Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: auaura    03/10/2015    1 recensioni
Storia priva di senso e originalità. Presto la storia con più recensioni negative.
E se scoprissimo il significato dei poteri di Elsa? E se fossero legati ad una persona oscura?
E, allo stesso tempo, la legassero dalla sua nascita ad.. un ragazzo?
Vi prego, non scartate la storia solo perchè non appoggiate la coppia, e..no, non è la coppia che pensi tu.
Dal testo:
"Elsa deglutì lentamente e, tenendo la bambina dai capelli scuri con un braccio, con l'altro creò un lampo di ghiaccio, per potersi difendere da quel...quel..mostro che aveva davanti. La figura si mise seduta e fissò un po' stordita Elsa, poi, quando notò i suoi poteri, alzò le braccia, terribilmente enormi, come per chiedere pietà"
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna, Elsa, Sorpresa, Un po' tutti
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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~Elsa si alzò dal pavimento di pietra gelida, premendosi una mano sulla fronte, la testa che girava come una trottola. Si appoggiò al muro alla sua destra, sempre fatto di pietra, ma più chiara. Dopo qualche secondo riuscì a stare dritta da sola, e si guardò intorno, riuscendo a mettere a fuoco solo dopo una decina di secondi. Era in una enorme stanza, illuminata da torce, il cui fuoco era blu, con strani riflessi verdi. L'intera stanza, completamente in pietra, era vuota. Quando avanzò, con sua grande sorpresa, avvertì il pavimento freddo e duro. Si osservò i piedi e scoprì di non avere più le scarpe. L'orlo della gonna ghiacciata era strappato e sporco di fango.  A lei il freddo non aveva mai dato fastidio, solo quando aveva perso i poteri, ma in quel momento sentiva il gelo correre attraverso le caviglie, lungo le gambe e la schiena. Rabbrividì. Sentiva le ossa pesanti, ma non si lasciò scoraggiare, andò avanti.
-Elsa.-
Da dove proveniva quella voce? Fece una giravolta, ma non trovò nessuno. Elsa si morse il labbro. Roteò le mani, creando un raggio di luce azzurra. Fece altri passi in avanti, ad ogni passo la stanza sembrava allungarsi.
-Elsa.-
Stavolta la parola rieccheggiò più volte, in un modo sinistro. Non sembrava nemmeno il nome della regina. Sembrava un rumore, un mormorio cantato da un'ombra, un'anima sofferente.
-Chi c'è?- domandò la regina, guardandosi intorno, con il raggio pronto ad attaccare. -Chi c'è? Non mi fate paura! Uscite fuori!-
Indietreggiò:-Io, io non ho....- si bloccò, quando con la schiena incontrò qualcosa di duro. Si voltò e incontrò se stessa.
"Uno...uno specchio?" pensò. Così, fece scomparire il raggio dalla sorpresa. Elsa sollevò la mano, e la copia di sè stessa fece lo stesso, avvicinò le dita a quelle del riflesso. Quest'ultimo le sorrise e riportò la mano accanto al fianco. Non era un riflesso. Era lei. Un'altra lei. Sgranò gli occhi. L'altra lei, però, era diversa.  Aveva il vestito perfetto, aveva le scarpe, non aveva gli occhi terrorizzati e gli arti paralizzati. L'altra-Elsa la fissava con un sopracciglio alzato, quasi disgustata. La regina vedeva il mostro che tutti trovavano in lei. Elsa si voltò di nuovo, stavolta vide se stessa vestita come all'incoronazione, le mani guantate strette al petto. Si voltò ancora, e incontrò lo sguardo perso della sua copia senza poteri, i capelli castani legati una treccia senza un capello fuori posto, un sorriso tirato sul volto. L'ultima volta, si vide dopo la morte dei genitori, i capelli raccolti, gli occhi arrossati e il volto rigato dalle lacrime, l'abito viola coperto di brina.
Era circondata da quattro sue copie.
