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Autore: Neko    29/09/2015    1 recensioni
Una nuova avventura travolge inaspettatamente i Mugiwara partiti per affrontare le sorprese del Nuovo Mondo.
Da una strana isola dove avvengono fenomeni strani, si ritroveranno a che fare con quello che il destino ha in serbo per loro.
Genere: Avventura, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Monkey D. Rufy, Nami, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Rufy/Nami
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 76:  Bentornata Mina

 

Finalmente le navi dei Mugiwara e di Shanks  erano prossime a raggiungere la terra ferma.

L’imbarcazione dell’imperatore era messa maluccio ed era un  miracolo se non aveva ancora cominciato ad imbarcare l’acqua.

Sfortuna volle che la nave subisse dei danni, proprio quando né il suo carpentiere, né quello dei Mugiwara, avessero a disposizione tutto il necessario per riparare la nave.

L’isola era notevolmente più grande rispetto a quella precedente e la speranza di poter fare rifornimento in un villaggio era alta.

Già da lontano avevano notato delle abitazioni costruite su diversi livelli e i pirati diedero per scontato che quelle fossero solo delle rovine, essendo costruite con metodi antichi quando si usavano ancora legni per le travi e fango e paglia per le pareti. Se quell’isola era abitata, gli abitanti dovevano trovarsi da qualche altra parte, forse dall’altra parte dell’isola.

Erano pronti anche all’eventualità che l’isola fosse disabitata, ma di sicuro non si aspettavano quello che i loro occhi videro.

Quelle rovine fatiscenti, poco rassicuranti erano le case di diverse persone, che vivevano in condizioni di estrema povertà. Infatti tutti gli abitanti erano molto magri, come se ricevessero solo il minimo nutrimento indispensabile per riuscire a reggersi in piedi, i loro abiti erano scoloriti e logori, alcuni con toppe visibilmente ricucite più volte.

Solo i bambini presenti per le strade sembravano in uno stato migliore e se non fosse stato per loro, quel villaggio sarebbe sembrato abitato da zombie.

“Cosa mai può essere successo a questa gente, perché sia costretta a vivere in questo modo?” chiese Tashiji, che insieme ai mugiwara e solo alcuni pirati di Shanks, quest’ultimo compreso, si era recata a esplorare l’isola.

Le persone sembravano impaurite dalla loro presenza e si rinchiudevano in casa, sbarrando porte e finestre, sebbene queste fossero talmente mal ridotte che a mala pena si chiudevano.

Tutto questo confuse le idee ai pirati, Nami soprattutto. Era convinta che le condizioni di quelle persone erano dovute a causa di esseri spregevoli che dettavano legge in quei territori, ma nel suo villaggio, nonostante la vita difficile sotto il comando di Arlong, le cose erano decisamente migliori.

“Mina, Mina, figlia mia!” urlò improvvisamente una donna.

I Mugiwara si voltarono e videro una donna dai capelli sul grigio legati in una treccia di lato. Ella era vestita come tutti gli abitanti che avevano intravisto con un vestito rattoppato che sembrava più un sacco di patate.

La donna corse verso di loro a braccia aperte e con un sorriso che le illuminava il volto continuando ad urlare “Mina, Mina, figlia mia adorata!”.

Si avvicinò a loro sempre più, tanto che riuscirono a comprendere che ella stesse parlando a qualcuno di loro e dato il nome femminile, si stava rivolgendo o alla navigatrice o all’archeologa.

“Qualcuna di voi due conosce quella donna?” chiese Rufy.

Nami e Robin scossero la testa, ma la prima spalancò gli occhi stupita, quando si sentì stringere dalle braccia della donna, che aveva cominciato a piangere dalla gioia.

La ragazza non fu molto contenta del gesto. Non amava un tale contatto fisico da persone che non conosceva e se non avesse compreso che dietro il comportamento strambo della donna, vi era una ragione valida, l’avrebbe allontanata malamente.

“Ehm…signora..potrebbe gentilmente lasciarmi andare?” chiese la navigatrice, che venne ascoltata, ma la donna non staccò gli occhi da lei.

“Oh Mina!” ripetè la sconosciuta “Sei tornata…finalmente sei tornata!”

