Capitolo 76:
Bentornata Mina
Finalmente le navi dei Mugiwara e di Shanks erano
prossime a raggiungere la terra ferma.
L’imbarcazione dell’imperatore era messa maluccio ed era un miracolo se non aveva ancora cominciato ad
imbarcare l’acqua.
Sfortuna volle che la nave subisse dei danni, proprio quando né il suo
carpentiere, né quello dei Mugiwara, avessero a
disposizione tutto il necessario per riparare la nave.
L’isola era notevolmente più grande rispetto a quella precedente e la
speranza di poter fare rifornimento in un villaggio era alta.
Già da lontano avevano notato delle abitazioni costruite su diversi livelli
e i pirati diedero per scontato che quelle fossero solo delle rovine, essendo
costruite con metodi antichi quando si usavano ancora legni per le travi e
fango e paglia per le pareti. Se quell’isola era abitata, gli abitanti dovevano
trovarsi da qualche altra parte, forse dall’altra parte dell’isola.
Erano pronti anche all’eventualità che l’isola fosse disabitata, ma di
sicuro non si aspettavano quello che i loro occhi videro.
Quelle rovine fatiscenti, poco rassicuranti erano le case di diverse
persone, che vivevano in condizioni di estrema povertà. Infatti tutti gli
abitanti erano molto magri, come se ricevessero solo il minimo nutrimento
indispensabile per riuscire a reggersi in piedi, i loro abiti erano scoloriti e
logori, alcuni con toppe visibilmente ricucite più volte.
Solo i bambini presenti per le strade sembravano in uno stato migliore e se
non fosse stato per loro, quel villaggio sarebbe sembrato abitato da zombie.
“Cosa mai può essere successo a questa gente, perché sia costretta a vivere
in questo modo?” chiese Tashiji, che insieme ai mugiwara e solo alcuni pirati di Shanks,
quest’ultimo compreso, si era recata a esplorare l’isola.
Le persone sembravano impaurite dalla loro presenza e si rinchiudevano in
casa, sbarrando porte e finestre, sebbene queste fossero talmente mal ridotte
che a mala pena si chiudevano.
Tutto questo confuse le idee ai pirati, Nami
soprattutto. Era convinta che le condizioni di quelle persone erano dovute a
causa di esseri spregevoli che dettavano legge in quei territori, ma nel suo
villaggio, nonostante la vita difficile sotto il comando di Arlong,
le cose erano decisamente migliori.
“Mina, Mina, figlia mia!” urlò improvvisamente una donna.
I Mugiwara si voltarono e videro una donna dai
capelli sul grigio legati in una treccia di lato. Ella era vestita come tutti
gli abitanti che avevano intravisto con un vestito rattoppato che sembrava più
un sacco di patate.
La donna corse verso di loro a braccia aperte e con un sorriso che le
illuminava il volto continuando ad urlare “Mina, Mina, figlia mia adorata!”.
Si avvicinò a loro sempre più, tanto che riuscirono a comprendere che ella
stesse parlando a qualcuno di loro e dato il nome femminile, si stava
rivolgendo o alla navigatrice o all’archeologa.
“Qualcuna di voi due conosce quella donna?” chiese Rufy.
Nami e Robin scossero la testa, ma la prima
spalancò gli occhi stupita, quando si sentì stringere dalle braccia della
donna, che aveva cominciato a piangere dalla gioia.
La ragazza non fu molto contenta del gesto. Non amava un tale contatto
fisico da persone che non conosceva e se non avesse compreso che dietro il
comportamento strambo della donna, vi era una ragione valida, l’avrebbe allontanata
malamente.
“Ehm…signora..potrebbe gentilmente lasciarmi
andare?” chiese la navigatrice, che venne ascoltata, ma la donna non staccò gli
occhi da lei.
“Oh Mina!” ripetè la sconosciuta “Sei tornata…finalmente
sei tornata!”
Nami la
guardò confusa e le disse “Mi dispiace signora, ma credo che lei mi abbia
scambiato per qualcun altro!”
La donna perse il sorriso e guardando preoccupata la ragazza e mettendole
le mani sulle spalle disse “Mina, tesoro
mio, non mi riconosci? Sono la tua mamma!”