E lei era lì, al centro, schiacciata da quelle versioni diverse di lei, che sembravano volerle ricordare ogni istante di dolore o rabbia che aveva vissuto. Si sentiva a pezzi.
-Io non sono così.- si disse. -Io non sono questa!-
Ricordò le parole di Anna e di Ralph, quando le ripetevano che lei era buona, gentile, che i suoi poteri erano un dono, quando le ricordavano i suoi pregi, e l'aiutavano con i suoi difetti.
-IO.- scandì -Io non sono nessuna di voi. Io sono solo questa! Non ho paura di diventare come voi. Perchè non lo diventerò. Mai più.-
Era convinta di questo, moltissimo.
Passò fra le copie, quasi spingendole di lato. Decise di ignorarle. Piuttosto tentò di trovare una via d'uscita. Ma la stanza non aveva nè porte, nè finestre. La regina delle nevi si passò una mano fra i capelli; come poteva uscire? Forse era solo un incubo collegato alle copie, doveva affrontarle, per scappare. Si voltò e guardò di nuovo le Altre-Elsa, erano impassibili, bloccate al loro posto. Ricambiavano lo sguardo della regina, ma erano perlopiù sguardi vuoti, senza emozioni che altro. Elsa strinse le labbra, fece qualche passo in avanti. Non era sicura di come potersi liberare di quelle copie, lei era certa di non sentirsi per niente intimidita da loro. Era davvero così? Le squadrò tutte una per una. Che sentimenti provava a guardarle?
Vuoto. Sentiva solo vuoto. Quella non era più lei. Non più.
-IO non ho paura di voi. Non ho paura di essere come voi, perchè, semplicemente, non lo sono.- affermò, alzando il mento, come per darsi coraggio.
Le quattro rimasero immobili davanti a lei, non cambiarono nemmeno espressione. Erano del tutto impassibili, statue. Ed era questo che metteva i brividi. A malapena battevano le palpebre.
Elsa, con le mani strette a pugno lungo i fianchi, inspirò profondamente. Solo allora si accorse di avere un lembo del vestito incollato dal ghiaccio come una tasca. Così frugò nella stoffa, e trovò una chiave blu. In quel momento ricordò: serviva per liberare Anna, Kristoff e Vanellope.
Come poteva, in quel momento? Si morse il labbro. Era tutto così confuso...
-Non mi mettete paura.- sospirò, quasi stanca. Si avvicinò alla Elsa-Dell'Incoronazione e le sventolò la mano davanti al viso -Ehi..ci sei?-
L'altra-Lei era ancora impassibile. Una statua fatta di ossa e carne, bloccata. La regina delle nevi sospirò. Che poteva fare? Rigirò la chiave fra le mani, provò a muoverla nell'aria come per aprire una serratura, come aveva fatto la prima volta, ma non successe nulla. La chiave non era più luminosa...significava qualcosa?
Lanciò uno sguardo stanco alle copie, era molto stanca. Stanca di quegli incubi, del sonno perso, di Hans, di Turbo, di quel signore Oscuro, di tutto. Si mise seduta, mentre le gambe formicolavano, e strinse con forza la chiave.
Sentì un rumore. Un sospiro, leggero e quasi impossibile da udire. Non potevano essere le copie. Non sapeva il perchè, ma era certa che il suono non era stato prodotto da loro. Era troppo...umano, delicato, anche. Si alzò di scatto, e mormorò:-Ehi, c'è qualcuno?-
Silenzio.
Osservò meglio le pareti. Poteva esserci un buchino, una fessura tra una pietra e l'altra. Doveva pur venire da qualche parte quel suono, non poteva averlo immaginato! Invece non trovò nulla.
Sentì di nuovo il sospiro.
Le Altre-Elsa iniziarono a parlare, a ripetere qualcosa che la regina non capì. Le loro voci si ripetevano, riccheggiando, rendento incomprensibile ogni parola. Elsa cercava di nuovo quel lieve sospiro, ma le voci delle altre la infastidiva, le rendeva impossibile sentire altri rumori. Le fulminò con lo sguardo, però non cambiò molto. Sbuffò infastidita e iniziò a premere l'orecchio sulla parete, e percorse la stanza, non sentì più nulla.
