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Autore: Pervinca95    01/11/2015    10 recensioni
- Sei pronta adesso?- domanda facendomi dondolare.
- Pronta per cosa?-
Scrolla le spalle e fa vagare lo sguardo per il cielo.- Per cercare le nostre famiglie, per tornare alla realtà di sempre...- Si apre in un sorriso sghembo e riporta i suoi occhi nei miei.- Per costruirti una vita con me.-
- Allora sono pronta- dichiaro sorridendo.- E tu?-
Sorride sghembo e scrolla le spalle.- Sono nato pronto.-
*******************
Li abbiamo lasciati così, Sarah e David.
Dopo la fine dell'inferno che sono stati costretti a vivere, sempre sul filo del rasoio tra sopravvivenza e morte, cosa succederà nelle loro vite? Come proseguirà la loro appena sbocciata storia d'amore nella restaurata pace?
Questi sono Sarah e David in un mondo diverso da quello in cui li abbiamo conosciuti.
Questi sono, in poche parole, Sarah e David.
È necessario aver letto la storia principiale per poter capire.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Scontri e dubbi







La campanella che decretava l'inizio della pausa pranzo suonò nel preciso istante in cui il mio stomaco decise di far notare la sua presenza con un rumoroso gorgoglìo. 
Fortuna che lo scampanellio fu capace di coprire quel saluto molesto del mio egocentrico organo. 
<< Hai fame, eh? >> 
Mio Dio. Chi era stato a parlare? Ma soprattutto, a chi si riferiva?
Sudai freddo e caldo in contemporanea non appena mi resi conto che per quel giorno la sfiga mi aveva scelta come vittima. 
Il ragazzo verso cui mi voltai con degli scatti meccanici del capo si stava rivolgendo proprio a me. A me, e non a qualcun altro. Dannata sfortuna. 
Abbozzai un sorriso ed impilai i miei libri. << Già >> fu tutto ciò che riuscii a dire. Non ero esattamente un esempio di loquacità, ma in quel momento di profonda vergogna non fui in grado di trovare altre parole.  
Il ragazzo sembrò comprendere lo stato in cui mi aveva ridotta dopo avermi fatto notare quel piccolo particolare che avevo cercato di nascondere con dei movimenti improvvisi della sedia, tanto per fare rumore. Infatti, appena un secondo più tardi, sorrise imbarazzato e mi salutò frettolosamente. Saggia decisione. 
Raccolsi i miei libri ed uscii dall'aula diretta al mio armadietto. Fui più volte spintonata da una parte all'altra per via del mare di gente riversa nei corridoi, ma arrivò un momento in cui fui totalmente travolta. I miei tomi ricchi di sapienza caddero a terra e slittarono sul lucido pavimento di linoleum; per poco non feci la loro stessa fine, o meglio, quella di Mufasa.
Corsi con lo sguardo all'artefice di quel disastro e mi trovai a fronteggiare l'occhiata adirata di una ragazza. Non una ragazza qualunque, nient'affatto. Si trattava di una gallina presuntuosa, nota in tutta la scuola per i suoi trascorsi e per il semplice quanto superfluo fatto di essere la capo cheerleader. Jessica Wright.
Il sangue mi schizzò immediatamente al cervello. << Hai i paraocchi, per caso? Perché non guardi dove vai? >> sbottai furiosa. Lo aveva fatto apposta, ne ero più che certa. 
La gallina incrociò le braccia sul petto e la sua camicetta dalla generosa scollatura si arricciò, mostrando ancor più di quanto fosse già visibile. << Sei tu la stupida che mi è venuta addosso >> asserì con un'espressione arrogante. << Dovresti imparare a camminare in linea retta. >> 
Trattenermi dal prenderle i capelli tra le mani e tirarli fu difficilissimo. L'impresa più ardua che avessi mai compiuto. 
<< Stupida a chi? >> Ridussi gli occhi a due fessure ed avanzai di un passo. << Non sei proprio la persona più indicata per dare della stupida a me. >> Volevo essere cattiva? Be', mah, insomma... sì, eccome accidenti. Sollevai un sopracciglio e mi stampai un sorrisetto provocatorio in faccia. << Perché non parliamo del risultato al test sul QI che abbiamo svolto qualche mese fa? >> Aggrottai la fronte ed arricciai le labbra in una smorfia teatralmente dispiaciuta. << Oh, giusto, non eri nemmeno riuscita a portarlo a termine. >> 
In quel momento di netta superiorità avrei voluto concludere con un gestaccio del braccio e girare i tacchi. Ma ci rinunciai soltanto per ammirare la sua reazione. 
