-Selyan-
Doveva essere solo
una presentazione, una cosa da nulla. Doveva lasciare Keira al centro
dell'attenzione e non farsi notare e invece era riuscita ad attirare le
attenzioni su di sé.
Maledizione!
E Keira avrebbe
sicuramente combinato qualche disastro.
Era certa che quella
ragazza avesse qualche capacità, ma la sua ambizione la spingeva più a mettersi
in mostra che a pensare quando faceva qualcosa.
In più non riusciva a
capire né per quale motivo il re non avesse permesso al comandante delle guardie
di andare via, né perché lui avesse obbedito a tale ordine senza lasciare le
spade.
Aveva davvero paura
che potessero attaccarlo?
Il
sovrano si fermò davanti a una porta e subito ne uscì quello che aveva tutta
l’aria di essere un guaritore di mezza età, con la mano al petto e la schiena
piegata in un inchino al re
<<
Non ci sono cambiamenti, Altezza. Non so per quanto resisteranno >>
Il
re annuì e si rivolse a Dalia minaccioso << Voglio solo un parere sulle
loro condizioni. Ricordatevelo >>
La stanza era grande
e illuminata da un'ampia finestra e i raggi del sole si posavano su un letto
dove era sdraiata una donna profondamente addormentata. Aveva i capelli
ingrigiti dal tempo, ma il viso non era quello di una persona anziana. Doveva
avere quasi cinquant’anni o poco più.
Il re non aveva
anticipato niente delle sue condizioni, sapeva solo che il suo sonno non era
una cosa normale.
Eppure
lei non sembrava disidratata e non aveva segni evidenti di una persona che
dorme da troppo tempo.
<<
Da quanto- >>
<<
Stai zitta e torna al tuo posto >> la interruppe Dalia imperiosa <<
Non voglio che la tua goffaggine arrechi danni a questa povera donna. Keira,
cara, dimostra cosa siamo in grado di fare a queste persone>>
Queste
persone?
Selyan
non fu sorpresa di vedere il comandante delle guardie storcere la bocca
disgustato. Quella donna non aveva ancora capito che il mondo era diverso dalla
loro piccola isola e che non tutti erano ai suoi piedi.
<<
Ricordati i miei avvertimenti, donna>> le avvertì di nuovo il re
Keira
attivò la sua pietra, la sua mano si circondò di un debole alone di luce rossastra
e, appena sfiorò la donna, cominciò a urlare spaventata
<< Cos’è
successo? >> chiese Dalia in preda al panico << Selyan, guariscila!
>>
Una bruciatura sulla
punta di un dito. Era per quello che urlava come una a cui era appena stata tagliata
una mano?
Lei
sapeva già che guarirla le avrebbe causato una lite furibonda con Irmelin, ma
obbedì a Dalia. Staccare un dito alla stupida
oca al cospetto del re non era una grande idea se volevano restare.
<<
Perché non lo hai fatto tu e hai chiamato lei per guarirla? >> chiese il
re a Dalia
<<
Avete detto voi che devono imparare loro e non io. Era solo un modo per darvi
un'ulteriore dimostrazione del potere delle mie ragazze >>
Altra
bugia degna di essere raccontata alla sua amica. Dalia non era capace di curare
le ferite senza lasciare cicatrici e non ne avrebbe mai lasciate sulla sua
adorata nipote. Neanche una stupida chiazza scura sulla punta di un dito.
Keira
si asciugò il viso con una smorfia stizzita << Provaci tu >>
<<
Da quanto è così ? >>
<<
Cinque giorni >>
Le sfiorò una mano.
Non era fredda e non era rigida. Sembrava solo addormentata.
Un
grande bracciale dorato al suo polso attirò la sua attenzione. Non sembrava un comune
gingillo. Era troppo grande e troppo lavorato. Senza contare che il re ne aveva
uno identico.
<<
Quello non è un comune bracciale, vero? >>
Il
re sembrò esitare a risponderle e l’uomo alle sue spalle si intromise per la
prima volta nei loro discorsi <<
Non sei qui per fare domande >>
Scortese, sgarbato e
con una copia esatta di quel bracciale al polso. Non lo aveva notato prima.
L’unica cosa di cui era certa in quel momento era che, se fossero rimaste in
quel regno, Irmelin avrebbe avuto pane per i suoi denti con lui.
Comunque, lei non era
lì per mettersi in mostra e per fare domande, tanto valeva che attivasse il suo
potere. Lasciò che il potere della sua pietra le inondasse le vene e toccò di
nuovo la mano della sconosciuta serva del re.
Il suo mondo divenne
buio per un breve istante, poi riuscì a mettere a fuoco i poteri inutilizzati e
invisibili intorno a lei. C’era il tenue alone evanescente e rossastro di
Keira, più simile a quello di una bambina che di una sacerdotessa della sua
età, il buio della Somma Sacerdotessa che, come tale, aveva la protezione della
Dea sul suo potere ma che, a detta di Irmelin, aveva così poco potere da
risultare invisibile, e due abbaglianti aloni dorati alle sue spalle.
Evidentemente dovevano essere il re e il suo antipatico compare.
Il comandante delle guardie
non aveva altro potere che quello della sua spada a quanto pareva e la donna
sul letto era una questione complicata.
La sua luce non era
dorata come quella del re. Neanche lontanamente. L’intensità era quella del
potere di Keira e il colore era uno strano rosa mai visto prima.
Selyan ripensò
velocemente a quello che aveva imparato negli anni riguardo a quella capacità che
aveva tenuto nascosta a Dalia fino a quel momento ma che in realtà aveva sempre
avuto.
La terra appariva marrone
scuro, il vento era grigio, il fuoco rosso intenso, l’acqua azzurra, il potere
delle piante verde… aveva visto diversi colori in
vita sua, ma quello mai.
Certo, anche l’oro
del re era nuovo per lei, ma se il re era dorato e il suo scorbutico aiutante
con lo stesso bracciale aveva lo stesso colore, tutto lasciava pensare che
anche quella donna dovesse avere un potere dorato. Che senso aveva quello
stupido rosa scuro e sbiadito?
Non lottava neanche
contro di lei. Avrebbe potuto ucciderla senza sforzo se avesse voluto.
Selyan
abbandonò quel tipo di visione, tornò al mondo reale e si strofinò la fronte
per la confusione. Doveva trovare il modo di capirci qualcosa se voleva restare
in quel regno!
<<
Mi dispiace, altezza >> si intromise Dalia << Selyan è solo una
sacerdotessa alle prime armi e io non dispongo del mio pieno potere al momento
perché ho forzato le correnti che spingevano la nostra nave per troppo tempo.
Appena mi sarò ripresa potrò aiutare questa donna con il potere della Dea
>>
Il re non rispose,
doveva aver capito che Dalia stava solo cercando di guadagnare tempo in quella
terra.
