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Autore: piccolo_uragano_    02/11/2015    5 recensioni
“Perché ogni volta che c’è in giro Lord Voldemort facciamo figli io e te, Martha?”
Martha accennò un sorriso. “Perché ogni volta che io e te facciamo figli c’è in giro Lord Voldemort, Sirius?”
Remus trattenne una risata. “Ed è per questo che sono vent’anni che ti ripeto che è quella giusta.”
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Non è una di quelle storie tutte miele e amore in cui Sirius trova la sua perfetta metà e vissero tutti felici e contenti. Martha darà a Padfoot del filo da torcere, insegnandogli ad amare e a restare.
(Si parte dal 1976 fino a poco dopo la battaglia di Hogwarts; in teoria è finita, dopo anni, ma in pratica.....)
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio | Coppie: James/Lily, Remus/Ninfadora
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ti amo più di ieri e meno di domani.'
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A J.K. Rowling,
che mi ha dato qualcosa in cui credere,
e un fantastico 'principe delle tenebre' su cui fantasticare.
A Sirius Black,
per averi dato la possibilità di scrivere di lui ed evadere dalla realtà.

Sirius osservava il viso addormentato di Kayla, posato sulla sua pancia. Dormiva beatamente, come una vera principessa: niente sembrava in grado di disturbarla. Si era addormentata poche ore prima, dopo aver convinto Sirius a leggerle un libro a alta voce. Padfoot aveva borbottato che non aveva mai letto un libro in vita sua – fatta eccezione per il libro di poesie che Martha gli regalò il loro primo Natale: quello lo teneva ancora sul comodino – mentre sua moglie aveva giustificato il comportamento della bambina dicendo che, probabilmente, aveva chiesto a suo padre di leggerle quel libro perché era una cosa che nella sua infanzia le era mancata. Lui allora si era lasciato convincere da questo, e, mentre leggeva quel libro chiamato Il principe Caspian  si domandava per quale motivo Remus aveva consigliato alla figlioccia libri che parlassero di un mondo magico nascosto dietro un armadio. Aveva messo subito da parte questo quesito, perché Kayla, prima di chiudere gli occhi, gli aveva confessato che lei amava il principe Caspian, per le ricordava il suo papà.
Perfetto, aveva pensato Sirius. La ragazzina è già innamorata.
Così, quando lei era delicatamente scivolata tra le braccia di Morfeo, lui aveva continuato a leggere quel libro con interesse. Si stava meravigliando di come per i quattro ragazzi fosse passato un solo anno, mentre a Narnia ne erano passati milletrecento, quando trovò, tra una pagina e l’altra, una foto magica.
Non ci mise più di qualche secondo per riconoscere i due soggetti: erano lui e Martha, il giorno del loro matrimonio. Ancora si stupì per la bellezza disumana di Martha, quel giorno. Stava per posarla, quando notò che, da una pagina più avanti, spuntava un’altra foto. Una foto che lui non aveva mai visto.
Era Martha, sudata e stanca, come lui l’aveva vista solo in sala parto, ma, questa volta, gli occhi della donna erano vuoti. Spenti. Sirius ci mise qualche secondo per collocare nel tempo quella foto: Martha teneva in braccio un neonato avvolto in una tutina rosa, e, accanto a lei, gli occhi vispi di Robert ed i suoi riccioli ribelli davano allegria all’immagine. Quello era, senza alcun dubbio, il giorno della nascita di Kayla. Sirius sentì il cuore stringersi nel petto: quello, per lui, ad Azkaban, era stato un giorno come gli altri, privo di ogni valore, di ogni emozione diversa dalla rabbia. Il solo pensiero che lo aveva tenuto in vita era la limpida consapevolezza di essere innocente, ed il ricordo di Martha. Martha, Martha, Martha, la donna della sua vita, che, inconsapevolmente, lo aveva tenuto in vita per dieci anni.
Fu la stessa Martha, che, in quell’istante, aprì la porta della stanza appartenuta a Regulus, trovandovi Kayla addormentata su suo padre con aria beata,e Sirius intento a leggere un libro. “Mi stavo preoccupando.” Sussurrò.
Lui rimase a guardarla, così, in piedi, con la mano sulla maniglia, per qualche secondo. “Lo sai che se qui passa un anno a Narnia possono passarne anche milletrecento?”
Lei sorrise. “Si, li ho letti, quei libri.”
“Davvero?” s’illuminò lui.
“Si, al sesto anno: li ho consigliati io a Remus.”
Sirius scosse la testa. “Quell’uomo mi delude.” Scherzò.
Lei sorrise. “Hai intenzione di dormire lì?”
Padfoot guardò il viso della ragazzina. “Se serve a recuperare gli anni persi, si.”
Martha lo guardò, e, con passi leggeri, si avvicinò a lui e gli baciò dolcemente le labbra. “Come quando eravamo in dormitorio.” Scherzò. “Buonanotte, Padfoot. Vengo a svegliarti per colazione.”
“Ti amo, Martha.” Sussurrò lui.
“Ogni tanto fa bene sentirselo dire.”
Si baciarono di sorrisi. Poi lei si allontanò, chiudendo la porta dietro di sé. Quando la signora Black si ritrovò in un letto matrimoniale da sola, si costrinse a convincersi che suo marito non l’avrebbe nuovamente lasciata: era di sopra, con la loro bambina. Nonostante questo, non riuscì a non stringere il cuscino del marito, come faceva sempre quando era sola.
Così, quando all’alba Sirius scese in camera loro, la trovò abbracciata al cuscino con espressione preoccupata, e, immediatamente, capì quali erano stati i suoi pensieri della sera prima. Quindi sistemò a cucchiaio dietro di lei, e le sussurrò “Sono qui, Martha.”
Lei, nel sonno, sorrise.