La vidi inspirare profondamente e strizzare la bocca con l'aria di chi era appena stata colpita nell'orgoglio e non sapeva cosa ribattere. Povera cucciola. 
<< Credo non ci sia altro su cui discutere >> affermai con un'alzata di spalle ed un sorrisino trionfale. << È sempre un piacere parlare con te >> conclusi ironicamente. 
Mi affrettai a recuperare i miei poveri libri maltrattati dalla serpe, rischiando più volte di essere investita dalle gambe degli studenti che correvano verso la mensa. Con un sospiro allungai un braccio per acciuffare l'ultimo, ma nel momento in cui le mie dita si posarono sulla copertina, il libro, come animato da vita propria, slittò ancor più lontano finendo per essere pestato da un ragazzo. 
Peccato che in quel frangente solo un piccolo particolare stonasse: il mio libro non era vivo o dotato di poteri magici.  
Con uno scatto voltai la testa per scagliare tutta la mia furia sulla gallina velenosa che aveva calciato volontariamente il mio volume. Sul suo viso risiedeva un sorriso beffeggiatore che avrei tanto desiderato far sparire a furia di testate nei denti. 
<< Ops >> esordì con una scrollata di spalle. "Ops" un corno. Il suo gesto era stato più che premeditato, compiuto in totale coscienza. 
Mi morsi l'interno guancia per il nervoso e mi sollevai da terra con lentezza, appoggiando il peso delle mani sulle cosce. << Complimenti, la tua infantilità batterebbe quella dei bambini dell'asilo >> riuscii a dire con apparente calma. << Immagino tu non ti debba sforzare molto >> aggiunsi con un tono canzonatorio. Incrociai le braccia sul petto e le rivolsi un'occhiata gelida. Odiavo essere acida e cattiva, ma quella stupida gallina era in grado di tirare fuori il mio lato peggiore con le sue velenose stoccate ed i suoi gesti provocatori. 
La serpe mi guardò di sottecchi con un sorriso malizioso. << Conosco molti giochetti tutt'altro che infantili >> assicurò schioccando la lingua al palato. Reclinò leggermente il capo ed il suo sorriso divenne maligno, la perfetta anticamera di un qualcosa di altamente spietato che avrebbe detto di lì a poco. << A David sono sempre piaciuti >> sparò con un'espressione eloquente. 
Appena finì di pronunciare quelle parole nel mio stomaco si miscelarono una serie di emozioni pungenti: gelosia, fastidio, rabbia, dolore e qualche altra che non fui in grado di decodificare. Il tutto si concentrò in un'irrefrenabile voglia di metterle le mani addosso e farle rimpiangere tutto il veleno che le era uscito dalla bocca. 
Mi appellai all'ultimo barlume di autocontrollo rimastomi e sfoderai un sorriso strafottente. << Peccato però che lui non abbia scelto te ed i tuoi giochetti. >> Maledetta gallinella, a costo di farla morire d'invidia ed attirarmi ancor di più il suo odio, le avrei sbattuto in faccia quella verità fino alla fine dei miei giorni. Voleva giocare sporco insistendo sul fatto che lei avesse avuto dei trascorsi col mio ragazzo? Bene, l'avrei ripagata con la stessa moneta. 
La rabbia che lessi nei suoi occhi mi ripagò immediatamente. Sembrava che le sue scure iridi blu scagliassero saette d'odio contro di me con l'intento di folgorarmi. Illusa.
Accentuai il mio sorriso schernente e le rivolsi le spalle per recarmi a prendere il povero libro sottoposto alle angherie di quella vipera. 
Improvvisamente sentii un forte dolore alla nuca. Senza neanche capacitarmi di come fosse successo, mi ritrovai col sedere a terra e con una trentina di paia d'occhi addosso. 
Mi tastai la testa con una smorfia e realizzai cosa fosse appena accaduto. La serpe mi aveva indiscutibilmente tirato i capelli con una tale forza da farmi perdere l'equilibrio e finire a gambe all'aria. 