Lei però capì
qualcosa di diverso in quel momento. Non osava crederci, non osava neanche
pensarlo eppure… Il viola era il potere della pietra del tempio dell’isola. Un
viola intenso come quello delle pietre d’ametista più scure. Era il potere
della Dea concesso solo alle somme sacerdotesse nel rito più importante della
loro religione. Cosa succedeva se un viola del genere veniva sovrapposto a un
oro come quello della corte di quel posto?
Era
una blasfemia, ma dopo quello che aveva visto succedere alla loro isola, Selyan
non credeva più che ci fosse un limite alle crudeltà o alle assurdità
<<
Sembra che qualcuno o qualcosa la tenga prigioniera del suo sonno. È possibile? >> chiese al re senza neanche fissare
a terra. Non le importava un accidenti del decoro visto quello che stava
pensando.
Lui
sembrò scettico << I miei più esperti sacerdoti non hanno trovato nessuna
costrizione da parte di altri >>
Non poteva mettersi a
parlare con lui dei colori, l’avrebbe presa per pazza e Dalia non le avrebbe
permesso di rivedere la luce del sole se avesse capito da quanto tempo la imbrogliava
nascondendole quel dono. Glielo aveva appena sbattuto in faccia, certo, ma era
certa che la Somma Idiota avesse solo
pensato che stava perdendo tempo.
Il viola era il
potere del tempio. Questa era una cosa certa.
A meno che non
esistesse qualcosa o qualcuno con lo stesso colore in giro per il mondo.
Non sapeva neanche
che esistesse l’oro finchè non lo aveva visto nel re di quel posto, perché
escludere l’esistenza di un altro popolo da qualche sperduta parte che avesse
ricevuto in dono dalla Dea lo stesso potere? Era possibile…
Ed era possibile che
questo qualcuno non avesse niente a che fare con Dalia.
Se era così poteva
permettersi di aiutare il re.
Selyan sospirò
confusa. Aiutare quella donna voleva dire dare una buona possibilità alle sue
sorelle di trovare una casa in quel regno e allo stesso tempo poteva essere la
sua condanna.
Lei non era
importante. Le sue sorelle sì.
La sua vita non
valeva quanto una possibilità in più per una loro vita decente in quel posto.
<<
Non voglio apparire presuntuosa, ma credo di poterla aiutare >> dichiarò
decisa.
<<
Credi? >> chiese il re scettico.
<<
Sono sicura di poter fare qualcosa >> si corresse.
<< Non posso permetterlo >>
Poteva
capire la sua posizione. Chi mai avrebbe lasciato un membro della corte reale
in mano a una sconosciuta che non appariva neanche troppo sicura di quello che
faceva? Lei, al posto suo, non avrebbe lasciato una sua collaboratrice neanche
nelle mani della più decisa e sicura straniera in circolazione. Non avrebbe
lasciato proprio nessuno nelle mani di nessuno, vista la scarsa fiducia che
aveva sempre avuto nel prossimo, ma quel re doveva
essere diverso da lei e doveva
fidarsi di lei. Doveva trovare il modo di convincerlo. Per cosa lei avrebbe
acconsentito a lasciar avvicinare una sconosciuta?
<<
Neanche se io vi dessi la mia parola che, qualunque cosa dovesse accadere, le
sue condizioni rimarrebbero immutate? >> azzardò.
<<
Come faccio a fidarmi della tua parola? >>
Non
era uno stupido e lei aveva esaurito le sue idee. Keira e Dalia non sembravano
avere intenzione di intervenire. Poté solo allargare le braccia in segno di
resa e scuotere la testa
<<
Capisco la vostra posizione e non posso darvi torto. Non ho modo di convincervi
a fidarvi di me, maestà >>
Vide
il re alzare lo sguardo verso i suoi accompagnatori e poi sentì arrivare la
possibilità che credeva di aver perso, anche se sotto una forma
inaspettatamente minacciosa
<<
Se peggiorerai le sue condizioni, tu e tutte le tue compagne sarete giustiziate
>>
<<
Selyan, non te lo permetto! >> irruppe la Somma Sacerdotessa.
<<
Ma, Potente Madre, questa donna sta rischiando- >>
<<
Non mi importa. Non puoi metterci tutte in pericolo, sei troppo sbadata per un
compito del genere, la uccideresti per sbaglio >>
<<
Non è vero! >> protestò offesa.
<<
Non contraddirmi! >> la sgridò Dalia.
Agli inferi la
decenza, l’educazione e anche la paura delle conseguenze del suo gesto!
Quella donna poteva
essere salvata e stava morendo perché il re non aveva coraggio di tentare.
Selyan non aveva
intenzione di arrendersi.
Dopo la guerra che
aveva appena vissuto, dopo tutte le morti che pesavano sulla sua coscienza,
poteva finalmente avere la possibilità di salvare una vita, dopo tante
disgrazie poteva fare qualcosa di buono e, dannazione, l’avrebbe fatto!
Non
aveva certo paura di insistere con il re di quel posto
Vostra Maestà, questa donna può essere
salvata. Vi prego non impeditemelo >>
Fu
il soldato a porle una domanda questa volta
<< Perché ti stai dando tanta pena per una sconosciuta, ragazza? >>
La
spiazzò. In quel regno la vita delle persone contava così poco che chiunque
poteva stare tranquillamente con le mani in mano a guardare morire qualcun
altro senza rimorsi? In che razza di regno stava cercando di far ospitare le
sue sorelle?
<< Vi prego,
perdonate la mia sfacciataggine, ma non mi sembra una domanda sensata. È una vita, è una persona, avrà una famiglia, delle
persone che le vogliono bene e aspettano il suo risveglio. Dovrei lasciar
perdere solo perché non la conosco? Sarei un mostro. Morirà tra pochi giorni se
nessuno riuscirà ad aiutarla >>
Prima
che Dalia o qualcun altro potesse intromettersi di nuovo, si rivolse al re
direttamente << Posso farcela >> gli assicurò con tutta la
convinzione di cui era capace.
Selyan pregava
ardentemente che quell’uomo capisse che poteva salvarla.
Aveva bisogno di
salvare quella donna. Voleva sapere che, da qualche parte, qualcuno avrebbe
gioito del suo ritorno, che qualcuno non avrebbe dovuto soffrire quel dolore
che lei ancora non riusciva a sopportare.
Dalia
e Keira la fulminarono con lo sguardo, ma non osarono fermarla. Avrebbero solo
decretato il loro esilio ritirando la parola che lei aveva dato al re e,
all’improvviso, arrivò la parola che credeva di non sentire mai
<<
Fallo >>
Istintivamente
sorrise e ringraziò il sovrano, poi si voltò verso la donna e la avvolse in un
alone di luce azzurra, troppo grande per tranquillizzare Dalia e Keira, ma
necessario per quello che doveva fare. Che la torturassero pure, non avrebbe
perso quell'occasione.