“Redfort!”
Martha si bloccò, di colpo. Beccata.
Le sembrò tanto di essere tornata a scuola, quando scorrazzava per i corridoi di notte, per combattere l’insonnia e scoprire la bellezza di quel castello al calar del sole. Ma ora, la faccenda era molto più seria: non era stata beccata dalla McGranitt o dal Caposcuola che faceva la ronda, no. Quello sarebbe stato un lusso.
Si voltò e riconobbe il viso di Kingsley Shacklebolt.
“Redfort, che ci fai qui?” domandò l’uomo, quando fu abbastanza vicino.
“Oh, ma io non sono qui.” Rispose lei, immediatamente. “Io sono a casa Black, nascosta come se la criminale fossi io. Tu non mi hai vista.”
Fece per andarsene, ma Kingsley le afferrò un braccio. “Se non mi dici per quale motivo sei al Ministero alle sette di mattina, giuro che lo dico a Silente.”
Martha si finse offesa. “Ti prego, Shacklebolt: Silente manderà me, Sirius e i ragazzi in Norvegia fino al primo settembre, se sa che sono stata qui!”
“Che hai contro la Norvegia?”
“Fa freddo! Ed è lontana!”
“Esatto.” Ribatté l’uomo. “Allora dovresti dirmi che diamine ci fai qui.”
Lei studiò il viso dell’uomo per qualche secondo. “Voglio sapere a che punto siete con le ricerche di Minus.”
“Oh, benissimo: proprio quello che non posso dirti!”
“Tu no, Kingsley, infatti non stavo cercando te.”
“Non andrai a torturare i tuoi stagisti, vero?”
Di nuovo, Martha si sentì colta con le mani nel sacco. Per conservare la sua dignità, decise che sarebbe stato meglio non rispondere.
“Martha!” la richiamò l’uomo. “Non è del tutto etico, trattarli male e poi sfruttarli!”
“Oh, ci sono un sacco di cose al mondo che non sono etiche! La prima è che io sia chiusa in una casa con il quadro parlante di mia suocera all’ingresso!”
Kingsley non riuscì a non sorridere. Poi si guardò attorno, come preoccupato. “Non posso dirti che non abbiamo niente, su Minus.”
Niente?!” domandò lei. “Come niente? Oh, dì a quel troll di Caramell di farmi tornare a lavorare, io posso trovarlo!”
“No, non puoi. Però c’è una cosa che potresti fare per me.”
Martha scrutò il volto del collega. “Che genere di cosa?”
“Dovresti parlare con una persona. Un uomo che chiede di te.”
“Oh, no. Non ci penso proprio, conoscendoti ti sei messo d’accordo con Malocchio per portarmi da uno strizzacervelli.”
“Nessun strizzacervelli: è uno Spezzaincantesimi.” Rispose l’uomo, fiero.
“E che ho a che vedere io, con uno Spezzaincantesimi, di grazia?”
Ma Kingsley le aveva fatto segno di seguirlo, in silenzio. Lei, furiosa, era stata presa da quel suo vecchio istinto curioso. Perché uno Spezzaincantesimi voleva parlarle? Forse era stato un’avventura di Rose e stava cercando lei, non Martha. Probabile: non sarebbe stata la prima volta.
Kingsely, dopo parecchi giri assurdi, la condusse ad una stanza chiusa nell’Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale, e Martha era troppo presa dal fissare quello che probabilmente era un mago africano Evocare un’intera tribù impegnata in una danza tipica per notare l’uomo estremamente affascinante seduto dietro la scrivania.
Avvertì l’inconfondibile sensazione di averlo già visto.
Dovette guardarlo bene, per metterlo a fuoco. Aveva dei giganteschi occhi scuri, ma erano tutt’altro che caldi. Erano freddi, vuoti, e con uno sguardo, ne era sicura, avrebbe potuto uccidere qualcuno. Era pallido, con lunghi capelli scuri legati in una coda tenuta composta sulla schiena. Se ne stava seduto dietro la sua scrivania, con in mano la bacchetta e un sorrisetto soddisfatto, guardola attraverso degli occhiali rettangolari con una montatura dorata.
“Tu devi essere Martha.”
Nel momento in cui parlò, si rese conto perché le era sembrato di averlo già visto. Era identico a Rose.
“Dipenda da chi sei tu.”
Non sapeva dire perché, ma quell’uomo la innervosiva. Aveva un tono saccente e sembrava credersi il re del mondo.
“Oh, che maleducato. Mi chiamo Aaron White.” Si alzò e le porse la mano, mantenendo il sorrisetto soddisfatto. “La ringrazio, Shacklebolt, per avermela portata. Aveva ragione, sa? Dal vivo è ancora più bella.”
Martha si voltò verso Kingsley, rivolgendogli uno sguardo furioso. L’uomo, senza indugi si dileguò, e Martha provò un irrefrenabile desiderio di urlargli contro che gliel’avrebbe fatta pagare cara.
Non fece in tempo a fare niente, però, perché Aaron White richiamò la sua attenzione. “Posso offrirti da bere, Martha?”
“No, grazie.” Rispose lei. “Vado di fretta.”
“Prego, allora: siediti pure. Come fossi a casa tua.”
Martha, dubbiosa, si sedette davanti al quell’uomo dall’aria familiare, aspettando che lui le rivelasse la natura di quell’incontro.
“Tuo padre si chiama Robert Redfort, è esatto?”
“Sì.”
“E tua madre e tuo padre si sono sposati nel 1957.”
“Sì.”
Insomma, che scherzo di cattivissimo gusto era, quello? E come faceva quell’uomo a sapere quelle cose?
“Oh, grandioso! Ora, dimmi: ti risulta che tuo padre abbia fatto un viaggio in Australia, diciamo,pochi mesi prima di conoscere tua madre?”
“Sì. Due anni prima di sposarsi.”
“Oh, perfetto.” Si girò sulla sedia. “Davvero, davvero perfetto.”
“Scusa, White, perché questo ti sembra perfetto?”
“Perché io sono nato in Australia. Due anni prima del matrimonio dei tuoi genitori, e, diciamo, nove mesi dopo il viaggio di tuo padre nella cittadina natale di mia madre.”
Martha incrociò le braccia sul petto. “Complimenti. Cosa intendi dire?”
“Non lo so: che succede, di solito, in nove mesi?”
“Ho tre figli, White: so come funziona.” Rispose lei, sempre più infastidita.
E aveva la maledettissima impressione che quell’uomo stesse insinuando di essere figlio di Robert Redfort. Come si permetteva?
“Tre? Perché su tutti gli articoli su tuo marito se ne citano solo due?”
Martha alzò gli occhi al cielo. “Non è affare tuo, come funziona la mia famiglia.”
“Oh, davvero? Perché mia madre, Amelia White, ancora sostiene che mio padre si chiami ….”
Non lo stava per dire.
“… Robert John Redfort.”
Lo aveva detto.
“Tua madre ha molta fantasia, White.” Rispose pronta, con un sorrisetto sarcastico. Le sembrò quasi di vedere James sorridere di quella risposta.
Forse, quella prima settimana a Grimmauld Place le aveva dato il sangue freddo che aveva contraddistinto i Black per generazioni.
“No, Martha, non credo: negli ultimi trentotto anni, mia madre ha sempre avuto ragione.”
“Mi dispiace deluderti, Aaron White dei miei stivali, ma sono più che sicura che mio padre me lo avrebbe detto, se io e mia sorella avessimo avuto un terzo fratello.”
“Semplicemente, tuo padre non lo sa.” Sorrise lui. “Perché non gliene parli? Mi piacerebbe molto incontrarlo.”
Martha scrutò l’uomo, di nuovo curiosa, mentre nella sua testa vide Rose piegata dal dolore alla notizia della morte di Robert Redfort, nell’ufficio di Silente. “Sei venuto fino a qui dall’Australia per domandarmi di parlare con mio padre?”
“No, in realtà, ero anche estremamente curioso di conoscere te e Rosalie. E i miei nipoti. Poi vorrei fare un Incantesimo del DNA, nel caso Robert non fosse sicuro, ma ho delle foto e delle prove schiaccianti.”
Martha si fece interessata. “Foto?”
“Foto dei miei genitori insieme in Australia, nel loro breve ma intensa storia d’amore.”
“E perché non te le tieni per raccontare una bella favola ai tuoi figli?”
“Perché lui è ripartito prima che lei si rendesse conto di aspettare me: questo non la rende una bella favola.”
Martha si lasciò nuovamente andare sullo schienale della sedia. Forse, quello che stava dicendo quell’uomo, in parte era vero. Sicuramente, Robert aveva avuto moltissime donne prima di Marie, e non era da escludere che magari avesse commesso delle distrazioni. I figli illegittimi erano una realtà nascosta, erano una cosa di cui semplicemente nessuno parlava mai. Ad esempio, di Black illegittimi ne era pieno il mondo. Solo che nessuno mai aveva osato dirlo.
“Allora” la richiamò l’uomo. “credi di potermi annunciare a Robert?”
Martha si ritrovò costretta a scuotere la testa. “Robert John Redfort è morto il ventisei marzo millenovecentosettantotto, mio caro Aaron White.”
Aaron fu visibilmente scosso da quella notizia. “Non sta scritto da nessuna parte …” disse, sconcertato.
“No, certo che no: è stato ammazzato a sangue freddo sulla soglia della casa dei cugini di mio marito. Al Ministero non fa comodo ricordarlo o scriverlo da qualche parte.”
Aaron sembrò pensarci sopra ancora un pochino. “Oh … mi dispiace, Martha, io … quanti anni, avevate, voi? Sarei potuto arrivare prima, sarei …”
“Non ha importanza. Io ero incinta e comunque c’era la guerra, qui. Solo uno stupido sarebbe venuto qui a cercare un uomo che crede suo padre.” Rispose Martha, con tono dolce, per la prima volta da quando aveva messo piede in quell’ufficio.
“No, no: io non credo che lui sia mio padre, io ne sono sicuro.”
“E io non credo che mio padre non mi avrebbe avvertita di una cosa simile, White: era davvero un brav’uomo.”
“Lui non lo sapeva.”
“Gli uomini lo sanno sempre.”
“No, non è vero.” Poi batté un pugno sul tavolo. “Mia madre … sarà distrutta … lei lo amava, lo … lo ha sempre amato.”
Il dolore nello sguardo di quell’uomo era quanto di più reale avesse mai visto. Evidentemente, al mondo aveva solo sola madre. Avrebbe tanto voluto dire che Robert amava Marie, l’aveva sempre amata, perché loro erano il principio del mondo, ma lui scattò.
“Vorrei fare comunque l’Incantesimo del DNA. Con te, o con Rosalie. Per avere delle certezze.”
“Hai appena detto che sei certo che Robert fosse tuo padre.”
“Oh, infatti lo sono: le certezze sono per voi.”
Martha lo guardò, allibita. “Senti, mio padre non ha lasciato soldi, se è questo che ti interessa.”
“No, non è quello. È che vorrei provare ad avere una vera famiglia, per una volta nella vita.”
“Ma la famiglia non è una questione di sangue, White, non solo.” Sorrise lei amorevolmente.
“Che intendi dire?”
“Hai presente che ho detto di avere tre figli? Ecco, in parte hai ragione tu: io ho messo al mondo due bambini, e quasi tre anni fa ho adottato il figlio dei miei migliori amici.”
Aaron la guardò, inclinando la testa. “E i tuoi amici dove sono?”
“Merlino, White, ma in Australia siete tagliati fuori dal mondo?!”

