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Autore: Pervinca95    08/11/2015    9 recensioni
- Sei pronta adesso?- domanda facendomi dondolare.
- Pronta per cosa?-
Scrolla le spalle e fa vagare lo sguardo per il cielo.- Per cercare le nostre famiglie, per tornare alla realtà di sempre...- Si apre in un sorriso sghembo e riporta i suoi occhi nei miei.- Per costruirti una vita con me.-
- Allora sono pronta- dichiaro sorridendo.- E tu?-
Sorride sghembo e scrolla le spalle.- Sono nato pronto.-
*******************
Li abbiamo lasciati così, Sarah e David.
Dopo la fine dell'inferno che sono stati costretti a vivere, sempre sul filo del rasoio tra sopravvivenza e morte, cosa succederà nelle loro vite? Come proseguirà la loro appena sbocciata storia d'amore nella restaurata pace?
Questi sono Sarah e David in un mondo diverso da quello in cui li abbiamo conosciuti.
Questi sono, in poche parole, Sarah e David.
È necessario aver letto la storia principiale per poter capire.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Punti di scontro 





Ed invece mi sbagliavo. 
Era ovvio che qualcosa potesse scalfire la mia felicità, o meglio qualcuno. Un qualcuno col mio stesso gruppo sanguigno ed i miei stessi occhi cerulei. 
La campanella che decretava la fine di quella giornata scolastica era suonata ormai da quindici minuti buoni. La scuola si era spopolata ed io me ne stavo appostata come una spia in incognito in attesa di quel qualcuno.
Affacciai la testa oltre la parete contro cui ero appoggiata e lanciai una fugace occhiata attraverso il vetro del portellone d'uscita. 
Appena intravidi Cameron nel giardino, con le mani in tasca e lo sguardo rivolto ad ogni ragazza che gli passava accanto, sbuffai seccata e tornai ad appoggiare la nuca contro il muro. 
<< C'è mio fratello >> annunciai con un tono più spento di quello di un bambino a cui hanno distrutto il suo gioco preferito. << Speravo se ne scordasse, dopotutto la sua memoria non è mai stata formidabile. Anzi, il contrario >> affermai con un'espressione consapevole. Ricordavo più o meno un centinaio di episodi in cui quel babbeo si era dimenticato di avere una sorellina e se n'era tornato a casa da solo, lasciandomi nei posti più disparati. La prima volta era successo quando avevo sette anni e stavamo uscendo da scuola per prendere il pulmino. D'accordo che anche lui era piccolo, avendo tre anni in più di me, ma come aveva potuto scordarsi di passare davanti alla mia classe e correre al bus senza di me? Già a quell'epoca peccava di memoria. Eppure proprio quel giorno non aveva fatto cilecca. Avrei messo la mano sul fuoco che quell'oca di Jessica Wright mi avesse lanciato una maledizione. Altrimenti non si spiegava la mia costante sfortuna. 
David, in piedi davanti a me, si sporse di poco ed ispezionò il giardino con lo sguardo. Osservai incantata il suo collo allungarsi ed i suoi muscoli del petto tendersi. Più lo guardavo e più rimpiangevo il fatto di non poter fare la strada insieme a lui. 
<< Credo di averlo individuato >> annunciò per poi aprirsi in un mezzo sorriso. 
<< Sì, abbiamo gli stessi occhi. >>
Scosse il capo e tornò a guardarmi divertito. << È che è l'unico a starsene piazzato in mezzo al giardino >> precisò con una breve risata. 
Alzai gli occhi al cielo e scongiurai tutti i santi che avevano deciso di voltarmi le spalle. Non avevo altra scelta che salutare lì David e trotterellare felice da Cam. Felice, certo. 
Mi sarei ricordata di vendicarmi a tempo debito. 
Sospirai e posai uno sguardo affranto sul mio ragazzo. << Devo andare, se no sarebbe capace di venire a cercarmi fino a qua. >> 
David sollevò un sopracciglio e compì un passo avanti, posandomi una mano sul fianco sinistro. Il mio battito cardiaco impazzì nel giro di un nano secondo. 
<< E cosa ti fa credere che io non abbia intenzione di seguirti? >> domandò avvicinandomi a sé con uno piccolo scatto. 
Sgranai gli occhi sorpresa dalle sue parole e mi umettai le labbra. David seguì attentamente quel mio ultimo gesto e nell'immediato aumentò la presa sul mio fianco. 
Mio Dio, ecco che rifaceva caldo. Non avevo mai vissuto un inverno così poco inverno; avrei potuto benissimo definirlo estate. 
<< Cosa? Ma sei impazzito? Mi farebbe un sacco di domande >> replicai a scoppio ritardato, concentrata com'ero su mille altri pensieri meno casti.  
Scrollò le spalle e per mia fortuna risollevò lo sguardo sul mio. Un sorrisetto sfrontato si pennellò sulle sue labbra con la stessa velocità con cui svolazzavano le ali dei condor nel mio stomaco. << E allora? Se farà delle domande gli darai delle risposte. >> 
<< Certo, tu la fai facile >> borbottai spostando l'attenzione sul pavimento. 
Già immaginavo quanto Cam mi sarebbe stato addosso se avesse saputo che avevo un ragazzo. Come minimo avrebbe monitorato ogni mio spostamento ed ogni mia azione. Non ero assolutamente pronta per essere esaminata come un opossum da laboratorio. 
Cam e mio padre sarebbero dovuti essere gli ultimi a saperlo. 
Sentii un sospiro di David sulla fronte ed un attimo dopo le sue labbra sfiorarono la mia tempia. << Mi presenterò più tardi >> sussurrò facendo scivolare la mano sulla mia schiena. 
Socchiusi gli occhi e mi avvicinai al suo petto per sentirne il calore. << Grazie >> mormorai più tranquilla. Almeno una cosa, in quella giornata disastrosa, stava andando per il verso giusto. 
La bocca di David scivolò sui miei capelli, provocandomi una profonda sensazione di pace e benessere. << Però uscirò con te da qui. Faremo solo finta di non conoscerci. >>  
Annuii piano e mi distanziai, a malincuore, da lui. << Ok >> acconsentii rivolgendogli un sorriso. << Andiamo. >> 
Varcammo la porta e scendemmo gli scalini senza rivolgerci parola. Esattamente come due estranei. Il che mi faceva una particolare impressione dal momento che nemmeno quando ci odiavamo stavamo zitti, ma riempivamo quei silenzi con insulti e litigi. 