Doveva solo essere
più forte di chiunque stesse imprigionando quella donna.
Non era impossibile. Non
per lei.
Dalia l’avrebbe
impiccata, forse o le sue compagne l’avrebbero lapidata.
Pazienza. Quella
donna sarebbe tornata a casa.
La costrizione non
lottava neanche contro di lei. Era solo uno stupido sortilegio lasciato lì
perché si nutrisse delle forze vitali della sua vittima per mantenersi attivo.
Per questo non si svegliava: le sue forze non le appartenevano più.
Non fu difficile mantenere
la parola che aveva dato al re. Faticoso, forse, ma non difficile.
Doveva solo sperare
di non aver creato sbalzi di potere tali da renderla stupida a vita.
*Dea,
non puoi farmi anche questo!*
<<
Potete provare a svegliarla? >> chiese << Non conosco il suo nome >>
Capì
che il sovrano doveva tenere molto a quella donna perché si fece avanti lui
stesso e la scosse leggermente per le spalle << Ismene? Riesci a
sentirmi? >>
Selyan vide lo
stupore del re mentre la donna apriva lentamente gli occhi.
Ce l'aveva fatta. Avrebbe
pagato caro il suo gesto, ma non le importava.
Nessuno
avrebbe potuto toglierle in nessun modo la soddisfazione di aver salvato
qualcuno
<<
Selyan? >>
<<
Sì, Altezza >>
Si
accorse solo in quel momento di avere il fiatone. Non aveva più pensato alla
lotta con le spade. Anche Irmelin e sua sorella l'avrebbero sgridata
pesantemente al suo ritorno.
<<
Puoi controllare un'altra persona? >>
***************************************************************************************
-Tarìc-
Ismene si era
ripresa.
Quella ragazza
sconosciuta era riuscita dove tutti i suoi migliori guaritori avevano fallito.
Poteva davvero
accettare nel suo regno delle persone tanto forti?
Non sapeva niente di
loro, neanche il nome del posto da cui venivano e non aveva modo di essere
totalmente certo della loro onestà. E se si fossero rivoltate contro di loro?
Probabilmente il suo
regno sarebbe stato più sicuro se le avesse mandate via, ma la risposta che
quella ragazza aveva dato a Tanet lo aveva stupito.
Se avevano così a
cuore la vita degli altri, forse non avevano intenzione di mettere su una
rivolta. Purtroppo non le conosceva e non poteva sapere se tutte le altre
avrebbero risposto nello stesso modo alla domanda di Tanet.
Erano troppo potenti
perché lui potesse prendere una decisione con semplicità.
Però Ismene era salva
e aveva dato segno di riconoscerlo, sebbene fosse allo stremo delle forze per i
lunghi giorni passati prigioniera del sortilegio che l'aveva colpita.
Doveva sentirsi in
debito con quelle persone?
Il re aveva l'obbligo
di ospitalità verso i viandanti che gli chiedevano ristoro, ma, come prima
cosa, aveva il dovere di dare tutto quello che poteva al suo popolo, in
particolar modo ai suoi servitori, e quella ragazza era la sua unica speranza
di ridare la salute a suo zio al momento.
La sua coscienza gli
diceva che era una cosa orribile chiederle di guarire anche lui e poi
obbligarle a lasciare il regno e lui voleva salvare il vecchio Aaren, ma non
poteva mettere in pericolo la sua gente più di quanto non avesse già fatto il
terremoto.
Si ritrovò a pensare
che lui era il re e poteva chiedere qualunque cosa senza dover per forza dare
qualcosa in cambio, perciò se avesse voluto, avrebbe potuto pretendere la
guarigione di suo zio e la partenza delle straniere.
Sospirò. Ma il Dio
Onnipotente, Padre della misericordia, sarebbe stato d'accordo?
E la sua coscienza? Forse no.
Guardò Neithel. Anche
lui sembrava immerso nei suoi pensieri.
Era
sempre stato il più fedele dei suoi servitori e anche un buon amico. Se aveva
anche solo una speranza di guarire suo padre, doveva sfruttarla.
<<
Selyan? >>
<<
Sì, Altezza? >>
Aveva il respiro
leggermente affannato, ma la risposta era stata immediata come immediata era
stata la sua cattiva abitudine di guardarlo negli occhi mentre le parlava.
Le donne del suo
popolo non avrebbero mai avuto una tale sfrontatezza e, se avesse dato loro il
permesso di restare, avrebbe dovuto assicurarsi che venissero educate come si
conveniva nel suo regno. Per ora, però, la loro sfacciataggine era quasi una
fortuna.
Lui
era sempre stato abile con le menzogne raccontate a testa bassa e quelle
straniere gli rendevano molto più facile capire cosa pensavano in quel modo.
<<
Puoi controllare un'altra persona? >>
Tarìc vide il suo
viso passare dalla felice soddisfazione allo sconforto subito nascosto dalla
compostezza che una sacerdotessa non dovrebbe mai perdere.
Non poteva permettere ad una persona così
incerta di curare suo zio, e in seguito avrebbe dovuto scusarsi anche con
Ismene per averla lasciata nelle mani di una ragazza così insicura
<<
Vostra Altezza, posso assicurarvi che farò il possibile per aiutarvi. Ve lo
giuro su tutto quello che ho di più caro >>
<<
Adesso basta! >> si intromise urlando la donna che le comandava << State
sfruttando le mie ragazze! Non era negli accordi che le mie sacerdotesse
curassero i vostri feriti. Le state portando allo stremo delle forze per il
vostro piacere, Maestà! >>
<<
Bada a come parli, donna. Il mio non era un ordine >>
Aveva pensato che la
ragazza fosse maleducata a guardarlo in viso, ma, se la donna che le aveva
istruite era così irrispettosa, come potevano le sue ragazze essere educate?
Tarìc era in dubbio
di nuovo.
Aveva trovato il modo
di salvare suo zio e rischiava di farselo sfuggire dalle mani.
Si
sorprese a stringere i pugni e si rilassò immediatamente per riprendere il
controllo di sé. Quella giornata lo stava mettendo veramente alla prova. Tra
decisioni inaspettate, la guarigione di Ismene e la maleducazione di quella che
doveva essere la guida di un gruppo di indisciplinate e potenti straniere, si
stava innervosendo più di quanto lui stesso volesse ammettere.
<<
Vi chiedo perdono, Madre >> si intromise la diretta interessata << Posso
avere il vostro permesso di aiutare il sovrano della terra a cui stiamo
chiedendo ospitalità? >>
Astuta. Messa in quei
termini davanti a tutti, era difficile che la donna le negasse il permesso.
Se uno dei suoi
funzionari avesse fatto una cosa del genere a lui mettendolo in imbarazzo in
quel modo, lo avrebbe spedito a spalare letame nelle stalle per il resto della
sua vita, probabilmente con la lingua tagliata.
