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Autore: Jules_Weasley    03/10/2015    8 recensioni
Siamo nel Post Seconda Guerra Magica, qualche anno dopo la caduta di Voldemort: Hermione, tornata da un viaggio di qualche mese, bussa al negozio del vecchio Ollivander, con una richiesta molto strana. La sua vita non è come la vorrebbe e la guerra le ha fatto realizzare che ha una sola possibilità di essere felice, e non la vuole sprecare facendo quello che è opportuno o che ci si aspetta da lei. Ora, di nuovo in Inghilterra, decide di virare la rotta ed imparare a creare qualcosa con le proprie mani le farà riscoprire le piccole grandi gioie dell'esistenza. In tutto ciò dovrà anche fare i conti con una vita sentimentale... movimentata. Che fine ha fatto Ron? E quale sarà il ruolo di Fred nella sua vita? E quale sarà quello di Malfoy? Questa storia sarà una Fremione o una Dramione? O semplicemente la storia di una ragazza che cerca il suo posto nel mondo? Queste sono le domande, la risposta è la storia...
Genere: Angst, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Fred Weasley, Hermione Granger, Olivander | Coppie: Draco/Hermione, Fred Weasley/Hermione Granger, Harry/Ginny
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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CAPITOLO DODICI – Gelsomino



La serata si concluse con il felice ritorno di Harry-sono-molto-molesto-Potter a casa propria, in Grimmauld Place numero 12, insieme a Ginny-non-sono-più-arrabbiata-Weasley.

Furono i primi ad andarsene, probabilmente intenzionati a fare pace per bene, in modi che Hermione preferiva di gran lunga non immaginare.

Una volta che anche Neville, Luna, George e Angelina si furono Smaterializzati e la porta si fu chiusa dietro l'ultimo ospite, Hermione si concesse un sorriso all'indirizzo del suo coinquilino. Insieme si misero a sparecchiare la tavola.

Non sapeva cosa passasse per la testa di Fred, ma lei stava pensando ai loro quasi-baci e a come comportarsi in merito. Fred sembrava intenzionato ad ignorare la faccenda, a quanto pareva. Nemmeno la guardava in faccia.

E lei, cosa voleva? Dimenticarli o prendere realmente coscienza del fatto che le piaceva Fred Weasley? Merlino! Fred Weasley! Insomma, ormai non poteva negarlo, ma prenderne davvero coscienza era una cosa differente. Significava affrontare la cosa, e non sapeva se ne avesse l'intenzione. Probabilmente no.

Quando voleva prendere coscienza di qualcosa ne parlava con Harry, o con Ginny, cosa che non aveva fatto. Sarebbe stato piuttosto imbarazzante, in quel caso.

Se l'era ripetuto un milione di volte, ma il brillante cervello di Hermione non sembrava recepire che Fred era il fratello della sua migliore amica e del suo ex ragazzo, nonchè suo attuale coinquilino.

Come si fa a stare in coppia con un coinquilino?, si chiese. Come si gestisce la cosa? Insomma, che si fa? Si passa direttamente alla convivenza?

Sparecchiava silenziosamente e Fred non sembrava intenzionato a disturbare il lavorio del suo cervello, impegnato a rimuginare su faccende analoghe.

Perché diavolo di motivo non dice niente?, pensavano entrambi.

Il silenzio si stava facendo imbarazzante, così Hermione decise di romperlo.

"Ginny e Harry hanno fatto pace" buttò lì distrattamente. Fred colse al volo l'opportunità, evidentemente desideroso quanto lei che quell'incantesimo Silencio venisse spezzato una volta per tutte.

"Già" mugugnò. "Sembra che, ancora una volta, tu abbia risolto tutto".

"Io?" stupì lei, ottenendo uno sbuffo in risposta. "Non so di cosa parli..."

"Sei andata di là con Ginny e le hai fatto la ramanzina, non lo negare".

"Non era una ramanzina!" obiettò. "Si chiama confronto, Fred. Una cosa da adulti, che probabilmente tu non hai mai sentito nominare" disse acida. Troppo acida.

Non stava più parlando della chiacchierata con Ginny, ma del mutismo ostinato in cui era chiuso il ragazzo. Non la incoraggiava certo ad affrontare un discorso, standosene lì con la fronte aggrottata e l'espressione stolida di un pesce rosso.