Accelerai il passo per distanziarmi da David, alzai lo sguardo su Cam e lo salutai con la mano per destare meno sospetto possibile. 
Mentre gli sorridevo forzatamente percepii una risatina sommessa di quel babbuino del mio ragazzo. Avrei desiderato riavvicinarmi a lui e tiragli una gomitata nelle costole. Dovevamo passare per due sconosciuti e lui si faceva notare beffeggiandomi a distanza. 
Nonostante gli imperativi che mi stavo gridando nella testa, non resistetti alla tentazione di girare la testa per guardarlo. Fu una questione di pochi secondi. I suoi vispi occhi incontrarono i miei e sulle sue labbra si distese un ghigno. Tornai a focalizzarmi sulla stradina davanti a me un attimo dopo, interpretando quel suo sorrisetto come una presa in giro. 
Percorsi gli ultimi metri che mi dividevano da Cam e mi fermai davanti a lui. << Ciao >> pronunciai con un sospiro. Mi tolsi la tracolla e gliel'ammollai in quattro e quattr'otto. << Gentilissimo >> aggiunsi con un sorriso angelico da orecchio a orecchio. 
<< Non te la sai portare da sola? >> ribatté scocciato. Con uno sbuffo se la mise sulla spalla e mi rivolse un'espressione sarcasticamente interrogativa. << Hai altro da darmi? Sai, sono venuto fin qui solo per farti da facchino. >>
<< Se vuoi mi puoi portare in collo fino a casa. >> Misi le mani nelle tasche del giubbotto e sfoderai un altro dei miei sorrisi angelici. << I miei piedi sarebbero un po' stanchi. >> 
A quel punto strinse gli occhi e strizzò la bocca con uno sguardo teatralmente dolce. << Oh, ma povera creatura. >> Mi diede qualche pacca sulla testa e ridacchiò come un'inquietante vecchietta. << Non avrai bisogno di usare i piedi, perché se continui di questo passo arriverai a casa a forza di calci nel sedere >> terminò con un largo sorriso beffeggiatore. 
<< Molto simpatico >> borbottai spostando leggermente la testa. Neanche a farlo apposta i miei occhi si posarono sulla schiena di David che stava procedendo per il vialetto con un passo cadenzato. 
Quanto avrei voluto essere lì accanto a lui. Peccato che la sfortuna avesse deciso di essermi fedele per tutta la giornata. 
Un attimo più tardi il mio cuore accelerò impazzito. David aveva voltato il capo e mi stava fissando con quel sorrisino pennellato sulle labbra. 
No, oh mio Dio! 
Sgranai istintivamente gli occhi quando lo vidi ruotare il corpo e tornare indietro, precisamente verso la sottoscritta. No, no! Dovevo scappare, rifugiarmi, nascondermi prima che mi raggiungesse. 
Cosa cavolo gli pendeva tutto ad un tratto? 
Scossi la testa come una pazza e mimai un "no" per intimargli di fermarsi, ma la sua andatura non rallentò minimamente.
<< Che stai facendo? >> mi domandò Cam, attirando la mia attenzione. 
Deglutii terrorizzata da ciò che sarebbe potuto succedere di lì a poco e puntai gli occhi su di lui. << Io... no, è che... mi sentivo... cioè, hai capito? >> conclusi dopo aver gesticolato come un'ossessa. 
Il quadretto era tragico. Mio fratello mi guardava come un'evasa di manicomio, dietro di lui potevo vedere David raggiungermi con le mani in tasca e quel maledettissimo ghigno divertito, ed io sudavo come un facocero in attesa della fine. 
Cam sollevò le sopracciglia ed aprì la bocca come se avesse appena realizzato qualcosa che a me sfuggiva. << Ah, ho capito! >> Schioccò le dita e la sua espressione mutò in una dubbiosa. << E ti comporti sempre così quando hai le tue cose? >> Oh mio Dio! Volevo scavarmi la fossa da sola e sotterrami. 
Perché la mia vita doveva assumere delle striature così tragiche ed imbarazzanti? Perché non potevo avere un'esistenza dignitosa come chiunque altro? 
Alternai compulsivamente lo sguardo tra Cam e David. Dentro il mio cervello, stordito dalle troppe emozioni affatto positive, regnava il caos più totale su un sottofondo di urla. 
Avrei voluto abbracciare mio fratello come in una di quelle scene tragiche da film e dirgli che comunque sarebbe andata io gli avrei sempre voluto bene, perciò lui avrebbe dovuto fare altrettanto. 
Lanciai un'altra occhiata a quell'idiota del mio ragazzo e per poco non mi saltarono coronarie, emboli e sistema nervoso. Era ormai vicinissimo, con delle esigui falcate ci avrebbe raggiunti e la mia vita da ragazza libera sarebbe finita. Buttata nel gabinetto da quel troglodita deficiente. 
<< Sarah. >> Oh Cristo! Sobbalzai come una povera pazza nell'udire David che mi chiamava. 
Cam si voltò di scatto e posò gli occhi sul mio spacciato ragazzo. Lo avrei ucciso. Oh, sì. E poi avrei dato fuoco al suo corpo. Aveva le ore contate. 
Deglutii un bolo di terrore e lo fissai senza avere la forza di aprire bocca. Con la coda dell'occhio riuscivo a vedere come Cameron non gli staccasse lo sguardo di dosso neanche per un secondo. Al cento percento delle probabilità si stava chiedendo chi cavolo fosse quel tipo mozzafiato, muscoloso e dannatamente sexy. 
Ma non era quello il momento più opportuno per sbavare dietro all'imbecille. 
<< Mi sono dimenticato una cosa >> pronunciò guardandomi intensamente con quel maledetto ghigno. Per un breve lasso di tempo nel mio cervello si aprì uno spiraglio di luce. Il fatto che si fosse rivolto subito a me mi fece presagire che non si sarebbe presentato a Cam. Ed invece, se possibile, fece di peggio. 
Avanzò di un passo fino ad arrivarmi a pochi centimetri di distanza, si abbassò, inclinò la testa e mi baciò. Non sulla guancia, non sulla fronte, ma sulle labbra! 