Potenti,
indisciplinate e subdole senza rispetto neanche della loro stessa Somma
Sacerdotessa.
Nella mente di Tarìc stava
prendendo forma un'idea pericolosa: e se quella degli insegnamenti fosse stata
davvero solo una scusa male architettata? Forse erano state mandate proprio
dalla persona che aveva colpito Ismene e suo zio perché si guadagnassero la sua
fiducia e poi attaccassero il palazzo dall’interno. Forse si era messo nei
guai.
Poteva rischiare tutto
il suo regno per salvare suo zio?
Poteva.
Doveva. Ma pregò Dio perché lo
assistesse.
<<
Sarai punita per questo, ma hai il mio permesso >> le rispose
indispettita la donna.
Invece di dispiacersi
la ragazza gli era sembrata addirittura felice.
Ma perché? Perché una
sconosciuta doveva avere quella voglia sviscerata di aiutarlo?
E lei, nell'attimo
stesso in cui aveva ricevuto il permesso, aveva alzato gli occhi raggianti di
felicità verso di lui. Un oltraggio vero e proprio. Una sconosciuta che voleva
condividere con lui la sua felicità in quel modo. Vergognoso, certo, ma ancora
una volta, si trovò ad ammettere che quella sua maledetta abitudine gli aveva
semplificato le cose.
Era il sorriso di
qualcuno sinceramente felice di aiutarlo, non di un'opportunista che aveva
raggiunto i suoi scopi.
Tarìc
pregò di nuovo gli Dei e la condusse nelle stanze di suo zio.
<<
Ragazza >> odiava dimenticare i nomi, ma aveva troppi pensieri per la
testa.
<<
Sì, Maestà >>
<<
Voglio che tu valuti la situazione di quest'uomo e poi mi riferisca, con tutta
la sincerità di cui sei capace, quello che pensi. Non mentire e non nascondere
la verità perché me ne accorgerei. Non voglio che tu faccia niente. Se farai
qualunque cosa, finirai sulla forca insieme a tutte le tue compagne, che tu
l'abbia ucciso o che tu l'abbia salvato. Voglio solo che tu controlli le sue
condizioni e me le riferisca, sono stato chiaro? >>
La
vide irrigidirsi a quella precisazione da parte sua << Sì, Vostra Altezza
>>
Almeno avevano timore
delle autorità. O solo delle minacce di morte?
Sapeva solo che non
poteva permettere che succedesse qualcosa a suo zio.
Lei
alzò una mano malferma e poi la ritrasse << Posso? >>
Annuì e l'alone
azzurro che prima aveva avvolto Ismene avvolse suo zio continuando a farlo per
quella che a lui sembrava un eternità.
Cosa diamine stava
facendo? Aveva cercato di spaventarla minacciando di morte tutto il suo ordine,
ma ucciderle non gli avrebbe ridato indietro suo zio in caso di disgrazia.
E avrebbe perso anche
il coraggio di guardare in faccia suo cugino per il resto della vita.
Per
grazia di Dio, vide la luce diminuire la sua intensità fino a fermarsi, ma la
ragazza non parlava
<<
Selyan? >>
Avrebbe ringraziato
Neithel anche per avergli riportato alla memoria quel nome se l'espressione
della sacerdotessa non lo avesse distratto.
Il
suo viso era teso in quella che sembrava rabbia
<< Mi dispiace, Altezza, non posso farcela, io... Posso liberarlo,
quasi sicuramente posso, ma non posso guarirlo >>
<<
Perché? >>
Sapeva
che suo zio Aaren aveva riportato delle ferite gravi, ma voleva sapere quanto
aveva capito quella ragazza toccandolo appena
<<
La ferita alla testa... Non ho assolutamente le forze, né le conoscenze
necessarie per quella. Se anche lo liberassi non si riprenderebbe >>
Quindi,
con il dovuto riposo e le loro istruzioni, quella ragazza sarebbe stata in
grado di sanare le ossa rotte? Era una cosa che andava al di là delle sue
aspettative, ma non poteva farsi vedere stupito.
<<
Quella ferita è stata curata dai miei più capaci guaritori, sapevamo che
avrebbe impiegato tempo per guarire >> ammise lui << Quanto tempo
credi che possa resistere? >>
Lei
non rispose e scosse la testa dispiaciuta.
<<
Ti ho fatto una domanda >> le ricordò.
Nessuno
gli avrebbe mai negato una risposta, non lo avrebbe lasciato fare neanche ad
una ragazza con una parlata a stento comprensibile
<<
Che La Potente Dea fulmini me e le mie sorelle se quella che sto per dirvi non
sarà la verità: penso che sia un uomo di una forza incredibile o non avrebbe
resistito più di un giorno in queste condizioni. Non ho idea di quanto ancora
potrà resistere ma, perdonatemi se sono poco delicata nel dirlo, io non credo
che riuscirà a passare la notte così >>
Qualcosa
di quella risposta lo aveva colpito << Perché hai giurato in quel modo? >>
le chiese.
<<
Ho solo pensato che quelle che stavo per dirvi potevano essere le parole
perfette per chiunque avesse voluto forzarvi la mano per ottenere il permesso
di guarire quest'uomo e convincervi che tenerci con voi potrebbe essere un
grande vantaggio >>
Tarìc
non si aspettava una cosa del genere. Come poteva sapere quello che stava
pensando?
<<
Chiunque lo avrebbe pensato >> precisò lei, quasi scusandosi della sua
affermazione.
Dunque, invece di
conoscere i pensieri altrui, la ragazza conosceva le arti del governo?
Ma Tarìc cominciò a
pensare che forse stava esagerando e le stava sopravvalutando troppo
<<
Non sono così stupido >>
<<
Non avevo intenzione di offendervi in questo modo, Altezza, vi chiedo perdono.
Non volevo che voi riteneste stupida me >> rispose la ragazza
inchinandosi << Se ci fosse un modo per dimostrarvi che sono sincera, lo
sfrutterei. Quest'uomo non ha molto tempo, ma non so quantificarlo e le poche
forze che mi sono rimaste credo che bastino appena per liberarlo dal sortilegio
che gli è stato fatto. Se me lo ordinerete, sarò ben lieta di aiutarvi >>
<<
Puoi farlo? >> le chiese Tarìc.
<< Credo di sì.
Ma non si riprenderà >> lo avvertì di nuovo.
Non aveva bisogno che
quella straniera gli ripetesse di continuo le cose. Credeva di aver a che fare
con uno stupido?
Cercò
di mantenere la calma e rispondere in modo austero << La ferita sarà
tenuta sotto controllo dai migliori guaritori del regno, ma credo non è abbastanza >>
<<
Nel caso in cui non dovessi portare a termine il lavoro, a lui non succederà
niente. Le sue condizioni non peggioreranno e qualcun'altra delle mie compagne
sarà sicuramente in grado di aiutarlo. Probabilmente, non appena avrà ripreso
le forze, la stessa Keira potrà farlo >> disse la ragazza.