Si passò una mano sul viso pallido, per poi spingere dietro l'orecchio una ciocca chiara sfuggita dalla treccia. Le altre continuavano a parlare in quel modo, in una lingua incomprensibile, che sembrava essere anche molto antica. Anche se pur sempre incomprensibile.
Udì un rumore metallico, sempre molto fiebile. Poggiò di nuovo l'orecchio sul muro gelido, anche stavolta non ottenne risultati, le voci erano troppo alte. Così rimase immobile, attacata ad una parete, ed aspettò. Sentì un rumore strano, tipo...tipo...qualcosa che batteva contro il ferro.
-Non è possibile!- esclamò. Doveva esserci qualcuno, di certo. Chissà come poteva passare....le voci solenni alzarono il tono, divennero più alte e incomprensibili, quasi parole cantate, formule magiche sacre. Elsa si staccò dalla parete. La curiosità ebbe la meglio e cercò di concentrarsi sulle parole delle Altre-Lei; voleva capirci qualcosa. Dalla parete a cui era attaccata con una spalla, vedeva le copie solo di spalle, esse non si erano mai mosse di un millimetro, solo le bocche si aprivano appena per lasciar uscire quelle inquietanti melodie. Scivolò lungo il muro di pietra, fino a finire in ginocchio. Si arrese, erano davvero incomprensibili. Non udì nessun rumore delicato come i precedenti, per quelli che sembravano minuti, un bel po' di minuti. Inoltre quelle parole incomprensibili sembravano così...dolci...? Era questo quello che voleva dire? Non...non riusciva a ricordare un termine adatto a quel canto. Non riusciva a ricordare molto, a dir la verità. Era tutto così confuso......che ci faceva lì?....come....come c'era finita? Non riusciva a...a ricordare...E poi le palpebre erano così pesanti, le ossa così stanche, voleva chiudere gli occhi, solo per poco. Una parte di lei sentiva che, però, se li avrebbe chiusi, non li avrebbe riaperti con facilità...Lo sapeva. Però era così stanca...Non riusciva a....
Battè più volte le palpebre, che si fecero ancora più pesanti.
Il canto era un sussurro delicato, ora che aveva gli occhi chiusi ed era poggiata alla pietra. Scivolò lentamente, fino a finire a terra, un braccio sotto la testa come cuscino. Deglutì lentamente. Era tutto così rilassante. Il canto era un soffio, adesso. Le voci non erano più un coro, erano un'unica voce, un unico soffio. Stava scivolando via, Elsa. Il sonno la stava divorando, pezzo dopo pezzo. Il freddo del pavimento, non lo sentiva quasi più. Man a mano che la stanchezza si impossessava di lei, il pavimento sembrava diventare sempre più caldo e confortevole. Le quattro copie, in contemporanea, ruotarono lentamente verso di lei, ed addolcirono la voce. Elsa chiuse gli occhi, l'oscurità la stava trascinando verso il buio totale. Eccola lì: la calma, la pace. Ci voleva davvero poco per ottenerla...ma, ma..cos'era? Cos'era quel piccolo filo che le impediva di cedere? La voglia di vivere, l'amore, la gioia, la famiglia...Un filo fragile di speranza che la tirava verso la veglia, ma il sonno era così forte, potente, immenso.
Un singhiozzo.
Elsa spalancò di colpo gli occhi, si svegliò con una velocità incredibile. Si mise seduta e fissò il muro, vi poggiò l'orecchio. Un altro singhiozzo, più debole.