Circa cinque secondi dopo si allontanò quel poco che bastava a sorridermi sfacciatamente. << A domani >> sussurrò soddisfatto. Dopodiché girò i tacchi e se ne andò. 
Dire che ero sotto shock era un puro eufemismo. Per tutta la durata del bacio i miei occhi erano stati spalancati come due fari. 
Ed in quel momento avvertivo il peso di quelli di mio fratello gravare sulla mia persona che mano a mano si sentiva rimpicciolire. Perché non poteva aprirsi un cratere sotto ai miei piedi? Ci sarei volentieri sprofondata dentro. 
Che schifo di situazione. 
La mia libertà era appena stata trasformata in prigionia da un emerito cretino anche noto come mio ragazzo. 
Non avevo il coraggio di posare lo sguardo su Cameron. Perciò rimasi in silenzio in attesa che la tanto desiderata voragine mi risucchiasse. 
<< E quello? >> Oddio, no. Aveva parlato. Santo cielo, che cosa avrei dovuto dire? La verità, ovvio. Oppure esisteva un'alternativa... certo, la fuga! Quale momento migliore se non quello per darsela a gambe? 
Deglutii pesantemente e mi guardai attorno con dei rapidi scatti degli occhi. 
<< Ti ho fatto una domanda, Sarah. >> Gesù! Mi aveva chiamata per nome e non con il simpaticissimo nomignolo che mi aveva affibbiato. La situazione era più schifosa di quanto pensassi. Non solo pretendeva delle risposte immediate, ma era pure nervoso. E per esperienza sapevo che quando s'incavolava non era affatto una passeggiata. 
Mi contorsi le mani ansiosa e dirottai lo sguardo sul suo: duro, serio ed esigente. In poche parole la mia condanna. 
Umettai le labbra ed aprii la bocca, ma non una sola parola spiccò il volo. Mi metteva troppa agitazione vederlo in quella posizione rigida, con un'espressione apparentemente innocua che però veniva tradita dalla severità dei suoi occhi. 
David me l'avrebbe pagata cara. 
Abbassai la testa e cercai di coprirmi le mani con il giubbotto. << È... Mm. >> Distesi la bocca in una linea sottile ed arricciai il naso. << È... un ragazzo... >> 
<< Ma dai, non lo avevo notato >> ribatté sarcasticamente, agitando un braccio in aria. 
Scrollai le spalle e rialzai il capo per fissare gli occhi su di lui. << Benissimo, ho risposto alla tua domanda >> tagliai corto con un piccolo sorriso sornione. << Possiamo andare, si sta facendo buio. >> Cominciai a camminare spedita lungo il vialetto e sospirai stremata. In un solo giorno il mio stress aveva raggiunto vette elevatissime. Se avessi proceduto di quel passo sarei morta giovane, ma di sicuro avrei fatto sprofondare anche David nel baratro. Quello scimmione dispettoso aveva appena firmato la sua condanna a morte. 
Cam mi raggiunse in meno di cinque secondi. Intravidi con la coda dell'occhio che mi stava esaminando, il che contribuì ad agitarmi; poco dopo lanciò lo sguardo davanti a sé ed inspirò a fondo. << Sarah, ti conviene parlar chiaro. Non sto affatto scherzando >> dichiarò con un tono severo. 
Mi morsi un labbro e scostai dei ciuffi che mi erano finiti in faccia per via del vento. Ricordavo poche volte in cui Cameron era stato tanto rigido con me. Litigavamo spesso, ma l'atteggiamento che stava dimostrando in quel preciso istante era totalmente diverso da quello che teneva sempre durante i nostri battibecchi. 
Schiarii la voce e sospirai ancora. Non mi restava altro da fare che sputare la verità e confidarmi con mio fratello. Anche perché non mi avrebbe dato pace fino a che non avessi confessato tutto, persino il più insignificante particolare. 
<< Si chiama David >> pronunciai d'un fiato. Abbassai la testa ed osservai i miei piedi muoversi sull'asfalto. << È con lui che ho convissuto durante quel periodo >> continuai a dire mentre il cuore mi rimbalzava nel petto. 
<< Ed è il tuo ragazzo? >> domandò senza smussare la durezza del suo tono.
Annuii piano e riparai le mani nelle tasche del giubbotto. << Sì. >> Il mio battito cardiaco accelerò per l'emozione. A volte mi sembrava di non aver ancora realizzato la meraviglia di quel fatto: che David fosse tutto per me e che fosse ufficialmente il mio ragazzo. Ogni volta che lo pensavo o lo sentivo dire, il mio cuore ne rimaneva piacevolmente colpito. 
Lanciai una breve occhiata con la coda dell'occhio a Cam e lo vidi sgranchirsi le spalle con lo stesso sguardo intransigente puntato davanti a sé. << Da quanto state insieme? >> 
Riflettei per qualche secondo e sorrisi d'istinto. << Un mese e qualche giorno >> affermai mentre i condor volavano felici nel mio stomaco. << Dall'8 Novembre >> precisai. 
Dopo quelle mie parole Cam non parlo più. Se ne stette per un minuto buono in assoluto silenzio. Alzai la testa e mi voltai a guardarlo stranita. La sua fronte era aggrottata in maniera meditativa ed i suoi occhi erano ridotti a due fessure. 
<< Che c'è? >> chiesi esitante. Avrei tanto desiderato sapere cosa gli stesse frullando per il capo. 
Schioccò la lingua al palato e ad arcuò maggiormente le sopracciglia. << Come hai detto che si chiama? >> 
Ritrassi la testa e sbattei le ciglia in rapida successione. << David. David Trent. >> 
Si voltò verso di me con uno scatto improvviso e rimase a fissarmi immobile, smettendo persino di camminare. << Quel David Trent? Quello che è diventato capitano della squadra di football quand'era solo al primo anno? >> domandò con gli occhi sgranati. 
<< Oh... ehm, sì. È lui >> risposi, stupita dalla sua reazione. Non riuscivo a capire se lo ammirasse o lo odiasse. Speravo ardentemente la prima opzione, ne andava della mia libertà. 
<< Dio, non si sentiva parlare d'altro a scuola >> ricordò alzando gli occhi al cielo. << Fortuna che io ero all'ultimo anno >> aggiunse con una scrollata di spalle. Ottimo, la mia speranza era appena morta. 