Non ci vidi più. Non solo mi attaccava verbalmente, in più osava mettermi le sue sudicie dita addosso. 
Volsi il capo all'indietro e la raggiunsi con il mio sguardo adirato. << Razza di cretina >> sibilai rialzandomi. Avanzai frettolosamente nella sua direzione mentre la deficiente se ne stava con le braccia strette al petto ed un'espressione rabbiosa. 
Voleva fare a botte? Sarebbe stata accontentata presto. Un incontro di wrestling era proprio quello che ci voleva per inaugurare il primo giorno di scuola dopo la restaurata pace in tutto il mondo.
Il pubblico riunito attorno a noi cominciò a fare un coro da stadio incitandoci alla lotta. Ma non prestai loro attenzione, io e la mia furia eravamo troppo concentrate su un unico soggetto. 
<< Fatti sotto, Anderson >> mi canzonò lei, spostandosi i capelli sulla schiena con un colpo studiato che fece sospirare quasi tutti i ragazzi presenti. Peccato che quei capelli di lì a poco glieli avrei strappati. I ragazzi avrebbero dovuto trovare altro per cui sospirare come dei facoceri pompati di ormoni.  
Percorsi l'ultimo metro che ci divideva ed allungai le braccia per afferrarle quei venti peli che si trovava in testa. Occhio per occhio, capello per capello. Le avrei riservato lo stesso trattamento con tanto di testata tra i denti, così la prossima volta ci avrebbe pensato due volte prima di farmi quegli odiosi sorrisetti. 
Proprio un attimo prima che le acciuffassi i capelli, un braccio mi circondò la vita e mi strattonò all'indietro. << Ehi ehi >> sentii al mio orecchio da una voce familiare e trafelata. 
David mi strinse contro il suo corpo mentre io cercavo di liberarmi per raggiungere quella serpe e fargliela pagare. << Lasciami andare >> ordinai spingendo il suo braccio verso il basso. 
<< Se ti lascio cos'hai intenzione di fare? >> 
<< Andare lì e strapparle tutti i capelli >> affermai secca, tenendo gli occhi puntati sulla vipera. Oh, ma guarda, non stava più sorridendo. Evidentemente vedere David tanto vicino a me le dava un particolare fastidio. Ben le stava. D'ora in poi lei lo avrebbe solo potuto vedere col binocolo. 
Percepii David sorridere contro il mio orecchio. << Allora sarò costretto a portarti via con la forza >> sussurrò indietreggiando e trascinandomi con sé in mezzo alla folla. 
Sbuffai innervosita mentre ci allontanavamo sempre di più da quel ring improvvisato. Purtroppo la mia occasione di vendicarmi era stata spazzata via, ma speravo ardentemente che se ne presentassero di nuove. Non avrei lasciato passare le sue parole chiudendo un occhio. 
David mi lasciò andare solo quando mettemmo piede in un'aula vuota. Si chiuse la porta alle spalle e si girò ad osservarmi con un sorriso divertito. << Che cos'è successo tra te e lei? Sembravate piuttosto pronte ad uccidervi a vicenda. >> 
<< Ed è così >> convenni sbattendo una mano sulla cattedra. << Quella stupida mi è venuta addosso come un rinoceronte facendomi cadere tutti i libri. In più ha osato tirarmi i capelli con una brutalità tale da trascinarmi col sedere a terra >> gridai furiosa. Ridussi gli occhi a due fessure e gli puntai un dito contro. << Non avresti dovuto intrometterti, almeno non prima che le mettessi le mani addosso >> mi lamentai con uno sbuffo seccato.
Avanzò verso di me e la sua espressione si fece seria. << Hai idea di cosa sarebbe successo se qualche professore vi avesse viste? >> 
Sì, lo sapevo eccome. Una sospensione di qualche settimana non me l'avrebbe tolta nessuno, specialmente se si considerava da che genere di situazione eravamo tutti appena usciti.
Sbuffai ancora e spostai lo sguardo irritata. 