<<
Non prendere impegni per le altre! >> si intromise di nuovo la vecchia.
Questa
volta Tarìc la ignorò.
<<
Altezza, vi prometto che questa ragazza sarà punita per la sua maleducazione >>
Sembrava che quella
donna volesse ricordargli per forza, in ogni momento, la sua presenza.
Cominciava
seriamente ad odiarla.
<<
Silenzio! >> impose.
Cosa doveva fare? La
ragazza gli era sembrata sincera. Non gli sembrava una persona capace di
imbrogli tanto elaborati.
Ma
perché sembrava così diversa dalla donna a cui aveva sicuramente giurato
obbedienza? C'erano molte cose che non capiva.
<<
Cosa succederà se le tue forze non saranno sufficienti? >> domandò Tarìc.
<<
A lui non accadrà nulla, ve lo posso assicurare >>
Guardò Neithel, ma
lui sembrava ancora perso nelle sue riflessioni. Sapeva che non si era perso
una sola parola della loro conversazione.
Se avesse avuto qualcosa in contrario, lo
avrebbe detto. Lo conosceva bene.
Lei sembrava
riflettere. La vide alzare lo sguardo sulle altre due donne della sua terra che
però non la guardarono neanche. La vide guardare di nuovo suo zio e poi lui
prima di distogliere in fretta lo sguardo. Era già un inizio.
E
invece lo guardò di nuovo.
<<
Posso farcela, Vostra Altezza >> gli ripeté convinta.
Tarìc
decise che avrebbe sfruttato quella sua abitudine a suo favore << Non puoi permetterti errori >>
le ricordò.
Lei
annuì.
<<
Neithel? >> non poteva ordinarlo senza il suo consenso, ma non poteva
chiederlo esplicitamente o avrebbe dato l'impressione a quelle straniere di non
essere in grado di decidere da solo.
<<
E se si facesse del male per costringerti a tenere le altre? >> la
domanda di suo cugino era sembrata quasi un'accusa, ma Tarìc si aspettava un
comportamento del genere da lui.
Per questo aveva
richiesto il suo parere senza staccare gli occhi dalla ragazza accanto al letto
di suo zio. La sua reazione a quella domanda lo convinse a lasciarla fare.
Probabilmente
aveva dato dello stupido a suo cugino col pensiero.
<<
Fallo >> le ordinò.
La luce azzurra fece
di nuovo la sua comparsa.
Se davvero avesse
deciso di concedere a quelle ragazze la possibilità di restare, avrebbe avuto
molto da fare con loro.
La mano della ragazza
tremava leggermente. Non era stato così con Ismene. Probabilmente era stanca.
Se non fosse riuscita a risolvere il problema, Tarìc avrebbe dovuto aspettare
che si riprendesse e pregare che suo zio avesse il tempo necessario per
aspettarla.
O forse c'erano
davvero altre nel loro gruppo con quella capacità.
Avrebbe potuto
costringere la Somma Sacerdotessa.
Se comandava non
poteva avere meno potere delle sue ragazze, ma qualcosa di quella donna non lo
convinceva. Era solo una sensazione, ma non avrebbe mai lasciato suo zio nelle
mani di quella donna.
Decise
di ingannare l'attesa cercando di capire qualcosa di più di quella situazione
<< Cosa succede se la ragazza finisce le forze? >> chiese alle
altre.
<<
Selyan si ritroverà al cospetto della Dea >> rispose Dalia.
Tarìc
rimase sbalordito dalla sua freddezza
<< Voi non potete fare niente per aiutarla? >> chiese alle
due.
La
risposta arrivò da Keira questa volta << Non avere rispetto dei limiti
che la Dea ci impone vuol dire non avere rispetto di Lei. Aiutare Selyan
vorrebbe dire tradire la Dea, maestà. Fermarla prima che rischiasse così tanto
era tutto quello che mia zia poteva fare per aiutarla >>
E
la Somma Sacerdotessa, al vedersi offrire la possibilità di apparire virtuosa e
innocente quando, Tarìc era certo, i suoi intenti non erano quelli << Ha
ragione! Sta spremendo le mie ragazze! Presentazioni, duelli e sacerdoti da
guarire... avevamo chiesto solo il vostro aiuto e voi ci avete prese per
schiave! >> gli urlò senza pudore.
Fu
la prima volta da quando erano in quella stanza che sentì Tanet parlare << Badate a come parlate al Re! Se
venite a chiedere aiuto, il minimo che potete fare è mostrarvi educata >>
Chiaro, minaccioso,
arrabbiato come non mai, ma comunque rispettoso verso le alte cariche.
Tarìc sapeva che
Tanet non sopportava quella donna. Lo vedeva da come non la perdeva di vista un
solo istante.
La luce azzurra era
ancora lì, non era cambiata, ma la mano della ragazza adesso tremava molto di
più e, sul suo viso, il re poteva vedere l'enorme sforzo che stava facendo per
salvare suo zio.
Si ritrovò seriamente
a pensare di fermarla, ma vide Neithel avvicinarsi.
Al minimo segnale di
cedimento sarebbe intervenuto lui.
Pochi
istanti dopo, la luce si spense del tutto e Selyan si spostò ansimante pronunciando
una parola incomprensibile in quella che doveva essere la sua lingua. Probabilmente
un’imprecazione, data la loro maleducazione.
<<
Tutto bene? >> le chiese Dalia posandole una mano sulla spalla.
Lei annuì e un attimo
era a terra priva di sensi.
Tutta
la rabbia che Tarìc aveva represso per il loro comportamento inappropriato e la
loro irruenza, ebbe la meglio su di lui << Come ti sei permessa!? >>urlò
in tono minaccioso contro Dalia.
<<
Sapeva che non ero d’accordo con quello che stava facendo. Non vi serviva più e
non avevo intenzione di sopportare oltre la sua arroganza. Si riprenderà
>>
La
donna non sembrava affatto dispiaciuta di quello che aveva fatto, anzi, credeva
di convincerlo che aveva fatto la cosa giusta, ma lui ormai aveva perso la
pazienza e quelle parole non fecero che peggiorare la situazione.
<<
Non mi interessano le tue motivazioni. Qui siamo nella mia terra con le mie
leggi e tu non hai alcun diritto di impedirmi di parlare con qualcuno. Sono
stato abbastanza chiaro?>>
Dalia
alle parole del re assunse un aria offesa. Dalla sua bassa statura gonfiò il
petto, gettò indietro la lunga treccia di capelli bianchi che aveva su una
spalla e puntò un dito contro il suo petto urlando << Giovanotto- >>
Ma
non ebbe neanche il tempo di pensare la parola successiva che Tanet era già
intervenuto inchiodandola al muro con una spada puntata alla gola << Non
ti permettere mai più di avvicinarti al re! Appena ti ho vista ho capito che
avevi un comportamento sbagliato nei suoi riguardi. Ho lasciato perdere le
risposte poco garbate, ma non devi permetterti per nessun motivo di toccarlo!