“Io credevo che fossi orfana Nami” disse Usopp confuso “Com’è che ora spunta fuori una donna che
dice di essere tua madre?”
“Sta cercando qualcuno di nome Mina, non la nostra Nami,
Usopp!” Gli fece notare il piccolo Chopper, che era
al suo fianco.
“Questo è vero, ma Nami ha sempre detto di essere
stata trovata quando era molto piccola da Bellmer,
magari il suo vero nome è un altro e in giro per il mondo potremmo pure trovare
i suoi veri genitori, non ci avete pensato?” disse Usopp
logicamente.
“Che il mio nome fosse o meno Nami, questo non
cambia le cose. Lei non è mia madre!” disse Nami
infastidita.
Era impossibile una cosa del genere. Lei era nata nel mare orientale e date
le difficoltà a viaggiare per i mari del nuovo mondo, dubitava che i suoi
genitori anche fossero sopravvissuti, sarebbero riusciti a trasferirsi in
quell’isola sperduta. Inoltre aveva la certezza assoluta che i suoi reali
genitori fossero morti. Era troppo piccola per ricordare cosa era successo alla
sua città natale, ma Bellmer le aveva sempre detto
che dove aveva trovato lei e Nojiko, vi erano solo
macerie, alcune delle quali ancora fumanti e nessun superstite era stato
trovato. Infatti l’ex marine le diceva sempre che loro due erano sopravvissute
per miracolo.
“Bimba mia, cosa ti hanno fatto? Perché non ti ricordi di me?” disse la
donna spaventata.
“Le ripeto che non sono chi lei sta cercando!” riperè
Nami allontanandosi dalla signora.
La donna però non demorse e fu proprio in quel momento che una voce di un
uomo, la chiamò “Sasumi…lascia stare quelle persone!”
disse l’uomo, raggiungendo i Mugiwara e chinandosi in
segno di scuse. “Mi dispiace che mia moglie vi abbia disturbato. Vi prego,
perdonateci e consentiteci di tornare al nostro dovere signori!” disse l’uomo
con una voce timorosa ben percepita dai pirati.
“Ehi, guarda che non vi facciamo niente.
Siamo pirati, ma non siamo cattivi!” disse Rufy
cercando di calmare l’uomo, visibilmente preoccupato.
“Non appartenete ai pirati di Crios e Regina?”
chiese l’uomo, cogliendo di sorpresa Robin che spalancò gli occhi al suono di
quei nomi.
Shanks scosse la testa “No e sinceramente non li
ho mai sentiti!” disse guardando i suoi compagni per vedere se essi sapevano
qualcosa.
“Nemmeno io li conosco!” disse Rufy “Robin?”
chiese il capitano voltandosi verso l’archeologa, che sentendosi chiamare,
sussultò venendo strappata dai suoi pensieri.
“N-no, n-non li ho mai sentiti nemmeno io!”
disse la donna nervosamente, atteggiamento di cui solo Nami si accorse.
“Nemmeno io li ho mai sentiti nominare, ma se sono pirati che governano su
questa isola da diverso tempo, è probabile che la marina non sia mai giunta fin
qui e quindi siano rimasti nascosti agli occhi del governo!” disse Tashiji.
“Non sarete dei loro, ma siete pur sempre pirati. Avete detto di non
volerci fare del male. È la verità o è un trucco per depredare i nostri beni? Bhè lasciate che vi dica che non troverete niente qui,
siamo gente povera come vedere!” disse l’uomo indicando la zona intorno a sé.
“Non ci interessano i vostri beni!” disse Zoro con voce dura, non tanto
rassicurante, tanto che l’uomo vedendolo fece qualche passo indietro assieme
alla donna e l’aspetto di Brook, non era da meno,
sebbene di scheletri ne avessero visti in abbondanza.
Sanji allontanò lo spadaccino dai due e con un
sorriso cerco di tranquillizzare le persone “Non temete, abbaia ma non morde!”
disse irritando Zoro “Le nostre navi sono state danneggiate e siamo sbarcati
qua in cerca di rifornimento!”
L’uomo cominciò a tranquillizzarsi “Come vi ho detto noi non abbiamo
molto!”
