcuno o qualcosa la tenga prigioniera del suo sonno. È possibile? >> chiese al re senza neanche fissare a terra. Non le importava un accidenti del decoro visto quello che stava pensando.

Lui sembrò scettico << I miei più esperti sacerdoti non hanno trovato nessuna costrizione da parte di altri >>

Non poteva mettersi a parlare con lui dei colori, l’avrebbe presa per pazza e Dalia non le avrebbe permesso di rivedere la luce del sole se avesse capito da quanto tempo la imbrogliava nascondendole quel dono. Glielo aveva appena sbattuto in faccia, certo, ma era certa che la Somma Idiota avesse solo pensato che stava perdendo tempo.

Il viola era il potere del tempio. Questa era una cosa certa.

A meno che non esistesse qualcosa o qualcuno con lo stesso colore in giro per il mondo.

Non sapeva neanche che esistesse l’oro finchè non lo aveva visto nel re di quel posto, perché escludere l’esistenza di un altro popolo da qualche sperduta parte che avesse ricevuto in dono dalla Dea lo stesso potere? Era possibile…

Ed era possibile che questo qualcuno non avesse niente a che fare con Dalia.

Se era così poteva permettersi di aiutare il re.

Selyan sospirò confusa. Aiutare quella donna voleva dire dare una buona possibilità alle sue sorelle di trovare una casa in quel regno e allo stesso tempo poteva essere la sua condanna.

Lei non era importante. Le sue sorelle sì.

La sua vita non valeva quanto una possibilità in più per una loro vita decente in quel posto.

 

<< Non voglio apparire presuntuosa, ma credo di poterla aiutare >> dichiarò decisa.

<< Credi? >> chiese il re scettico.

<< Sono sicura di poter fare qualcosa >> si corresse.

 << Non posso permetterlo >>

Poteva capire la sua posizione. Chi mai avrebbe lasciato un membro della corte reale in mano a una sconosciuta che non appariva neanche troppo sicura di quello che faceva? Lei, al posto suo, non avrebbe lasciato una sua collaboratrice neanche nelle mani della più decisa e sicura straniera in circolazione. Non avrebbe lasciato proprio nessuno nelle mani di nessuno, vista la scarsa fiducia che aveva sempre avuto nel prossimo, ma quel re doveva essere diverso da lei e doveva fidarsi di lei. Doveva trovare il modo di convincerlo. Per cosa lei avrebbe acconsentito a lasciar avvicinare una sconosciuta?  

<< Neanche se io vi dessi la mia parola che, qualunque cosa dovesse accadere, le sue condizioni rimarrebbero immutate? >> azzardò.

<< Come faccio a fidarmi della tua parola? >>

Non era uno stupido e lei aveva esaurito le sue idee. Keira e Dalia non sembravano avere intenzione di intervenire. Poté solo allargare le braccia in segno di resa e scuotere la testa

<< Capisco la vostra posizione e non posso darvi torto. Non ho modo di convincervi a fidarvi di me, maestà >>

Vide il re alzare lo sguardo verso i suoi accompagnatori e poi sentì arrivare la possibilità che credeva di aver perso, anche se sotto una forma inaspettatamente minacciosa

<< Se peggiorerai le sue condizioni, tu e tutte le tue compagne sarete giustiziate >>

<< Selyan, non te lo permetto! >> irruppe la Somma Sacerdotessa.

<< Ma, Potente Madre, questa donna sta rischiando- >>

<< Non mi importa. Non puoi metterci tutte in pericolo, sei troppo sbadata per un compito del genere, la uccideresti per sbaglio >>

<< Non è vero! >> protestò offesa.

<< Non contraddirmi! >> la sgridò Dalia.

Agli inferi la decenza, l’educazione e anche la paura delle conseguenze del suo gesto!

Quella donna poteva essere salvata e stava morendo perché il re non aveva coraggio di tentare.

Selyan non aveva intenzione di arrendersi.

Dopo la guerra che aveva appena vissuto, dopo tutte le morti che pesavano sulla sua coscienza, poteva finalmente avere la possibilità di salvare una vita, dopo tante disgrazie poteva fare qualcosa di buono e, dannazione, l’avrebbe fatto!

Non aveva certo paura di insistere con il re di quel posto

 Vostra Maestà, questa donna può essere salvata. Vi prego non impeditemelo >>

Fu il soldato a porle una domanda questa volta  << Perché ti stai dando tanta pena per una sconosciuta, ragazza? >>

La spiazzò. In quel regno la vita delle persone contava così poco che chiunque poteva stare tranquillamente con le mani in mano a guardare morire qualcun altro senza rimorsi? In che razza di regno stava cercando di far ospitare le sue sorelle?

<< Vi prego, perdonate la mia sfacciataggine, ma non mi sembra una domanda sensata. È una vita, è una persona, avrà una famiglia, delle persone che le vogliono bene e aspettano il suo risveglio. Dovrei lasciar perdere solo perché non la conosco? Sarei un mostro. Morirà tra pochi giorni se nessuno riuscirà ad aiutarla >>

Prima che Dalia o qualcun altro potesse intromettersi di nuovo, si rivolse al re direttamente << Posso farcela >> gli assicurò con tutta la convinzione di cui era capace.

Selyan pregava ardentemente che quell’uomo capisse che poteva salvarla.

Aveva bisogno di salvare quella donna. Voleva sapere che, da qualche parte, qualcuno avrebbe gioito del suo ritorno, che qualcuno non avrebbe dovuto soffrire quel dolore che lei ancora non riusciva a sopportare.