Mi hai capito? >>
Dalia
pigolò un lieve << Ma... >>
e Tarìc vide i muscoli del braccio di Tanet tendersi in modo allarmante,
probabilmente nello sforzo di trattenersi dallo sgozzarla << Fa'
silenzio! Se sei ancora viva devi ringraziare solo il nostro Dio che ha
stabilito che l'ospite è sacro o ti avrei già ucciso >>
<<
Lasciala andare, Tanet. Sono certo che abbia capito >>
Il
suo comandante obbedì infoderando la spada e si allontanò << Voglio che
tu sappia una cosa, donna: se il re chiederà il Consiglio di Corte per decidere
cosa fare di voi, io sarò presente, e farò di tutto per non farti restare. Non
mi piaci tu, non mi piacciono i tuoi modi e non mi piace come ti rivolgi al re.
E adesso, vedi di comportarti come si deve >>
Tanet
era stato sufficientemente chiaro perché lui non avesse altro da aggiungere se
non il suo ordine successivo
<<
Tanet : Olen non è ancora rientrato ma non credo che
avrà dei problemi ad ospitare la ragazza che ha salvato sua moglie, falla
portare nelle sue stanze. Per stanotte si ferma qui dal momento che non ho
intenzione di mandare nessuno dei miei uomini sulla loro nave >>
<<
Sì, mio Re >> rispose inchinandosi.
<<
Quanto a voi >> riprese voltandosi verso le due straniere << non voglio vedervi qui prima dell’alba.
In quel momento sarete rese partecipi della mia decisione >>
Quando
le due uscirono alla stanza il re si sedette e Tanet prese in braccio la
ragazza borbottando. Il comandante non avrebbe certo sprecato l’occasione di
farsi grande con lei al suo risveglio. Era un inguaribile donnaiolo, non c’era
niente che il re potesse dire per fermarlo e non ne aveva neanche voglia. Se ci
teneva a portarla, che lo facesse
<<
Comunque i modi di quella donna non mi piacciono >> aggiunse di nuovo
prima di sparire dalla stanza
Il
re sospirò << Non ha tutti i torti. Potrebbero diventare un problema
>>
<<
Se diventassero un problema, potresti sempre sbatterle fuori dal regno o farle
rinchiudere nella più buia delle prigioni. L’ospite è sacro solo finchè non
arreca danno o offese al padrone di casa. Neanche Dio potrebbe arrabbiarsi con
te se rinchiudessi la vecchia dopo il modo in cui ti ha trattato oggi >>
lo informò Neithel.
Lui annuì e lo
congedò.
Sapere che Ismene
stava bene e che Aaren sarebbe guarito lo aveva tranquillizzato non poco, ma
non voleva che la gratitudine per quello che aveva fatto quella ragazza lo
spingesse davvero ad accettarle affrettatamente. Per quello si era preso il
resto del giorno e l’intera notte per pensarci.
Dio le aveva mandate
nel suo regno e lui non era nessuno per disdegnare i doni di Dio Onnipotente.
Quelle ragazze potevano essere il dono di Dio per sanare il suo regno distrutto
o un’ulteriore prova per lui e per la sua gente.
Non poteva saperlo.
Poteva solo prendersi una pausa da suoi impegni giornalieri, dirigersi al
tempio del Dio Padre della Ragione e pregarlo affinché gli concedesse la Grazia
dei giusti ragionamenti o, in alternativa, un segnale inequivocabile che lo
aiutasse a fare il bene del suo regno e della sua gente.
***************************************************************************************
-Irmelin-
Seduta su un letto
che profumava di fiori e pulito come non le capitava da anni, Irmelin si
guardava intorno osservando la stanza immensa che era stata preparata per loro
dai servi di quel palazzo. Una serva le aveva detto che se avessero avuto
bisogno di cibo, non avrebbero dovuto fare altro che chiederlo e un’altra aveva
insistito perché accettassero delle tuniche pulite per dormire. Gli ultimi anni
di guerre, carestie e viaggi in nave, le avevano fatto dimenticare cosa fossero
l’ospitalità e il benessere.
Si sentiva quasi a
disagio in quella stanza così grande dedicata solo a loro. A disagio ma felice.
Tutte le sacerdotesse
del loro ordine erano tornate alla nave, lei e Elydet non avevano avuto la
minima intenzione di lasciare Selyan da sola e avevano trovato il modo di farle
compagnia.
Sorrise da sola alla
fioca luce della candela. Loro erano sempre quelle che sfuggivano al controllo
di Dalia.
Era
bastato che la Somma Stupida e sua
nipote varcassero da sole le grandi porte perché lei cominciasse a urlare
contro di loro facendo accorrere le guardie reali.
<<
Io devo sapere come sta Selyan, non mi
potete fermare! >> aveva urlato Irmelin, infischiandosene del fatto che
si stava rivolgendo ad un soldato del re.
<< Il re ha
ordinato di rimandarvi alla vostra nave >> le aveva risposto l'uomo in un
tono così fermo e minaccioso che avrebbe intimorito anche un fuorilegge, ma che
non era servito a niente né contro di lei, né contro Elydet che si era
intromessa urlando << A me non interessa! Mia sorella è nel vostro
palazzo e io devo sapere come sta! Non mi importa se il re non è d'accordo, io
devo entrare! Chiaro?! >>
Poi aveva perso il
senso degli eventi, ricordava solo che qualcuno la teneva per le braccia e che
il re in persona era davanti a lei ad ordinare che la lasciassero entrare
insieme a Elydet. Irmelin andava fiera
di quello che aveva ottenuto. Soprattutto del morbido letto sotto di lei.
Elydet aveva
farfugliato qualcosa sull'andare a cercare il re per sapere cosa avesse deciso,
ed era sparita. Lei non si sarebbe mossa da lì per tutto l’oro del mondo.
Le avevano detto che
la sua amica aveva guarito due importanti funzionari della corte reale e che per
colpa della tiranna di Dalia dopo aveva perso i sensi.
A lei era bastato
mettere piede in quella stanza e vederla dormire completamente arrotolata nelle
coperte per capire quale fosse il suo problema.
Selyan
era arrivata allo stremo delle forze per l'ennesima volta e alla fine era
crollata.
<<
Perché la Dea non mi ha voluta, Irmelin?
Cosa posso aver fatto per offenderla così tanto da non volermi portare via? >>
La domanda che Selyan
le aveva fatto uno dei tanti giorni di viaggio le rimbombava nella testa ogni
volta che la vedeva stare male e le faceva venire i brividi addosso.
