Quinto sputo. Stand or Understand.
[ Danger Zone - Rainbow
]
Dopo
quella lunga settimana passata senza né
sentirci, né vederci, arrivò il sabato.
Il
sabato eravamo soliti unirci ad alcuni vecchi
ubriaconi che organizzavano piccoli tornei di biliardo dove vincevamo
spesso.
Da un lato perché sapevamo che per giocare ci voleva un
minimo di lucidità, che
noi fortunatamente mantenevamo fino alle dieci di sera circa,
dall’altro perché
eravamo più giovani, quindi eravamo più
flessibili per potere imbucare le
palline. A fine serata guadagnavamo qualche soldo messo a montepremi,
inutile
dire che ci guardavano tutti con alquanto disprezzo e, ovviamente,
gelosia.
Quel
sabato arrivai in ritardo rispetto ai soliti
orari, alle 6 del pomeriggio feci il mio silenzioso ingresso dalla
porticina
del locale, sperando che nessuno mi notasse, in particolare che non mi
notasse
Seymour. Io stesso avevo una specie di risentimento per quello che
avevo fatto,
avevo pensato molto a quel giorno. Proprio quando entrai lui era
lì, più
avanti, con lo sguardo fisso sulla porta, e poi su di me. Io distolsi
subito il
mio, non volevo vedere cosa ci fosse nei suoi occhi, non volevo vederlo
arrabbiato con me. Appena entrai mi prese e mi portò fuori,
nel retro del locale,
trascinandomi per il chiodo. Poi mi abbracciò. Mi
abbracciò forse per un
minuto, o per un’ora. Io nascosi la faccia nella sua larga
spalla, con la testa
un po’ obliqua per via della cresta.
- Non ti
preoccupare –
mi disse – non
importa.
Io non
dissi nulla. Lo tenni stretto a me. Poi
rientrammo nel locale, distanti l’uno dall’altro, e
procedemmo verso gli altri
due che ci aspettavano. In realtà loro non sapevano nulla
del nostro
semi-litigio, ogni volta che volevano andare a prendere una birra tutti
insieme
Seymour li aveva declinati con la scusa del lavoro. Io sapevo che non
era vero.
Fare pace con lui mi fece stare molto meglio, ma purtroppo non potevo
cambiare
idea, non ero completamente in animo di portarlo a Never Rainbow, che
era
sempre stato il posto dove potevo fingere che esistessi soltanto io.
Passammo
tutto il resto della serata al torneo, ma
verso mezzanotte eravamo proprio andati, non completamente ubriachi, ma
sicuramente non in condizioni di guidare per casa. Zio Johnny aveva
aggiunto in
una stanzina buia accanto al locale un letto matrimoniale, dove eravamo
soliti
stenderci, e spesso addormentarci, finché non fossimo stati
svegliati il giorno
dopo da un malditesta atroce. Quindi, una volta finito e vinto il
fatidico
torneo andammo lì a rifugiarci. Non era esattamente
silenzioso, ma sicuramente
c’era più pace, e varie tentazioni di vecchi
liquori, rum, whisky e alcolici
del peggior tipo, che ovviamente erano per noi assolutamente vietati,
nel caso
non li avessimo pagati. Quello stanzino era un po’ come il
nostro rifugio, lì
era dove potevamo riparare le nostre menti dalla sciatteria e dalle
malvagità
del mondo, prima tracannando birra, poi stretti l’uno
all’altro in quella
stanzina buia, distesi in quel letto sporco, con i nostri deliri da
ubriachi e
le nostre anime in pena. Non mi sono mai piaciuti i posti affollati e
rumorosi,
quel posto era come l’apoteosi di ogni mio disperato
tentativo di fuga dalla
realtà. Ero con i miei migliori amici. Ero con Seymour. Ed
ogni volta non
ricordavo completamente nulla di quello che succedeva in quelle
nottate. Non
ricordava nulla nessuno, e questo mi faceva sentire un po’
“protetto” da questa
ignoranza generale, nel caso avessi compiuto azioni da non ricordare.
- Lloyd leva quel cazzo di
culo da lì!
- Puttana che vuoi da me?
- Voglio che levi quella
merda di culo
stracolmo di merda dalle mie gambe! Merda stracolma di
merda… Secondo voi
esiste?
- Benny non sparare
puttanate, cazzo, tappati
la fogna e non rompere le palle.
- Zitti frocetti state
lì a sbaciucchiarvi e
non rompete i coglioni a me, dico quello che cazzo voglio, io!
- Frocetto ci
sarà tuo padre, e anche tu… Ah,
sento che sto per vomitare…
- Vomitati nelle mutande, se
lo fai su di me
giuro che ti faccio diventare di un altro colore!
Insomma,
i nostri discorsi
da ubriachi, per quel che ricordo, erano un ammasso di insulti e
stronzate
varie, senza alcuna logica. Visto che alla fine, dopo poco, eravamo
tutti
esausti e ci addormentavamo profondamente. L’indomani di
quella notte restammo
al bar fino alle 3 del pomeriggio, poi fuggimmo tutti a casa, o almeno
io, per
fare una doccia e prendere qualche pillola per il mal di testa
post-sbornia.