Dalia e Keira la fulminarono con lo sguardo, ma non osarono fermarla. Avrebbero solo decretato il loro esilio ritirando la parola che lei aveva dato al re e, all’improvviso, arrivò la parola che credeva di non sentire mai

<< Fallo >>

Istintivamente sorrise e ringraziò il sovrano, poi si voltò verso la donna e la avvolse in un alone di luce azzurra, troppo grande per tranquillizzare Dalia e Keira, ma necessario per quello che doveva fare. Che la torturassero pure, non avrebbe perso quell'occasione.

Doveva solo essere più forte di chiunque stesse imprigionando quella donna.

Non era impossibile. Non per lei.

Dalia l’avrebbe impiccata, forse o le sue compagne l’avrebbero lapidata.

Pazienza. Quella donna sarebbe tornata a casa.

La costrizione non lottava neanche contro di lei. Era solo uno stupido sortilegio lasciato lì perché si nutrisse delle forze vitali della sua vittima per mantenersi attivo. Per questo non si svegliava: le sue forze non le appartenevano più.

Non fu difficile mantenere la parola che aveva dato al re. Faticoso, forse, ma non difficile.

Doveva solo sperare di non aver creato sbalzi di potere tali da renderla stupida a vita.

*Dea, non puoi farmi anche questo!*

<< Potete provare a svegliarla? >> chiese << Non conosco il suo nome >>

Capì che il sovrano doveva tenere molto a quella donna perché si fece avanti lui stesso e la scosse leggermente per le spalle << Ismene? Riesci a sentirmi? >>

Selyan vide lo stupore del re mentre la donna apriva lentamente gli occhi.

Ce l'aveva fatta. Avrebbe pagato caro il suo gesto, ma non le importava.

Nessuno avrebbe potuto toglierle in nessun modo la soddisfazione di aver salvato qualcuno

<< Selyan? >>

<< Sì, Altezza >>

Si accorse solo in quel momento di avere il fiatone. Non aveva più pensato alla lotta con le spade. Anche Irmelin e sua sorella l'avrebbero sgridata pesantemente al suo ritorno.

<< Puoi controllare un'altra persona? >>

 

***************************************************************************************

-Tarìc-

 

Ismene si era ripresa.

Quella ragazza sconosciuta era riuscita dove tutti i suoi migliori guaritori avevano fallito.

Poteva davvero accettare nel suo regno delle persone tanto forti?

Non sapeva niente di loro, neanche il nome del posto da cui venivano e non aveva modo di essere totalmente certo della loro onestà. E se si fossero rivoltate contro di loro?

Probabilmente il suo regno sarebbe stato più sicuro se le avesse mandate via, ma la risposta che quella ragazza aveva dato a Tanet lo aveva stupito.

Se avevano così a cuore la vita degli altri, forse non avevano intenzione di mettere su una rivolta. Purtroppo non le conosceva e non poteva sapere se tutte le altre avrebbero risposto nello stesso modo alla domanda di Tanet.

Erano troppo potenti perché lui potesse prendere una decisione con semplicità.

Però Ismene era salva e aveva dato segno di riconoscerlo, sebbene fosse allo stremo delle forze per i lunghi giorni passati prigioniera del sortilegio che l'aveva colpita.

Doveva sentirsi in debito con quelle persone?

Il re aveva l'obbligo di ospitalità verso i viandanti che gli chiedevano ristoro, ma, come prima cosa, aveva il dovere di dare tutto quello che poteva al suo popolo, in particolar modo ai suoi servitori, e quella ragazza era la sua unica speranza di ridare la salute a suo zio al momento.

La sua coscienza gli diceva che era una cosa orribile chiederle di guarire anche lui e poi obbligarle a lasciare il regno e lui voleva salvare il vecchio Aaren, ma non poteva mettere in pericolo la sua gente più di quanto non avesse già fatto il terremoto.

Si ritrovò a pensare che lui era il re e poteva chiedere qualunque cosa senza dover per forza dare qualcosa in cambio, perciò se avesse voluto, avrebbe potuto pretendere la guarigione di suo zio e la partenza delle straniere.

Sospirò. Ma il Dio Onnipotente, Padre della misericordia, sarebbe stato d'accordo?

E la sua coscienza?  Forse no.

Guardò Neithel. Anche lui sembrava immerso nei suoi pensieri.

Era sempre stato il più fedele dei suoi servitori e anche un buon amico. Se aveva anche solo una speranza di guarire suo padre, doveva sfruttarla.

<< Selyan? >>

<< Sì, Altezza? >>

Aveva il respiro leggermente affannato, ma la risposta era stata immediata come immediata era stata la sua cattiva abitudine di guardarlo negli occhi mentre le parlava.

Le donne del suo popolo non avrebbero mai avuto una tale sfrontatezza e, se avesse dato loro il permesso di restare, avrebbe dovuto assicurarsi che venissero educate come si conveniva nel suo regno. Per ora, però, la loro sfacciataggine era quasi una fortuna.

Lui era sempre stato abile con le menzogne raccontate a testa bassa e quelle straniere gli rendevano molto più facile capire cosa pensavano in quel modo.

<< Puoi controllare un'altra persona? >>

Tarìc vide il suo viso passare dalla felice soddisfazione allo sconforto subito nascosto dalla compostezza che una sacerdotessa non dovrebbe mai perdere.

 Non poteva permettere ad una persona così incerta di curare suo zio, e in seguito avrebbe dovuto scusarsi anche con Ismene per averla lasciata nelle mani di una ragazza così insicura

<< Vostra Altezza, posso assicurarvi che farò il possibile per aiutarvi. Ve lo giuro su tutto quello che ho di più caro >>

<< Adesso basta! >> si intromise urlando la donna che le comandava << State sfruttando le mie ragazze! Non era negli accordi che le mie sacerdotesse curassero i vostri feriti. Le state portando allo stremo delle forze per il vostro piacere, Maestà! >>

<< Bada a come parli, donna. Il mio non era un ordine >>

Aveva pensato che la ragazza fosse maleducata a guardarlo in viso, ma, se la donna che le aveva istruite era così irrispettosa, come potevano le sue ragazze essere educate?