Il suo patetico tentativo di rompere il silenzio, come volevasi dimostrare, era fallito miseramente. Era talmente scoraggiata che evitò perfino di urlare per la presenza di un Fondente Febbricitante in bella vista sulla credenza.

"Per cortesia Fred, non lasciare prodotti potenzialmente pericolosi in giro" disse, seccata.

"Pensavo di provare un nuovo tipo di Palude Portatile all'ingresso, veramente. Non ti secca troppo, vero?" ironizzò Fred.

Hermione scosse la testa rassegnata, senza rispondere. Finì di sparecchiare e gli diede una frettolosa buonanotte.

Si apprestava a recarsi di sopra, quando la voce di lui la raggiunse sulle scale.

"Granger?" chiamò.

"Mh?" si voltò a guardarlo.

"Ti infastidisce se getto Puzzalinfa per la cucina?". La strega lo guardò come se fosse un insetto particolarmente fastidioso.

"Sei serio? Mi hai seguito per comunicarmi i tuoi progetti idioti?" chiese incredula. Fred la guardò per un attimo con aria meditabonda, poi scosse il capo in segno di diniego.

"No" ammise. "Volevo dirti che domani parto" la informò. Hermione tentò di nascondere il dispiacere per quella notizia dietro un'espressione indifferente.

"Ah" commentò con un'alzata di spalle.

"Già".

"Per dove?" chiese cortesemente.

"Perù".

"Un'altra volta?" le sfuggì.

"La Polvere Buiopesto va via come il pane, Granger" replicò Fred con una certa soddisfazione in faccia.

"Immagino; un bene di prima necessità, giusto?" fece lei, ironica. "Comunque, beh, buon viaggio". Fred mise su una specie di broncio, sebbene poco convincente.

"Non mi chiedi quanto starò via?" si finse offeso dal poco interesse. Hermione alzò gli occhi al cielo, accontentandolo.

"Quanto starai via?" cantilenò con voce mielosa.

"Tre giorni". Così tanto? L'altra volta erano solo due!, si trovò a pensare.

"Ah".

"Conosci solo due lettere?" sbuffò Fred.

Effettivamente, erano due volte che commentava con 'ah', ma non comprendeva proprio cosa pretendesse uno che era rimasto a guardarla in silenzio e poi l'aveva inseguita su per le scale parlando di Puzzalinfa.

Ma insomma, che vuole da me?, si chiese.

Nel frattempo, senza che se ne rendesse conto, Fred si era fatto più vicino. Un passo, poi due, poi tre. Hermione, un gradino sopra di lui, cominciò a sentire il cuore che accelerava i battiti.

"C-che dovrei dire?" farfugliò. Lo sguardo di lui la stava mandando leggermente in confusione, per non dire totalmente nel pallone.

"Beh" le rispose. "Ad esempio che ti mancherò" propose con naturalezza.

"In casa si sentirà la tua mancanza, certo" cercò di svicolare. Fred rise apertamente, continuando a fissarla con quegli occhi. Una particolare sfumatura di marrone, in cui Hermione continuava a specchiarsi senza sosta.

"Io non ho chiesto se mancherò alla casa" le si avvicinò un altro po'. "Ho chiesto se mancherò a te". E beh, a quel punto fu chiaro cosa aveva intenzione di fare.

Ormai erano a cinque centimetri l'uno dall'altra, ed Hermione ripercorse ancora una volta la scena di quei due baci 'incompiuti', capendo che l'idea di Fred era recuperare l'occasione perduta.

Fino a quel momento tutto era recuperabile, non era successo ancora niente; erano in tempo per lasciar perdere, ufficialmente.

Si riscosse dai propri pensieri, per niente intenzionata a perdere il contatto con la realtà. Fred non accennava ad allontanarsi nè ad avvicinarsi ulteriormente.

Doveva andarsene prima che la situazione degenerasse, prima di cadere dalla padella nella brace?

Perché a quel punto niente li avrebbe interrotti – nè un cellulare, nè Harry attaccato al campanello della porta. Si sarebbero baciati e niente sarebbe stato come prima.

Potevano ancora ignorare quello che era quasi-successo, ma non avrebbero potuto ignorare quello. Fece per girarsi, ma Fred le prese una mano con gentilezza, limitandosi a stringerla fra le proprie, in un gesto che la ragazza trovò comunque molto intimo.