<< Sarah. >> Il suo tono di rimprovero mi spronò a tornare con gli occhi nei suoi. Erano indubbiamente severi, ma non la severità con cui può guardare un professore. Si trattava di una diversa: una tipica di un ragazzo amorevole che rimprovera la propria ragazza di un'azione sconsiderata. E bastò quello per farmi sbollire totalmente la rabbia. 
Sospirai e mi sedetti sulla cattedra. << Sì, ho sbagliato >> ammisi puntando lo sguardo sulle mie mani. << Ma dopo la sua frecciatina ed avermi tirato i capelli non ci ho più visto. >> Aggrottai la fronte e mi umettai le labbra. << Volevo vendicarmi e restituirle pan per focaccia. >>
Intravidi le scarpe di David entrare nel mio campo visivo, successivamente le sue mani si posarono sul tavolo ai lati delle mie gambe. << Che ti ha detto? >> domandò abbassando il capo per cercare d'instaurare un contatto visivo. 
<< Mi dà fastidio solo ripensarlo >> confessai con una smorfia. Per qualche istante mi rifiutai di parlare, poi alzai una mano e la strinsi su un lembo della sua camicia. Portai gli occhi nei suoi e mi schiarii la voce. << Lei non ti piace più, vero? >> Il filo di voce che mi uscii dalla bocca fu talmente rauco ed impercettibile che persino io faticai a capire cos'avessi chiesto. 
Sulle sue labbra si delineò un sorriso sghembo. << Non mi è mai piaciuta. Era solo una delle tante con cui andavo a letto. Nessun legame sentimentale o di altro tipo >> rispose facendo un passo avanti per accorciare le distanze. 
<< Ma... >> Deglutii e mi sforzai di guardare i suoi occhi, invece che la sua bocca. << Fisicamente ti piaceva, no? >> 
<< Be', certo >> sussurrò con una scrollata di spalle. Il mio stomaco si contorse ed il mio cuore aumentò i battiti. << Ma poi è arrivata una nanerottola di cui mi piace il fisico... >> Mi sfiorò l'orecchio con le labbra e depositò un piccolo bacio sul lobo. << Il carattere... >> Proseguì verso lo zigomo e si aprì in un sorriso. << Anche se lì pecca di difetti. >> Ridacchiò per il debole calcio che gli tirai e spostò la bocca sulla mia mandibola. << Di cui mi piace il sorriso... >> Raggiunse il mento e pose un altro bacio. << Il suono della voce... >> La sua voce invece sfumò e divenne roca e profonda. << E di cui non potrei fare a meno neanche volendo >> si liberò tutto d'un fiato, una volta giunto a contatto con le mie labbra. 
Il mio cuore palpitò emozionato ed i miei occhi, come i suoi, si chiusero per il languore provocato dalla vicinanza. 
D'istinto dischiusi le labbra che vennero dolcemente catturate da quelle di David. Una sua mano mi sollevò il mento mentre la mia scivolò lungo il suo costato per depositarsi sulla sua schiena. 
Il nostro contatto fu cauto, delicato e lento. La sua bocca si mosse con flemma sulla mia, senza brama o urgenza; la sua mano invece non si spostò mai dal mio mento. 
Con degli ultimi teneri e rapidi baci si distanziò da me quel tanto che bastava per far convergere i nostri sguardi. I suoi occhi ambrati, lucidi ed intensi contribuirono ad esasperare il mio ritmo cardiaco. 
Non mi sarei mai abituata alla sua presenza, ma mi avrebbe sempre emozionata come il primo giorno che avevo iniziato a provare qualcosa nei suoi confronti. E ciò che più di tutto faceva svolazzare i condor nel mio stomaco era la certezza che lui fosse mio e che mi amasse a sua volta. Mi sarebbe bastato quello per morire felice. 
Mi destai dai miei pensieri appena sentii una sua mano giocare con i miei capelli. I suoi occhi si concentrarono sulla ciocca che teneva tra le dita ed un suo sopracciglio scattò verso l'alto. << E quindi ti ha quasi scotennata >> constatò irrigidendo la mascella. 
Da quel piccolo particolare capii che la cosa lo innervosiva parecchio. Mi scappò un sorriso e cercai il suo sguardo. << Ti dà fastidio? >> 
Riportò le sue serie pozze ambrate su di me e lasciò cadere la ciocca. << Secondo te? >> ribatté seccato. << Le avevo intimato di non azzardarsi a toccarti un'altra volta. Evidentemente non ha recepito il messaggio. >> Schioccò la lingua al palato e si rizzò dritto in piedi con un lungo sospiro irritato. Incrociò le braccia sul petto e focalizzò lo sguardo sulla porta, immerso tra i suoi pensieri.  