Si era arrabbiata per
quella domanda. Le aveva urlato contro per ore e non le aveva rivolto la parola
fino alla mattina successiva, ma Selyan non aveva reagito neanche alla sua
rabbia. Era rimasta a guardare il mare tutto il giorno, non si era presentata a
cena e, per quanto Irmelin fosse rimasta sveglia ad ascoltare il suo respiro,
non l'aveva mai sentita dormire quella notte.
La mattina seguente
l’aveva vista buttarsi a capofitto nei libri e negli esercizi con la pietra e,
al vederla così, aveva pensato che avesse finalmente trovato il modo di reagire
e che lo studio fosse diventato la sua nuova ragione di vita. Poi si era resa
conto di aver sbagliato.
Elydet era sempre
stata fermamente convinta del fatto che Selyan volesse migliorarsi a tutti i
costi per il suo egocentrismo, Irmelin aveva sempre avuto paura di ammettere
che la sua amica stava cercando di suicidarsi violando la prima regola delle
sacerdotesse arrivando a superare i limiti concessi dalla Dea.
Quel pomeriggio, per
colpa dei sommi stranieri, ci aveva
provato di nuovo.
Sospirò e prese a
rigirarsi la sua pietra tra le mani.
Erano successe così
tante cose prima della loro partenza che
neanche i lunghi mesi di viaggio erano bastati ad allontanarle dai
ricordi.
Lei stessa si
obbligava a pensare ad altro, a buttarsi nelle sue giornate lasciando fuori il
resto. Però era difficile. A volte, quasi impossibile.
Odiava Selyan quando
si rendeva conto che non voleva andare avanti, ma capiva che non poteva
riuscirci. Non ancora.
Forse, solo quella
Dea che pregavano ogni giorno poteva sapere cosa avrebbe dovuto fare per
aiutare la sua amica, ma non era sicura neanche di questo.
Se la Dea aveva tra
le sue beate mani una soluzione per aiutarle dopo quello che avevano passato e
non voleva offrirla né a lei, né Selyan, né a Elydet, che razza di Dea era?
Perché si accaniva
tanto contro le sue stesse sacerdotesse?
Era stanca di quella
Dea, era stanca di quell'ordine ed era stanca di non poter vivere una vita
tranquilla.
Avrebbe tanto voluto
tornare dai suoi genitori, sempre che fossero ancora vivi.
Odiava non sapere
cosa era successo dopo la loro partenza.
Quando Selyan si era
buttata nei libri sulla nave, per un breve periodo aveva cercato di fare lo
stesso per imparare a evocare le visioni dei posti lontani. Voleva vedere casa
sua.
Non era mai riuscita
ad evocare nulla. Sapeva che da sola non sapeva gestire il suo potere, aveva
sempre avuto bisogno di Selyan per imparare qualcosa e lei, in quei giorni era
la persona meno adatta a sentir nominare la loro terra.
Elydet aveva provato
un giorno a chiederle di cercare una visione di sua madre in uno specchio
d'acqua. Avevano litigato di brutto dopo il rifiuto di Selyan e quella notte
Irmelin aveva sentito la sua amica piangere per ore.
Quello tra Selyan ed
Elydet era un rapporto strano almeno quanto era strano il loro modo di essere
sorelle. Erano entrambe figlie del generale dell'esercito, ma non avevano avuto
la stessa madre. Elydet era cresciuta da nobile con sua madre, frequentando il
palazzo reale e le alte cariche della loro gente, Selyan era stata adottata da
una famiglia di contadini e non aveva lasciato i campi se non per entrare al
tempio. Erano profondamente diverse. La piccola era sempre stata composta,
educata e pensava da nobile, Selyan era
cresciuta con lei giocando nei prati.
Irmelin scosse la
testa. Doveva lasciare subito quei ricordi, non poteva permetterseli.
Quello che doveva
tenere a mente ora era che Selyan aveva costantemente bisogno di essere
controllata e Elydet non sembrava riuscirci.
Forse era ancora
troppo piccola per capire sua sorella o forse non aveva vissuto tutto quello
che avevano vissuto loro.
Lei aveva solo voglia
di ricominciare e quel paese devastato doveva essere la sua nuova possibilità.
Quando aveva visto il
panorama dall’alto della collina, aveva sentito il mondo crollarle addosso.
Aveva pensato che un re con un regno in quella situazione e un po' di cervello
in zucca non avrebbe mai accettato una come Dalia.
In quel momento,
però, in quel palazzo e senza nessuna preoccupazione, Irmelin vide le cose da
un’altra prospettiva: il regno a pezzi a
prima vista non aveva più niente da offrire, eppure Elydet si era già presa la
prima cotta, assurda perché si era innamorata del re in persona, ma forte al
punto di farla girare per il castello senza una meta in piena notte sperando di
incontrarlo e lei si era appena sentita dire che poteva permettersi tutto il
lusso che voleva.
Forse la disgrazia
che li aveva colpiti non li aveva resi poveri né messi nei guai.
E poi anche Selyan
era distrutta, se c'era speranza per la sua amica, allora poteva averne anche
per quel regno.
Senza contare la
strana sensazione che sentiva dentro di lei da quando era entrata in quella
stanza.
Era la stessa
sensazione che si aveva quando andava in cerca di un vestito e capiva di averlo
trovato appena lo vedeva.
Sapeva che sarebbe
tornata altre volte in quella stanza, anche se non ne capiva il motivo. Lei non
era mai stata brava con le visioni, neanche quando le cercava, figurarsi quelle
spontanee.
Eppure era certa di
quella sensazione: sarebbe tornata lì e non avrebbe rivisto il mare.
Rise
di nuovo a quel suo pensiero. Chissà come le era venuta un'idea simile.
<< Dormi quanto
ti pare, Sel. Se ho di nuovo ragione, resteremo qui per parecchio tempo >>
disse alla sua amica ancora addormentata prima di poggiare le spalle al muro,
afferrare la mela più profumata che avesse mai mangiato dal vassoio stracolmo
lasciato per loro dalle serve del re e sistemarsi comoda in attesa di Elydet.
In quel regno, la
loro vita sarebbe cambiata in meglio. Non aveva dubbi.
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-Elydet-
Elydet era uscita dalla stanza della
nobile che le ospitava senza avere neanche una vaga idea di dove cercare il
sovrano, ma con la ferma convinzione di volerlo incontrare a tutti i costi.
La Somma Dalia quella mattina aveva
detto che il re era giovane, ma mai se lo sarebbe immaginato così tanto giovane e, soprattutto, poi
mai se lo sarebbe immaginato così bello!
Da quando era entrata nell’ordine
della Dea, aveva passato molto del suo tempo libero con Irmelin e aveva
imparato a sopportare i suoi commenti sui ragazzi.