“Ciao, nonna.” Kayla passò accanto al quadro con aria curiosa.
La donna del ritratto rispose subito. “Tu! Piccola feccia, che porta il nome di una Sanguesporco, come …”
“Come facevi a domare i ricci?” domandò la bambina. “Voglio dire, non stanno mai a posto!”
“I ricci, ragazzina? Cosa c’entrano i ricci?!”
“Li trovo bellissimi ma insopportabili. Quelli di mio fratello e papà sono belli ed eleganti, i miei sembrano un cespuglio!”
Kayla era in pigiama, con i capelli che sopra la testa sembravano davvero un brutto incrocio tra un cespuglio ed un nido di rondine. Quelli della donna nel quadro, invece, erano raccolti dietro la testa, ma Kayla era sicura che anche i suoi fossero stati indomabili, al tempo.
“Certo che i loro sono belli ed eleganti, sono uomini!” esclamò il ritratto. “Oh, se il mio caro marito sapesse … se solo …”
“Kayla?” domandò Sirius, scendendo le scale. “Che stai combinando?”
“Sto chiedendo alla nonna come faceva a rendere belli i suoi capelli, visto che i miei sono orribili.” Rispose lei.
Sirius scosse la testa. “Avrei potuto dirtelo io, come faceva.”
“Si, ma tu dormivi. E la mamma non c’è.”
Sirius sembrò sorpreso. “Pensavo fosse già in cucina.”
“No, no: l’elfo ha detto che è uscita prestissimo, stamattina.”
“Kayla, ti ho detto …”
“Di non parlare con l’elfo, si, lo so: ma tu dormivi.” Ripeté.
Lui scrutò la ragazzina, e si rese conto che anche sua madre, nel ritratto, la stava scrutando con il medesimo sguardo. “Mi sembra che Walburga preparasse uno strano intruglio di miele, olio e limone, per ammorbidire i ricci. La ricetta esatta è ancora nell’armadietto del suo bagno.” Le disse, dopo un po’. “Era la sola cosa che preparasse con le sue mani.” Le si avvicinò e le baciò il naso. “Per me, sei bellissima anche così.”
Kayla sorrise. “Grazie, papà.” Poi si voltò, domandando alla donna del ritratto e domandandole se quanto appena detto dal padre fosse vero.
“Oh, lui, Traditore, come può rivelare i miei segreti a …”
“A tua nipote.” Disse la bambina. “Scommetto che a te lo disse tua nonna.”
Walburga gonfiò il petto con aria offesa. “Non osare dire a nessuno quanto ti ha appena rivelato tuo padre, ragazzina!”
Kayla scoppiò a ridere, come se la donna avesse appena detto qualcosa di estremamente divertente, e poi fece per allontanarsi dal quadro e tornare di sopra, ma l’urlo di Sirius la fermò. “KAYLA!”
Lei corse in cucina. “Che c’è?”
“Corri a svegliare tuo fratello!”
“Che succede?!” domandò, sempre più preoccupata. Sirius stava solo smistando la posta.
“È arrivata una lettere di Alex!”