Per un minuto buono lo osservai ammaliata. Nonostante fosse inverno teneva la camicia risvoltata sulle maniche in modo tale da scoprire gli avambracci, ed in quel momento pensai che mancasse qualcosa... Sì, qualcosa attorno al suo polso. Ci sarebbe stato bene un braccialetto di cuoio nero, magari regalato dalla sottoscritta. 
Emozionata da quella mia geniale idea saltai giù dalla cattedra e lo raggiunsi. Con un sorriso posai le mani sulle sue braccia ed i suoi occhi saettarono immediatamente nei miei. Mi studiò per qualche istante, dopodiché abbozzò un sorrisino sghembo e mi afferrò entrambi i polsi. << Quest'aula è vuota >> considerò sollevando un sopracciglio in modo malizioso. 
Aggrottai la fronte e mi guardai attorno senza capire cosa volesse dire. Era impazzito? Lo vedevo anch'io che la classe era priva di presenze umane eccetto le nostre, ma... << Oh >> esclamai appena realizzai il significato velato delle sue parole. Subito dopo assunsi un'espressione scandalizzata e spalancai gli occhi. << Che? Ma sei impazzito? Oh mio Dio, spero tu stia scherzando. >> La mia voce raggiunse ottave talmente alte e stridule da rintontirmi. 
David scoppiò a ridere e mi lasciò andare per reggersi la pancia e piegarsi su stesso. 
<< Ma t'immagini se qualcuno ci vedesse? >> continuai a dire con la mia irriconoscibile voce acuta. Un velo di rossore mi ricoprì le guance. << Oddio, sarebbe imbarazzantissimo. Non posso nemmeno pensarci. >> Scossi la testa e mi portai una mano sugli occhi. 
<< Quindi... >> Una risata interruppe le sue parole. << A preoccuparti sarebbe solo questo? >> Lo sentii avanzare e così aprii due dita per osservarlo guardinga. Sul suo volto era disegnato un sorriso divertito e al contempo provocatorio, i suoi occhi erano lucidi ed un suo sopracciglio era sollevato in maniera palesemente maliziosa. << Perché per eliminare il problema basterebbe chiudere a chiave. Nessuno ci vedrebbe. >> Appunto, come volevasi dimostrare. 
Scostai la mano ancor più sconcertata ed il mio mento per poco non sbatté a terra. << Ma... >> Che cos'aveva appena detto? Non potevo crederci. << Ma come ti vengono certe idee? >> esclamai mentre il rossore si espandeva sempre di più. << Tu... tu... >> Non mi venivano nemmeno le parole, accidenti! 
Il suo sorriso divertito si allargò. << Io? >> 
<< Tu sei un depravato! >> prorompetti additandolo scandalizzata. La sua forte risata si propagò per tutta l'aula. 
<< Non ho parole, me ne vado >> convenni scuotendo la testa mentre mi dirigevo alla porta. 
Avvertii i rapidi passi di David dietro di me, poi un suo braccio mi circondò la vita e mi strinse a sé con vigore. Ridacchiai divertita mentre mi solleva da terra per allontanarmi dalla maniglia e rideva nel mio orecchio. << Dove credi di andare, nanetta? >> fiatò avvicinandomi ulteriormente al suo petto. 
<< A mangiare, pervertito >> risposi con una risata. 
<< Mm. >> Allentò la presa e sentii la sua bocca inspirare tra i miei capelli. << Te lo permetto, tanto anch'io devo andare. >> 
<< Ti sono infinitamente grata per questa generosa concessione >> scherzai appoggiando una mano sulla sua. 
Le sue labbra si trascinarono sino al mio orecchio con una lentezza sensuale, provocandomi una scarica di brividi lungo tutto il corpo. << Avrai modo di sdebitarti, non ti preoccupare >> mormorò malizioso. 
Be', se voleva giocare sporco lo stava facendo benissimo. Dopotutto lui era un maestro in quello. E la sottoscritta non era abbastanza allenata a resistere a tutte le sue provocazioni, specialmente se pronunciate con quel tono roco e profondo. 