Hermione era libera di andarsene, ma proprio per quella sua presa gentile, si rese conto che non aveva alcuna voglia di farlo.

I suoi piedi, completamente scollegati dal cervello, non parevano intenzionati a sollevarsi dal gradino galeotto. Fred la guardava in un modo che non le faceva desiderare altro che fiondarsi fra le sue braccia e restarci più a lungo possibile, sebbene non la considerasse una scelta consigliabile. La sua mente le mandava impulsi contrastanti; alcuni assennati, altri meno.

Non baciarlo era la cosa più saggia, per diversi motivi.

Del resto, baciarlo sembrava un'idea magnifica, appena schizzata in cima alla lista delle azioni-da-compiere-entro-cinque-secondi.

Hermione rimaneva lì, senza il coraggio di muoversi; a malapena respirava.

"Frederick..." pigolò con voce spezzata. Era una specie di bisbiglio, a metà tra una supplica e un consiglio. Qualcosa come un "non baciarmi" e un "lasciamo stare".

Ma non sortì l'effetto sperato. Anzichè lasciar stare, Fred, senza più esitare, si accostò e posò la bocca su quella di Hermione. La baciò come se non potesse farne a meno, come se quella semplice, unica parola l'avesse costretto.

Hermione non poteva sapere che quel nome detto da lei suonava come una melodia alle orecchie di lui. Udirlo così, per intero, aveva causato la dipartita dello scarso barlume di lucidità che era rimasto nel cervello del ragazzo.

Lei non provò minimamente a scansarsi o a tirarsi indietro; aveva pensato a lungo a come sarebbe stata la sensazione delle labbra di Fred sulle proprie e l'aveva immaginata piacevole, ma non a tal punto. Erano morbide, e combaciavano alla perfezione con le sue.

Gli allacciò le braccia al collo e si sporse verso di lui per aumentare il contatto tra i loro corpi. Sentiva le mani del ragazzo appoggiate sui fianchi spostarsi sulla schiena e percorrerla lentamente con lievi carezze che le causarono brividi – sebbene vi fosse la stoffa del maglione tra le dita di lui e la pelle della ragazza.

Hermione non desiderava altro che quel bacio non finisse mai. Voleva restare per sempre abbracciata a lui, bocca contro bocca, lingua contro lingua.

Quando non ne poterono più di stare in una semi-apnea, si staccarono malvolentieri, guardandosi per un attimo che sembrò interminabile.

Hermione tentava di capire cosa passasse per la testa di Fred, mentre lui la scrutava aspettando che facesse qualunque cosa, per niente desideroso di essere il primo a parlare. Era una situazione strana, stare lì a guardarsi senza avere la minima idea di cosa dirsi, e tutto ciò che la strega riuscì a bisbigliare fu:

"Buonanotte".

Si diede della cretina mentalmente e schizzò in camera propria, a chiedersi perché diavolo di motivo Weasley – di nuovo - non avesse spiccicato parola.





La mattina seguente, Hermione scese in cucina per fare colazione. Le occhiaie le arrivavano grosso modo a metà della guancia: aveva passato la notte a rimuginare. Fece capolino dalla porta e notò il tavolo apparecchiato per una sola persona; Fred le aveva lasciato la colazione pronta. Succo e brioches, entrambi di zucca.

Sorrise, triste di non averlo lì, sebbene sollevata che il roscio non potesse vedere l'espressione ebete che aveva assunto nello scorgere quella premura da parte sua.

Per tre giorni la casa sarebbe stata vuota, senza di lui; niente battute, risate, prese in giro.

Il ricordo del bacio della sera prima si affacciò a tradimento tra le pieghe della mente di Hermione. Sospirò, ripensando alle mani di Fred sui propri fianchi, alle loro bocche incollate, ma anche all'imbarazzante silenzio successivo.

Si avvicinò al tavolo e si sedette. Oltre alla caraffa di succo di zucca, c'era anche una teiera, probabilmente incantata per rimanere calda finchè lei non fosse scesa. Nessun biglietto, nessun buongiorno, nessuna promessa, nessuna rassicurazione.

Accanto alla tazza che aveva lasciato per lei, c'era solo un piccolo e candido fiore.