Le copie alzavano di nuovo il canto, è più rapido, ancora più forte. Un coro di urla che risuonava, mentre i muscoli di Elsa si intorpidirono. Infatti, quando si alzò, crollò di nuovo a terra, scorticandosi le ginocchia. Si diede la spinda con le mani doloranti, ma riusci solo a mettersi seduta sui talloni, in ginocchio. Sentiva gli arti stanchi, la testa pesante, un peso sulle spalle. Doveva farcela...doveva.  Si tirò su e barcollò fino al muro, e vi si appoggiò, cercando di non crollare. "Avanti," pensò "avanti dammi un altro segno, so che ci sei..." Aspettò un altro lieve rumore, tenendosi una mano sulla fronte. Sperò. Sapeva che era quasi impossibile sentire altro che non fosse quel maledetto canto che la stava facendo crollare dalla stanchezza. Comunque continuò a sperare, con tutta sè stessa. Riuscì ad afferrare solo un lieve rumore metallico. Era quello che aveva già sentito prima, che era certa di aver sentito altre volte, nel castello. Ma non riusciva a collegarlo a nulla. Però aveva capito. Doveva esserci qualcuno, oltre quel muro. Così, provò ad indietreggiare un po', preparando un raggio di gelo.
Il canto continuò a salire, ed Elsa riuscì a comprendere un "Non osare!", non sapeva se l'avevano detto davvero o se era solo frutto della sua immaginazione. Alzò le mani sopra la testa, mentre il ghiaccio le formicolava fra le mani. Le tremavano le gambe, quel peso che il canto le stava mandando le stava opprimendo le spalle. Gettò le braccia in avanti, e, con sua grande sorpresa, riuscì ad abbattere la parete. Quel che vi trovò le gelò il sangue.
-Va..Vanellope?- mormorò.
La bambina, chiusa in una piccola cella, si mise seduta con fatica e osservò la regina. Le si illuminarono gli occhi. Aveva il viso un po' sporco, gli abiti scuciti e un livido violaceo su un gomito scoperto.
Elsa provò a correre verso la bambina, però il canto, diventato un urlo, le incollò i piedi a terra. Le copie avanzarono contemporaneamente, mentre gli occhi si scurivano sempre di più, fino a diventare profonde cavità nere. I denti delle Altre-Elsa si affilarono e capelli si sciolsero dalle rigide acconciature, diventado serpenti, che s'intrecciavano in una specie di danza raccapricciante, sibilando. Elsa raccolse tutte le sue ultime energie e colpì le copie con delle lame di ghiaccio, inchiodandole alla parete dietro di loro, e incollò le loro bocche con della brina per farle smettere di cantare. La regina delle nevi corse verso la cella. Vanellope tirò fuori un braccio fra le sbarre e indicò un lucchetto nel lato della gabbia. Elsa iniziò ad armeggiare con la chiave e il lucchetto, e Vanellope tossì, per poi dire:-Bel tempismo, avevo appena perso ogni speranza.-
-Visto? Non bisogna mai arrendersi.- rispose la regina, buttando a terra il lucchetto aperto. La gabbia si smaterializzò in due secondi.
 Vanellope si lanciò fra le braccia di Elsa, nascondendo in modo vano le lacrime -Grazie..-
La regina ricambiò la stretta, ma appena notò le copie infuriate che si stavano liberando, sciolse l'abbraccio e prese la bambina per le spalle:-Ora non abbiamo molto tempo, sai come uscire?-
Vanellope fissò la chiave fra le mani della ragazza. Indicò il muro:-Turbo ne aveva una rossa identica e ci ha chiuso quel muro. Lo so che sembra assurdo, ma ti giuro che è così.-
La chiave rossa? Era quella di Ralph! Elsa annuì:-Ti credo. Avanti.-
Si avvicinò al muro e provò a toccare con la punta della chiave il muro, che si riempì di increspature. La prima copia, quella dell'Elsa-SenzaPoteri, si era già liberata, e stava provando a correre verso di loro, ma ferita alle gambe, barcollava e cadeva a terra in malo modo. Elsa prese la mano di Vanellope e la trascinò dentro il muro, che ridiventò solido al loro passaggio. Giunte dall'altra parte, sentirono l'Altra-Elsa ringhiare, gridare e battere i pugni sulla parete.