Inspirai a fondo e chiusi gli occhi assuefatta, mentre la sua mano saliva morbida lungo il mio braccio. Che schifo di autocontrollo il mio. Un secondo prima piantavo i piedi per terra e lo fissava scandalizzata, un attimo dopo avrei desiderato "sdebitarmi" in quell'aula fregandomene di tutto e tutti. 
<< Cambiato idea? >> sussurrò divertito sul mio collo. 
Mi morsi un labbro e scossi il capo. D'accordo che con un solo suo tocco perdevo il novanta percento dei miei neuroni, ma c'era pur sempre un dieci percento di valorosi superstiti che mi vietavano di compiere pazzie. 
La sua risata sommessa m'inondò le orecchie, facendomi scendere altri brividi lungo la spina dorsale. 
Dovevo staccarmi da lui e dal suo corpo. Subito. Immediatamente. 
Mi schiarii la voce e riaprii gli occhi, stordita come dopo venti ore di sonno e rintronata come una che è stata appena investita. Dovevo ammettere che David, sul mio cervello, aveva proprio un effetto salutare e benefico. 
<< Bene, ehm... >> Fissai la porta ed aggrottai la fronte per riprendere pieno controllo delle mie facoltà mentali. Obiettivo: mensa. Mezzo per arrivarci: piedi. Perfetto. << Dobbiamo andare a mangiare. Adesso >> dichiarai categorica, liberandomi dal braccio di quella piovra del mio ragazzo. 
Avanzai con passo risoluto in stile militare in direzione della porta e l'aprii con uno scatto. Osservai il corridoio deserto come una spia della CIA ed infine decisi di tornare con lo sguardo su David. Vederlo camminare verso di me con le mani nelle tasche dei pantaloni, la testa bassa ed un sorrisetto impertinente pennellato sulle labbra mi fece, per un attimo, venire la malsana idea di richiudere quella dannata porta e saltargli addosso. 
Da quando in qua ero una tale pervertita? Probabilmente il fatto di non averlo potuto vedere e toccare per un mese aveva contribuito a trasformarmi in una specie di gatta in calore. 
Lo fissai quasi con la bava alla bocca per tutta la durata della sua traversata. Quando i suoi vispi occhi lucidi si posarono sui miei, il mio cuore accelerò come se avesse preso la scossa. E bastò quello per farmi capire ciò che la mia mente, i miei istinti ed il mio battito cardiaco avevano cercato di rendermi palese per tutto il giorno. 
La verità era che ero ancora più innamorata di lui rispetto a quanto già non fossi. 
Mi bastava guardarlo in quei suoi pozzi ambrati per averne la conferma. Bastava una sua occhiata per farmi librare in aria con i pensieri. Bastava un suo tocco per farmi vedere tutte le stelle dell'universo. E bastava la sua vicinanza per farmi provare la felicità più estrema. 
Il suo sorriso si allargò. << Che c'è? >> domandò incuriosito, accennando un movimento del capo nella mia direzione. 
Espirai piano e sul mio volto si fece largo un tenero sorriso. << Niente >> sussurrai scuotendo la testa. Mi strinsi nelle spalle e ridacchiai timidamente. << Sono solo felice. >> 
Non me ne accorsi nemmeno tanto fu rapido. Fatto stava che mi ritrovai le sue labbra sulla fronte intente a depositare più di un piccolo bacio. << Anch'io >> dichiarò insieme ad un leggero sospiro. << Non puoi immaginare quanto. >> 
Mi ritrassi e sollevai un sopracciglio in modo scherzoso. << Non sottovalutarmi, spaccone >> affermai con una linguaccia. 
Incrociò le braccia sul petto e mi rivolse un'occhiata dall'alto al basso. << Se no che mi fai? >> Le sue labbra si distesero in un sorriso sghembo che uccise la maggior parte dei miei neuroni superstiti. Di quel passo sarei diventata una decerebrata con uno sguardo da ebete e la bava alla bocca. Che triste destino. 