Un gelsomino.

Portandosi il fiore al naso per inspirarne l'odore, Hermione sorrise.






Quel week-end a Hermione sembrò infinito. Si recò a pranzo da Ginny e Harry, ormai totalmente riappacificati, e la sera uscirono con Neville e Luna, accompagnati rispettivamente da Hannah e Rolf.

Nessuna delle coppie glielo fece pesare con effusioni eccessive (al massimo qualche bacio), ma Hermione si rendeva perfettamente conto di essere l'unica single in un gruppo composto da sei persone.

La faccenda non l'avrebbe infastidita fino a qualche tempo prima, ma ora la portava con la mente a Fred, al gelsomino sul tavolo della cucina e al significato che poteva avere nella mente del ragazzo, sperando fosse lo stesso che assumeva per lei.

Avrebbe voluto poter definire il loro rapporto, ma sfortunatamente non aveva la minima idea di cosa fossero.

Sì, lui era Fred Weasley: coinquilino, ex compagno di scuola, ex cognato, titolare dei Tiri Vispi, fratello di Ginny.

Sì, lei era Hermione Jean Granger: coinquilina, ex cognata, ex Indicibile* del Ministero, strega brillante, apprendista di Ollivander.

Sì, ma noi due, insieme, cos'è che siamo?

Non aveva una risposta pronta; e non poteva neanche chiederla a lui, visto che se ne stava in Perù a trattare l'acquisto della maledetta Polvere Buiopesto. Non le andava di parlarne con Harry e Ginny. Tra l'altro, non riguardava solo lei, e non era certa che Fred avrebbe approvato il coinvolgimento della 'sorellina' in quella faccenda.

La serata al Paiolo Magico passò presto. Qualche Burrobirra e due chiacchiere con gli amici di sempre erano quello che ci voleva per attutire il senso di mancanza.

Fu costretta a ripetere sotto giuramento – ancora dubitavano che fosse uno scherzo – la natura del suo nuovo impiego, precisando che non sarebbe scesa in particolari – pena l'uccisione da parte del suo caro datore di lavoro.

Le chiesero anche della sua 'convivenza' con Fred. Con qualche tentennamento iniziale, si limitò a rispondere che procedeva alla grande, e che vivere con uno dei gemelli Weasley – Merendine Marinare e Fondenti Febbricitanti a parte – era meno difficile di quanto si potesse supporre.

Si ritirò con la consapevolezza che un giorno in meno la divideva dal confronto con Fred. Affondò nel materasso, sotto il piumone morbido, cullata dal rumore del vento fuori dalla finestra. Una raffica infuriava all'esterno, istillando in lei uno strano senso di calma, per contrasto.




La domenica si svegliò riposata e pronta ad affrontare una giornata con i propri genitori. Non si Smaterializzò, sebbene volesse farlo; aveva promesso al padre che sarebbe arrivata con mezzi babbani, tanto per dare una parvenza di normalità agli occhi dei vicini. Optò per un comunissimo taxi, che sbagliò strada tre volte.

Quando finalmente imboccarono il vialetto, si accorse che la strada di casa era uguale a sempre, mentre una parte del suo cervello si era aspettata di vederla cambiata, come era cambiata lei.

Invece era rassicurante aggiungere la casa dei suoi genitori alla lista di quelle cose che sempre sarebbero rimaste invariate nella sua vita. Dopo averli ritrovati in Australia e aver restituito loro la memori, il sollievo di rivederli nel vecchio luogo in cui era cresciuta era stata immenso. Un po' come tagliare i ponti con la guerra e tutti i sacrifici che aveva comportato. Si ricordava ancora la faccia di Harry quando gli aveva comunicato che, in previsione alla ricerca degli Horcrux, aveva modificato i ricordi dei suoi genitori. L'aveva fatto per comunicargli che lei e Ron erano davvero pronti a seguirlo, a impegnarsi. E, in quel momento, l'aveva realizzato anche lei, quello che era stata capace di fare pur di proteggere le persone che amava di più.

Sulla soglia l'attendeva a braccia spalancate un uomo di più o meno cinquant'anni. Pantaloni neri e maglione rosso casalingo, caldissimo e a collo alto. Hermione gli corse incontro con un sorriso.