 Nami la guardò confusa e le disse “Mi dispiace signora, ma credo che lei mi abbia scambiato per qualcun altro!”

La donna perse il sorriso e guardando preoccupata la ragazza e mettendole le mani sulle spalle disse “Mina, tesoro  mio, non mi riconosci? Sono la tua mamma!”

“Io credevo che fossi orfana Nami” disse Usopp confuso “Com’è che ora spunta fuori una donna che dice di essere tua madre?”

“Sta cercando qualcuno di nome Mina, non la nostra Nami, Usopp!” Gli fece notare il piccolo Chopper, che era al suo fianco.

“Questo è vero, ma Nami ha sempre detto di essere stata trovata quando era molto piccola da Bellmer, magari il suo vero nome è un altro e in giro per il mondo potremmo pure trovare i suoi veri genitori, non ci avete pensato?” disse Usopp logicamente.

“Che il mio nome fosse o meno Nami, questo non cambia le cose. Lei non è mia madre!” disse Nami infastidita.

Era impossibile una cosa del genere. Lei era nata nel mare orientale e date le difficoltà a viaggiare per i mari del nuovo mondo, dubitava che i suoi genitori anche fossero sopravvissuti, sarebbero riusciti a trasferirsi in quell’isola sperduta. Inoltre aveva la certezza assoluta che i suoi reali genitori fossero morti. Era troppo piccola per ricordare cosa era successo alla sua città natale, ma Bellmer le aveva sempre detto che dove aveva trovato lei e Nojiko, vi erano solo macerie, alcune delle quali ancora fumanti e nessun superstite era stato trovato. Infatti l’ex marine le diceva sempre che loro due erano sopravvissute per miracolo.

“Bimba mia, cosa ti hanno fatto? Perché non ti ricordi di me?” disse la donna spaventata.

“Le ripeto che non sono chi lei sta cercando!” riperè Nami allontanandosi dalla signora.

La donna però non demorse e fu proprio in quel momento che una voce di un uomo, la chiamò “Sasumi…lascia stare quelle persone!” disse l’uomo, raggiungendo i Mugiwara e chinandosi in segno di scuse. “Mi dispiace che mia moglie vi abbia disturbato. Vi prego, perdonateci e consentiteci di tornare al nostro dovere signori!” disse l’uomo con una voce timorosa ben percepita dai pirati.

“Ehi, guarda che non vi facciamo niente.  Siamo pirati, ma non siamo cattivi!” disse Rufy cercando di calmare l’uomo, visibilmente preoccupato.

“Non appartenete ai pirati di Crios e Regina?” chiese l’uomo, cogliendo di sorpresa Robin che spalancò gli occhi al suono di quei nomi.

Shanks scosse la testa “No e sinceramente non li ho mai sentiti!” disse guardando i suoi compagni per vedere se essi sapevano qualcosa.

“Nemmeno io li conosco!” disse Rufy “Robin?” chiese il capitano voltandosi verso l’archeologa, che sentendosi chiamare, sussultò venendo strappata dai suoi pensieri.

“N-no, n-non li ho mai sentiti nemmeno io!”  disse la donna nervosamente, atteggiamento di cui solo Nami si accorse.

“Nemmeno io li ho mai sentiti nominare, ma se sono pirati che governano su questa isola da diverso tempo, è probabile che la marina non sia mai giunta fin qui e quindi siano rimasti nascosti agli occhi del governo!” disse Tashiji.

“Non sarete dei loro, ma siete pur sempre pirati. Avete detto di non volerci fare del male. È la verità o è un trucco per depredare i nostri beni? Bhè lasciate che vi dica che non troverete niente qui, siamo gente povera come vedere!” disse l’uomo indicando la zona intorno a sé.

“Non ci interessano i vostri beni!” disse Zoro con voce dura, non tanto rassicurante, tanto che l’uomo vedendolo fece qualche passo indietro assieme alla donna e l’aspetto di Brook, non era da meno, sebbene di scheletri ne avessero visti in abbondanza.