Le due rabbrividirono, Elsa fece per sciogliere la presa fra le loro mani, ma si fermò non appena sentì la stretta forte della bambina. Così la lasciò fare. Avanzarono nel buio, a passi silenziosi e cauti. Con la mano libera, la regina era pronta a colpire con una palla di neve, la mano le tremava in modo incredibile. Quali altri orrori avrebbero visto? Quali altre prove dovevano affrontare?
Vanellope glitchiò, ed Elsa riconobbe il rumore metallico. Quando la ragazzina si scompose in tante figure blu e azzurre, emise una luce che illuminò la stanza per qualche secondo. La regina decise di illuminare quel luogo con un raggio di luce azzurra, come aveva già fatto a suo tempo un paio di volte; così, in caso di necessità, l'avrebbe usato come arma e scagliato contro i nemici. Sembrava una grotta. Sì, quel luogo era decisamente una grotta, profonda e stretta. Camminarono in silenzio, con le mani ancora allacciate.
-Elsa?- esordì Vanellope.
-Sì?- disse la regina delle nevi.
-Ehm, sai dove stiamo andando o che dobbiamo fare?-
-Vedi...dobbiamo trovare Kristoff ed Anna.-
-Ah.- Vanellope strinse le labbra, poi continuò -Dovremmo affrontarne altre di quei cosi?-
-Credo di sì.- rispose la regina.
-Tu...tu vivevi questi incubi con Ralph, vero?-
Elsa si fermò di colpo:-Come fai a....-
Vanellope la bloccò:-Me l'ha detto Turbo, mentre mi rinchiudeva là dentro.-
-Oh...E' vero. Lui ha la chiave rossa di Turbo.- dichiarò, riprendendo a camminare.
-Quindi, forse lui dovrà liberare tua sorella e il suo fidanzato. A questo hai pensato?- Vanellope si schiarì la voce -Se tu mi hai salvato, forse lui dovrà pensare a loro.-
-Forse.- concordò Elsa.
Nel buio, la regina riuscì a vedere un riflesso di luce.
-L'hai visto?- chiese la piccola.
-Certo...corri.-
Ed Elsa scattò in avanti, dando appena il tempo a Vanellope di registrare la parola, che le incespicò dietro. Arrivarono a quella che sembrava la fine della grotta, e si ritrovarono davanti ad uno specchio. Era un vicolo cieco. Non c'erano altre vie, passaggi, porte. Solo quello specchio grande quasi un metro, lucidissimo, con la cornice di legno pregiato.
Vanellope vedeva se stessa e, al posto della regina, un mostro verdognolo, con un centinaio di occhi gialli, fatto di una schifosa sostanza gelatinosa verde. "Invidia" soffiò una voce nel suo orecchio sinistro. La bambina fece un passo indietro e lanciò uno sguardo ad Elsa, che fissava concentrata lo specchio. Non c'era nessun mostro.
Elsa si vide circondata da enormi braccia dalle dita aguzze viola e blu scuro. La sfioravano, graffiandole appena la pelle, ma i graffi bruciavano. "Paura". Ecco cosa le soffiò la voce all'orecchio. Anche lei indietreggiò e si guardò le braccia, ma non vi trovò alcuna ferita.
-Sarà meglio procedere...- mormorò la regina, sfiorando la superficie dello specchio.
Lo specchio iniziò a incresparsi, era come un laghetto d'argento su cui correvano piccole onde dai riflessi bianchi, ed Elsa tirò indietro la mano di scatto.
-Allora?- domandò Vanellope -Non credo che abbiamo tempo da perdere, no?-
Elsa annuì e prese la mano dalla bambina ed entrò nello specchio, trascinandosela dietro.