Sirius entrò in quella che un tempo era stata la sua stanza, provando una sensazione stranissima: Robert, nel letto al centro della stanza, dormiva abbracciato al cuscino, in mutande e con la bocca aperta, come un cane. Era esattamente come Sirius alla sua età, e quando iniziò a chiamarlo per svegliarlo capì tutte le imprecazione di Remus, che per sette anni aveva svegliato lui e James.
“Robert, su, per Godric, svegliati!” esclamò, spazientito. “Oh, al diavolo. Aguamenti!”
E Robert si ritrovò con il viso ed i capelli coperti da acqua ghiacciata. “Aaaargh!” urlò, mettendosi a sedere, e notando suo padre davanti a lui. “Ma che ti prende, per Merlino?” domandò, visibilmente irritato.
“Il sole è alto nel cielo, Robert.” Iniziò Sirius.
“Oh, bene. Non è affare mio.” Rispose il ragazzo.
“Si, invece: hai quindici anni, quasi, e devi vivere.”
“Vivrò dopo le quattro del pomeriggio, allora.”
Robert fece per rimettersi a dormire, ma Sirius lo bloccò di nuovo. “Robert Sirius Black.”
“Oh, perché tutti siete in fissa con il mio nome intero?”
“Perché è un nome fantastico: lo abbiamo scelto con cura.”
“Non è vero, papà: è un nome privo di fantasia.” Robert desiderò che quelle potessero essere le sue ultime parole prima di abbracciare nuovamente Morfeo, ma suo padre lo fermò di nuovo.
“Dovresti vestirti e scendere a fare colazione.”
“Dov’è la mamma?”
“Non ne ho idea, ma seriamente, dovresti scendere: c’è una lettera di Alex per te.”
Robert sembrò recuperare immediatamente le forze, perché si alzò di colpo, e, con addosso solo quei boxer grigi, corse per tre piani di scale.
“Robert, dannazione: ho detto di vestirti! Se tua madre torna e ti vede così, mi …”
Ma il ragazzo, naturalmente, non lo stava ascoltando: si catapultò in cucina, ignorando bellamente il fatto che Walburga fosse svenuta nel vederlo girare per ‘la casa dei suoi padri’ così conciato, non si accorse di Remus che era appena entrato in casa, e nemmeno del fatto di aver gettato a terra un paio di sedie per arrivare alla lettera che stava posata su uno dei banconi della cucina.
Si fermò solo quando ebbe la busta tra le mani, ignorando Kayla ed i due Malandrini che se ne stavano in piedi sulla porta della cucina.
“Chiama Tonks, Fred e George.” Sussurrò Padfoot a Moony. “Io devo scoprire dove è finita la donna che ho sposato.”