Riportò lo sguardo su di me e sollevò un sopracciglio con un'espressione profondamente scettica. << E pensi che quel tipo faccia sul serio con te? Ci sono stato anch'io in quella scuola, e posso assicurati che dopo due mesi già tutti conoscevano la sua fama di playboy >> asserì guardandomi come una povera cretina all'oscuro di tutto. << Dopotutto era capitano della squadra, era bello, si atteggiava da figo e le ragazze gli morivano dietro. >>
Il sangue stava cominciando a ribollirmi nelle vene come lava ardente. Se mi stava scambiando per l'ingenuotta di turno che veniva presa per i fondelli dal classico cattivo ragazzo si sbagliava di grosso. Non ero ingenuotta e David non era un cattivo ragazzo. 
Inspirai a fondo e gli puntai un dito contro a mo' di maestrina. << Innanzitutto ti vorrei far presente che in quella scuola c'ero pure io e che fino ad oggi David ha sempre avuto lezioni in comune con me, quindi so benissimo quale sia la sua fama e chi lui sia. Secondo punto... >>
<< Cacchio, ma lui è quel deficiente che tanto odiavi? >> m'interruppe sorpreso. Rise beffardamente e si passò una mano tra i capelli incredulo. << Non posso crederci. Tu non lo potevi vedere, lui ti detestava e credi davvero che stia facendo sul serio con te? Ti sta solo prendendo in giro, come fai a non capirlo? >> 
Mi morsi l'interno guancia per il nervoso e strinsi le mani a pugno per contenermi dal prenderlo a schiaffi. << Non sai un bel nulla e ti permetti di giudicare? >> domandai con un sopracciglio sollevato. << Hai idea di quello che David ha fatto per me durante quel periodo orribile? No, non lo sai. >> Ridussi gli occhi a due fessure ed avanzai di un passo contro di lui. << Ha messo a rischio la sua vita così tante volte, pur di tenermi al sicuro, che ho perso il conto. Ha sfiorato la morte per evitare che io vedessi lo schifo che c'era fuori dall'abitazione dove eravamo rifugiati. Ha corso fino a casa nostra per recuperare le mie pasticche e rendermi più facile tenere gli attacchi di panico sotto controllo. Ha curato ogni mia minima ferita cercando di farmi soffrire il meno possibile. E cosa ancor più importante, c'è sempre stato quando ne avevo bisogno. >> Avanzai ancora sotto il suo sguardo neutro e lo fissai intensamente. << Solo io so quello che abbiamo passato e quello che ci lega. Lo odiavo, è vero, ma adesso le cose sono cambiate. E se non credi che lui mi ricambi avrai tutto il tempo per ricrederti, fidati >> conclusi risoluta. 
Sarebbe potuto venire persino il Papa a dirmi che David si stava solo divertendo con me, non avrei mai creduto ad una sola parola. Mi bastava guardare i suoi occhi ambrati per essere sicura che i suoi sentimenti fossero veri e profondi. Ogni giorno, anche se non nel modo in cui speravo, mi dimostrava quanto tenesse a me e alla nostra storia. Di certo non mi sarei fatta influenzare dalle ipotesi pessimistiche del primo che capitava, anche se si trattava di mio fratello. 
Cam rimase a studiarmi con insistenza, quasi come se stesse valutando la veridicità delle mie parole attraverso la risoluzione del mio sguardo. E non avrei di certo chinato la testa. Potevamo rimanere in quella posizione in eterno. 
Mandò indietro il capo e sollevò un sopracciglio. << Mi sembri piuttosto coinvolta >> notò con una certa riluttanza. << Confido nella tua intelligenza, ma poi non venire da me a piangere quando ti avrà spezzato il cuore. >> Mi diede le spalle e riprese a camminare lungo il vialetto. 
Alzai gli occhi al cielo e lo seguii con una breve corsetta. Perché non riusciva semplicemente ad accettare il fatto che avessi un ragazzo? Perché doveva comportarsi in quel modo distaccato e scorbutico? 
Non era mai stato tanto protettivo nei miei confronti come in quel momento. A dire il vero non lo era proprio mai stato, o almeno non mi aveva dato modo di notarlo. 
Cam era sempre stato il tipico fratello che ti riempiva di commenti acidi e poco carini, che ti faceva impazzire a furia di scherzi, che si prendeva continuamente gioco di te e che non dimostrava il proprio affetto. Eppure sapevo alla perfezione quanto amore nutrisse nei miei confronti, lo stesso che avevo io per lui. 
Sospirai e dirottai lo sguardo sul suo profilo rigido. << Mi spieghi perché dovrebbe spezzarmi il cuore? Non lo conosci nemmeno >> pronunciai addolcendo il mio tono. 
Odiavo quando assumeva quell'atteggiamento freddo e serioso con me. Non mi faceva sentire tranquilla ed in pace con me stessa, ma più di tutto mi procurava dolore pensare di averlo deluso. 
<< Conosco la sua fama e questo mi basta >> rispose secco, mantenendo gli occhi puntati sulla strada. << E conosco anche alcune delle ragazze che si è portato a letto. Quel tipo non sa nemmeno che cosa sia una relazione seria. >> Scrollò le spalle e scosse la testa. 
<< E credi che per me non potrebbe fare un'eccezione? >> domandai pacata, fissandolo intensamente. 
Si voltò a guardarmi e rimase in silenzio. Era evidente che non sapesse cosa rispondere, probabilmente la mia sicurezza e la mia caparbietà lo disorientavano. 
<< Voglio dargli il beneficio del dubbio, Sarah >> ammise infine. << Dopotutto lo odiavi e ci litigavi di continuo, perciò sai bene con chi hai a che fare. Spero solo che tu non ti stia sbagliando >> concluse osservandomi serio. 
Sorrisi appena ed annuii. << Posso assicurarti che ne rimarrai sorpreso. >> Tornai a guardare davanti a me ed il mio sorriso si allargò. << Lo conoscerai presto. Molto presto. >> Oh sì, quel dannato babbuino avrebbe pagato molto cara la sua cretinata. Voleva a tutti i costi presentarsi a mio fratello? Benissimo, lo avrei accontentato in quattro e quattr'otto. Un'uscita a tre sarebbe stato il suo premio. Già fremevo all'idea di vederlo sudare sette camicie nel disperato tentativo di far cambiare idea a Cam. 