Tarìc era in dubbio di nuovo.

Aveva trovato il modo di salvare suo zio e rischiava di farselo sfuggire dalle mani.

Si sorprese a stringere i pugni e si rilassò immediatamente per riprendere il controllo di sé. Quella giornata lo stava mettendo veramente alla prova. Tra decisioni inaspettate, la guarigione di Ismene e la maleducazione di quella che doveva essere la guida di un gruppo di indisciplinate e potenti straniere, si stava innervosendo più di quanto lui stesso volesse ammettere.

<< Vi chiedo perdono, Madre >> si intromise la diretta interessata << Posso avere il vostro permesso di aiutare il sovrano della terra a cui stiamo chiedendo ospitalità? >>

Astuta. Messa in quei termini davanti a tutti, era difficile che la donna le negasse il permesso.

Se uno dei suoi funzionari avesse fatto una cosa del genere a lui mettendolo in imbarazzo in quel modo, lo avrebbe spedito a spalare letame nelle stalle per il resto della sua vita, probabilmente con la lingua tagliata.

Potenti, indisciplinate e subdole senza rispetto neanche della loro stessa Somma Sacerdotessa.

Nella mente di Tarìc stava prendendo forma un'idea pericolosa: e se quella degli insegnamenti fosse stata davvero solo una scusa male architettata? Forse erano state mandate proprio dalla persona che aveva colpito Ismene e suo zio perché si guadagnassero la sua fiducia e poi attaccassero il palazzo dall’interno. Forse si era messo nei guai.

Poteva rischiare tutto il suo regno per salvare suo zio?

Poteva. Doveva.  Ma pregò Dio perché lo assistesse.

<< Sarai punita per questo, ma hai il mio permesso >> le rispose indispettita la donna.

Invece di dispiacersi la ragazza gli era sembrata addirittura felice.

Ma perché? Perché una sconosciuta doveva avere quella voglia sviscerata di aiutarlo?

E lei, nell'attimo stesso in cui aveva ricevuto il permesso, aveva alzato gli occhi raggianti di felicità verso di lui. Un oltraggio vero e proprio. Una sconosciuta che voleva condividere con lui la sua felicità in quel modo. Vergognoso, certo, ma ancora una volta, si trovò ad ammettere che quella sua maledetta abitudine gli aveva semplificato le cose.

Era il sorriso di qualcuno sinceramente felice di aiutarlo, non di un'opportunista che aveva raggiunto i suoi scopi.

Tarìc pregò di nuovo gli Dei e la condusse nelle stanze di suo zio.

<< Ragazza >> odiava dimenticare i nomi, ma aveva troppi pensieri per la testa.

<< Sì, Maestà >>

<< Voglio che tu valuti la situazione di quest'uomo e poi mi riferisca, con tutta la sincerità di cui sei capace, quello che pensi. Non mentire e non nascondere la verità perché me ne accorgerei. Non voglio che tu faccia niente. Se farai qualunque cosa, finirai sulla forca insieme a tutte le tue compagne, che tu l'abbia ucciso o che tu l'abbia salvato. Voglio solo che tu controlli le sue condizioni e me le riferisca, sono stato chiaro? >>

La vide irrigidirsi a quella precisazione da parte sua << Sì, Vostra Altezza >>

Almeno avevano timore delle autorità. O solo delle minacce di morte?

Sapeva solo che non poteva permettere che succedesse qualcosa a suo zio.

Lei alzò una mano malferma e poi la ritrasse << Posso? >>

Annuì e l'alone azzurro che prima aveva avvolto Ismene avvolse suo zio continuando a farlo per quella che a lui sembrava un eternità.

Cosa diamine stava facendo? Aveva cercato di spaventarla minacciando di morte tutto il suo ordine, ma ucciderle non gli avrebbe ridato indietro suo zio in caso di disgrazia.

E avrebbe perso anche il coraggio di guardare in faccia suo cugino per il resto della vita.

Per grazia di Dio, vide la luce diminuire la sua intensità fino a fermarsi, ma la ragazza non parlava

<< Selyan? >>

Avrebbe ringraziato Neithel anche per avergli riportato alla memoria quel nome se l'espressione della sacerdotessa non lo avesse distratto.

Il suo viso era teso in quella che sembrava rabbia  << Mi dispiace, Altezza, non posso farcela, io... Posso liberarlo, quasi sicuramente posso, ma non posso guarirlo >>

<< Perché? >>

Sapeva che suo zio Aaren aveva riportato delle ferite gravi, ma voleva sapere quanto aveva capito quella ragazza toccandolo appena

<< La ferita alla testa... Non ho assolutamente le forze, né le conoscenze necessarie per quella. Se anche lo liberassi non si riprenderebbe >>

Quindi, con il dovuto riposo e le loro istruzioni, quella ragazza sarebbe stata in grado di sanare le ossa rotte? Era una cosa che andava al di là delle sue aspettative, ma non poteva farsi vedere stupito.

<< Quella ferita è stata curata dai miei più capaci guaritori, sapevamo che avrebbe impiegato tempo per guarire >> ammise lui << Quanto tempo credi che possa resistere? >>

Lei non rispose e scosse la testa dispiaciuta.

<< Ti ho fatto una domanda >> le ricordò.

