Ancora stranita dalla lettura dell'archivio, chiusi la cartelletta e la
appoggiai sul tavolino. Mi tremavano le mani. Ancora non riuscivo a credere a
ciò che avevo appena letto, mi stropicciai gli occhi. Il giorno stava ormai
arrivando alla fine, il crepuscolo non tardò ad arrivare e l'appartamento fu
devastato dal buio. Proprio in quel momento arrivò mia madre, che accese le
luci.
"Sei matta a restare al buio?" mi rimproverò
"Ciao mamma"
"Oh ciao Chiharu"
Era appena andata a fare l'aspesa. Almeno quel giorno, oltre che stare con
Shinji, si era occupata dei suoi doveri. Abbandonò le borse all'ingresso e
puntò il dito contro la cartelletta chiedendomi cosa fosse.
"Oh niente, mamma...sono appunti di una
ricerca che devo portare per domani" mentii, ma ero piuttosto convincente.
In quel mentre pensai quasi che sarei stata perfetta come attrice. Takashi
Shimizu non mi avrebbe certo rifiutata per "Ju- On 412".
"Quindi quelle sono le informazioni della tua ricerca?"
Annuii e corsi in camera. Riposi la cartelletta sulla scrivania e mi stesi sul
letto con i veri appunti della ricerca di francese che avrei dovuto presentare
l'indomani. Mi armai di evidenziatore rosa fosforescente ed iniziai a
sottolineare le informazioni più importanti, ma alla parola "peur" mi
addormentai. Il breve pisolino si sarebbe fatto ricordare come uno dei più traumatici
e movimentati di tutta una vita: tutto sembrava tremendamente reale, eppure mi
rendevo completamente conto che si trattasse solo di un sogno.
Mi trovavo in una stanza illuminata da una luce rossastra, che filtrava
attraverso una finestra di vetro opaco. Era una stanza strana, vuota,
completamente vuota. Di fronte a me solo un sacco di tessuto grezzo, un sacco
che conteneva qualcosa di strano. Era legato con una fune. Solo allora mi
accorsi di essere armata di un bastone. Un bastone color ebano che risaltava
con ferocia attraverso il rosso sangue della stanza.
Ora come ora non sapevo il perché, ma quel sacco mi appariva così inquietante,
come se fosse una minaccia e, così, quando iniziò a muoversi spaventosamente,
iniziai a colpirlo violentemente, mentre urlavo e ansimavo.
Il tessuto del sacco cominciava a colorarsi di rosso. Non mi fermai e continuai
a battere, finchè non si fermò completamente.
In quel momento decisi di controllare cosa vi fosse
contenuto: allentai la corda e guardai dentro: trasalii, nel sacco c'ero io.
Sanguinante, rinchiusa a feto.
Ansimai.
Il mio alter ego, ad un tratto, aprii gli occhi e mi sorrise. Urlai.
Lasciai cadere a terra il bastone e in quel momento, il mio collo iniziò a
sanguinare senza motivo, senza che fossi ferita. Tentai di bloccare la
fuoriuscita con le mani ma fu inutile. Indietreggiai e in quel momento mi
svegliai con un grido.
Mi toccai la fronte, visibilmente sudata.
Il mio cuore batteva a mille e il respiro si faceva sempre più affannoso,
terrorizzato.
Eppure ero in camera mia, distesa sul letto.
Gli appunti erano sparsi ul pavimento, le coperte erano disfate.
Controllai le ore sulla sveglia: 23.58. non mi resi conto di aver dormito così
tanto.
Mi stropicciai gli occhi e mi diressi in cucina, dove presi un bicchiere
d'acqua.
Mamma stava dormendo, accucciata sul divano, con gli occhi bagnati dalle
lacrime. Mi chiedevo solo se tutto fosse andato bene con Shinji.
Tornai in camera e raccolsi gli appunti, con l'intenzione di studiarmeli con
impegno, ma con orrore notai che su ogni pagina avevo scritto in continuazione
"Joy Barker" con l'evidenziatore rosa. Come se non bastasse, tra le
fotografie di città francesi e appunti demografici, scoprii un altro foglio,
ben diverso dagli altri. Il terrore non mi avrebbe abbandonata. Mi avrebbe per
sempre stretto la mano e mi avrebbe fatto compagnia, fino alla mia morte.