Oh sì, non vedevo l'ora. 





                                                                       *  *  * 





La mattina seguente, quando salii sul pulmino, il mio sguardo di fuoco saettò immediatamente verso il deficiente. Avrei voluto polverizzarlo e ballare la zumba sulle sue ceneri.
In risposta mi arrivò un sorrisetto sfrontato che avrei volentieri tolto dalla sua faccia a furia di schiaffi. Evidentemente il tipetto non aveva ancora capito con chi avesse a che fare; gli avrei dato una dimostrazione pratica di lì a poco. 
Mi lasciai cadere sul sedile, accanto a Clar, con la grazia di un bovino e la femminilità di un gorilla. La mia amica sobbalzò sul posto e spalancò gli occhi con un'espressione interrogativa. << Qualcosa non va, Sarah? >> domandò timidamente. 
Certo che qualcosa non andava.
Dopo essere tornati a casa avevo dovuto scongiurare mio fratello di non spifferare nulla a mia madre e mio padre. In cambio del suo silenzio, ottenuto dopo infinite preghiere, non solo non sarei potuta uscire di casa il venerdì e sabato sera, ma in più sarei sempre stata scortata da lui nel tragitto scuola-casa. Ma il peggiore tra gli ordini e le negazioni che mi aveva imposto era quello di dover lavare i suoi calzini puzzolenti e nauseabondi per un mese e cinque giorni. E quella specie di dittatore che mi ritrovavo in casa non aveva affatto scelto un lasso di tempo a caso. Eh no, perché il genietto aveva fatto un semplice calcolo a dir poco vendicativo partendo dal giorno in cui io e David stavamo insieme. Un mese e cinque giorni, per l'appunto. 
Puntai il mio sguardo omicida su Clarice e stritolai la borsa a tracolla tra le mie braccia immaginando che fosse il mio ragazzo. << Sai cos'ha fatto ieri quel celebroleso? >> Inspirai a fondo mentre Clar scuoteva la testa. << Mi ha baciata davanti a mio fratello >> quasi strillai, sbattendo una mano sulla tracolla. << Gli avevo detto di far finta di non conoscermi... >> M'interruppi e meditai per una manciata di secondi sulle mie parole. << Anzi no >> ricordai picchiando ancora una volta il palmo contro la borsa. << È stato quell'idiota a proporre di passare per due estranei davanti a Cam, ed invece lui ha fatto quel che accidenti ha voluto! >> gridai furibonda. Fortunatamente, col casino che regnava in quel pulmino, nessuno sembrò far caso ai miei strilli da pterodaptilo. 
<< Oh >> commentò Clar con un tono provato. 
<< Esatto >> affermai torturando la tracolla tra le mani. << Non hai idea di quel che ho dovuto passare ieri per colpa di quel bradipo senza cervello. Se solo potessi mettergli le mani attorno al collo... >> Arricciai le labbra e ridussi gli occhi a due fessure guardando il sedile davanti al mio. 
Sentii la mia amica tossire e muoversi sul sedile. << Forse però... David voleva solo presentarsi a Cameron per rendere ancora più ufficiale la cosa >> osò dire con un tono incerto. 
Le sue parole mi penetrarono le orecchie come degli spilli. Mi voltai a rallentatore verso di lei e le lanciai un'occhiata raggelante. << Lo stai giustificando, per caso? >> Sollevai un sopracciglio ed il mio sguardo dovette diventare ancora più omicida dal momento che le vidi sgranare gli occhi e scuotere convulsamente la testa. 
<< No no, certo che no >> si corresse subito. << Sul fatto che abbia sbagliato non ci sono dubbi. Come minimo avrebbe dovuto rispettare la tua volontà e rimanere in disparte, per il momento. >> 
Annuii fiera del concetto da lei espresso e sfoderai un sorriso soddisfatto. << Parole sante >> affermai continuando ad annuire. << Niente di più vero. >> 
Clar rise divertita e raccolse la sua borsa da terra mentre tutti cominciavano a scendere dal mezzo ormai giunto davanti a scuola. 
Mi alzai in piedi e rimasi bloccata nel mio posto per via della coda che ogni volta si creava quando dovevamo scendere dal pulmino. Lasciai vagare lo sguardo in fondo alla fila ed incontrai un paio di occhi ambrati che mi stavano fissando. Glieli avrei cavati presto. 
A passo di formica, la coda cominciò a scorrere ed il babbuino si avvicinò a me. E più le distanze tra noi si facevano misere più il suo sorriso divertito si allargava. Razza d'idiota, non sapeva a cosa sarebbe andato incontro. Qualsiasi traccia d'ilarità sarebbe sparita dal suo bel viso. 
M'immisi nello stretto corridoio proprio davanti a lui e gli pestai volontariamente un piede. Perfetto, il primo colpo era andato a segno.
<< Ahi >> si lamentò con una risatina. Un attimo dopo avvertii una sua mano posarsi su un mio fianco e spingermi contro il suo corpo. 
Per poco il mio cervello non andò in corto circuito e la mia volontà di vendicarmi rischiò di svanire. 
Il mio cuore iniziò a pompare con la stessa velocità con cui le scariche di piacere provenienti dal punto in cui si trovava il suo palmo si stavano diramando per tutto il mio corpo. 
Avevo proprio un autocontrollo inespugnabile. 
<< Arrabbiata? >> La sua voce roca e bassa s'insinuò nel mio orecchio procurandomi lo stesso effetto del canto delle sirene sui marinai di Ulisse. Socchiusi gli occhi e sospirai ammaliata... No, dovevo mantenere il polso della situazione; non potevo lasciarmi distrarre in quel modo. Insomma, che lezione avrei potuto dargli se per un nonnulla cadevo tra le sue braccia come una pera cotta?
Coraggio, Sarah. 
Riacquistai il mio precedente fervore e tirai uno schiaffetto poco delicato sulla sua mano. La ritrasse di scatto e borbottò un "ehi" di protesta che non calcolai di striscio.  
Mi bastava ripensare alle stupide imposizioni di Cam per riaccendermi di rabbia come una fiaccola olimpica. 