Nessuno gli avrebbe mai negato una risposta, non lo avrebbe lasciato fare neanche ad una ragazza con una parlata a stento comprensibile

<< Che La Potente Dea fulmini me e le mie sorelle se quella che sto per dirvi non sarà la verità: penso che sia un uomo di una forza incredibile o non avrebbe resistito più di un giorno in queste condizioni. Non ho idea di quanto ancora potrà resistere ma, perdonatemi se sono poco delicata nel dirlo, io non credo che riuscirà a passare la notte così >>

Qualcosa di quella risposta lo aveva colpito << Perché hai giurato in quel modo? >> le chiese.

<< Ho solo pensato che quelle che stavo per dirvi potevano essere le parole perfette per chiunque avesse voluto forzarvi la mano per ottenere il permesso di guarire quest'uomo e convincervi che tenerci con voi potrebbe essere un grande vantaggio >>

Tarìc non si aspettava una cosa del genere. Come poteva sapere quello che stava pensando?

<< Chiunque lo avrebbe pensato >> precisò lei, quasi scusandosi della sua affermazione.

Dunque, invece di conoscere i pensieri altrui, la ragazza conosceva le arti del governo?

Ma Tarìc cominciò a pensare che forse stava esagerando e le stava sopravvalutando troppo

<< Non sono così stupido >>

<< Non avevo intenzione di offendervi in questo modo, Altezza, vi chiedo perdono. Non volevo che voi riteneste stupida me >> rispose la ragazza inchinandosi << Se ci fosse un modo per dimostrarvi che sono sincera, lo sfrutterei. Quest'uomo non ha molto tempo, ma non so quantificarlo e le poche forze che mi sono rimaste credo che bastino appena per liberarlo dal sortilegio che gli è stato fatto. Se me lo ordinerete, sarò ben lieta di aiutarvi >>

<< Puoi farlo? >> le chiese Tarìc.

<< Credo di sì. Ma non si riprenderà >> lo avvertì di nuovo.

Non aveva bisogno che quella straniera gli ripetesse di continuo le cose. Credeva di aver a che fare con uno stupido?

Cercò di mantenere la calma e rispondere in modo austero << La ferita sarà tenuta sotto controllo dai migliori guaritori del regno, ma credo non è abbastanza >>

<< Nel caso in cui non dovessi portare a termine il lavoro, a lui non succederà niente. Le sue condizioni non peggioreranno e qualcun'altra delle mie compagne sarà sicuramente in grado di aiutarlo. Probabilmente, non appena avrà ripreso le forze, la stessa Keira potrà farlo >> disse la ragazza.

<< Non prendere impegni per le altre! >> si intromise di nuovo la vecchia.

Questa volta Tarìc la ignorò.

<< Altezza, vi prometto che questa ragazza sarà punita per la sua maleducazione >>

Sembrava che quella donna volesse ricordargli per forza, in ogni momento, la sua presenza.

Cominciava seriamente ad odiarla.

<< Silenzio! >> impose.

Cosa doveva fare? La ragazza gli era sembrata sincera. Non gli sembrava una persona capace di imbrogli tanto elaborati.

Ma perché sembrava così diversa dalla donna a cui aveva sicuramente giurato obbedienza? C'erano molte cose che non capiva.

<< Cosa succederà se le tue forze non saranno sufficienti? >> domandò Tarìc.

<< A lui non accadrà nulla, ve lo posso assicurare >>

Guardò Neithel, ma lui sembrava ancora perso nelle sue riflessioni. Sapeva che non si era perso una sola parola della loro conversazione.

 Se avesse avuto qualcosa in contrario, lo avrebbe detto. Lo conosceva bene.

Lei sembrava riflettere. La vide alzare lo sguardo sulle altre due donne della sua terra che però non la guardarono neanche. La vide guardare di nuovo suo zio e poi lui prima di distogliere in fretta lo sguardo. Era già un inizio.

E invece lo guardò di nuovo.

<< Posso farcela, Vostra Altezza >> gli ripeté convinta.

Tarìc decise che avrebbe sfruttato quella sua abitudine a suo favore  << Non puoi permetterti errori >> le ricordò.

Lei annuì.

<< Neithel? >> non poteva ordinarlo senza il suo consenso, ma non poteva chiederlo esplicitamente o avrebbe dato l'impressione a quelle straniere di non essere in grado di decidere da solo.

<< E se si facesse del male per costringerti a tenere le altre? >> la domanda di suo cugino era sembrata quasi un'accusa, ma Tarìc si aspettava un comportamento del genere da lui.

Per questo aveva richiesto il suo parere senza staccare gli occhi dalla ragazza accanto al letto di suo zio. La sua reazione a quella domanda lo convinse a lasciarla fare.

Probabilmente aveva dato dello stupido a suo cugino col pensiero.

<< Fallo >> le ordinò.

La luce azzurra fece di nuovo la sua comparsa.

Se davvero avesse deciso di concedere a quelle ragazze la possibilità di restare, avrebbe avuto molto da fare con loro.

La mano della ragazza tremava leggermente. Non era stato così con Ismene. Probabilmente era stanca. Se non fosse riuscita a risolvere il problema, Tarìc avrebbe dovuto aspettare che si riprendesse e pregare che suo zio avesse il tempo necessario per aspettarla.

O forse c'erano davvero altre nel loro gruppo con quella capacità.

Avrebbe potuto costringere la Somma Sacerdotessa.

Se comandava non poteva avere meno potere delle sue ragazze, ma qualcosa di quella donna non lo convinceva. Era solo una sensazione, ma non avrebbe mai lasciato suo zio nelle mani di quella donna.

Decise di ingannare l'attesa cercando di capire qualcosa di più di quella situazione << Cosa succede se la ragazza finisce le forze? >> chiese alle altre.

<< Selyan si ritroverà al cospetto della Dea >> rispose Dalia.

Tarìc rimase sbalordito dalla sua freddezza  << Voi non potete fare niente per aiutarla? >> chiese alle due.