Sfoggiai sicurezza e gli rivolsi uno sguardo intimidatorio. << Potrei strapparti le gambine a morsi. >> Una minaccia più assurda non l'avevo mai tirata fuori. Se solo avessi avuto un briciolo di dignità mi sarei già dileguata, invece me ne restavo lì come una cretina solo per poterlo ammirare ancora un altro po' prima di mettere piede nella mensa. 
<< Morsi? >> Un suo sopracciglio scattò verso l'alto insieme ad un sorrisetto malizioso da capogiro. << Puoi darmene quanti vuoi. >> Oh Signore, avevo generato un mostro. 
Aria. Avevo bisogno d'aria fresca e pulita. Faceva fin troppo caldo lì dentro. D'accordo che era inverno, ma a quanto cavolo avevano impostato i termosifoni? 
Deglutii accaldata sotto la famelicità dei suoi occhi. Non poteva guardarmi in quel modo, altrimenti io...
<< Sarah. >> Schizzai in aria come una molla e cambiai repentinamente visuale, focalizzandomi su Clarice. << Ciao David >> aggiunse con un sorriso ed un cenno amichevole della mano. 
Signore santissimo, avevo decisamente rischiato l'infarto con l'imboscata della mia amica. Se solo non fossi stata tanto stordita avrei immediatamente notato il sorrisino che mi stava rivolgendo con una certa insistenza. 
<< Hai già mangiato? >> mi domandò, notando la mia incapacità nel spiccicare parola. 
Sbattei le palpebre come una mentecatta in attesa che il mio cervello si riconnettesse alla Terra. Uno, due... segnale riacquistato. << No, non ancora >> risposi scuotendo il capo. 
Il suo incarnato s'illuminò insieme alla strana luce presente nei suoi occhi. << Perfetto, nemmeno io. Possiamo andare insieme. >>
<< Oh, ehm... ok >> acconsentii annuendo. Mi voltai verso David ed il mio cuore perse un altro battito nell'osservare la profondità travolgente delle sue iridi. << Vieni con noi? >> domandai speranzosa. Già immaginavo la scena di noi due che varcavamo la porta della mensa l'uno accanto all'altra con gli occhi di tutti puntati addosso. Era sempre stato noto a mezza scuola che tra me e David ci fosse dell'odio manifesto e profondo, perciò vederci entrare appiccicati senza scannarci avrebbe destato più di un sospetto. Non vedevo l'ora di mostrare a tutte le ragazze che gli andavano dietro chi fosse l'unica ad averlo tutto per sé. 
Mentre lo guardavo, potevo distintamente avvertire il rimbombo della mia risata malefica nella mente.
Scrollò le spalle ed immise le mani nelle tasche dei pantaloni. << Andiamo >> disse soltanto, superandomi di qualche passo. 
Ottimo. Sul mio viso si affacciò un sorriso dannatamente soddisfatto. Il mio piano stava andando a gonfie vele. 
Feci un cenno del capo a Clar per intimarle di sbrigarsi e raggiunsi il mio ragazzo con una piccola corsetta. Aveva le gambe troppo lunghe e stargli dietro era, per la sottoscritta, un'impresa titanica, ma avrei tenuto duro almeno fino alla mensa. 
Che dannato genio che ero! 
Mentre camminavo al suo fianco nascondendo la mia folle gioia, avvertivo i passi della mia amica dietro di noi. Girai il capo e le lanciai un'occhiata che mi restituì accompagnata da un sorriso complice. Aveva capito tutto. Il secondo posto nella classifica dei geni spettava a lei senza ombra di dubbio. 
Quando le mie orecchie udirono i consueti e familiari schiamazzi, non riuscii a trattenere un risolino maligno. Fortunatamente David sembrava non avermi sentita, altrimenti avrei dovuto rispondere al suo sguardo interrogativo. 
Dopo all'incirca una decina di passi entrammo nell'enorme sala fornita di decine di tavoli dalle varie dimensioni e di banconi da cui le addette spartivano cibo con un muso lungo fino ai piedi. 
Era giunto il tanto atteso momento di agire, perdinci! 
Mi guardai attorno e notai una serie di teste voltate nella nostra direzione. Ottimo. Anche da quella distanza potevo percepire gli ingranaggi delle loro menti mettersi in moto alla ricerca di risposte. Le avrebbero ricevute molto presto, specialmente le ragazze.
