Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Himenoshirotsuki    29/09/2015    8 recensioni
[Fantasy Steampunk]
La Dogma e la Chiesa, le colonne portanti di questo mondo. L'una che agisce con il favore dell'ombra, chiamando a raccolta i suoi cacciatori, gli Slayers, per combattere i mostri; l'altra che muove le sue armate di luce contro le vessazioni e i miscredenti in nome di un dio forte e misericordioso.
Luce e ombra, ying e yang che si alleano e si scontrano continuamente da più di cinquant'anni.
Ma è davvero tutto così semplice? La realtà non ha mai avuto dei confini netti e questo Alan lo sa. In un mondo dove nulla è come sembra e dove il male cammina tranquillo per le strade, il cacciatore alla ricerca della sua amata si ritroverà coinvolto in un qualcosa di molto più grande, un orrore che se non verrà fermato trascinerà l'umanità intera nel caos degli anni precedenti l'industrializzazione. Perchè, se è vero che la Dogma e la Chiesa difendono gli umani dai mostri, non è detto che non sarebbero disposte a crearne per difendere i loro segreti.
Genere: Dark, Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Slayers '
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Slayers
Act. 1 - Sunday without God



Stava albeggiando quando Alan riprese conoscenza. La prima cosa che percepì non appena aprì gli occhi fu l'odore della pietra bagnata e i vestiti fradici a diretto contatto con la pelle. Si domandò come mai si trovasse lì, al crocevia di una stradina deserta, ma i suoi ricordi erano confusi e cercare di riordinarli sembrava un'impresa impossibile con quel ronzio fastidioso nelle orecchie. Era sicuro di essere andato al Municipio e, se la memoria non lo ingannava, aveva ucciso Mercer e in seguito Dumbar. Da quel momento in poi erano solo un susseguirsi di immagini caotiche e sfocate. Girò di poco la testa, ma nel farlo non riuscì a trattenere una smorfia di dolore: la testa gli pulsava e ogni muscolo del corpo gemeva al minimo movimento, lasciandolo completamente senza fiato. Persino respirare era faticoso. Strinse i denti, già pronto a provare di nuovo ad alzarsi, quando una faccia conosciuta fece capolino sopra di lui. Sussultò per lo spavento e dovette trattenersi dall'imprecare.
- Tu sta bene? - chiese con tranquillità Angelika. 
Teneva la testa di Peter stretta al petto e lo fissava con un'espressione a metà tra il preoccupato e il divertito. Cosa ci fosse di divertente lo sapeva solo lei.
- Potrebbe andare meglio. - grugnì.
La ragazza tirò un sospiro di sollievo: - Appena capito che tu era in pericolo, io corsa qui e curato! - 
Il cacciatore corrugò le sopracciglia, senza capire a cosa si stesse riferendo. 
- Ah... - rispose con un tono leggermente scettico, - Mi daresti una mano? Sono a pezzi. -
Con un sorriso entusiasta, Angelika depose la testa di Peter al suo fianco e aiutò Alan, issandolo da sotto le ascelle. In realtà, lo sforzo maggiore lo fece il cacciatore, che non fu in grado di reprimere in tempo un gemito sofferente. Una volta seduto, ebbe modo di studiare i danni riportati e si rese conto che riusciva a muovere perfettamente la spalla. In più non avvertiva alcun dolore nel punto in cui i denti del Necromorfo erano affondati: a parte un profondo strappo nei vestiti, c'era solo una leggera linea rossa e dentellata incisa sulla pelle. Osservò Angelika in tralice e lei ricambiò con un sorriso soddisfatto stampato in faccia. Alan sospirò, alzando gli occhi al cielo: sì, decisamente doveva aver preso una brutta botta in testa.
- Perché non sei rimasta da Bacht? Ti avevo detto che dovevi aspettarmi da lui. -
- Ma tu era in pericolo! - protestò imbronciata, - Io salvato te con i miei poteri. -
- Tu... hai dei poteri? - domandò incredulo.
- Sì! Io capace di curare, anche se tu non avere molto bisogno. - gli indicò lo squarcio sulla spalla, - Quando arrivata, già cominciato a chiudere. Tu magico! -
- Sì, sono un folletto, Angelika. -
- Davvero? - afferrò la testa di Peter con un'espressione diffidente, - Però tu non essere verde. -
Alan inspirò profondamente, dicendosi di mantenere la calma. Parlare con Frejie era un esercizio di pazienza non da poco, ma avere a che fare con Angelika era peggio che tentare di instaurare un dialogo pacifico con un ghoul.
- Comunque, non riuscita a curare completamente. La linfa delle margherite aiutato a pulire, ma... -
- Hai usato delle margherite? - la interruppe basito, indeciso se ridere o prendere a testate qualche muro.
Da quel poco che sapeva di botanica, quei fiori non avevano alcuna utilità in campo medico, ma tra i due era l'unico a pensarla a quel modo vista l'occhiata seria che gli rivolse Angelika.
- Piante capaci di molte cose. - affermò lei, con lo stesso tono di una maestra che si rivolge a un bambino testardo.