 

Le due si ritrovarono in una stanza circolare, illuminata da un focolare al centro di essa. Non c'erano finestre, ed ogni parete era fatta di legno sporco di muffa e muschio. Vanellope guardò la regina che fece spallucce. Nonostante fossero vicine al fuoco, avevano entrambe freddo. La stanza era gelida. Si avvicinarono entrambe al fuoco, e, all'improvviso, una porta si formò nella parete davanti a loro. Le due si avvicinarono ad essa e la attraversarono.  Subito dopo, davanti a loro apparve un'altra stanza identica alla prima.
-Hai qualche idea di ciò che vedremo?-domandò Vanellope.
-No; ma di certo sarà qualcosa di orrendo...- rispose la regina delle nevi.
Sapeva che era brutto da dire ad una ragazzina, però non poteva mentirle, Vanellope non era stupida, la regina lo sapeva.
La stanza prese una forma ottagonale, e fu coperta da otto specchi grigi. Essi sembravano pieni di nebbia scura e riccioli di vento che la facevano muovere a destra e sinistra velocemente. Si sentì uno zampettio, e Vanellope rabbrividì fin nelle ossa. Strinse la mano della ragazza più grande:-Elsa, l'hai sentito?-
La regina delle nevi annuì, accarezzandole la manina calda:-Rimani concentrata, dobbiamo uscire di qui.-
-C'era un perchè....- sibilò una voce -C'era un perchè al riflesso dello specchio. C'era un perchè al mostro dell'Invidia e quello della Paura.-
Turbo piombò al centro della sala, a qualche passo dalle ragazze, passandosi un artiglio fra i denti appuntiti:-Trovate il perchè.-
-Che sign...?- prima che Elsa potesse finire la frase, apparve un mostro alto quattro metri, largo due, fatto di nuvole verdastre, dagli occhi rossi. E poi, occhi si fa per dire, dato che erano solo due fori grandi come un dito. Il mostro allungò una delle sue mani grassoccie verso le due, che si buttarono all'indietro ed evitarono il colpo. Elsa afferrò la mano di Vanellope e si tuffò a capofitto in uno specchio, trascinandola con sè.
Adesso erano in una enorme gabbia per uccelli fatta di ferro, illuminata da un cono di luce proveniente da chissà dove.
-Cosa avrà voluto dire?- chiese la regina all'aria. -Di sicuro ci avrà svelato come uscire, però...-
-ELSA!- Vanellope gridò, spingendo a terra la regina, facendole evitare la manona del mostro che si era infilata nell'unica entrata (e uscita): lo specchio, dalla quale loro erano arrivate.
Nella caduta, la chiave blu di Elsa scivolò fuori dalla tasca; Vanellope la prese e iniziò a muoverla nell'aria cercando di far apparire una apertura. Nel vuoto, si aprì una spaccatura e le due vi corsero dentro. Apparirono sulla cima di una enorme scala di mattoni rossicci. Ben illuminata dove erano loro, ma completamente buia alla base. Si udirono i lamenti del mostro, e le due iniziarono a correre lungo le scale, che si illuminavano al loro passaggio.
-Cos'hai visto riflesso nello specchio? Io un mostro fatto di paure.- affermò la regina, mentre i piedi scalzi iniziavano a mostrare le prime ferite.
-Anch'io ho visto un mostro.- Vanellope inspirò -Però fatto di invidia.-
Elsa si fermò di botto, si piegò in avanti a riprendere fiato:-Invidia? Perchè mai?-
Vanellope fece per aprire la bocca, ma fu interrotta da un muro alle loro spalle che crollò. I detriti arrivarono fino ai loro piedi. Ripresero a correre lungo le scale, che sembravano non finire mai.