“Possiamo sapere cosa succede su quest’isola?” chiese Shanks
curioso.
“Certo, venite nella nostra casa, li potremo parlare più tranquillamente!”
disse l’uomo aprendo le porte della sua abitazioni.
La casa era esattamente come i pirati se l’aspettavano. Era povera di roba,
a malapena vi era un letto a una piazza e mezza, un tavolo con tre sedie
malandate e un caminetto, con qualche tegame per cucinare quel poco che
avevano.
I Mugiwara si sistemarono come meglio poterono,
mentre i pirati di Shanks, quest’ultimo escluso,
andarono in giro per l’isola, a cercare legname per riparare le navi.
“Ragazzi, dov’è finita Robin?” chiese improvvisamente Chopper, che oltre a
non vederla, non percepiva nemmeno il suo odore.
Rufy non si preoccupò molto della scomparsa
dell’archeologa “Sarà andata in giro a ispezionare il villaggio. Magari troverà
qualcosa sul poigne Griff!”
Nami però non era convinta che le cose
stessero così. Aveva intuito che Robin come al solito sapeva qualcosa, ma per
un motivo a lei sconosciuto, aveva taciuto.
“Speriamo solo non si metta nei guai!” disse Nami
ad alta voce, per poi sospirare.
“Credo che se la sappia cavare da sola in caso di pericolo!” disse Zoro,
sedendosi a terra a gambe incrociate.
“Mina, siediti qui, al tuo solito posto. Te lo ricordi tesoro?” disse la
donna spostando una sedia, tirando nuovamente fuori la storia della figlia.
“Non sono Mina!” disse Nami esasperata,
accontentando però la donna.
“Cosa è successo a Mina?” chiese Usopp, facendo
rattristare l’uomo, mentre la moglie accarezzava i capelli di Nami, che sospirò rassegnata e la lasciò fare.
“Mina era nostra figlia. È stata rapita molti anni fa e ora dovrebbe avere
più o meno la tua età signorina, per questo mia moglie crede che tu sia lei!”
l’uomo si recò a prendere da una vecchia scatola, una fotografia rovinata e la
porse ai pirati.
Su di essa vi era una ragazza sui 15 anni, dai lunghi capelli arancioni
ondulati e occhi castani. I suoi occhi però erano leggermente più orientali
rispetto a quelli di Nami e aveva un piccola voglia sul
lato destro del collo. In quella foto la ragazza sembrava felice. Aveva un
gatto in braccio e un bel vestito rosa, decorato qua e là con del pizzo. I suoi
capelli erano lasciati sciolti, con la riga di lato e una forcina con una
decorazioni a fiori, le teneva la frangia in alto.
“Come vedere la vostra amica assomiglia molto a Mina e mia moglie è
talmente desiderosa di riavere indietro
nostra figlia che non riesce a rassegnarsi all’idea di non rivederla mai più e
anche le differenze che distinguono Mina dalla vostra amica, passano
inosservate!” disse l’uomo.
“Posso chiedere cosa le è successo?” chiese Nami
incuriosita.
L’uomo sospirò e cominciò a raccontare “Circa una decina di anni fa, una
nave è attraccata al nostro porto. Pensavamo si trattasse di turisti, sebbene
se ne vedano di rado o comunque dei pirati arrivati per fare rifornimenti,
anche se poco gentilmente. Ma non era un problema finchè
non pretendevano tutti i nostri beni e non ci facevano del male. Ma quella
volta ci siamo sbagliati. Quei pirati non avevano buone intenzione e non
avevano alcuna motivazione per cui andarsene nuovamente via. Si stabilirono qua
e cominciarono a farla da padroni. Non erano numerosi rispetto a noi, ma erano
molto forti e alcuni di loro erano possessori dei frutti del diavolo. Non
potevamo fare molto contro di loro e abbiamo cominciato ad accontentare tutte
le loro richieste, cercando comunque di andare avanti con le nostre vite.
Inizialmente abbiamo solo dovuto rinunciare a un po’ di cose per soddisfare la
loro avarizia, ma hanno preteso sempre di più togliendoci tutto e arrivando a
occupare il nostro villaggio.