“Robert Sirius Black!”
Un ragazza con una folta chioma di capelli rosa acceso bussava insistentemente alla porta di legno scuro con la targhetta ‘Sirius’.
“Robert, giuro che sfondo la porta!”
Tonks stava perdendo la pazienza, quando sentì dei passi dietro di lei e vide Fred, George e Remus.
“Che è successo?” domandò Fred.
“Non apre.” Rispose Tonks. “E non risponde.”
“Qualcuno sa cosa dicesse la lettera?” domandò ancora Fred.
“No.” rispose Moony. “Si è chiuso in camera prima di aprirla.”
Allora, Tonks picchiò di nuovo la mano sulla porta. “Robert, per Merlino: mi sto arrabbiando!”
Di nuovo, nessuna risposta. Allora, George Weasley si avvicinò alla porta. “Robert, ho della Burrobirra, e me la berrò da solo, se non mi apri.”
“Burrobirra alle dieci della mattina?” domandò Remus.
Tonks alzò gli occhi al cielo. “Guardali, Lupin: ti sembra che abbiano con loro delle Burrobirre?”
Remus la zittì con un gesto. “Non importa, Ninfadora.”
Tonks non fece nemmeno in tempo a rispondere, perché Robert aprì la porta, e senza che se ne accorgesse i suoi tre amici si erano già catapultati dentro la stanza, ed i gemelli fissavano Tonks.
“Che è successo con Remus?” domandò Fred.
“Niente.” Rispose irritata.  Ma gli sguardi dei tre Grifondoro lasciavano chiaramente capire che non le credevano. “Mi ha vista brilla in un locale babbano.” Sminuì poi.
“Solo questo?”
“Un ragazzo ci stava provando.”
“E lui lo ha Schiantato?” domandò Robert ,sorridendo.
“No.”
“Ed è questo il problema?” Fred si sedette sulla sedia che stava davanti alla scrivania.
“No. il problema è che mi ha caricata in spalla come un sacco di patate e mi ha portata via.”
I gemelli scoppiarono a ridere.
“Vienimi ancora a dire che non vi piacete.” La incalzò Robert.
“Ciò che dico è vero, Robert!”
“Certo: anche io, ogni volta che una ragazza ci prova con Fred, poi me lo carico in spalla e lo porto via.”
La ragazza, in tutta risposta, gli fece una linguaccia. “Non siamo qui per parlare di me, ad ogni modo.”
Fu Robert, allora, a mostrare la lingua. Poi guardò i gemelle e gettò la lettera al centro della stanza.
“Se ne va in Germania.” Disse, poi. “E non credo tornerà mai.”
Si gettò sul letto, posando i piedi sul muro, e si perse ad osservare il soffitto, mentre i suoi amici leggevano la lettera che lui ormai sapeva a memoria.