Alan si limitò a scrollare le spalle. Anche se razionalmente sapeva che la ragazza possedeva sangue di driade nelle vene e che non era così strano che sapesse usare le qualità delle piante in modi insoliti, il solo fatto che fosse capace di qualcos'altro all'infuori di piangere gli era difficile da credere. Chiuse gli occhi per un momento, poi con un balzo si tirò su e recuperò la spada da terra. Non ricordava che gli fosse caduta. L'unica cosa che gli era rimasta impressa era il viso nascosto sotto il cappuccio nero della creatura che aveva ucciso Dumbar, un viso che lo aveva ghiacciato sin nelle ossa. Nonostante avesse sentito il freddo dell'acciaio sul collo, non era stato capace di muoversi, annichilito dalla visione di quegli occhi deturparti dai vermi e dalle beccate dei corvi. Rabbrividì, respingendo quasi con rabbia quell'immagine: era stata un'allucinazione, doveva esserlo, era la sola spiegazione che in quel momento era disposto ad accettare.
Con un sospiro angosciato tornò a rivolgere la sua attenzione ad Angelika.
- Sta bene...? Tu bianco. - l'espressione preoccupata della ragazza gli provocò un moto di fastidio.
- Sì, sto bene. - rispose sbrigativo, - Come mi hai trovato? -
Angelika incassò la testa nelle spalle e abbassò lo sguardo, puntandolo sulla nuca di Peter. Il cacciatore notò che era scossa da un leggero tremolio.
- Difficile... - borbottò.
- Provaci. - incrociò le braccia al petto, spazientito.
L'altra attorcigliò nervosamente una ciocca di capelli attorno al dito, ma non disse nulla.
- Parliamoci chiaro, Angelika. Non ho intenzione di portarti con me, per quel che mi riguarda puoi rimanere il giocattolino del signor Griffon, oppure andare a Brugge, anche se non ti assicuro che ci arriverai viva. - 
La trafisse con uno sguardo gelido e la ragazza gemette, stringendo ancora di più la testa tra le esili braccia, ma Alan non si fece impietosire.
- Non mi importa nulla di quello che sarà di te, finora ti sei rivelata solo un peso inutile e io, sinceramente, sono stufo di te e dei tuoi piagnistei. Il caso è risolto, ho fatto luce sulla morte di Peter ed eliminato i mostri. Non ci lega più niente, adesso, e io ho altre cose da fare. - concluse e rinfoderò la spada.
- I-io... no, non lasciare me sola... - la voce le si ruppe, ma si sforzò di articolare bene le parole, le lacrime che già le solcavano le guance.
- Convincimi, allora. Convincimi che non mi sarai d'intralcio. -
- Co... come? - lo fissò con aria persa.
- Te lo richiederò un'altra volta: come mi hai trovato? -
La ragazza tacque. Alan si chiese se fosse solo ostinata oppure dannatamente stupida. Sospirò e, senza pensarci due volte, le diede le spalle, imboccando la strada che sapeva lo avrebbe condotto fino alla locanda dove aveva lasciato Brunilde. Il vento si alzò, gonfiandogli il soprabito ancora pregno d'acqua e sospingendolo lungo l'acciottolato, ma dopo pochi passi udì un bisbiglio. Si fermò appena prima di girare l'angolo. Il sole era ormai sorto e i suoi raggi si riflettevano sulle pozzanghere, creando specchi accecanti.
- Io... - cominciò Angelika, - Io sentito dove tu era. -
- L'hai sentito? - interessato, Alan si voltò, - Cosa intendi? -
La ragazza deglutì: - Era come un filo, un filo rosso luminoso che tu aveva attaccato alla schiena. Quello guidato fino a te. -
Il cacciatore alzò un sopracciglio: - Lo vedi sempre questo... filo? -
- No, solo tu e Peter. -
- Ed erano entrambi dello stesso colore? -
- No, tu rosso, Peter blu. -
- E ci sono sempre stati, fin da quando ci hai incontrati? -
- N-no. - esitò e si mise a tormentare il lobo dell'unico orecchio del suo amato, - A te comparso dopo, perché io aveva paura che tu lasciare qui me. -
Lo Slayer contrasse la mascella, ma mantenne lo stesso tono di voce gelidamente neutro: - Ed è per questo che sapevi dove trovare il corpo di Peter. -
- No! Io pascolare lì, poi trovare per caso filo. -
- Quante sorprese... prima scopro che sai parlare e ora che sai usare la magia. Non sei poi così inutile. - 
Si passò una mano nei capelli argentati, costatando che erano incrostati di fango, sangue e chissà cos'altro. Ormai le guardie avrebbero dovuto trovare il cadavere di Mercer, specialmente per l'odore di putrefazione che appestava l'aria, impossibile da ignorare. Inoltre, non poteva di certo presentarsi da Frejie in quello stato: se già puzzava in quella maniera, non voleva immaginare in che stato sarebbe arrivato dopo tre giorni di viaggio.
Angelika lo guardava speranzosa, con gli verdi occhi spalancati pieni di paura e le mani strette a pugno nel tentativo di arginare le lacrime, anche se quelle non accennavano a fermarsi. Poteva udire i battiti accelerati del suo cuore fin da lì.
- Va bene, verrai con me da Frejie. Di persone in grado di utilizzare la magia ce ne sono poche in giro, sarebbe uno spreco lasciarti in questo buco di città. - capitolò.
Gli occhi della ragazza si illuminarono e un sorriso di sollievo le curvò le labbra: - Tu buono. -
- No, non sono buono. - dichiarò lapidario e si staccò una ciocca rossa dalla fronte, visibilmente scocciato.
- Sì, tu grande cuore gentile. -
Il cacciatore la trapassò con un'occhiata truce: - Un'altra parola e potrei cambiare idea. -
Angelika aprì la bocca per parlare, ma la richiuse immediatamente, mugugnando qualcosa che Alan non capì, ma nemmeno quell'ultima minaccia bastò a farle passare la nuova espressione felice. Le fece cenno di seguirlo e si diressero in fretta al mercato nero. 