Siamo stati costretti a spostarci qua e a vivere di quel poco che ci
lasciavano. Solo chi aveva dei figli sotto la soglia dei 20 anni, veniva
concesso più cibo per sfamarli e lasciarli sani. Ma era meglio avere di meno,
perché chi aveva un figlio di quell’età doveva convivere con la paura che
glielo portassero via!”
“è quello che è successo a voi? Hanno portato via Mina?” chiese Nami.
“Dovresti saperlo mia cara, ma ora è tutto finito!” disse la donna,
continuando a spazzolarle i capelli.
“Esatto!” disse l’uomo, sorvolando il commendo della donna.
“Ho paura a chiedere fratello…ma cosa ci fanno con quei ragazzi?” chiese Franky temendo la risposta.
L’uomo si morse il labbro “Inizialmente pensavamo che li arruolassero nella
loro ciurma o cose del genere, ma un giorno alcuni di noi, sono andati alla
ricerca dei nostri figli e…” l’uomo si interruppe, essendo troppo duro per lui
ricordare “…Sono stati trovati solo alcuni di loro. L-li abbiamo trovati in una
fossa, uno sopra l’altro privi di v-vita e Mina era una di loro!”
Il silenzio calò all’interno della casa, finchè
l’uomo singhiozzando continuò “Gli avevano estirpato il cuore!”
Rufy stringeva i pugni e si stava trattenendo
dall’andare da quei luridi pirati e prenderli a calci.
“A cosa gli possono servire dei cuori giovani, Chopper?” chiese Usopp cercando di capirci qualcosa, sulla motivazione di un
tale gesto.
“Bhe, tecnicamente a trapianti, ma non ci si deve
limitare a prendere un cuore a caso, ci vogliono controlli sulla
compatibilità!” disse il dottore.
“Infatti, ma i nostri ragazzi venivano presi a caso, quindi abbiamo
scartato l’ipotesi dei trapianti. Abbiamo indagato anche su questo, ma non
abbiamo trovato niente finchè uno di noi, ritrovandosi
uno di questi pirati davanti, gli ha sparato dritto al cuore e non è morto!”
disse l’uomo, sorprendendo i pirati.
“è possibile che non lo avesse ferito mortalmente?” chiese Sanji, accendendosi una sigaretta, subito dopo averne
finita una.
“No, ne sono sicuro. Ero io quello che ha sparato e ho una buona mira,
inoltre non è nemmeno svenuto per la quantità di sangue persa. Era li, che
rideva divertito e fu allora che venni a conoscenza di cosa ne facessero di
quei cuori. Chi aveva compatibilità con il cuore preso, se lo faceva
trapiantare, aumentando il numero di cuori a due, tre…in base a quanti
trapianti avessero fatto!”disse l’uomo.
“A che scopo?” chiese Tashiji inorridita.
“Per non morire e diventare più forti!” disse una voce che fino ad allora
non si era fatta sentire, quella di Brook.
Tutti si girarono verso la direzione dello scheletro e Tashiji
chiese “Cosa vuoi dire?”
Brook sospirò “Nel mio periodo di solitudine,
durante i quali ho navigato per anni su quello che restava della mia nave
pirata, ho incontrato diversi bucanieri che sono saliti a bordo in cerca di
tesori e alcuni di loro hanno parlato di qualcosa di simile, prima di scappare
alla mia vista. Un dottore pirata, non chiedetemi il nome perché non me li
ricordo non avendo più un cervello dove memorizzare le cose, era stato al cuore
durante uno scontro e credendo che stesse per
morire, compì un gesto disperato sperando di salvarsi. Si trapiantò da
solo il cuore del nemico che lo aveva ferito. Lo uccise lui stesso stando ben
attento a non colpire il cuore. Non sostituì il suo organo a quello nuovo, dato
che tolto il suo, sarebbe morto all’istante, ma riuscì a fare in modo di
metterlo vicino all’originale, collegando le vene necessarie per far circolare
il sangue. Finita l’operazione di trapianto, comprese che il suo cuore non si
era ancora fermato e decise di operare anche il suo, ritrovandosi così due cuori
funzionanti.