Avanzai nella fila e scesi in fretta dal pulmino, evitando sempre di voltarmi a guardarlo. Fu un'impresa piuttosto ardua, ma fu proprio il mio furore a rendermela possibile. 
Non vedevo l'ora di acchiapparlo per il colletto del golf ed urlargli nelle orecchie fino a farlo diventare sordo. 
Un sorriso malvagio si stampò sul mio viso mentre percorrevo a passo svelto uno dei vialetti del giardino.
<< Sarah, aspettami >> sentii urlare dietro di me. Mi arrestai di colpo e ruotai il corpo verso Clarice che stava correndo trafelata. Come avevo potuto dimenticarmi della mia migliore amica? La colpa era ovviamente da attribuire a David. Era sempre lui ad occupare per intero il mio cervello.  
Appena mi raggiunse le sorrisi ed arricciai il naso dispiaciuta. << Scusami, Clar. Ero soprappensiero e ho tirato dritto. >> 
<< No, macché, figurati. >> Alzò il pollice della mano e subito dopo mi sorrise divertita. << Non noti nulla? >> 
Aggrottai la fronte confusa. << In questo momento? >> 
<< Già >> confermò allargando il suo sorriso ed annuendo. Sinceramente non capivo a cosa si stesse riferendo o cosa stesse cercando di comunicarmi. Mi sembrava di dover risolvere un rebus intricato. 
<< Mm... Noto che sei davanti a me >> buttai là, titubante delle mie parole. 
<< Ma no >> disse scoppiando a ridere. << Mi stavo riferendo a David. È da quando sei scesa dal pulmino che ti fissa con una certa insistenza. Anche adesso ad esempio >> mi fece presente con uno sguardo malizioso. 
Appena ebbe finito di pronunciare quell'ultima frase, senza pensarci, dirottai i miei occhi sul diretto interessato. Il mio cuore accelerò come il battito delle ali di un passerotto che tenta di scappare da un predatore. Perché sì, David mi stava guardando anche in quel momento. Dal suo sguardo sembrava quasi che mi stesse studiando con attenzione, probabilmente dopo aver captato che qualcosa non andava. 
Be', se quel troglodita si era immaginato che, dopo il casino in cui mi aveva cacciata, gliel'avrei fatta passare liscia aveva fatto male i suoi conti. 
Mi girai con un colpo stizzito del capo e ripresi a camminare al fianco di Clar. 
Durante il breve tragitto parlammo del più e del meno, ridendo e scherzando su tutto ciò che ci veniva in mente. E la cosa riuscì a far distrarre la mia mente da quel babbuino che camminava a qualche metro di distanza da me. Almeno fino a quando non dovemmo salutarci e darci appuntamento a mensa, considerando che pure per quel giorno non avremmo avuto lezioni in comune. 
Rimasta sola, mi diressi al mio armadietto e posai una mano sopra il lucchetto per evitare ad occhi indiscreti di leggere il codice che avrei immesso. Non che avessi manie di egocentrismo o che pensassi che il mondo ruotasse attorno a me, ma ero convinta del fatto che un curioso con gli occhi lunghi esistesse sempre. 
<< 1, 3, 4, 7 >> pronunciò una voce estremamente familiare. 
Lo avrei ucciso tra atroci sofferenze. Era deciso.
Girai la testa e fissai lo sguardo su un paio di occhi ambrati. Il mio cervello registrò alla velocità della luce qualsiasi aspetto, persino il più insignificante, della sua figura. Indossava un golf beige dalla trama intrecciata risvoltato fino ai gomiti ed un paio di pantaloni neri bassi sui fianchi. Ma tralasciando il fatto che lo avrei trovato attraente persino truccato e con un vestito da donna, la sua postura disinvolta e provocatrice stava uccidendo il novanta percento dei miei neuroni. Il signorino se ne stava con una spalla appoggiata ad un armadietto vicino al mio, le braccia conserte sul petto, una gamba davanti all'altra ed un bel sorrisetto beffardo stampato in faccia. 
Non sapevo se prenderlo a schiaffi oppure saltargli addosso. 
Sollevai le sopracciglia e lo fulminai con un'occhiata. << Sai perché metto una mano davanti al lucchetto? >> domandai con un tono falsamente gentile. << Te lo dico subito. Perché non voglio che altri vedano il mio codice. E tu che fai? Lo dici ad alta voce >> affermai sconcertata, sbattendo i palmi sulle gambe. 
Scrollò le spalle ed il suo sorriso divenne sghembo. << Il tuo metodo non funziona da quattro anni >> asserì divertito. << Pensavo te ne fossi accorta. >> Si staccò dall'armadietto ed avanzò con passo cadenzato verso di me. 
No, non dovevo sciogliermi come un cioccolatino solo perché... Scossi la testa e mi ripresi in corner da un cedimento. 
Risoluta come non mai, posai le mani sul suo petto ed arrestai la sua camminata. << Fossi in te non scherzerei troppo col fuoco >> lo minacciai con uno sguardo penetrante. << Abbiamo dei conti da regolare. >> 
Un suo sopracciglio scattò verso l'alto in una maniera palesemente maliziosa. << E li vuoi regolare qui? Davanti a tutti? >> mi provocò mostrando la sua fila di denti bianchi. 
Voleva morire, era ovvio. Il poveretto non si rendeva conto contro chi avesse a che fare. In quel momento ero pericolosa tanto quanto un rinoceronte imbestialito. 
Strinsi le dita attorno suo golf e ridussi gli occhi a due fessure. << Senti un po', grandissimo pezzo di sterco equino, hai la minima idea di quello che mi hai fatto passare ieri sera? Immagino di no considerata la tua voglia di scherzare. >> Sbuffai dal naso come un toro e mi avvicinai al suo corpo per sembrare quantomeno minacciosa. 
A giudicare dal suo sorriso sfacciatamente divertito, fallii miseramente. Ma non m'importava, avevo in serbo per lui una sorpresa migliore. Una che gli avrebbe fatto passare la voglia di beffeggiare la sottoscritta. 
Abbassò gli occhi sulle mie mani chiuse a pugno e rimase a fissarle per qualche secondo; dopodiché rialzò la testa ed il suo sguardo, illuminato da una luce diversa, si riposò su di me. << E tu hai la minima idea di quello che mi stai facendo passare per la mente adesso? >> domandò con un tono basso e dannatamente allusivo. 