Robert,
mi dispiace tanto.
Avrei dovuto scriverti prima. Avrei dovuto farmi viva. La verità, è che ancora sento sulle labbra il sapore di quel bacio, e a volte mi sembra di vederti, tra la gente.
Mi dispiace tanto, Robert.
Mi dispiace di non essermi fermata a parlarti, come prima cosa: ero al castello per prendere i M.A.G.O. – si, così tardi: per un po’ ho preferito fare la mamma – ma quando ti ho visto non sapevo come fare. Era come trovarmi davanti tutti i miei rimpianti, che avevano preso la tua forma e la tua voce.
Avrei davvero voluto darti di più, Robert: avrei voluto che avessimo quella possibilità. Sono passata alla stazione, e ho visto la scritta sul muro. Ero con Zoe, nel passeggino, e le ho raccontato tutta la storia. Non temere, gliela racconterò anche quando sarà più grande: gliela racconterò quando la potrà capire, quando potrà capire le scelte che sua madre ha fatto e quando imparerà dai miei sbagli. Vorrei che lei avesse quel domani che noi non ci siamo concessi, un giorno, con la persona che amerà.
Sto piangendo, Robert, e non te lo nascondo. Non posso, non a te. Ho deciso di partire. Io e Zoe andremo a vivere in Germania, con i genitori del suo papà. Lui non la vuole, non l’ha mai voluta, ma loro possono offrirle una bella vita e dare a me un lavoro dignitoso. Magari un giorno torneremo, magari no: non so niente, so che non riesco ad essere felice, così vicina a te. Non sarò felice là, ma proverò ad andare avanti, tenendoti dentro.
Ti prego, amore mio, fa lo stesso. Tienimi dentro.
Tua,
Alex