Dall'entrata erano stati tolti i corpi dei drogati e, nonostante il via vai continuo di gente, riuscirono ad arrivare al banco di Bacht abbastanza in fretta. Inaspettatamente, però, davanti al tendone non c'era solo il mercante. Seduto proprio vicino a lui c'era padre Izydor, intento a guardare una brillante gemma di potere. Bacht gli stava mostrando i cavi di rame che si attorcigliavano attorno alla pietra e descriveva infervorato tutti gli utilizzi che poteva avere. L'altro ascoltava con attenzione, annuendo e facendo qualche commento di tanto in tanto, anche se Alan non era certo che ci stesse davvero capendo qualcosa.
Dopo aver preso un bel respiro si avvicinò, seguito da Angelika, che continuava a far guizzare lo sguardo dal mezzelfo alla pietra, indecisa su quale dei due fosse più interessante. 
- Sasso colorato! - esclamò infine entusiasta, saltellando eccitata sulla gamba sana.
Alan scosse la testa sconsolato, ma, prima di poterla redarguire come si deve, Bacht lo precedette: - Non è un sasso, è una pietra molto potente che i maghi usano per i loro incantesimi. -
- Sì, e da quello che so sono anche molto difficili da trovare. - aggiunse Izydor, - Sono stati condotti alcuni scavi nella contea di Cork e... -
- Possiamo rimandare la lezione di gemmologia a dopo? - lo interruppe bruscamente lo Slayer.
Bacht lo guardò in cagnesco, mentre Izydor gli sorrise, facendogli cenno di avvicinarsi. Ovviamente il cacciatore non se lo fece ripetere. Non voleva ammetterlo, ma era curioso di sapere cosa ci facesse il religioso in quel posto così degradato.
- Le informazioni che mi hai dato mi sono tornate molto utili. - esordì allora rivolto a Bacht.
Il mercante si sfregò le mani con un sorriso sornione: - Avevi dubbi? Io ho fiuto per gli affari, so sempre come soddisfare i miei clienti. -
- Se hai un tuo tornaconto personale, sicuro. - commentò sbuffando.
- Sempre a pensare male. - borbottò Bacht indispettito.
- Tuttavia, c'è un problema: non ci sarà alcuna ricompensa per questa caccia. -
L'uomo lo fissò confuso, poi contrasse la mascella, mentre l'iride rossa dell'occhio meccanico si ridusse a una fessura. La faccia gli divenne rossa per la rabbia a stento trattenuta.
- Mi hai preso per il culo, quindi. -
- No, semplicemente mi ero dimenticato che Mercer non aveva mandato la richiesta alla Dogma... - 
- Ah, perciò adesso cosa facciamo? Mi pagherai vendendo il tuo corpo in giro?! - sbottò.
- Sei fuori di testa. -
- E tu sei un truffatore. - sibilò collerico, sbattendo il pugno sul banco.
Alan stava per rispondergli a tono, quando la voce pacata di padre Izydor richiamò la sua attenzione.
- Signor Slayer, signor Bacht, vi prego di calmarvi, siamo in un luogo pubblico. - 
Posò lo sguardo prima sul cacciatore e poi sul mercante. Alla vista di quell'espressione severa, nessuno dei due ebbe il coraggio di replicare. Prese la pietra e la diede ad Angelika, che, incurante del litigio in corso, fino ad allora non aveva fatto altro che fissarla. Le elargì un sorriso gentile e, dopo averle raccomandato di non farla cadere, la ragazza prese a giocare coi cavi di rame, rigirandosela tra le mani sotto gli occhi attoniti dei due.
- Per la ricompensa non c'è alcun problema. - proseguì tranquillo.
Alan inclinò la testa, perplesso quasi quanto Bacht, così il religioso si affrettò a spiegare.
- Visto che il signor Mercer rifiutava l'aiuto della Dogma, dopo aver a lungo riflettuto ho reputato necessario mandare uno dei miei fratelli alla città più vicina per affiggere la richiesta alla bacheca della filiale della gilda. -
- Padre, mi sta dicendo che lei ha... - balbettò sconvolto il mercante.
- Non siamo tutti come te, che non fai mai niente per niente. - lo rimbeccò Alan.
Izydor sedò sul nascere il loro litigio con un gesto imperioso della mano e Bacht dovette soffocare la sua risposta in un borbottio indistinto.
- Quanto le devo, signor Slayer? Io avevo posto una ricompensa di duecento raie, ma sa, non so quanto sia la sua parcella. - 
- Direi che duecento sono più che sufficienti. - 
- Alan! Non vorrai davvero chiedere dei soldi a un uomo di chiesa?! - lo rimproverò il mercante.
Padre Izydor gli posò una mano sulla spalla, intimandogli di calmarsi: - Ha rischiato la sua vita, mi sembra più che giusto che esiga una ricompensa. - 
Prese un borsello che aveva appeso alla cintura e lo posò sul banco senza indugio. 
- Le chiedo solo di raccontarci la verità. Sappiamo da voci che è stato trovato il corpo di un mostro. -
- Uno? -
Il cacciatore si appropriò lesto del borsello, ignorando lo sguardo di biasimo di Bacht. Le cannule di rame della protesi sbuffarono in sincrono coi movimenti scattanti del loro proprietario.