La risposta arrivò da Keira questa volta << Non avere rispetto dei limiti che la Dea ci impone vuol dire non avere rispetto di Lei. Aiutare Selyan vorrebbe dire tradire la Dea, maestà. Fermarla prima che rischiasse così tanto era tutto quello che mia zia poteva fare per aiutarla >>

E la Somma Sacerdotessa, al vedersi offrire la possibilità di apparire virtuosa e innocente quando, Tarìc era certo, i suoi intenti non erano quelli << Ha ragione! Sta spremendo le mie ragazze! Presentazioni, duelli e sacerdoti da guarire... avevamo chiesto solo il vostro aiuto e voi ci avete prese per schiave! >> gli urlò senza pudore.

Fu la prima volta da quando erano in quella stanza che sentì Tanet parlare  << Badate a come parlate al Re! Se venite a chiedere aiuto, il minimo che potete fare è mostrarvi educata >>

Chiaro, minaccioso, arrabbiato come non mai, ma comunque rispettoso verso le alte cariche.

Tarìc sapeva che Tanet non sopportava quella donna. Lo vedeva da come non la perdeva di vista un solo istante.

La luce azzurra era ancora lì, non era cambiata, ma la mano della ragazza adesso tremava molto di più e, sul suo viso, il re poteva vedere l'enorme sforzo che stava facendo per salvare suo zio.

Si ritrovò seriamente a pensare di fermarla, ma vide Neithel avvicinarsi.

Al minimo segnale di cedimento sarebbe intervenuto lui.

Pochi istanti dopo, la luce si spense del tutto e Selyan si spostò ansimante pronunciando una parola incomprensibile in quella che doveva essere la sua lingua. Probabilmente un’imprecazione, data la loro maleducazione.

<< Tutto bene? >> le chiese Dalia posandole una mano sulla spalla.

Lei annuì e un attimo era a terra priva di sensi.

Tutta la rabbia che Tarìc aveva represso per il loro comportamento inappropriato e la loro irruenza, ebbe la meglio su di lui << Come ti sei permessa!? >>urlò in tono minaccioso contro Dalia.

<< Sapeva che non ero d’accordo con quello che stava facendo. Non vi serviva più e non avevo intenzione di sopportare oltre la sua arroganza. Si riprenderà >>

La donna non sembrava affatto dispiaciuta di quello che aveva fatto, anzi, credeva di convincerlo che aveva fatto la cosa giusta, ma lui ormai aveva perso la pazienza e quelle parole non fecero che peggiorare la situazione.

<< Non mi interessano le tue motivazioni. Qui siamo nella mia terra con le mie leggi e tu non hai alcun diritto di impedirmi di parlare con qualcuno. Sono stato abbastanza chiaro?>>

Dalia alle parole del re assunse un aria offesa. Dalla sua bassa statura gonfiò il petto, gettò indietro la lunga treccia di capelli bianchi che aveva su una spalla e puntò un dito contro il suo petto urlando << Giovanotto- >>

Ma non ebbe neanche il tempo di pensare la parola successiva che Tanet era già intervenuto inchiodandola al muro con una spada puntata alla gola << Non ti permettere mai più di avvicinarti al re! Appena ti ho vista ho capito che avevi un comportamento sbagliato nei suoi riguardi. Ho lasciato perdere le risposte poco garbate, ma non devi permetterti per nessun motivo di toccarlo! Mi hai capito? >>

Dalia pigolò un lieve  << Ma... >> e Tarìc vide i muscoli del braccio di Tanet tendersi in modo allarmante, probabilmente nello sforzo di trattenersi dallo sgozzarla << Fa' silenzio! Se sei ancora viva devi ringraziare solo il nostro Dio che ha stabilito che l'ospite è sacro o ti avrei già ucciso >>

<< Lasciala andare, Tanet. Sono certo che abbia capito >>

Il suo comandante obbedì infoderando la spada e si allontanò << Voglio che tu sappia una cosa, donna: se il re chiederà il Consiglio di Corte per decidere cosa fare di voi, io sarò presente, e farò di tutto per non farti restare. Non mi piaci tu, non mi piacciono i tuoi modi e non mi piace come ti rivolgi al re. E adesso, vedi di comportarti come si deve >>

Tanet era stato sufficientemente chiaro perché lui non avesse altro da aggiungere se non il suo ordine successivo

<< Tanet : Olen non è ancora rientrato ma non credo che avrà dei problemi ad ospitare la ragazza che ha salvato sua moglie, falla portare nelle sue stanze. Per stanotte si ferma qui dal momento che non ho intenzione di mandare nessuno dei miei uomini sulla loro nave >>

<< Sì, mio Re >> rispose inchinandosi.

<< Quanto a voi >> riprese voltandosi verso le due straniere  << non voglio vedervi qui prima dell’alba. In quel momento sarete rese partecipi della mia decisione >>

Quando le due uscirono alla stanza il re si sedette e Tanet prese in braccio la ragazza borbottando. Il comandante non avrebbe certo sprecato l’occasione di farsi grande con lei al suo risveglio. Era un inguaribile donnaiolo, non c’era niente che il re potesse dire per fermarlo e non ne aveva neanche voglia. Se ci teneva a portarla, che lo facesse

<< Comunque i modi di quella donna non mi piacciono >> aggiunse di nuovo prima di sparire dalla stanza

Il re sospirò << Non ha tutti i torti. Potrebbero diventare un problema >>

<< Se diventassero un problema, potresti sempre sbatterle fuori dal regno o farle rinchiudere nella più buia delle prigioni. L’ospite è sacro solo finchè non arreca danno o offese al padrone di casa. Neanche Dio potrebbe arrabbiarsi con te se rinchiudessi la vecchia dopo il modo in cui ti ha trattato oggi >> lo informò Neithel.