Deglutii accaldata ed un attimo dopo misi distanza tra i nostri corpi, ritraendomi di scatto. 
Non avevo ancora espresso tutta la mia rabbia nei suoi confronti che la situazione stava già degenerando. Ed era tutta colpa di quel babbuino dalla mente perversa. 
<< Vieni con me >> ordinai battagliera. Gli lanciai un'occhiata truce alla quale rispose con uno sguardo serio ed un movimento del capo. 
Ottimo, finalmente aveva capito che non stavo affatto scherzando. 
Camminai come un militare sino al nostro familiare sgabuzzino che fortunatamente era piuttosto distante dai corridoi più trafficati. Almeno avrei potuto fare in libertà tutti i miei acuti da soprana nelle orecchie di David. 
Aprii la porta con un colpo secco e gli intimai di entrare con un rapido gesto degli occhi.  
Ubbidì remissivo e lo seguii a ruota; accesi la luce e chiusi la porta dopo aver controllato che nessuno ci avessi visti. 
Quando il mio sguardo atterrò su David, il mio cuore ricominciò a dimenarsi emozionato. Se ne stava appoggiato alla parete con la schiena e con un piede, le braccia le teneva conserte sul petto e gli occhi... Dio, quelle scrutatrici pozze ambrate erano fisse su di me.
<< Per quanto ancora vorrai avercela con me? >> La sua domanda seccata rifocalizzò la mia attenzione su quel momento in un nano secondo. 
Spalancai gli occhi e protrassi la testa. << Che razza di domanda è questa? Se tu avessi rispettato la mia volontà forse adesso non sarei così arrabbiata con te >> mi difesi scostando un ciuffo di capelli con un gesto stizzito. << Ti avevo detto che avevo bisogno di più tempo e mi hai fatto credere che me ne avresti dato. >> 
<< Cosa sarebbe cambiato se tuo fratello mi avesse visto tra un mese? >> domandò spalancando le braccia. << Mi vuoi far credere che tra tre, quattro o cinque settimane saresti stata pronta a far sapere a tutti di me? >> 
<< Probabile, ma di certo non lo sapremo mai >> controbattei acida. 
Una breve risata dissacrante gli scappò dalle labbra. Scosse la testa e ritornò a guardarmi con un sorrisetto irrisorio. << Stiamo insieme da un mese e mi vieni a dire che probabilmente avevi bisogno di un altro mese prima di parlare di me? A questo punto tanto valeva aspettare un anno >> concluse con un'alzata di spalle. 
Alzai gli occhi al cielo e sbattei i palmi sulle mie gambe. << Io veramente non ti capisco. Ma cosa cavolo ti sarebbe costato aspettare? >> sbraitai preda della rabbia. 
Assottigliò lo sguardo e si staccò dalla parete. << Vuoi sapere perché non ti ho dato tempo? Perché non saresti mai stata davvero pronta. Sono sicuro che il giorno in cui avresti deciso di presentarmi avresti avuto lo stesso identico timore che hai provato ieri. Perciò cos'avremmo aspettato? Dopo ben due mesi di relazione avresti fatto sapere ai tuoi di me? Un po' tardino, non trovi? >> Sollevò un sopracciglio a mo' di sfida e si stampò un'espressione eloquente. 
Distolsi lo sguardo e deglutii in difficoltà. Non aveva tutti i torti, lo dovevo ammettere. Fin da piccola avevo sempre avuto una sorta di timore al solo pensiero di presentare, un giorno, un mio ipotetico ragazzo alla mia famiglia. Non perché me ne vergognassi, ma perché immaginavo quali sarebbero potute essere le loro reazioni. Magari mi sarebbero stati più col fiato sul collo, oppure avrebbero ostacolato la mia storia perché non vedevano di buon occhio il mio ragazzo, oppure... oppure erano solo mie ipotesi prive di fondamento. Forse mi ero sempre fatta troppi problemi per nulla. Dopotutto come potevo sapere quale atteggiamento avrebbero adottato se non avevo mai portato un ragazzo in casa? 
<< Sarah >> Il tono più pacato con cui pronunciò il mio nome mi fece battere il cuore e sospirare debolmente. Due sue dita si chiusero attorno al mio mento con delicatezza, costringendomi ad alzare la testa e puntare gli occhi nelle sue intense pozze d'ambra. << Voglio poter vivere questa storia alla luce del giorno. Senza nascondermi o dover passare per uno sconosciuto mentre camminiamo davanti a tuo fratello >> dichiarò serio in volto. 
Osservai le sfumature chiare e scure delle sue iridi fino ad imprimermele nella mente, dopodiché annuii piano e gli circondai i fianchi in un abbraccio. Adagiai la testa sul suo petto e chiusi gli occhi mentre le sue mani si posavano sulla mia schiena e le sue labbra s'immergevano tra i miei capelli. 
<< Dovrai sudare non poco per piacere a mio fratello >> gli feci presente in un sospiro mesto. << Non si fida di te. Crede che le tue intenzioni non siano buone e che tu ti stia soltanto prendendo gioco di me. >> 
David mi strinse maggiormente a sé e mosse le labbra sulla mia tempia. << Credo di non aver mai fatto un'impressione tanto brutta in vita mia >> affermò ironico, prima di aprirsi in un sorriso. 
Sospirai ancora ed appoggiai il mento sul suo petto per poterlo guardare negli occhi. << In realtà ti conosceva già. Quando noi eravamo al primo anno lui era all'ultimo e... be' la tua fama di bello e dannato, di playboy incallito e di capitano della squadra di football si è radicata nel giro di qualche mese. Ed è proprio per questa tua reputazione che non si fida delle tue intenzioni. >> Abbassai lo sguardo sul suo golf e cominciai a giocare con un lembo. Al pensiero di come David avrebbe potuto cambiare l'idea che Cam si era fatto di lui, mi scappò un sorriso divertito. << Devo ammettere che sono piuttosto curiosa di vederti all'opera >> dichiarai rialzando lo sguardo sui suoi attenti occhi. 
Sfoderò un'espressione sicura e sollevò un sopracciglio con fare altrettanto deciso. << Si ricrederà nel giro di pochi minuti >> asserì con una scrollata di spalle. 