- Sì, le guardie dicono che stamattina hanno fatto irruzione nella sala grande del Municipio e hanno trovato un essere senza faccia. -
- Un doppelganger, aveva preso il posto del dottor Mercer. Non hanno trovato nient'altro? Nemmeno nelle strade? -
- No. - Izydor guardò Bacht, che scosse la testa.
Alan fece per aggiungere altro, ma un pensiero lo gelò: nemmeno quando si era svegliato aveva visto il corpo di Dumbar. Afferrò Angelika per il braccio, costringendola ad alzare il capo dalla gemma di potere.
- Tu non hai visto nulla? - 
- Cosa? -
- Stamattina, quando mi hai trovato... -
- Ah, alla fine sei riuscito a scovarlo davvero! - si intromise Bacht, guadagnandosi un'occhiata truce da parte del cacciatore. 
- Sì! Trovato io... -
- Non ti ho chiesto questo. - la voce di Alan celava a stento l'esasperazione.
Erano giorni che non dormiva in un letto decente, aveva i nervi a fior di pelle e ora c'era di nuovo quella sensazione di angoscia che sembrava corrodergli le viscere dall'interno. Anche se non voleva darlo a vedere, ciò che aveva visto sotto il cappuccio di quella creatura lo aveva terrorizzato. 
Angelika dovette intuire il suo stato d'animo, perché scosse la testa sussurrando un semplice “no”, con una voce così fievole che persino le orecchie dello Slayer faticarono a coglierlo. Sospirò, cercando di mantenere una parvenza di calma, e rifletté in fretta sulla risposta da dare. Sentiva gli occhi di padre Izydor e Bacht addosso, ma non poteva di certo raccontare tutta la verità sulla sera prima: dopotutto, nemmeno lui sapeva cosa fosse realmente successo.
- Anche Dumbar era un mostro. - rivelò esitante.
- Mostro, stronzo, quale vuoi sia la differenza? - scherzò il mercante.
- Bacht. -
- Va bene, va bene. - si sedette composto e si accese un sigaro senza aggiungere altro.
- Dicevo... era un Necromorfo, un mostro che può prendere l'aspetto della creatura che ha precedentemente divorato. Ieri, quando si sono visti scoperti, mi hanno attaccato, ma l'unico che sono riuscito a uccidere subito è stato il doppelganger, mentre Dumbar è scappato per le strade di Iadera. -
- Significa che è ancora in circolazione? -
La preoccupazione si fece strada sul viso del religioso: le labbra si tirarono in un'unica linea e le dita intrecciate si strinsero in un modo quasi impercettibile, ma Alan lo intercettò con la coda dell'occhio. 
- No, sono riuscito a stanarlo e a ucciderlo prima che prendesse l'aspetto di un'altra persona. - mentì e si sistemò nervoso la spada sulla schiena, - Purtroppo, per la grande perdita di sangue, sono svenuto e non ho le prove della sua morte. In ogni caso, anche se gli avessi tagliato la testa, sarebbe diventata polvere nel giro di poche ore. -
Padre Izydor rimase in silenzio, come se stesse soppesando le sue parole. Alan sostenne il suo sguardo senza timore, cercando di non far trasparire alcuna emozione. In fondo, non aveva mentito completamente, e poi, se l'essere fatto di fumo nero era davvero ciò che pensava, probabilmente Dumbar era stato divorato. Mangiato o polverizzato, che differenza poteva fare? Il nemico era stato smascherato e sconfitto, tanto bastava.
- Sia ringraziato Shamar. - Izydor tirò un sospiro di sollievo e gli sorrise, - Grazie di averci aiutato, signor Slayer. Posso sapere il suo nome? -
- Alan. -
- Alan come, di grazia? -
Rilassato, il cacciatore posò sul banco le cento raie mancanti per saldare il conto con Bacht, che questi arraffò subito.
- Solo Alan. -
- Bene, Alan, la ringrazio a nome di tutta Iadera e dei Confratelli del Sole. - 
Inaspettatamente gli strinse la mano, una stretta forte, decisa. Il cacciatore rimase per un secondo stupito di quella dimostrazione di gratitudine, poi si sforzò di ricambiare il sorriso.
- Spero di incontrarla di nuovo, signor Slayer, magari in circostanze meno macabre. -
Alan chinò leggermente il capo in segno di rispetto. Poi si girò verso Angelika, che aveva perso interesse per la pietra e ora si stava trastullando con un cacciavite arrugginito, sussurrando qualcosa di tanto in tanto all'orecchio di Peter.
- Con lei cosa farai? - Bacht richiamò la sua attenzione.
- Davvero ti interessa? -
Il mercante spense il sigaro nel posacenere stracolmo e se ne accese un altro.
- Sai, dopo quello che le è capitato, non credo voglia rimanere qui a Iadera. -
- Quanto sei dolce. - un ghigno sgradevole gli arcuò le labbra, ma Bacht non si fece impressionare, o almeno cercò di non darlo a vedere, - Verrà con me. Credo abbia delle capacità magiche che potrebbero tornarci utili. -
L'uomo fischiò e squadrò Angelika di sottecchi: - Non l'avrei mai detto. -
- Nemmeno io. -
- Forse è un'incantatrice spontanea. -
Si girarono entrambi verso Padre Izydor, che alzò prontamente le mani.
- Oh, scusate, non volevo essere invadente. -
- Non si preoccupi, qui in fatto di magia siamo ignoranti. - rispose Bacht con tono affettato.
“Parla per te.”
Alan lo guardò in cagnesco, ma ingoiò la bile senza commentare.