Perfino nei tempi più bui della loro
isola, un giorno in cui il generale del loro esercito aveva dato ordine che
tutte le donne e le persone che non potevano combattere restassero barricate
nelle mura del tempio, aveva sentito Irmelin commentare la bellezza di uno
degli arcieri appostati sui loro torrioni.
Ricordava anche quando, prima che la
loro rovina avesse inizio, che c’era stato un periodo in cui lei stessa aveva preso
la sciocca abitudine di guardarsi intorno mentre camminava cercando qualche
bell’uomo per indicarlo alla sua amica.
Non era mai stato il suo passatempo
preferito, ma adesso si rendeva conto di avere acquisito l’esperienza
necessaria per affermare che non aveva mai visto un uomo più bello del re.
Non aveva mai visto occhi più verdi
di quelli.
Suo padre aveva gli occhi verdi, ma
erano di un verde cupo, quasi marroni; sua sorella li aveva verdi ma non erano
neanche lontanamente paragonabili a quelli. Era un verde intenso, quasi come
gli smeraldi che aveva visto più volte nelle collane di sua madre.
Forse risultavano così per il
contrasto con la sua pelle abbronzata, o per i suoi capelli del colore del
miele più scuro. Perfetto.
Voleva a tutti i costi rivederlo,
voleva parlargli, voleva sapere se, oltre alla bellezza, aveva anche la
gentilezza e quindi le avrebbe ospitate. Voleva sapere tutto di lui e doveva
trovarlo a tutti i costi!
Con suo grande disappunto, si rese
conto che non conosceva affatto quel palazzo e non poteva neanche immaginare di
cercare qualcuno lì dentro.
L'unico posto in cui era in grado di
arrivare era il cortile dove era stata quel pomeriggio con le altre, perciò
decise di iniziare da lì la sua ricerca sperando di avere fortuna. Non aveva alternative.
Quando scoprì che il giardino era
completamente deserto e si dette della stupida.
Cosa poteva
fare il re nel giardino al buio?
<< Cosa
ci fai qui? >>
La domanda
improvvisa di quella voce sconosciuta la fece sobbalzare per lo spavento, ma decise
di fingere di non aver sentito. Doveva
guadagnare tempo per inventare una frottola credibile
<< Ragazza,
rispondi al re! >> la sgridò un’altra voce.
Al re? Sentì il sangue gelarsi nelle
vene. Il Divinissimo e Stupendissimo
Sovrano le aveva rivolto una domanda e lei non solo non gli aveva risposto,
non aveva neanche capito che era stato lui a parlarle? Accidenti!
Si voltò di scatto perdendosi nei
suoi meravigliosi occhi e immediatamente si sentì arrossire.
Non poteva
comportarsi così!
<< Io...
vi stavo cercando per... sapere... cosa avete deciso di noi >> balbettò
imbarazzata.
Lo sentì congedare l’altro uomo che
era con lui. Voleva restare davvero solo con lei?
La Dea le
stava facendo un regalo enorme quella sera, forse per farsi perdonare per
averle fatto fare quel viaggio assurdo dall’altra parte del mondo.
<< Starete
qui per un breve periodo, domani vi sarà spiegato tutto >> la informò con
una gentilezza che non aveva mai sentito nella voce di un sovrano.
Era una creatura meravigliosa!
Non sapeva
più cosa dire, e non era certa che il suo cervello fosse in grado di formulare
una frase sensata in quelle condizioni, perciò si limitò ad annuire.
<< Posso
sapere il tuo nome? >> le chiese il re.
Era stata così ansiosa di parlare con lui che
non aveva pensato alle buone maniere e non
si era neanche presentata. Prima non lo aveva riconosciuto e poi aveva
dimenticato l’educazione.
Non avrebbe
potuto sprecare il regalo della Dea in un modo peggiore!
<< Vi
chiedo perdono, Vostra Altezza. Il mio nome è Elydet e sono la sorella minore
di Selyan >> disse con un inchino.
<
<< No,
non vi sbagliate. Il mio, però, è legato al fuoco >> rispose orgogliosa.
Nessun'altra
delle sue compagne aveva lo stesso potere perché era molto raro e lei era
sempre andata fiera del suo elemento. Si chiese se il re lo avrebbe trovato
anche solo minimamente accettabile, visti i grandi poteri che aveva nella sua
terra.
<< Mi
piacerebbe davvero vedere cosa sai fare >> esordì il re con sincera
curiosità.
“ Se me lo dici così, posso dare fuoco anche a
Selyan! ” pensò Elydet.
<< Se
volete, posso farvi vedere qualcosa anche adesso >> propose emozionata all'idea
di fargli vedere di cosa era capace.
<< Oh
no, tranquilla, ne avrai tutto il tempo domani, fidati. E poi sarai in pensiero
per tua sorella. Come sta? >>
Certo che si fidava! Sarebbe saltata giù dal
muro più alto del palazzo per una sua parola.
<< Stava
ancora dormendo quando sono uscita, ma si riprenderà di sicuro. Ha solo
esaurito le sue forze fisiche, non quelle magiche. Lo fa molto più spesso di
quanto dovrebbe e si riprenderà benissimo anche questa volta >>
<< Mi
dispiace. Forse le ho chiesto troppo >>
La sorpresa al sentire quelle parole,
la spinse a alzare gli occhi da terra ignorando le regole della buone
educazione. Perché mai un re avrebbe dovuto dispiacersi per una sconosciuta?
Per di più il suo viso sembrava
davvero preoccupato, non lo aveva detto solo per educazione.
E, a pensarci bene, non avrebbe
neanche dovuto mostrarsi educato con lei.
Era un re e i re ordinano e fanno
quello che vogliono, senza bisogno di essere educati con le sacerdotesse in
apprendistato, oltretutto straniere.
Era la
perfezione fatta persona ed era così bello che sarebbe rimasta volentieri a
vivere lì in eterno se le avesse accettate, anche solo per vederlo ogni tanto.
<< Non
dispiacetevi. Mia sorella esagera sempre , ma sa benissimo quando è il caso di
fermarsi. Domani starà bene >>
<< Bene.
Adesso, scusami, ma devo andare >>
Elydet si
inchinò prontamente << Certo, Altezza. Perdonatemi se vi ho fatto perdere
tempo >>
La sua
fortuna era durata poco quella sera. Si concesse un’ultima occhiata al re prima
che fosse troppo tardi e lo vide ancora fermo davanti a lei. Il suo cuore mancò
un battito.
<< Non
scusarti, mi ha fatto piacere conoscerti >>
Il sovrano si incamminò verso una
destinazione che avrebbe tanto voluto conoscere.
Sapeva che
le gambe non l’avrebbero retta oltre dopo tutte le emozioni di quella sera e si
sedette sul muretto che costeggiava il giardino guardando la reale e perfetta
schiena mentre si allontanava
“ Sapessi il piacere che ha fatto a
me... ”
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