Lui annuì e lo congedò.

Sapere che Ismene stava bene e che Aaren sarebbe guarito lo aveva tranquillizzato non poco, ma non voleva che la gratitudine per quello che aveva fatto quella ragazza lo spingesse davvero ad accettarle affrettatamente. Per quello si era preso il resto del giorno e l’intera notte per pensarci.

Dio le aveva mandate nel suo regno e lui non era nessuno per disdegnare i doni di Dio Onnipotente. Quelle ragazze potevano essere il dono di Dio per sanare il suo regno distrutto o un’ulteriore prova per lui e per la sua gente.

Non poteva saperlo. Poteva solo prendersi una pausa da suoi impegni giornalieri, dirigersi al tempio del Dio Padre della Ragione e pregarlo affinché gli concedesse la Grazia dei giusti ragionamenti o, in alternativa, un segnale inequivocabile che lo aiutasse a fare il bene del suo regno e della sua gente.

 

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-Irmelin-

 

Seduta su un letto che profumava di fiori e pulito come non le capitava da anni, Irmelin si guardava intorno osservando la stanza immensa che era stata preparata per loro dai servi di quel palazzo. Una serva le aveva detto che se avessero avuto bisogno di cibo, non avrebbero dovuto fare altro che chiederlo e un’altra aveva insistito perché accettassero delle tuniche pulite per dormire. Gli ultimi anni di guerre, carestie e viaggi in nave, le avevano fatto dimenticare cosa fossero l’ospitalità e il benessere.

Si sentiva quasi a disagio in quella stanza così grande dedicata solo a loro. A disagio ma felice.

Tutte le sacerdotesse del loro ordine erano tornate alla nave, lei e Elydet non avevano avuto la minima intenzione di lasciare Selyan da sola e avevano trovato il modo di farle compagnia.

Sorrise da sola alla fioca luce della candela. Loro erano sempre quelle che sfuggivano al controllo di Dalia.

Era bastato che la Somma Stupida e sua nipote varcassero da sole le grandi porte perché lei cominciasse a urlare contro di loro facendo accorrere le guardie reali.

<< Io devo sapere come sta Selyan, non mi potete fermare! >> aveva urlato Irmelin, infischiandosene del fatto che si stava rivolgendo ad un soldato del re.

<< Il re ha ordinato di rimandarvi alla vostra nave >> le aveva risposto l'uomo in un tono così fermo e minaccioso che avrebbe intimorito anche un fuorilegge, ma che non era servito a niente né contro di lei, né contro Elydet che si era intromessa urlando << A me non interessa! Mia sorella è nel vostro palazzo e io devo sapere come sta! Non mi importa se il re non è d'accordo, io devo entrare! Chiaro?! >>

Poi aveva perso il senso degli eventi, ricordava solo che qualcuno la teneva per le braccia e che il re in persona era davanti a lei ad ordinare che la lasciassero entrare insieme a Elydet. Irmelin  andava fiera di quello che aveva ottenuto. Soprattutto del morbido letto sotto di lei.

Elydet aveva farfugliato qualcosa sull'andare a cercare il re per sapere cosa avesse deciso, ed era sparita. Lei non si sarebbe mossa da lì per tutto l’oro del mondo.

Le avevano detto che la sua amica aveva guarito due importanti funzionari della corte reale e che per colpa della tiranna di Dalia dopo aveva perso i sensi.

A lei era bastato mettere piede in quella stanza e vederla dormire completamente arrotolata nelle coperte per capire quale fosse il suo problema.

Selyan era arrivata allo stremo delle forze per l'ennesima volta e alla fine era crollata.

<< Perché la Dea non mi ha voluta, Irmelin? Cosa posso aver fatto per offenderla così tanto da non volermi portare via? >>

La domanda che Selyan le aveva fatto uno dei tanti giorni di viaggio le rimbombava nella testa ogni volta che la vedeva stare male e le faceva venire i brividi addosso.

Si era arrabbiata per quella domanda. Le aveva urlato contro per ore e non le aveva rivolto la parola fino alla mattina successiva, ma Selyan non aveva reagito neanche alla sua rabbia. Era rimasta a guardare il mare tutto il giorno, non si era presentata a cena e, per quanto Irmelin fosse rimasta sveglia ad ascoltare il suo respiro, non l'aveva mai sentita dormire quella notte.

La mattina seguente l’aveva vista buttarsi a capofitto nei libri e negli esercizi con la pietra e, al vederla così, aveva pensato che avesse finalmente trovato il modo di reagire e che lo studio fosse diventato la sua nuova ragione di vita. Poi si era resa conto di aver sbagliato.

Elydet era sempre stata fermamente convinta del fatto che Selyan volesse migliorarsi a tutti i costi per il suo egocentrismo, Irmelin aveva sempre avuto paura di ammettere che la sua amica stava cercando di suicidarsi violando la prima regola delle sacerdotesse arrivando a superare i limiti concessi dalla Dea.

Quel pomeriggio, per colpa dei sommi stranieri, ci aveva provato di nuovo.

Sospirò e prese a rigirarsi la sua pietra tra le mani.

Erano successe così tante cose prima della loro partenza che  neanche i lunghi mesi di viaggio erano bastati ad allontanarle dai ricordi.

Lei stessa si obbligava a pensare ad altro, a buttarsi nelle sue giornate lasciando fuori il resto. Però era difficile. A volte, quasi impossibile.

Odiava Selyan quando si rendeva conto che non voleva andare avanti, ma capiva che non poteva riuscirci. Non ancora.

Forse, solo quella Dea che pregavano ogni giorno poteva sapere cosa avrebbe dovuto fare per aiutare la sua amica, ma non era sicura neanche di questo.