- Lei invece sembra saperne qualcosa. - 
- In realtà so proprio il minimo indispensabile. Sapete... - si toccò le leggere orecchie a punta, - Sono un mezzo sangue anche io e nel mondo elfico la magia è un dono naturale. Tra Elfi del Giorno ed Elfi del Crepuscolo non c'è una grande divergenza per quel che riguarda le abilità magiche, ma ovviamente c'è anche chi non è molto portato. -
Alan ricordò le lezioni di maestro Wylzmej alla Rocca di Mohor e la totale incapacità di risvegliare il suo circuito magico, a differenza di Eluaise. 
- Beh, so che per diventare maghi bisogna studiare, no? -
- La sua domanda è logica, signor Bacht, ma l'affermazione che contiene è vera per metà. - prese la gemma di potere e ne sfiorò la superficie con la punta delle dita, - Ci sono persone che necessitano di anni di studio prima di riuscire anche solo ad accendere un piccolo fuocherello, altre invece manifestano fin da subito una predisposizione naturale. -
Alan incrociò lo sguardo confuso di Angelika. Per quanto ci provasse, gli sembrava impossibile che potesse diventare una maga, però, per fortuna, non stava a lui deciderlo.
- Bene, noi dobbiamo andare. -
Fece un cenno alla ragazza e, dopo aver salutato di nuovo Bacht e padre Izydor, si avviarono verso l'uscita del mercato. Camminarono fino alla locanda e Alan pagò l'oste per avergli tenuto il cavallo nella stalla. Dopo aver fatto salire in sella Angelika, si ripromise di non mettere mai più piede in quella maledetta città, dove persino le scuderie erano più sporche di un letamaio. Non che dopo tutto quel tempo trascorso con il lezzo di una testa mozzata sotto il naso, il fetore di sterco gli creasse grossi problemi.
“Avrei bisogno di un bagno, ma almeno il puzzo terrà lontana la gente.” 
Sospirò e tirò Brunilde per le redini, imboccando la via maestra.
Quando nel suo campo visivo entrò l'immensa prateria al di fuori di Iadera, vide che Angelika si agitava. L'aveva costretta a infilare la testa di Peter in una borsa che pendeva dalla sella e, in un primo momento, non dette peso al suo comportamento. Tuttavia, quando si rese conto che non si calmava e stava facendo innervosire Brunilde, si fermò. Erano su un sentiero in terra battuta e intorno a loro c'erano campi a perdita d'occhio. A Sud svettavano orgogliosi gli alberi sempreverdi della foresta di Brugge.
- Cosa c'è? - sputò scocciato.
- Andare da signora nello specchio? -
- Sì, te l'ho già detto prima. -
“Meno male che tra poco mi libererò di te.”
- Noi non porta dolcetti? -
- Dolcetti? Di che dolcetti stai parlando? -
Prima che Angelika potesse rispondere, Alan capì a cosa si riferiva e ricordò le parole di Frejie quando gli aveva “gentilmente” chiesto di comprarglieli. Imprecò e maledì tutti gli dei che conosceva, per poi fare marcia indietro e riavviarsi di nuovo verso Iadera.
“Dannato me e il giorno in cui ho deciso di aiutare 'sta città. Riuscirò mai ad andarmene?”

 

*


Arrivarono a Westmoth quattro giorni dopo, di domenica pomeriggio. Angelika camminava avanti, saltellando come un cucciolo spensierato, mentre Alan procedeva in groppa a Brunilde con un'espressione fintamente calma. Il tempo non era stato misericordioso e, quando i tetti di Iadera erano scomparsi alla vista, non aveva fatto altro che piovere e il terreno era diventato una poltiglia fangosa che li aveva drasticamente rallentati. Di giorno non era poi così difficile avanzare, anche se il sole scaldava appena e la visibilità era ridotta, ma già al crepuscolo erano costretti a fermarsi, sia che si trovassero in mezzo a un bosco, sia che fossero in prossimità di una cittadina. Angelika crollava non appena si avvolgeva nel suo soprabito e così il cacciatore doveva fare tutti i turni di guardia al freddo. In nessun caso si sarebbe fidato di dormire e lasciare la ragazza a fare la ronda, ma quei ritmi serrati l'avevano sfiancato. Quelle poche volte che avevano avuto la fortuna di riposare in una taverna, il volto sfregiato di Eluaise era tornato puntuale a tormentarlo, strappandolo al sonno.
Sospirò stancamente e incitò Brunilde schioccando la lingua, tenendo in bilico il vassoio di cupcakes sull'arcione. Quando entrarono in città, il profumo dell'anatra e del pudding appena sfornato gli fece brontolare la pancia, ricordandogli che erano giorni che non consumava un pranzo decente. Si augurò che anche Frejie fosse di festa. Smontò, optando per procedere a piedi fino a Westmoth alta. Angelika zoppicava al suo fianco, guardandosi intorno con un'espressione a metà tra il disorientato e il meravigliato, ma Alan non si premurò di spiegarle nulla: ci avrebbe pensato Frejie se e quando avesse voluto. Da lontano, nella parte meridionale della città, si alzava un coro di voci che inneggiavano alla gloria di Shamar.
Salirono le numerose rampe di scale per raggiungere i quartieri dei ricchi e percorsero tutto il viale con le case bianche, i prati tagliati con cura e le porte colorate, senza incontrare nessuno. La neve si era sciolta, lasciando in vista delle macchie di un verde intenso, quasi innaturale. Un giovane giardiniere stava potando i rami secchi di un alto melo e, quando passarono, li squadrò con disprezzo. 