“Tienimi dentro.” Ripeté Tonks.
“Già.” Rispose Robert. “Come se lei non fosse già abbastanza dentro di me.”
“Lasciala andare, fratello.” Lo invitò Fred, passeggiando per la stanza. “Ti sta ammazzando lentamente.”

Martha e Rose entrarono nella casa di Grimmauld Place con aria sconvolta, solo nel tardo pomeriggio.
“Martha!” esclamò Sirius, vedendola entrare da fuori dello studio di Orion. Scese le scale di corsa, notando l’espressione vuota della moglie. “Dove eri finita, dannazione? E perché non mi hai avvertito?”
Lei si levò la felpa e rimase con la vecchia maglia rovinata dei Chudley Cannons. “Devo parlarti, Padfoot.”
“Si che lo devi fare!” Sbraitò lui. “Ho dovuto pettinare Kayla e tirare insieme un gruppo di amici per dare sostegno morale a Robert, e Harry non risponde alle nostre lettere!” poi, notò che aveva un cerotto sul braccio. “Che hai fatto, al braccio?”
“Incantesimo del DNA.” Rispose Rose. “Avrei potuto farlo io, che non sto cercando di rimanere incinta, ma …”
“Perché hai fatto l’Incantesimo del DNA?” domandò Remus, accanto al suo amico.
“I bambini dove sono?” domandò Martha in risposta.
“In camera.”
“Perché abbiamo scoperto di avere un fratello, Remus.”

Alla fine della storia, i due Malandrini erano letteralmente a bocca aperta. “Quindi è seriamente vostro fratello?”
“Così ha detto l’infermiera del San Mungo.”  Rispose Rose al cognato.
“E ora cosa farete?” domandò il Lupo Mannaro.
“Niente, non faremo niente. È un uomo antipatico che cerca di disturbare il nostro precario equilibrio.”
“Pensa che voleva conoscere Sirius e i bambini.” Aggiunse Rose.
“Secondo me cerca davvero una famiglia.” Provò a contraddirla Remus. “Insomma, è solo, lontano da casa, e …”
“E nessuno lo ha invitato, Moony: avrei vissuto benissimo fino alla fine dei miei giorni senza sapere che mio padre andava in giro a mettere incinte australiane appena conosciute.” Rispose Martha.
“Non è che cerca eredità?” azzardò Sirius.
“Gli ho detto che papà non ha lasciato nulla, ma lui ha detto che era venuto qui per conoscere me e Rose.”
“E allora che avete fatto?”
“Abbiamo provato a chiedere alla mamma se ne sapesse qualcosa.” Rispose Rose. “Ma lei era convinta che noi fossimo sua madre e sua sorella, quindi …”
Le due abbassarono lo sguardo: il ricovero di Marie in una casa di cura babbana era per loro una sconfitta.
“Come hai detto che si chiama?” domandò Remus.
“Aaron White.” Rispose Martha.
“Potremmo dire ai tuoi stagisti di fare ricerche su di lui.”
“Non posso mettere piede al lavoro, ricordi?”
Martha si sedette sulle ginocchia di Sirius: era una bellissima abitudine nata in Sala Comune Grifondoro, che non avevano mai perso.
“Oh.” Rispose il licantropo. “E ai ragazzi lo dirai?”
Le sorelle Redfort scossero la testa.
“Perché dovrei? Non lo rivedremo mai più.”
“Ma è vostro fratello!” protestò Remus.
“No, Moony: mio fratello è morto la notte di Halloween. Non ne voglio un altro.”
Remus scosse la testa. “Tu non cambierai mai, Martha.”
Sirius sorrise. “A me vai benissimo così.”
Lei poi si voltò verso il marito. “Ma che è successo a Robert?”