Se la Dea aveva tra le sue beate mani una soluzione per aiutarle dopo quello che avevano passato e non voleva offrirla né a lei, né Selyan, né a Elydet, che razza di Dea era?

Perché si accaniva tanto contro le sue stesse sacerdotesse?

Era stanca di quella Dea, era stanca di quell'ordine ed era stanca di non poter vivere una vita tranquilla.

Avrebbe tanto voluto tornare dai suoi genitori, sempre che fossero ancora vivi.

Odiava non sapere cosa era successo dopo la loro partenza.

Quando Selyan si era buttata nei libri sulla nave, per un breve periodo aveva cercato di fare lo stesso per imparare a evocare le visioni dei posti lontani. Voleva vedere casa sua.

Non era mai riuscita ad evocare nulla. Sapeva che da sola non sapeva gestire il suo potere, aveva sempre avuto bisogno di Selyan per imparare qualcosa e lei, in quei giorni era la persona meno adatta a sentir nominare la loro terra.

Elydet aveva provato un giorno a chiederle di cercare una visione di sua madre in uno specchio d'acqua. Avevano litigato di brutto dopo il rifiuto di Selyan e quella notte Irmelin aveva sentito la sua amica piangere per ore.

Quello tra Selyan ed Elydet era un rapporto strano almeno quanto era strano il loro modo di essere sorelle. Erano entrambe figlie del generale dell'esercito, ma non avevano avuto la stessa madre. Elydet era cresciuta da nobile con sua madre, frequentando il palazzo reale e le alte cariche della loro gente, Selyan era stata adottata da una famiglia di contadini e non aveva lasciato i campi se non per entrare al tempio. Erano profondamente diverse. La piccola era sempre stata composta, educata e  pensava da nobile, Selyan era cresciuta con lei giocando nei prati.

Irmelin scosse la testa. Doveva lasciare subito quei ricordi, non poteva permetterseli.

Quello che doveva tenere a mente ora era che Selyan aveva costantemente bisogno di essere controllata e Elydet non sembrava riuscirci.

Forse era ancora troppo piccola per capire sua sorella o forse non aveva vissuto tutto quello che avevano vissuto loro.

Lei aveva solo voglia di ricominciare e quel paese devastato doveva essere la sua nuova possibilità.

Quando aveva visto il panorama dall’alto della collina, aveva sentito il mondo crollarle addosso. Aveva pensato che un re con un regno in quella situazione e un po' di cervello in zucca non avrebbe mai accettato una come Dalia.

In quel momento, però, in quel palazzo e senza nessuna preoccupazione, Irmelin vide le cose da un’altra prospettiva: il regno a pezzi  a prima vista non aveva più niente da offrire, eppure Elydet si era già presa la prima cotta, assurda perché si era innamorata del re in persona, ma forte al punto di farla girare per il castello senza una meta in piena notte sperando di incontrarlo e lei si era appena sentita dire che poteva permettersi tutto il lusso che voleva.

Forse la disgrazia che li aveva colpiti non li aveva resi poveri né messi nei guai.

E poi anche Selyan era distrutta, se c'era speranza per la sua amica, allora poteva averne anche per quel regno.

Senza contare la strana sensazione che sentiva dentro di lei da quando era entrata in quella stanza.

Era la stessa sensazione che si aveva quando andava in cerca di un vestito e capiva di averlo trovato appena lo vedeva.

Sapeva che sarebbe tornata altre volte in quella stanza, anche se non ne capiva il motivo. Lei non era mai stata brava con le visioni, neanche quando le cercava, figurarsi quelle spontanee.

Eppure era certa di quella sensazione: sarebbe tornata lì e non avrebbe rivisto il mare.

Rise di nuovo a quel suo pensiero. Chissà come le era venuta un'idea simile.

<< Dormi quanto ti pare, Sel. Se ho di nuovo ragione, resteremo qui per parecchio tempo >> disse alla sua amica ancora addormentata prima di poggiare le spalle al muro, afferrare la mela più profumata che avesse mai mangiato dal vassoio stracolmo lasciato per loro dalle serve del re e sistemarsi comoda in attesa di Elydet.

In quel regno, la loro vita sarebbe cambiata in meglio. Non aveva dubbi.

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-Elydet-

 

Elydet era uscita dalla stanza della nobile che le ospitava senza avere neanche una vaga idea di dove cercare il sovrano, ma con la ferma convinzione di volerlo incontrare a tutti i costi.

La Somma Dalia quella mattina aveva detto che il re era giovane, ma mai se lo sarebbe immaginato così tanto giovane e, soprattutto, poi mai se lo sarebbe immaginato così bello!

Da quando era entrata nell’ordine della Dea, aveva passato molto del suo tempo libero con Irmelin e aveva imparato a sopportare i suoi commenti sui ragazzi.

Perfino nei tempi più bui della loro isola, un giorno in cui il generale del loro esercito aveva dato ordine che tutte le donne e le persone che non potevano combattere restassero barricate nelle mura del tempio, aveva sentito Irmelin commentare la bellezza di uno degli arcieri appostati sui loro torrioni.

Ricordava anche quando, prima che la loro rovina avesse inizio, che c’era stato un periodo in cui lei stessa aveva preso la sciocca abitudine di guardarsi intorno mentre camminava cercando qualche bell’uomo per indicarlo alla sua amica.

Non era mai stato il suo passatempo preferito, ma adesso si rendeva conto di avere acquisito l’esperienza necessaria per affermare che non aveva mai visto un uomo più bello del re.

Non aveva mai visto occhi più verdi di quelli.

Suo padre aveva gli occhi verdi, ma erano di un verde cupo, quasi marroni; sua sorella li aveva verdi ma non erano neanche lontanamente paragonabili a quelli. Era un verde intenso, quasi come gli smeraldi che aveva visto più volte nelle collane di sua madre.