Dieci minuti più tardi, Alan bussò alla villa della maga. Immediatamente un maggiordomo ingessato in un frac nero venne ad aprirgli. Il papillon era ben stretto attorno alla gola e aveva una verruca a dir poco vistosa sulla guancia. Rivolse loro un'occhiata di sufficienza, magari pensando di aver a che fare con dei poveracci che si erano persi. Il cacciatore avvertì l'irresistibile tentazione di sfogare tutto il nervosismo su di lui, ma si impose di non reagire.
- Buongiorno. Lei è...? - chiese il maggiordomo ad Alan.
- Mi chiamo Alan. Sono qui per vedere Frejie. -
L'uomo inarcò un sopracciglio, arricciò il naso con palese disgusto e lo scrutò con sussiego. Poi i suoi lineamenti tornarono neutri e abbozzò un inchino.
- La contessa Barazethai la attende nel suo studio. - 
- Bene. - 
Soddisfatto, Alan fece cenno ad Angelika di avvicinarsi.
- La signorina non mi pare sia stata annunciata. - obiettò però il maggiordomo, che si portò rapidamente una mano al naso simulando un colpo di tosse. 
Lo Slayer non biasimò quell'uomo per il suo comportamento poco rispettoso nei confronti di un ospite, infatti Angelika puzzava quanto e forse più di lui. Non c'era bisogno di fingere. Recuperò il pacchetto dei cupcakes dalla sella e scrollò le spalle.
- Frejie sa già tutto. Mandi qualcuno a occuparsi del mio cavallo, per favore. - 
Lo superò senza tante cerimonie e ghignò all'udire il brontolio scocciato proveniente dalla soglia. Passò davanti ai quadri di discutibile bellezza degli antenati della maga, che catturarono immediatamente l'interesse della sua compagna, la quale si soffermò spesso a contemplarli ammirata, e proseguì verso il suo studio. Quando entrarono, trovarono Frejie seduta sulla sua poltrona, con le gambe accavallate sul tavolo stracolmo di libri. Li fissava con un sorriso imperscrutabile, le labbra sottili dipinte di un rosso acceso e i capelli biondi legati in una morbida treccia laterale. I monili d'oro e d'argento, intarsiati di pietre preziose e gemme di potere, brillavano alla luce soffusa delle candele.
- Finalmente ti degni di farti vedere. - esordì con finto tono lamentoso, poi mise giù le gambe e l'abito color vinaccia scivolò, accarezzando le caviglie nude.
- Ci ho messo più tempo del dovuto a finire il lavoro. - sospirò Alan, sedendosi sulla prima sedia che vide, mentre Angelika si accucciò sul tappeto. 
Con ancora in mano il vassoio dei dolci e senza sapere cosa farci, lo posò su un carrello sotto uno specchio ovale. La maga alzò un sopracciglio, ma non commentò, andandosi a sistemare sulla poltrona di pelle dietro il tavolo da lavoro.
- Allora, chi sarebbe questa fanciulla? -
- E' una lunga storia. -
- Oh, abbiamo tempo. - ammiccò con uno sguardo che non prometteva nulla di buono.
- A stomaco pieno credo riuscirei a raccontare meglio. -
Frejie sbuffò e suonò una campanella. Quattro giovani camerieri entrarono all'istante, come se fossero stati appostati là fuori tutto il tempo in attesa del segnale, portando quattro vassoi pieni di cibo. Li posarono sul carrello sotto lo specchio, per poi uscire di nuovo, chiudendosi silenziosamente la porta alle spalle. Senza nemmeno attendere, Angelika si buttò sulle pietanze, ingozzandosi di tutto quello che le capitava a tiro. Alan e Frejie furono più tranquilli e, cercando di non far caso ai versi della ragazza, si servirono su dei piatti d'argento, anche se il cacciatore avrebbe voluto agguantare una coscia di anatra e mangiarla a morsi. Purtroppo sapeva che la maga non gli avrebbe perdonato una tale mancanza di educazione al suo cospetto.
- Allora? Sono tutta orecchie. - 
Frejie si portò alle labbra un acino d'uva, senza distogliere gli occhi da quelli del suo ospite. Gustandosi ogni singolo boccone di quella tenera carne affogata nel succo d'arancia, Alan le raccontò gli avvenimenti degli ultimi giorni, senza tralasciare nulla. Prestò attenzione all'espressione della maga, che, man mano che la storia proseguiva, si ammorbidiva. Se prima guardava Angelika quasi con disgusto, adesso la osservava con un'espressione compassionevole e triste. Quando lo Slayer terminò, lei restò in silenzio, gli occhi fissi sulla ragazza, che adesso stava piluccando il caviale come se fosse la cosa più buona del mondo.
- Che bestie... mi chiedo come faccia quella gente a dormire sonni tranquilli. -
Alan sospirò e si portò alle labbra una fetta di torta alle fragole. Il sapore dolce della pasta sfoglia e della marmellata gli esplose in bocca.
- Mi hai portato i cupcakes che ti ho chiesto? - c'era una nota di divertimento nella voce di Frejie, come se sperasse di prenderlo in fallo. 
Con un sorriso soddisfatto, lo Slayer si alzò e le porse il vassoio dei dolci. La carta era un po' stropicciata, ma il logo dorato della famosa pasticceria Bazyli si vedeva ancora. Ancora si chiedeva come potesse esserci un posto tanto raffinato in quel buco di città. Frejie scartò il pacchetto e addentò uno dei dolci. A giudicare dal mugolio sognante che emise, dovevano piacerle molto.