“Robert, sono la mamma.”
Disse, bussando. Non ricevette alcuna risposta.
“Robert, possiamo parlare?”
Bussò di nuovo. Silenzio totale.
“Robert, conto fino a tre.”
Incrociò le braccia sul petto e attese una risposta.
“Robert, uno, due … due e mezzo … tre.”
Silenzio assoluto.
“Per Morgana, Robert, non mi lasci scelta.”
Martha si costrinse ad aprire la porta, trovando la stanza assolutamente deserta. “SIRIUS!” strillò. “SIRIUS BLACK, TUO FIGLIO È SPARITO!”
La risposta che ottenne non fu quella che sperava. “MARTHA REDFORT, ANCHE LA TUA MACCHINA È SPARITA!”
Martha si posò le mani sul viso. “Oh, Godric, aiutami.”
Kayla uscì dalla stanza accanto, incuriosita dalle urla.
“Ciao, principessa.” Le disse Martha, notando che i capelli erano più ordinati: cadevano sulle spalle con eleganza degna di una Black. “Che hai fatto ai capelli?”
“Miele, olio e limone: papà ha detto che la nonna faceva così!”
Martha annuì. “Miele, olio e limone. Un rimedio degno di una nonna.” Disse tra sé, sorridendo. “Kayla, Robert ti ha per caso detto dove andava con la mia macchina?”
Kayla annuì. “Si, si: ha detto che non posso dirtelo, ma non è ciò che tu stai pensando.”
Sirius, intanto, corse su per le scale e si catapultò in camera di Robert, perché solo lui riusciva ad orientarsi in quel disordine. Guardandosi attorno come un vero segugio, trovò posata sul letto una lettera con la grafia di un bambino.
Robert, ho bisogno di aiuto.
H.

Sirius lesse il biglietto ad alta voce, e poi alzò lo sguardo verso Martha. “Harry!” esclamò.
Martha si passò una mano tra i capelli, con aria sempre più nervosa. “Sirius, prendi la moto. Andiamo a Privet Drive.”


So che ancora non è marteì quindi tecnicamente non è ancora il compleanno di Sirius, ma sono le cinque del pomeriggio e molti leggeranno questo capitolo domani: quindi ho detto, perchè no?
So che questo capitolo non è un vero e proprio omaggio a Sirius come l'altro (perlomeno, non l'evento principale) ma mi stavo giusto chiedendo se questa storia non fosse troppo idilliaca. Ad ogni modo, non vi preoccupate: Aaron White nn sarà assolutamente un personaggio costante. 
Semplicemente perchè, nella vita di Martha come nella vita di ogni persona, c'è chi rimane (Sirius, Rose, Remus, Robert, Kayla, Harry) chi se n'è andato (Robert Redfort, in parte Marie, James, Lily, Alice, Frank, Dorea, Charlus ...) e c'è chi appare e scompare per poi apparire di nuovo (Aaron, Alex, Peter ...) 
E si, se ve lo steste domandando, il cognome 'White' è stato appositamente scelto per fare a pugno con 'Black'.
Vi segnalo che in una fantastica ora buca ho partorito una Flash Fic sui fondatori ( http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3298908&i=1 ) e per chi avesse seguito 'Distretto di Polizia', terrei tanto che deste uno sguardo a questo. http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3178455&i=1
Detto questo *rullo di tamburi* i ringraziamenti! 
Ringrazio riccardoIII, gossip_girl e vittoriaM20 per le loro storie meravigliose, le chiacchierate e la loro semplicità. Ringrazio felpato8 per credere in me ed in questa storia come nemmeno io faccio, ed infine ringrazio Distretto_9_e_34 per sopportare le mie domande assolutamente ignoranti (sei un tesoro).
Vi comunico anche che sto per pubblicare un ulteriore speciale sul compleanno di Sirius. Lo troverete sul mio profilo tra pochissimo, e credo lo chiamerò 'prima dell'alba'. Passate, se vi va.
Come scritto sopra (anche se è sottinteso, oggi lo dico) ringrazio J.K. Rowling anche per averci donato una dannatissima data da festeggiare per il compleanno del mio principe delle tenebre, Sirius Black.

Fatto il misfatto, 
Claude xx


 
   
 
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