"Papà!" esclamò, stretta nell'abbraccio dell'uomo.

"Hermione!" si sentì un'allegra voce femminile provenire da dietro di loro.

"Mamma!" una signora in grembiule, anche lei sulla cinquantina, si aggregò all'abbraccio con entusiasmo. Hermione si rese conto, con un certo senso di colpa, che non li vedeva da troppo tempo.

"Non soffochiamola, eh?" propose duo padre, staccando la donna quasi a forza.

"Giusto, giusto!" confermò sua madre. "Entra in casa, fa freddo!" le ordinò.

Ritornare a casa era sempre un piacere per Hermione. Al piano di sopra, la sua vecchia stanza era esattamente come quando l'aveva abbandonata, all'età di diciassette anni.

Il padre fece capolino dalla porta della sua stanza, "stai pensando di tornare da noi?" le chiese, speranzoso. "Abbiamo lasciato tutto com'era".

I poster alle pareti, il baule di Hogwarts abbandonato in un angolo, la divisa della scuola nell'armadio, la spilla da Prefetto, il diploma del settimo anno appeso alla parete, incorniciato con cura da sua madre.

Nel cassetto della scrivania c'era perfino un album rilegato in cuoio, pieno di foto di Hermione, Harry e Ron, della famiglia Weasley, dei suoi genitori.

Non erano appense alle pareti perché, se qualcuno fosse entrato, sarebbe stato complicato spiegargli come mai le figure si muovessero.

Gli occhi le si inumidirono nel vedere una fotografia con Ginny, Harry e Ron, a Hogwarts, prima della guerra. Girò, e la pagina successiva fu un colpo al cuore.

Hermione, i suoi genitori salutavano e sorridevano, le facce felici e piangenti al tempo stesso. Era stata scattata da Ron, il giorno in cui si erano recati in Australia per cercarli e restituire loro la memoria e riportarli in Inghilterra alla loro vecchia vita, prima che lei lanciasse su di loro l'Oblivion.

Non credeva di poter versare più lacrime di quanto non avesse fatto quel giorno – ovviamente, lacrime di gioia e commozione.

"Sono cresciuta, papà" gli fece un gran sorriso, come a consolarlo delle parole che aveva appena detto.

"Lo so" rispose l'uomo, una punta di malinconia nella voce.

"E poi sto bene dove sto" aggiunse.

"Sembra che tu preferisca vivere con un Weasley a caso che con noi" protestò suo padre, leggermente indispettito.

"Fred non è un Weasley a caso" ribattè. "Mi trovo bene a Diagon Alley, sono a due passi dal lavoro" aggiunse.

Da basso si sentì un urlo annunciare che il pranzo era in tavola ed Hermione scese a braccetto con suo padre, consolandolo e promettendo che sarebbe andata più spesso a trovarli.

"Essere in Australia o qui vale lo stesso, se passi così poco tempo con noi" gli diede man forte la madre, una volta seduti insieme.

"Mamma" sbuffò contrariata, "è stato un periodo particolare. Sono stata via per sette mesi – e vi ho scritto molto spesso". La madre scosse la testa, rassegnata.

"Questo l'abbiamo capito, ma forse ci meritiamo di capire cos'è successo esattamente in quella testolina vulcanica che hai".

"Niente di che". Erano settimane che se ne andava ripetendo le stesse cose a chiunque le chiedesse notizie.

"Non è per Ronald, vero?" le domandò Helen, quello era il nome di sua madre. Ad Hermione spuntò un sorriso. Quante volte le avevano rivolto un quesito del genere, nell'ultimo anno? Aveva perso il conto.

"La rottura con Ron è superata da un pezzo, mamma. Non lo vedo da un po', ma immagino che prima o poi avverrà, dal momento che io e suo fratello siamo coinquilini e che non potrò rifiutare gli inviti di Molly in eterno" spiegò placidamente.

"Molto bene" commentò il padre, secco. "Per il resto?" chiese.

"Il coinquilinato con Fred procede bene e il mio nuovo lavoro è stata una delle più folli e geniali idee che io abbia mai avuto" riassunse sbrigativa. I genitori si guardarono e poi fissarono gli occhi sulla figlia.

"Che cosa fai di preciso?" domandarono quasi all'unisono.

"Sono l'apprendista di Ollivander" comunicò. Entrambi sgranarono gli occhi.