Il suo corpo si riprese in fretta, si sentì rinvigorito e soprattutto più
tranquillo, perché colpito un cuore aveva l’altro, inoltre la sua potenza era
aumentata!”
“Ma una cosa del genere è impossibile!” disse Chopper.
“No, se il dottore in questione era un possessore di un frutto del diavolo
speciale. Il frutto doctor doctor,
che rende capace di curare molte ferite impossibili grazie alla precisione con
cui il possessore può operare vedendo nella sua mente esattamente l’anatomia
umana o animale che sia. Inoltre è in grado di sostituire o duplicare i nervi,
muscoli e vene e si pensa che sia stato così che abbia potuto far funzionare
due cuori, creando due aorte, due giugulati e tutto il sistema sanguineo di cui
necessitava!” disse Brook “Certo queste sono chiacchiere
da pirati, ma dato che nel nostro mondo tutto può succedere, perché non questo?”
L’uomo infatti confermò la versione “Non so se il tipo che fa questi
trapianti abbia il potere del frutto del diavolo, ma il concetto è quello. Si trapiantano
i cuori per diventare immortali e potenti. Più cuori hanno, più forti sono!”
“Come possono diventare più forti?” chiese Rufy.
Chopper intervenne “Credo che sia lo stesso principio con cui diventi più
forte tu Rufy, quando usi il gear!”
Rufy piegò la testa, non comprendendo ciò che
il dottore voleva dire.
“Potresti spiegarti? Non siamo tutti dei medici qui!” disse Zoro.
“Quando Rufy usa il gear
aumenta la sua pressione sanguinea, quindi il sangue circola più velocemente il
che gli conferisce una forza disumana per diverso tempo. Più cuori si hanno,
più il sangue pompa velocemente dando a quei pirati maggiore potenza!” spiegò
Chopper.
“Si, ma Rufy dopo un po’ cade a terra stremato.
Hai detto anche tu che quella tecnica è pericolosa!” disse Sanji.
“è vero, a Ennies Lobbies
era ridotto davvero male. Com’è che questi pirati invece non hanno effetti
collaterali derivanti dalla pressione sanguinea?” chiese il cecchino.
“Per la stessa ragione. Hanno più cuori e lo sforzo e diviso e come se
fosse naturale. Rufy invece sottopone solo il suo
unico cuore a tutta quella pressione!” rispose Chopper.
“Quindi in caso di scontro con loro siamo fregati!” disse Usopp.
“No, non credo. Potremo avere dei problemi, ma non posso essere realmente
immortali, avranno un punto debole!” disse Shanks “Non
si può scherzare o correggere la natura!”
Chopper confermò “è quello che penso anche io. Il cuore non è sottoposto
sforzo, ma tutto quel sangue il cervello non
lo tollera, prima o poi andrà in tilt e provocherà la morte del suo
padrone!”
“Un po’ come quando si sta a testa in giù. Il sangue si concentra in testa
e sebbene la morte non sia immediata, questa prima o poi sopraggiunge, lenta e
inesorabile!” disse Tashiji.
Chopper annuì.
Rufy sorrise “Allora direi di utilizzare
questo tallone d’achille a nostro favore!”
“E come?” chiesero tutti all’unisono.
Robin era giunta dall’altra parte dell’isola. Non sapeva bene dove cercare,
ma dopo una lunga camminata, del fumo che si librava verso il cielo, le diede
indicazioni verso il villaggio.
Il villaggio era simile a tutti quelli che si potevano vedere nelle altre
isole. Regnava solo una grande sporcizia causata da pirati che non si lavavano
e gettavano l’immondizia per terra.
Non si fece notare, ma sparpagliando diverse orecchie in giro e prestando
attenzione alle chiacchiere e alle voci, riuscì a trovare quello che cercava.
Si diresse all’abitazione più grande, una casa a due pieni di un colore tra
il rosa e il bordeaux, con le mura scrostate in diversi punti. Il giardino che
la circondava sembrava quasi una giungla, dato che l’erba non era stata più
tosata e lasciando la vegetazione libera di crescere, questa si era impadronita
non solo del giardino, ma anche di una parte della facciata della casa.