Sanji allontanò lo spadaccino dai due e con un sorriso cerco di tranquillizzare le persone “Non temete, abbaia ma non morde!” disse irritando Zoro “Le nostre navi sono state danneggiate e siamo sbarcati qua in cerca di rifornimento!”

L’uomo cominciò a tranquillizzarsi “Come vi ho detto noi non abbiamo molto!”

“Possiamo sapere cosa succede su quest’isola?” chiese Shanks curioso.

“Certo, venite nella nostra casa, li potremo parlare più tranquillamente!” disse l’uomo aprendo le porte della sua abitazioni.

 

La casa era esattamente come i pirati se l’aspettavano. Era povera di roba, a malapena vi era un letto a una piazza e mezza, un tavolo con tre sedie malandate e un caminetto, con qualche tegame per cucinare quel poco che avevano.

I Mugiwara si sistemarono come meglio poterono, mentre i pirati di Shanks, quest’ultimo escluso, andarono in giro per l’isola, a cercare legname per riparare le navi.

“Ragazzi, dov’è finita Robin?” chiese improvvisamente Chopper, che oltre a non vederla, non percepiva nemmeno il suo odore.

Rufy non si preoccupò molto della scomparsa dell’archeologa “Sarà andata in giro a ispezionare il villaggio. Magari troverà qualcosa sul poigne Griff!”

Nami però non era convinta che le cose stessero così. Aveva intuito che Robin come al solito sapeva qualcosa, ma per un motivo a lei sconosciuto, aveva taciuto.

“Speriamo solo non si metta nei guai!” disse Nami ad alta voce, per poi sospirare.

“Credo che se la sappia cavare da sola in caso di pericolo!” disse Zoro, sedendosi a terra a gambe incrociate.

“Mina, siediti qui, al tuo solito posto. Te lo ricordi tesoro?” disse la donna spostando una sedia, tirando nuovamente fuori la storia della figlia.

“Non sono Mina!” disse Nami esasperata, accontentando però la donna.

“Cosa è successo a Mina?” chiese Usopp, facendo rattristare l’uomo, mentre la moglie accarezzava i capelli di Nami, che sospirò rassegnata e la lasciò fare.

“Mina era nostra figlia. È stata rapita molti anni fa e ora dovrebbe avere più o meno la tua età signorina, per questo mia moglie crede che tu sia lei!” l’uomo si recò a prendere da una vecchia scatola, una fotografia rovinata e la porse ai pirati.

Su di essa vi era una ragazza sui 15 anni, dai lunghi capelli arancioni ondulati e occhi castani. I suoi occhi però erano leggermente più orientali rispetto a quelli di Nami e aveva un piccola voglia sul lato destro del collo. In quella foto la ragazza sembrava felice. Aveva un gatto in braccio e un bel vestito rosa, decorato qua e là con del pizzo. I suoi capelli erano lasciati sciolti, con la riga di lato e una forcina con una decorazioni a fiori, le teneva la frangia in alto.

“Come vedere la vostra amica assomiglia molto a Mina e mia moglie è talmente desiderosa  di riavere indietro nostra figlia che non riesce a rassegnarsi all’idea di non rivederla mai più e anche le differenze che distinguono Mina dalla vostra amica, passano inosservate!” disse l’uomo.

“Posso chiedere cosa le è successo?” chiese Nami incuriosita.

L’uomo sospirò e cominciò a raccontare “Circa una decina di anni fa, una nave è attraccata al nostro porto. Pensavamo si trattasse di turisti, sebbene se ne vedano di rado o comunque dei pirati arrivati per fare rifornimenti, anche se poco gentilmente. Ma non era un problema finchè non pretendevano tutti i nostri beni e non ci facevano del male. Ma quella volta ci siamo sbagliati. Quei pirati non avevano buone intenzione e non avevano alcuna motivazione per cui andarsene nuovamente via. Si stabilirono qua e cominciarono a farla da padroni. Non erano numerosi rispetto a noi, ma erano molto forti e alcuni di loro erano possessori dei frutti del diavolo. Non potevamo fare molto contro di loro e abbiamo cominciato ad accontentare tutte le loro richieste, cercando comunque di andare avanti con le nostre vite. Inizialmente abbiamo solo dovuto rinunciare a un po’ di cose per soddisfare la loro avarizia, ma hanno preteso sempre di più togliendoci tutto e arrivando a occupare il nostro villaggio.