"Il fabbricante di bacchette?" domandò sua madre. Ricordavano entrambi il momento in cui la loro unica figlia aveva varcato la soglia di quel negozio strano e polveroso, come ricordavano la figura dell'uomo dagli occhi cerulei e scoloriti che – quando ebbe trovato la bacchetta perfetta – l'aveva guardata con aria compiaciuta.

"In persona" confermò portandosi alla bocca un sorso di vino per innaffiare la carne che stava gustando.

Le papille gustative la riportarono al vino elfico che sorseggiava a cena con Fred, il cui sapore era infinitamente migliore. Oppure era a lei che sembrava tale, solo perché lo beveva in sua compagnia.

"Hai lasciato un posto al Ministero della Magia per metterti a fare l'apprendista?" suonava a metà tra incredulità e rimprovero, in bocca a suo padre.

"Beh" rispose senza scomporsi, "capisco che detta così suoni male".

Weasley la stava contagiando con la sua ironia. "Posso assicurarvi che non è orribile come sembra. Forse sono pazza, ma contenta. Mi sono resa conto che il lavoro da Indicibile* all'Ufficio Misteri non faceva per me" spiegò scrollando le spalle.

"Ma tesoro" le fece notare sua madre, "quello che tuo padre cercava di dirti è che noi pensavamo... insomma... ti si prospettava una brillante carriera". Lei rise.

"Sono preparata a questa obiezione" dichiarò divertita. "L'avrò sentita almeno venti volte" sospirò, alzando gli occhi al cielo.

"Quindi?" chiese suo padre.

"Non ero più felice; forse non lo sono mai stata, dopo la guerra. Sono partita, e ho capito che questa è casa mia, ma che dovevo cambiare alcuni aspetti della mia vita – a partire dal lavoro. Mi sono stufata di teoria, teoria, teoria. Volevo vedere se anche io sono capace di costruire qualcosa, direttamente con le mie mani".

Sperò di aver chiarito definitivamente le proprie sensazioni e decise che non doveva altre spiegazioni alla sua espressione felice. Il lavoro le piaceva, era vero. Ma non avrebbe detto nulla della storia con Krum in Bulgaria, di quanto buio fosse il periodo che aveva attraversato prima di tornare in Inghilterra, e soprattutto di quella fantastica sensazione che le attanagliava lo stomaco quando sapeva che avrebbe trovato Fred ad aspettarla a casa. C'erano segreti che teneva per sè, c'erano sempre stati, ed era giusto così.

"Come va lo studio*?" chiese a bruciapelo, per evitare altre domande inopportune.

"Benissimo, la gente si rompe i denti con una facilità impressionante" commentò la madre, distrattamente.

"E sempre più persone decidono di mettere l'apparecchio" disse allegro il padre, come se fosse un evento di cui gioire.

"Magnifico" commentò, trattenendo un sorriso. Probabilmente i suoi genitori non avevano ancora perdonato il fatto che si fosse fatta accorciare gli incisivi da Madama Chips*, dato che, a loro parere, denti e magia non dovevano mischiarsi.

"A proposito" la rimbeccò il padre, "ti lavi i denti con regolarità, vero? Non è che usi la magia al posto dello spazzolino?".

"Sì papà" sbuffò, esasperata. "Mi lavo i denti tutti i giorni, spazzolando per due interi minuti" cantilenò come se avesse imparato a memoria.

"Mh" bofonchiò lui, in un vago segno di approvazione.

"E i tuoi amici come stanno?". Su quel terreno si sentiva più sicura, dato che si trattava di parlare di qualcuno che non fosse lei.

"Ginny continua a giocare a Quiddich da professionista" qui la guardarono perplessi; anche quando Ron e Harry avevano provato a spiegarlo, non avevano mai capito bene come funzionasse quel gioco, ed Hermione non era la persona adatta a farli appassionare*.

"Harry lavora con successo alla delegazione Auror del Ministero; tempo qualche anno, e lo fanno capo ufficio*".

"Me lo auguro per lui" disse sua madre con garbo.

"Già, anche io. Vivono in Grimmaud Place 12, ovvero casa di Sirius" affermò tristemente ripensando a Black. "Era il padrino di Harry". Non commentarono.