- Davvero ottimi, da leccarsi i baffi. -
“Con quello che mi sono costati...”
- Sono contento. -
- Vuoi favorire? -
Alan scosse la testa: - Sono pieno, grazie. -
- Meglio, così posso finirli io. - 
Diede un altro morso e due gocce di cioccolato le caddero nel décolleté generoso, ma in quel momento l'incolumità del vestito sembrava un problema minore. Il cacciatore lanciò un'occhiata distratta alla scollatura, mentre attendeva che lei finisse di mangiare. Sì, era decisamente bella, lo era sempre stata, sia prima sia dopo aver usato la magia su di sé, anche se Alan non aveva mai capito perché avesse deciso di cambiare così drasticamente il suo aspetto.
- Parlando di cose importanti. - si pulì le mani laccate di rosso su un tovagliolo, - Cosa vuoi che faccia con lei? - fece un leggero cenno del capo in direzione di Angelika, che ora se ne stava raggomitolata a dormire vicino al camino acceso.
- Pensavo di lasciarla a te. Come ti dicevo, ha delle doti che solo con un buon addestramento potrebbe sviluppare. -
La maga schioccò la lingua: - Vedo che leggere tutti quei manuali di magia ti è servito a qualcosa. Pensi che vorrà rimanere? -
- Non credo si opporrà adesso che sa quanto cibo circola in questa casa. -
A quella battuta, Frejie non riuscì a trattenere una risata: - Sì, potrebbe farle davvero bene. Non ho mai avuto un'allieva, sarà divertente saggiare le sue abilità. -
- Cerca di non essere troppo dura. -
- Da quando ti preoccupi per qualcuno all'infuori di te stesso? - lo stuzzicò, mentre si versava un bicchiere di vino rosso e gli lanciava un'occhiata carica di ironia. 
Alan la ignorò, bevve un sorso di birra e lasciò che il sapore del malto gli scivolasse in gola. Socchiuse le palpebre e lasciò vagare lo sguardo nella stanza, senza fissare la sua attenzione su nulla. Solo quando si sentì pronto parlò.
- Hai scoperto qualcosa di Eluaise? -
- Sì e no. -
- Cioè? -
Frejie fece ondeggiare la coppa e si bagnò le labbra col vino. Da dietro le ciglia chiare, Alan scorse uno sguardo assente. Poi la maga si avvicinò ad un mobile, aprì un cassetto ed estrasse la ciocca di capelli che lui le aveva consegnato.
- Diciamo che con quello che mi hai lasciato non ho potuto fare molto. Purtroppo la geomanzia richiede qualcosa di più per identificare la posizione dell'individuo desiderato. Con questi sono riuscita a delineare una zona dove adesso potrebbe trovarsi, che è ampia quasi più di cento miglia. -
- Mi prendi in giro? -
- Ti sembra che stia scherzando? - lo fulminò con un'occhiata tagliente, - Ci ho lavorato un bel po', ma più di questo non posso fare. O meglio, potrei, ma con qualcosa di più che una ciocca di capelli. -
Alan chiuse gli occhi e sospirò: - Dove. -
- Dalla contea di Fermanagh, passando per Cork, fino ad Antrim sud. Waterford e Crowne prima del fiume Nemil. -
- Tutta la New England meridionale, in pratica. Sul serio non sei riuscita a fare di meglio? -
- No, va bene?! - sbottò irritata, - C'è anche qualcosa che scherma la mia magia. -
- Una barriera? -
- Credo che Eluaise sia diventata dannatamente furba. Non so per quale motivo, ma ha preso tutte le precauzioni per non farsi localizzare. E deve essere qualcosa di davvero potente, perché ogniqualvolta cerco di visualizzarla, il mio potere rimbalza contro uno spesso muro di nebbia. -
- C'è la possibilità di capire da chi o da cosa sta scappando? -
- Difficile. L'oggetto che ha addosso ha una schermatura molto ampia. Potrei provare, ma sarebbero delle informazioni estremamente imprecise. -
Alan si passò le mani sul viso, frustrato e impotente. La visione della faccia putrefatta della ragazza gli faceva meno paura adesso che aveva la certezza che Eluaise era viva, ma sapeva di non avere in mano praticamente nulla. Se fosse stata in pericolo, non sarebbe riuscito a soccorrerla in tempo e sarebbe stato come ad Eartshire, quando era arrivato e aveva trovato solo lapidi e rovine fatiscenti. Il ricordo gli strappò il respiro e all'improvviso sentì la stanchezza di quei giorni gravargli sulle spalle più di prima.
La maga si morse le labbra, ma si trattenne dal prendergli la mano e stringergliela.
- In compenso ho parlato con un mio conoscente alla Dogma e gli ho chiesto di fare una ricerca su quello che è accaduto ad Eartshire. - aggiunse pacata.
Attese qualche istante, ma quando capì che il cacciatore non aveva intenzione di parlare, si convinse ad andare avanti, cercando di non tradire troppe emozioni.