Siamo stati costretti a spostarci qua e a vivere di quel poco che ci lasciavano. Solo chi aveva dei figli sotto la soglia dei 20 anni, veniva concesso più cibo per sfamarli e lasciarli sani. Ma era meglio avere di meno, perché chi aveva un figlio di quell’età doveva convivere con la paura che glielo portassero via!”

“è quello che è successo a voi? Hanno portato via Mina?” chiese Nami.

“Dovresti saperlo mia cara, ma ora è tutto finito!” disse la donna, continuando a spazzolarle i capelli.

“Esatto!” disse l’uomo, sorvolando il commendo della donna.

“Ho paura a chiedere fratello…ma cosa ci fanno con quei ragazzi?” chiese Franky temendo la risposta.

L’uomo si morse il labbro “Inizialmente pensavamo che li arruolassero nella loro ciurma o cose del genere, ma un giorno alcuni di noi, sono andati alla ricerca dei nostri figli e…” l’uomo si interruppe, essendo troppo duro per lui ricordare “…Sono stati trovati solo alcuni di loro. L-li abbiamo trovati in una fossa, uno sopra l’altro privi di v-vita e Mina era una di loro!”

Il silenzio calò all’interno della casa, finchè l’uomo singhiozzando continuò “Gli avevano estirpato il cuore!”

Rufy stringeva i pugni e si stava trattenendo dall’andare da quei luridi pirati e prenderli a calci.

“A cosa gli possono servire dei cuori giovani, Chopper?” chiese Usopp cercando di capirci qualcosa, sulla motivazione di un tale gesto.

Bhe, tecnicamente a trapianti, ma non ci si deve limitare a prendere un cuore a caso, ci vogliono controlli sulla compatibilità!” disse il dottore.

“Infatti, ma i nostri ragazzi venivano presi a caso, quindi abbiamo scartato l’ipotesi dei trapianti. Abbiamo indagato anche su questo, ma non abbiamo trovato niente finchè uno di noi, ritrovandosi uno di questi pirati davanti, gli ha sparato dritto al cuore e non è morto!” disse l’uomo, sorprendendo i pirati.

“è possibile che non lo avesse ferito mortalmente?” chiese Sanji, accendendosi una sigaretta, subito dopo averne finita una.

“No, ne sono sicuro. Ero io quello che ha sparato e ho una buona mira, inoltre non è nemmeno svenuto per la quantità di sangue persa. Era li, che rideva divertito e fu allora che venni a conoscenza di cosa ne facessero di quei cuori. Chi aveva compatibilità con il cuore preso, se lo faceva trapiantare, aumentando il numero di cuori a due, tre…in base a quanti trapianti avessero fatto!”disse l’uomo.

“A che scopo?” chiese Tashiji inorridita.

“Per non morire e diventare più forti!” disse una voce che fino ad allora non si era fatta sentire, quella di Brook.

Tutti si girarono verso la direzione dello scheletro e Tashiji chiese “Cosa vuoi dire?”

Brook sospirò “Nel mio periodo di solitudine, durante i quali ho navigato per anni su quello che restava della mia nave pirata, ho incontrato diversi bucanieri che sono saliti a bordo in cerca di tesori e alcuni di loro hanno parlato di qualcosa di simile, prima di scappare alla mia vista. Un dottore pirata, non chiedetemi il nome perché non me li ricordo non avendo più un cervello dove memorizzare le cose, era stato al cuore durante uno scontro e credendo che stesse per  morire, compì un gesto disperato sperando di salvarsi. Si trapiantò da solo il cuore del nemico che lo aveva ferito. Lo uccise lui stesso stando ben attento a non colpire il cuore. Non sostituì il suo organo a quello nuovo, dato che tolto il suo, sarebbe morto all’istante, ma riuscì a fare in modo di metterlo vicino all’originale, collegando le vene necessarie per far circolare il sangue. Finita l’operazione di trapianto, comprese che il suo cuore non si era ancora fermato e decise di operare anche il suo, ritrovandosi così due cuori funzionanti.