Quando Hermione aveva quell'espressione, potevano stare certi che era qualcosa che le ricordava la battaglia contro Voldemort, e preferivano lasciar cadere l'argomento, pur sapendo di essere esclusi da alcuni avvenimenti salienti della vita della loro unica figlia. Ma cosa potevano fare? C'erano cose che i Babbani (ormai conoscevano l'appellativo con il quale venivano designati nel mondo magico) non potevano comprendere appieno, fino in fondo.

"Non so se cambieranno casa" si ritrovò a dire. Si era sempre immaginata che il suo migliore amico sarebbe tornato a vivere a Godric's Hollow. A dire il vero, quando stava con Ron, tutti e quattro avevano fatto progetti in quel senso. Tutti insieme, come vicini di casa. Magari con figli e figlie a giocare insieme.

Poi tutto era cambiato. Ron, Hermione, il loro rapporto si era incrinato. E quell'idea di loro quattro come vicini si era trasformata nell'unica immagine dei suoi migliori amici ad abitare lì con i loro mille bambini, i suoi nipoti. Ginny le aveva detto che lei sarebbe comunque stata la zia di eventuali figli suoi e di Harry.

"Per lui sei una sorella a tutti gli effetti, e per me lo sei anche se non stai più con Ron" le aveva detto una volta, provocandole gli occhi lucidi.

"Una casa senza giardino?" la voce di sua madre la riscosse.

"Una cosa strana da dire, vero?" fece Hermione. "Forse Luna mi sta contagiando, con l'esprimere tutto quello che mi passa per la testa" rise pensando all'amica bionda e svampita che si guardava intorno spaesata, come se la vita la cogliesse sempre di sorpresa.

"Lei sta bene" anticipò la domanda di suo padre. "Esce con un tipo carino, matto al punto giusto, un Magizoologo. Suo padre Xeno continua a gestire il Cavillo e non mi detesta più, a quanto pare. Mi ha trovato perfino un secondo lavoro".

"Ah, davvero?" le chiese il padre. "Di che si tratta?".

"Tradurre le Fiabe di Beda il Bardo dalle Antiche Rune all'inglese moderno" spiegò. Non si aspettava che capissero al volo, e aveva ragione, a giudicare dalle loro facce.

"Antiche... rune?" chiese la madre, riluttante.

"Vi ricordate la materia che studiavo ad Hogwarts, quella in cui traducevo simboli strani usando il Sillabario del Sortilegi?" chiese.

Una scintilla di comprensione si impadronì dei loro volti; lasciava sempre il libro in giro per casa.

"Ecco, mi daranno dei soldi per fare una traduzione" chiarì.

"Beh" commentò il padre, "è stato gentile da parte sua".

"Molto" confermò. "Luna è una naturalista di eccezionale talento, e Neville l'anno prossimo otterrà una cattedrà ad Hogwarts".

"Neville Longbottom?" domandò la madre. Hermione annuì. "Mi è sempre stato simpatico quel ragazzo. Sua nonna è ancora viva, spero".

"Certo che sì!" affermò energicamente Hermione, come se avesse insultato l'anziana signora. "E' un osso duro la vecchietta, peggio di Ollivander" commentò.

Le era uscito spontaneo nominarlo di nuovo; quel vecchio ormai era parte della sua vita. Rispose alla muta richiesta dei genitori di saperne di più.

"E' un tipo tosto".

"Uno schiavista?" pigolò la madre, preoccupata che affaticasse la sua bambina.

"Diciamo che è un po' burbero, ma migliora di giorno in giorno. Ora saluta quasi sempre" affermò con un risolino divertito.

"Come scusa?".

"E' il suo modo di fare, un po' brusco, ma me la cavo".

Continuarono a parlare del più e del meno; della vita di Hermione, del mondo magico, delle bacchette e del grande lavoro che c'era dietro alla loro fabbricazione.

L'unico argomento che Hermione glissò, fu Fred. Le chiesero più cose riguardo alla loro convivenza, al carattere di lui, al tempo che trascorrevano insieme.

Si era limitata a dire che erano buoni amici e aveva troncato il tutto. Non era una gran bugiarda, o quantomeno doveva affinare la tecnica.

Fin quando si trattava di omettere qualcosa, andava tutto bene. Ma mentire ai genitori era un altro paio di maniche.