- Non c'è nulla di certo, le fonti ufficiali dicono che è stata un'orda di mostri a distruggere la contea, ma secondo voci indiscrete è solo una copertura per nascondere che, in realtà, è stata opera di uno solo, come dicevi tu. Purtroppo non ci sono abbastanza prove. Da quel poco che hanno rinvenuto, pensano si tratti di un Antico. -
A quella parola, Alan alzò di scatto la testa: - Un Antico? -
- Sì. E' molto probabile che sia stato un Antico, ma non sanno altro. -
- Cazzo. - sbuffò e si massaggiò le tempie, esibendosi in una smorfia esasperata, - Però, in effetti, è l'unica teoria che abbia senso. I soli dotati di una forza tale da compiere un simile disastro sono proprio gli Antichi. -
- Non ti preoccupare, Alan: se l'Antico in questione si è appena svegliato, non sarà nel pieno delle forze. Ed Eluaise sa badare a se stessa. - tentò di consolarlo Frejie, ma anche lei sapeva quando potessero essere feroci quegli esseri. 
Nonostante tutto, Alan riuscì ad annuire.
- E la creatura che mi ha attaccato a Iadera? -
- Sì, probabilmente è il Boogeyman. - rise, cercando di alleggerire l'atmosfera, - Non ti preoccupare, non era la Dama Nera in persona. Sei stato veramente fortunato, in pochi possono vantarsi di essere sopravvissuti ad un incontro così ravvicinato. In tutta onestà, non so perché ti abbia risparmiato, non è nella sua indole mostrare misericordia. Comunque, meglio non sfidare il Boogeyman, è una delle creature più potenti che abbia mai calcato queste terre. - 
- Sì, certo, va bene. -
- Sai dire soltanto questo? Non hai avuto paura di morire? -
- Ovvio che l'ho avuta, ma l'unica cosa che posso sperare è di non imbattermi in lui una seconda volta. -
Frejie fece per aggiungere altro, tuttavia si accorse che il cacciatore si era irrigidito e i muscoli si erano inspiegabilmente tesi come quelli di un animale braccato: non era semplice timore, ma profondo e radicato terrore. 
- Deve essere stato orribile... - 
- Già. - rispose laconico, - Ora devo andare. -
- Parti subito? -
- E' meglio che non sprechi tempo prezioso, lei potrebbe essere in pericolo. - spiegò con aria cupa.
Frejie gli fu subito accanto e gli strinse debolmente il braccio. L'espressione era dura, ma sotto le ciglia dorate Alan intravide una profonda tristezza e una preoccupazione che mai fino a quel giorno aveva mostrato. Quando parlò, però, dalla sua voce non trasparì niente della tempesta che le imperversava dentro.
- Non puoi, non ora almeno. -
- Perché? Devo aiutarla. -
La mano sul braccio scivolò fino a quella dell'altro e la maga intrecciò le loro dita, lo sguardo incatenato al suo. Un silenzio saturo di tensione riempì l'aria e una strana forza magnetica li attirò l'uno verso l'altra, avvinghiandoli in un abbraccio soffocante, quasi doloroso. In quell'abbraccio c'erano parole non dette, sentimenti inespressi, incertezze e sogni infranti, che appartenevano ad un lontano passato; ma, come il passato, anche essi a volte tornavano e, quando lo facevano, era come essere investiti da una frana. Fingere di essere invincibili era un gioco che conoscevano bene, ma alla lunga stancava. 
Tacquero entrambi per interminabili minuti, senza trovare il coraggio di parlare, di dare un nome alla bufera che era esplosa nei loro animi. I capelli della maga sapevano di rose e incenso, ma al di sotto di quel profumo Alan riuscì a fiutare l'odore della sua pelle, che ormai conosceva a memoria. Un odore dolciastro ma non sgradevole, che lo aveva consolato per un lungo periodo della sua vita; un odore malinconico e nostalgico, che riesumava ricordi sopiti.
- Frejie... - 
Lei gli posò delicatamente un dito sulle labbra per intimargli il silenzio e gli accarezzò la guancia con un sorriso triste, incurante della polvere che le sporcava i polpastrelli.
- Non dire niente. - sussurrò, poi la mano si mosse e si infilò nella chioma argentata, giocando con una ciocca rossa.
Alan non disse nulla, non si allontanò né la respinse, abbandonandosi al tepore che quei tocchi delicati gli trasmettevano. C'era stato un tempo in cui si era immerso anima e corpo in quel calore, un tempo in cui lui e Frejie erano stati una cosa sola, un tempo in cui aveva creduto di amarla più di se stesso, più di Eluaise. Ma lui non poteva amare nessun altro più di Eluaise e la maga l'aveva sempre saputo.
Il riflesso che le iridi violette della donna gli rimandarono fu quello di uno Slayer, un cacciatore di mostri freddo e implacabile. Doveva riprendere il controllo, aveva permesso alla luce che albergava in lui di prendere il sopravvento con troppa facilità e questo non era ammissibile, non più. L'oscurità era la sua compagna ormai e le sarebbe stato fedele e devoto fino alla fine. Si irrigidì.
- Scusami... - soffiò la maga, sussultando come scottata.
Distolse lo sguardo e fece un rapido passo indietro, riacquistando in un battito di ciglia la postura rilassata e l'espressione altera.
- Puoi rimanere qui stasera. Ti faccio preparare una stanza e un bel bagno. Anche per la tua amica. - proseguì, la voce priva di qualsiasi inflessione. 
Alan annuì e Frejie uscì a passo veloce dalla stanza, senza voltarsi indietro.
Da fuori si alzò un'ultima nota di pianoforte, il coro della chiesa di Shamar tacque e la stanza piombò ancora nel silenzio, interrotto solo dal quieto respirare di Angelika e dal crepitio del fuoco nel camino.

  
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Himenoshirotsuki