Il suo corpo si riprese in fretta, si sentì rinvigorito e soprattutto più tranquillo, perché colpito un cuore aveva l’altro, inoltre la sua potenza era aumentata!”

“Ma una cosa del genere è impossibile!” disse Chopper.

“No, se il dottore in questione era un possessore di un frutto del diavolo speciale. Il frutto doctor doctor, che rende capace di curare molte ferite impossibili grazie alla precisione con cui il possessore può operare vedendo nella sua mente esattamente l’anatomia umana o animale che sia. Inoltre è in grado di sostituire o duplicare i nervi, muscoli e vene e si pensa che sia stato così che abbia potuto far funzionare due cuori, creando due aorte, due giugulati e tutto il sistema sanguineo di cui necessitava!” disse Brook “Certo queste sono chiacchiere da pirati, ma dato che nel nostro mondo tutto può succedere, perché non questo?”

L’uomo infatti confermò la versione “Non so se il tipo che fa questi trapianti abbia il potere del frutto del diavolo, ma il concetto è quello. Si trapiantano i cuori per diventare immortali e potenti. Più cuori hanno, più forti sono!”

“Come possono diventare più forti?” chiese Rufy.

Chopper intervenne “Credo che sia lo stesso principio con cui diventi più forte tu Rufy, quando usi il gear!”

Rufy piegò la testa, non comprendendo ciò che il dottore voleva dire.

“Potresti spiegarti? Non siamo tutti dei medici qui!” disse Zoro.

“Quando Rufy usa il gear aumenta la sua pressione sanguinea, quindi il sangue circola più velocemente il che gli conferisce una forza disumana per diverso tempo. Più cuori si hanno, più il sangue pompa velocemente dando a quei pirati maggiore potenza!” spiegò Chopper.

“Si, ma Rufy dopo un po’ cade a terra stremato. Hai detto anche tu che quella tecnica è pericolosa!” disse Sanji.

“è vero, a Ennies Lobbies era ridotto davvero male. Com’è che questi pirati invece non hanno effetti collaterali derivanti dalla pressione sanguinea?” chiese il cecchino.

“Per la stessa ragione. Hanno più cuori e lo sforzo e diviso e come se fosse naturale. Rufy invece sottopone solo il suo unico cuore a tutta quella pressione!” rispose Chopper.

“Quindi in caso di scontro con loro siamo fregati!” disse Usopp.

“No, non credo. Potremo avere dei problemi, ma non posso essere realmente immortali, avranno un punto debole!” disse Shanks “Non si può scherzare o correggere la natura!”

Chopper confermò “è quello che penso anche io. Il cuore non è sottoposto sforzo, ma tutto quel sangue il cervello non  lo tollera, prima o poi andrà in tilt e provocherà la morte del suo padrone!”

“Un po’ come quando si sta a testa in giù. Il sangue si concentra in testa e sebbene la morte non sia immediata, questa prima o poi sopraggiunge, lenta e inesorabile!” disse Tashiji.

Chopper annuì.

Rufy sorrise “Allora direi di utilizzare questo tallone d’achille a nostro favore!”

“E come?” chiesero tutti all’unisono.

 

Robin era giunta dall’altra parte dell’isola. Non sapeva bene dove cercare, ma dopo una lunga camminata, del fumo che si librava verso il cielo, le diede indicazioni verso il villaggio.

Il villaggio era simile a tutti quelli che si potevano vedere nelle altre isole. Regnava solo una grande sporcizia causata da pirati che non si lavavano e gettavano l’immondizia per terra.

Non si fece notare, ma sparpagliando diverse orecchie in giro e prestando attenzione alle chiacchiere e alle voci, riuscì a trovare quello che cercava.

Si diresse all’abitazione più grande, una casa a due pieni di un colore tra il rosa e il bordeaux, con le mura scrostate in diversi punti. Il giardino che la circondava sembrava quasi una giungla, dato che l’erba non era stata più tosata e lasciando la vegetazione libera di crescere, questa si era impadronita non solo del giardino, ma anche di una parte della facciata della casa.