Vide che davanti alla porta vi erano due guardie. Robin sorrise
comprendendo che queste non sarebbero state un ostacolo, dato che erano
ubriachi marci.
Facendo uso dei suoi poteri, prese due bottiglie di rum vuote, che erano
vicino ai loro piedi e li colpì in testa, mandandoli nel mondo dei sogni.
Quando la via fu libera, entrò in casa.
L’interno era meglio rispetto all’esterno. Era uno specchio. Tutto era
tirato a lucido.
L’archeologa diede il merito di quell’ordine a Regina, che ricordava
fissata con la pulizia e l’ordine. Se il giardino era così mal tenuto era perché
la donna non voleva sporcarsi.
Secondo Robin, una tipa come lei non
doveva essere una pirata e da quanto ne sapeva, sia lei che Crios,
erano intenzionati a lasciare perdere la pirateria.
Persa in questi pensieri però non si accorse di qualcuno alle sue spalle.
“Chi diavolo sei?” chiese un uomo a petto nudo panciuto, che le puntava una
pistola alla testa.
Robin non perse la calma e disse “Sono un’amica di Regina e Crios. Sono venuta qui per parlar loro!”
“Mi dispiace, nessuno sa dove ci troviamo, quindi non credo che tu sia una
loro amica!” disse l’uomo caricando la pistola.
“Lasciala andare idiota. Lei è dalla nostra parte!” disse Regina scendendo
le scale.
Robin venne lasciata libera e disse “Io non sono dalla vostra parte!”
Regina sorrise “Oh davvero? Non sei un pirata? Non sfrutti gli altri per il
tuo egoismo?”
“Non sono più quella persona e anche se era sbagliato quello che facevo, lo
facevo solo per mia difesa personale. Ma ora sono cambiata. Sono ancora un
pirata, ma non faccio del male a nessuno che non se lo meriti davvero. E da
quel che mi ricordo nemmeno tu!”
“Sono cambiata anche io. La vita è dalla parte dei più forti, bhe ero stufa di essere la più debole e ho creato un mio
regno!”
Robin alzò il sopracciglio “Un tuo regno?
E Crios che fine ha fatto?”
Regina ringhiò “Quel bastardo che mi ha fatto tante promesse, per poi
trattarmi come spazzatura? L’ho ucciso e ho preso il titolo di capitano della
sua ciurma e i suoi pirati non hanno opposto molta resistenza!” disse facendo
vedere le sue mani, dove le dita si trasformavano, in aghi, bisturi, tenaglie e
forbici.
“Il frutto del diavolo!” disse Robin non tanto sorpresa.
“Forte eh! Ti ho sempre invidiato per i tuoi poteri, ma ho fregato il frutto
di cui Crios voleva cibarsi e voilà!” disse regina
con sfrontatezza “Lui è stato il primo ad assaggiare questo potere. Non hai
idea di cosa sono capace!”
Robin invece non si fece cogliere impreparata “è il frutto doctor doctor. Probabilmente sei
il medico migliore al mondo, ma la tua bravura è dovuta solo a quel potere e
non a studi medici!”
“E che differenza fa? Non ho dovuto sbattermi per imparare nozioni che il
frutto mi ha messo in testa da solo!”
“La differenza sta nel fatto che tu non meriti lodi per quello che fai! Gli
altri medici hanno faticato e fatto sacrifici per essere in grado di salvare
delle vite!” disse Robin alzando la voce.
“No, la vera differenza che c’è fra me e gli altri medici, sta nel fatto
che loro salvano vite io le tolgo!” disse Regina divertita.
Robin sussultò e il suo sguardo si riempì di paura “Ti prego dimmi solo che
quegli scheletri di bambini e ragazzi che ho trovato venendo qua, non sono
merito tuo!”
Regina sorrise beffarda facendo intendere la risposta all’archeologa, la
quale si morse il labbro.
“Ho sbagliato a fidarmi di te!” disse Robin arrabbiata, stringendo i pugni.
“Uhm…no, non credo. Ho avuto pietà. Fra quegli scheletri non c’è nessuno
che conosci e solo perché ti ho sempre considerato un’amica e mi hai salvato in
diverse occasioni!”
L’archeologa spalancò gli occhi “Lei dov’è?”