Forse risultavano così per il contrasto con la sua pelle abbronzata, o per i suoi capelli del colore del miele più scuro. Perfetto.

Voleva a tutti i costi rivederlo, voleva parlargli, voleva sapere se, oltre alla bellezza, aveva anche la gentilezza e quindi le avrebbe ospitate. Voleva sapere tutto di lui e doveva trovarlo a tutti i costi!

Con suo grande disappunto, si rese conto che non conosceva affatto quel palazzo e non poteva neanche immaginare di cercare qualcuno lì dentro.

L'unico posto in cui era in grado di arrivare era il cortile dove era stata quel pomeriggio con le altre, perciò decise di iniziare da lì la sua ricerca sperando di avere fortuna. Non aveva alternative.

Quando scoprì che il giardino era completamente deserto e si dette della stupida.

Cosa poteva fare il re nel giardino al buio?

<< Cosa ci fai qui? >>

La domanda improvvisa di quella voce sconosciuta la fece sobbalzare per lo spavento, ma decise di  fingere di non aver sentito. Doveva guadagnare tempo per inventare una frottola credibile

<< Ragazza, rispondi al re! >> la sgridò un’altra voce.

Al re? Sentì il sangue gelarsi nelle vene. Il Divinissimo e Stupendissimo Sovrano le aveva rivolto una domanda e lei non solo non gli aveva risposto, non aveva neanche capito che era stato lui a parlarle? Accidenti!

Si voltò di scatto perdendosi nei suoi meravigliosi occhi e immediatamente si sentì arrossire.

Non poteva comportarsi così!

<< Io... vi stavo cercando per... sapere... cosa avete deciso di noi >> balbettò imbarazzata.

Lo sentì congedare l’altro uomo che era con lui. Voleva restare davvero solo con lei?

La Dea le stava facendo un regalo enorme quella sera, forse per farsi perdonare per averle fatto fare quel viaggio assurdo dall’altra parte del mondo.

<< Starete qui per un breve periodo, domani vi sarà spiegato tutto >> la informò con una gentilezza che non aveva mai sentito nella voce di un sovrano.

Era una creatura meravigliosa!

Non sapeva più cosa dire, e non era certa che il suo cervello fosse in grado di formulare una frase sensata in quelle condizioni, perciò si limitò ad annuire.

<< Posso sapere il tuo nome? >> le chiese il re.

 Era stata così ansiosa di parlare con lui che non aveva pensato alle buone maniere e non  si era neanche presentata. Prima non lo aveva riconosciuto e poi aveva dimenticato l’educazione.

Non avrebbe potuto sprecare il regalo della Dea in un modo peggiore!

<< Vi chiedo perdono, Vostra Altezza. Il mio nome è Elydet e sono la sorella minore di Selyan >> disse con un inchino.

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<< No, non vi sbagliate. Il mio, però, è legato al fuoco >> rispose orgogliosa.

Nessun'altra delle sue compagne aveva lo stesso potere perché era molto raro e lei era sempre andata fiera del suo elemento. Si chiese se il re lo avrebbe trovato anche solo minimamente accettabile, visti i grandi poteri che aveva nella sua terra.

<< Mi piacerebbe davvero vedere cosa sai fare >> esordì il re con sincera curiosità.

Se me lo dici così, posso dare fuoco anche a Selyan! ” pensò Elydet.

<< Se volete, posso farvi vedere qualcosa anche adesso >> propose emozionata all'idea di fargli vedere di cosa era capace.

<< Oh no, tranquilla, ne avrai tutto il tempo domani, fidati. E poi sarai in pensiero per tua sorella. Come sta? >>

 Certo che si fidava! Sarebbe saltata giù dal muro più alto del palazzo per una sua parola.

<< Stava ancora dormendo quando sono uscita, ma si riprenderà di sicuro. Ha solo esaurito le sue forze fisiche, non quelle magiche. Lo fa molto più spesso di quanto dovrebbe e si riprenderà benissimo anche questa volta >>

<< Mi dispiace. Forse le ho chiesto troppo >>

La sorpresa al sentire quelle parole, la spinse a alzare gli occhi da terra ignorando le regole della buone educazione. Perché mai un re avrebbe dovuto dispiacersi per una sconosciuta?

Per di più il suo viso sembrava davvero preoccupato, non lo aveva detto solo per educazione.

E, a pensarci bene, non avrebbe neanche dovuto mostrarsi educato con lei.

Era un re e i re ordinano e fanno quello che vogliono, senza bisogno di essere educati con le sacerdotesse in apprendistato, oltretutto straniere.

Era la perfezione fatta persona ed era così bello che sarebbe rimasta volentieri a vivere lì in eterno se le avesse accettate, anche solo per vederlo ogni tanto.

<< Non dispiacetevi. Mia sorella esagera sempre , ma sa benissimo quando è il caso di fermarsi. Domani starà bene >>

<< Bene. Adesso, scusami, ma devo andare >>

Elydet si inchinò prontamente << Certo, Altezza. Perdonatemi se vi ho fatto perdere tempo >>

La sua fortuna era durata poco quella sera. Si concesse un’ultima occhiata al re prima che fosse troppo tardi e lo vide ancora fermo davanti a lei. Il suo cuore mancò un battito.

<< Non scusarti, mi ha fatto piacere conoscerti >>

Il sovrano si incamminò verso una destinazione che avrebbe tanto voluto conoscere.

Sapeva che le gambe non l’avrebbero retta oltre dopo tutte le emozioni di quella sera e si sedette sul muretto che costeggiava il giardino guardando la reale e perfetta schiena mentre si allontanava

“ Sapessi il piacere che ha fatto a me... ”

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