Vide che davanti alla porta vi erano due guardie. Robin sorrise comprendendo che queste non sarebbero state un ostacolo, dato che erano ubriachi marci.

Facendo uso dei suoi poteri, prese due bottiglie di rum vuote, che erano vicino ai loro piedi e li colpì in testa, mandandoli nel mondo dei sogni.

Quando la via fu libera, entrò in casa.

L’interno era meglio rispetto all’esterno. Era uno specchio. Tutto era tirato a lucido.

L’archeologa diede il merito di quell’ordine a Regina, che ricordava fissata con la pulizia e l’ordine. Se il giardino era così mal tenuto era perché la donna non voleva sporcarsi.

Secondo Robin, una tipa come lei  non doveva essere una pirata e da quanto ne sapeva, sia lei che Crios, erano intenzionati a lasciare perdere la pirateria.

Persa in questi pensieri però non si accorse di qualcuno alle sue spalle.

“Chi diavolo sei?” chiese un uomo a petto nudo panciuto, che le puntava una pistola alla testa.

Robin non perse la calma e disse “Sono un’amica di Regina e Crios. Sono venuta qui per parlar loro!”

“Mi dispiace, nessuno sa dove ci troviamo, quindi non credo che tu sia una loro amica!” disse l’uomo caricando la pistola.

“Lasciala andare idiota. Lei è dalla nostra parte!” disse Regina scendendo le scale.

Robin venne lasciata libera e disse “Io non sono dalla vostra parte!”

Regina sorrise “Oh davvero? Non sei un pirata? Non sfrutti gli altri per il tuo egoismo?”

“Non sono più quella persona e anche se era sbagliato quello che facevo, lo facevo solo per mia difesa personale. Ma ora sono cambiata. Sono ancora un pirata, ma non faccio del male a nessuno che non se lo meriti davvero. E da quel che mi ricordo nemmeno tu!”

“Sono cambiata anche io. La vita è dalla parte dei più forti, bhe ero stufa di essere la più debole e ho creato un mio regno!”

Robin alzò il sopracciglio “Un tuo regno?  E Crios che fine ha fatto?”

Regina ringhiò “Quel bastardo che mi ha fatto tante promesse, per poi trattarmi come spazzatura? L’ho ucciso e ho preso il titolo di capitano della sua ciurma e i suoi pirati non hanno opposto molta resistenza!” disse facendo vedere le sue mani, dove le dita si trasformavano, in aghi, bisturi, tenaglie e forbici.

“Il frutto del diavolo!” disse Robin non tanto sorpresa.

“Forte eh! Ti ho sempre invidiato per i tuoi poteri, ma ho fregato il frutto di cui Crios voleva cibarsi e voilà!” disse regina con sfrontatezza “Lui è stato il primo ad assaggiare questo potere. Non hai idea di cosa sono capace!”

Robin invece non si fece cogliere impreparata “è il frutto doctor doctor. Probabilmente sei il medico migliore al mondo, ma la tua bravura è dovuta solo a quel potere e non a studi medici!”

“E che differenza fa? Non ho dovuto sbattermi per imparare nozioni che il frutto mi ha messo in testa da solo!”

“La differenza sta nel fatto che tu non meriti lodi per quello che fai! Gli altri medici hanno faticato e fatto sacrifici per essere in grado di salvare delle vite!” disse Robin alzando la voce.

“No, la vera differenza che c’è fra me e gli altri medici, sta nel fatto che loro salvano vite io le tolgo!” disse Regina divertita.

Robin sussultò e il suo sguardo si riempì di paura “Ti prego dimmi solo che quegli scheletri di bambini e ragazzi che ho trovato venendo qua, non sono merito tuo!”

Regina sorrise beffarda facendo intendere la risposta all’archeologa, la quale si morse il labbro.

“Ho sbagliato a fidarmi di te!” disse Robin arrabbiata, stringendo i pugni.

“Uhm…no, non credo. Ho avuto pietà. Fra quegli scheletri non c’è nessuno che conosci e solo perché ti ho sempre considerato un’amica e mi hai salvato in diverse occasioni!”

L’archeologa spalancò gli occhi “Lei dov’è?”

 

  
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