Saltando uno scalino, la bambina mormorò:-Invidiosa di te.-
Elsa la guardò triste:-Davvero?-
-Sì. Insomma, guardati. Sei perfetta sotto ogni aspetto: bella, intelligente, dolce...-
-Non hai nulla da invidiarmi, inoltre non dovresti preoccuparti di queste cose, adesso.-
Vanellope rallentò il passo, così da avere due scalini di distanza dalla regina:-Mi porterai via Ralph.-
Elsa si fermò. Sentì gli arti pesantissimi. Voltandosi, la fissò, con gli occhi color ghiaccio velati di una tristezza immensa:-Io...non lo farei mai, Vanellope, mai.-
-Lo hai già fatto.-
Il muro davanti a loro si sgretolò, lasciando mattoni e spuntoni davanti ad Elsa e Vanellope. La regina proseguì, cercando di evitare il più possibile delle cose a terra; senza molti risultati: i piedi avevano iniziato a sanguinare. Vanellope le  saltellò dietro.
-Avevo paura di te, Vanellope.- disse la regina dopo qualche minuto.
-Di me?-
-Esatto. Di ciò che avresti pensato di me e Ralph, ed infatti avevo ragione a preoccuparmi, a quanto pare...-
Vanellope saltò due scalini ed atterrò pesantemente; Elsa continuò:-Lo so che Ralph è tutto ciò che rappresenta la tua vita: ti ha cresciuta, sostenuta, si preso cura di te. Tu sei un qualcosa per lui che io non potrò mai sostituire, capito?-
La bambina la fissò ed annuì, evitando le parti più rovinate degli scalini, corse giù.
-Vanellope.- Elsa le incespicò dietro -Io verrei tanto essere quello che lui è per te.-
-C-Come?- balbettò la bambina, voltandosi.
-Vorrei essere una sorella maggiore per te, anche io.-
Vanellope fece per rispondere, il muro accanto a lei crollò, e la mano aguzza di Turbo l'afferrò, imprecando:-Finalmente! Quell'idiota di un mostro non riusciva a trovarvi.-
-MOLLAMI!- gridò la ragazzina, cercando di sfuggire alla presa.
Elsa colpì fulminea la mano di Turbo, che mollò Vanellope. Elsa corse in avanti prese la bambina per un braccio e la trascinò giù per le scale.
-Una porta!- esclamò la bimba.
Elsa incespicò e spalancò l'enorme portone in legno e vi si tuffò dentro, subito dopo averci spinto vanellope.
Le mani di Turbo si aggrapparono alla maniglia dall'altra parte:-No, vi prego, no!-
Elsa strinse la maniglia e tirò verso di sè, Vanellope corse in suo aiuto.
-Lo so che non è un buon momento per parlarne.- dichiarò la ragazzina -Preferisco te per Ralph, rispetto ad altre ragazze. Sei perfetta per lui, e mi piacerebbe diventare una tua seconda sorella minore.-
Turbo sentì una scossa alla mano e mollò la presa:-NOOOO! Vi pregoo!-
Il mostro ignorò il dolore e infilò un braccio fra la porta e lo stipite, proprio mentre Elsa chiudeva la porta, e gli troncò il braccio in modo netto.
-NOOOOOOOOOOOO!- le grida di dolore erano terrificanti.
Erano in un corridoio fatto di muschio verde appiccicoso. Elsa e Vanellope corsero lungo il prossimo portone, ignorando le urla di Turbo.
-Morirò senza di VOOOOOOOOIIIIIIIIIIIIIIIIIII!!!!!!!!!!!!!!!!-
Elsa sentiva che le urla del mostro scuotevano il corridoio, fu costretta ad ignorarle.
Vanellope aprì il secondo portone ed insieme ad Elsa vi scivolò subito appena attraversata la porta. La bambina era crollata sopra alla regina. Si rimisero in piedi in fretta ed avanzarono, a dita intrecciate, nel buio totale.
Non sapevano però delle dita che zampettavano alle loro spalle.








Angolo Autrice:
Okay, lo so che è tardi...ma ho un po' di problemi con la scuola, quindi aggiornerò di meno, da ora in poi...sorry. Povero Turbo. Povera Elsa, povera me, poveri tutti. Che orrore. Che casino di capitolo! =O
Beh, ditemi se vi è piaciuto; perchè è stato complicato scriverlo.
Byeee!

 
  
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