Quando si congedò il sole era già sparito all'orizzonte e il cielo era trapunto di stelle. Con il permesso dei suoi, decise che poteva anche arrischiarsi a Smaterializzarsi; non le andava proprio di prendere il taxi quando poteva fare in un attimo.

"Torni domenica prossima?" le domandò suo padre.

"Ma certo" rispose sorridendo. "Vi voglio bene" aggiunse prima di sparire con un crac sonoro e riapparire all'interno dell'appartamento di Diagon Alley.

La casa era vuota, proprio come si aspettava di trovarla. Da quanto aveva capito, Fred avrebbe fatto ritorno al martedì mattina; quindi restava ancora un giorno da trascorrere in solitudine. Quella notte la casa era ancora tutta sua.

Avrebbe tanto voluto sentire Fred che scendeva le scale e le veniva incontro e...

E...? E poi cos'avrebbe dovuto fare? Baciarlo, abbracciarlo, sussurrargli parole dolci...?

La domanda che la ossessionava si ripresentò prepotente alla sua mente: cosa erano loro due?

Si trascinò su per le scale, si spogliò e si lavò. Una bella doccia calda la rimise al mondo, ma anch'essa le ricordò Fred: se si trovavano a quel punto era stato merito di una doccia calda. Era una causa persa.

Mise il pigiama e uscì dal bagno. Si guardò furtivamente intorno, come se si aspettasse di essere osservata; un'idea malsana si era fatta strada nella sua testa.

In fondo, Fred non lo saprà mai, si disse.

Anzichè imboccare la propria porta, varcò – seppur esitando – quella della camera di Fred e si accoccolò sul letto a due piazze del ragazzo, esattamente nel punto in cui le coperte erano sgualcite e il cuscino strapazzato.

Lì dormiva il roscio, e lì avrebbe dormito lei. Non importava quanto la cosa fosse oltremodo ridicola e patetica, perché nessuno l'avrebbe mai saputo all'infuori di Hermione.

Scivolò quasi subito nel sonno, stringendo dolcemente il cuscino con una mano e aggrappandosi alle coperte con l'altra, quasi come fossero le spalle di Fred.

Nessun sogno la disturbò quella notte, si sentiva al sicuro.






NOTE AL CAPITOLO*

1) Indicibile è il nome di chi lavora all'Ufficio Misteri del Ministero della Magia. Come ho scritto nel prologo, la Rowling non la colloca lì. Sono stata io a farlo, senza una ragione particolare (tanto, per la storia è irrilevante).

2) I genitori di Hermione, per chi non sapesse/ricordasse, sono entrambi dentisti.

3)Madama Chips, nel quarto libro, accorcia i denti davanti ad Hermione, a seguito di un incantesimo che le viene scagliato da Malfoy (e che le allunga ulteriormente i due incisivi già troppo grandicelli). Di conseguenza, 'grazie' a questo incidente, risolve il problema e acquista un bel sorriso.





ANGOLO AUTRICE


E niente, si sono baciati. Vi è piaciuto il bacio?

Chi ha seguito l'altra mia storia (Una strega in famiglia) sa che ho fatto aspettare ben venti capitoli per il primo bacio dei protagonisti, quindi ritenetevi fortunati ;)

La visita ai signori Granger era doverosa, poveretti. Sono stati trascurati dalla figlia e poi, se posso, tendo a far vedere diversi aspetti della vita di un personaggio, perché la vita non è fatta solo di una storia d'amore... o più di una...(spoiler?)

Comunque, Fred tornerà e si confronteranno, se tutto va come deve andare. Il punto è: tutto andrà come deve andare? Lo scoprirete presto, gente.

Intanto, mi raccomando, lasciatemi un commentino su questo capitolo.

Baci a tutti quanti, gente. Vostra,

Jules :*


p.s. ringrazio tutti quelli che seguono e commentano, o anche solo leggono, come sempre e volevo chiedere se magari con il sottolineare qualche parola avete parzialmente risolto il problema del crash coi capitoli, o comunque se avete trovato un modo. La webmistress non mi ha ancora risposto, quindi per ora non so consigliarvi altro. Spero non sia una cosa troppo troppo limitante :(



Jaded_ allora? Che hai da dire adesso, babbea babbana che non sei altro?




  
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