Sorrisi ilare ed inclinai la testa. << Cameron è un tipo estremamente testardo. Dovrai sudare molto più di quanto immagini >> lo avvertii con un'occhiata eloquente. 
<< La cosa ti diverte, non è vero? >> mi domandò con un sorriso sghembo stampato in faccia. 
Feci roteare gli occhi per il soffitto e mi trattenni dal ridergli in faccia come una pazza. << Diciamo che non vedo l'ora di vedere come ti comporterai >> dissi soltanto, restando sul vago. Dentro di me potevo distintamente sentire la mia risata malvagia propagarsi come un tuono. << E a questo proposito... >> Gli puntai un dito sul petto ed esibii un sorriso da bambina cattiva. << Questo sabato usciremo con mio fratello. >> Bum. Bomba sganciata. 
David perse immediatamente il sorriso e ritrasse il capo seccato. << Un'uscita a tre? >> si lamentò sbuffando. 
<< Ti sei ficcato tu in questo casino >> gli feci notare con un'espressione da maestrina. 
Sbuffò ancora ed alzò gli occhi al cielo. << Che rottura di scatole >> borbottò contrariato. In quel momento fui davvero ad un passo dal prorompere in una grossa e grassa risata, ma continuai a mostrarmi calma e sorridente per destare meno sospetti. 
In fin dei conti era stato lui a farmi sprofondare in quella situazione di cacca, perciò mi sembrava giusto condividerla. 
Riportò il suo indignato sguardo su di me e mi fissò intensamente. << La domenica la possiamo trascorrere insieme o qualcun altro deve starci incollato al sedere? >> 
Non ce la feci più. Scoppiai a ridere come una cretina e scossi la testa in risposta. << Domenica... siamo soli >> riuscii a dire tra le risa. I ruoli si erano appena invertiti, adesso ero io quella ad essere divertita dalla situazione e lui ad essere quello innervosito. 
<< Bene, perché non vorrei ritrovarmi pure tuo fratello nella mia camera da letto >> esordì spiazzandomi e facendo quasi fermare il mio cuore. Ed ecco che il familiare caldo si condensava attorno a me col rischio di soffocarmi. 
Rialzai gli occhi sui suoi e rimasi intontita dinanzi al suo malizioso sorrisetto sghembo. << Credevi che saremmo andati a fare una passeggiata romantica? Dopo un mese che a malapena ti sfioro, come minimo, ti voglio in camera mia per un giorno intero >> affermò con un tono risoluto e dannatamente provocante. Una sua mano salì lentamente lungo la mia schiena ed il suo viso si fece più vicino al mio con la stessa rapidità con cui il mio cuore martellava incalzante. Strinsi le dita attorno al suo golf e socchiusi gli occhi nell'osservare le sue invitanti labbra a pochi centimetri dalle mie. 
All'improvviso mi alzò il mento e ritrasse il capo per osservarmi con meticolosità. << Sbaglio o non hai dormito nemmeno stanotte? Le tue occhiaie sono ancora più scure e profonde >> notò assottigliando lo sguardo. 
Riemersi dal mio mondo romantico e sbattei le palpebre rapidamente. << Ah... ehm, no... cioè, è successo come tutte le altre notti. Mi addormento, ho gli incubi e mi sveglio. Poi non chiudo più occhio >> riassunsi in un sospiro. Non potevo dire di esserci abituata, ma ormai era diventata una sorta di consuetudine. Tutte le notti accadeva la stessa identica cosa. 
La campanella suonò qualche secondo più tardi. Sospirai di nuovo e sciolsi l'abbraccio con cui mi ero arpionata a David. << Dobbiamo andare, stavolta non ho intenzione di fare la stessa pietosa figura di ieri >> dichiarai con un sorriso ed una linguaccia. 
<< Come vuoi >> accondiscendette con un'alzata di spalle ed una luce divertita negli occhi. 
Uscimmo dallo sgabuzzino e ci recammo nel corridoio principale, camminando l'uno accanto all'altra. L'armadietto di David si trovava distante dal mio, perciò quando mi arrestai in prossimità del blocco di latta che conteneva quello che mi apparteneva, virai lo sguardo sul mio ragazzo in attesa di salutarlo. 
La sera prima avevo controllato l'orario e con somma delusione avevo riscontrato che quel giorno non avremmo avuto lezioni comuni. 
<< Ci si vede dopo a mensa >> dissi con un tono quasi sconsolato, abbozzando un sorriso. 
David annuì e si fissò le punte delle scarpe immerso tra i suoi pensieri. Alzò il capo con un colpo secco ed avanzò di qualche passo. << Ti aspetterò qui >> annunciò deciso, prima di chinarsi su di me e lasciarmi un frettoloso bacio sulla fronte. 
Sgranai gli occhi sorpresa mentre lui se ne stava già andando nella sua direzione. 
Mi tastai il punto che le sue labbra avevano sfiorato e sorrisi felice. Felice per un semplice motivo: quel corridoio era ancora gremito di altri studenti che come noi non erano ancora entrati in classe. Per la prima volta, David aveva compiuto un gesto affettuoso in pubblico. 
E lo aveva fatto per me. 

















Angolo autrice: 

Buonasera!! \(^.^)/ 
Innanzitutto voglio scusarmi per non aver ancora risposto ad alcune recensioni, ma vi prometto che lo farò a breve. Scusatemi davvero, mi dispiace un sacco >.< 
Poi, passando al capitolo, spero vi sia piaciuto *_* e che vi abbia strappato qualche sorriso! 
... Uffa, non so mai cosa dire quando arrivo qua -.- 
Vi ringrazio tantissimo per ogni parola spesa nelle recensioni *_* per aver letto fino a qua e per essere al mio fianco anche in questa avventura *^* GRAZIE MILLE!!!
Vi mando un bacione gigante e tanti tantissimi abbracci!! <3 
A domenica prossima! <3 

Ps: se avete tempo vi invito a leggere una storia che a mio modesto parere merita molto. Si chiama "Fly By" di Evelyn98.

Pps: per chi volesse essere sempre aggiornato su questa storia vi lascio il link del gruppo Facebook :) -----> Gruppo Facebook








































  
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