Alzai il mento e posai lo sguardo sul mio ragazzo, di fianco a me con la solita postura da menefreghista capace di farmi scoppiare il cuore. 
Sollevai lentamente un braccio con l'intento di avvolgere il suo e far capire a chi appartenesse, ma appena prima di portare a compimento il mio geniale piano David si mosse in avanti per raggiungere la fila di studenti in attesa dei loro piatti. 
Inutile dire che rimasi con un braccio a mezz'aria ed un'espressione da ebete sul volto. Ma non avrei demorso. Certo che no.
Abbozzai uno stiracchiamento per dissimulare il fallimento e lo seguii con un'andatura pacata. Mi posizionai nuovamente al suo fianco ed abbassai il capo per esaminare con la coda dell'occhio quanto distante fosse il suo braccio. Non avrei fallito un'altra volta. A costo di strappargli quel benedetto arto e sventolarlo come un trofeo per tutta la mensa. 
Mi schiarii la voce, m'impettii come uno struzzo ed allungai silenziosamente la mano. Mi sentivo una completa demente a compiere tutto quel teatrino per mostrare agli altri che David fosse il mio ragazzo, ma era necessario affinché raggiungessi la mia pace interiore. 
Appena sentii sotto alle dita la sua camicia, oltre a liberare un urlo di gioia nella mia testa, mi girai per guardarlo. I suoi occhi saettarono nei miei un nano secondo più tardi. Erano interrogativi, sorpresi e dannatamente belli. Come faceva a far ingranare la quinta al mio cuore con un solo sguardo? 
Boccheggiai per una decina di secondi alla ricerca di una scusa plausibile, dopodiché sbattei le palpebre in rapida successione e schiaffeggiai la sua camicia con un sorriso angelico. << Avevi una bestia addosso >> mentii diminuendo la forza con cui lo colpivo fino a trasformare le percosse in carezze. 
Sollevò un sopracciglio e si osservò il braccio che avvolgevo con la mano. << E me l'hai spiaccicata sulla camicia? >> 
Scoppiai in una risata acuta ed enfatizzata all'inverosimile per farmi sentire dalle ochette nei dintorni. Dovevano vederci come il ritratto della coppia perfetta e felice. << Ma no, l'ho solo mandata via. >> Quasi urlai tra le risa, tirandogli delle pacche amichevoli. 
In vita mia non ricordavo di essermi mai abbassata a tanto: a passare per una deficiente in un teatrino ai limiti del grottesco. Ma in fondo lo stavo facendo per una buona causa. 
David studiò concentrato l'espressione beota sulla mia faccia. Non volevo sapere cosa stesse pensando di me in quel momento, probabilmente che fossi impazzita o ubriaca. 
Per fortuna dopo poco vidi spuntare sulle sue labbra un piccolo sorriso sghembo. Ma non disse nulla. Si limitò a rialzare la testa e puntare lo sguardo davanti a sé con quell'enigmatico sorrisetto. 
Lo osservai incuriosita per un po', finché non dovetti allontanarmi da lui per prendere un vassoio e seguire la fila di ragazzi che come me attendevano di scegliere una portata. 
Una decina di minuti più tardi vidi David uscire dalla coda col suo pranzo tra le mani e dirigersi... L'energumeno che avevo davanti m'impediva la vista con la sua possente stazza. Perdinci, tutti io li beccavo. 
Sporsi il collo come uno struzzo ed immediatamente individuai il mio ragazzo tra le centinaia di persone sedute ai vari tavoli. Il fatto che si fosse accomandato a quello dei suoi amici significava che ognuno avrebbe mangiato per conto suo? Be' di certo non sarei andata fin lì per fare la ragazza cozza. Insomma, avevo ancora un briciolo di dignità da salvaguardare come un animale protetto. E poi se avesse voluto mangiare insieme a me avrebbe cercato un altro tavolo. Quello era un gesto più che eloquente. 
Con un misto di delusione e rabbia avanzai nella fila fino ad impossessarmi del mio pranzo ed evadere dalla calca. 
Mi spostai da un lato ed attesi che anche Clar uscisse dal trenino umano. Fortuna che avevo lei, altrimenti mi sarei dovuta ritirare, sola come un cane, in un tavolo popolato da sconosciuti. 
Mentre la seguivo con lo sguardo, avvertivo la delusione scemare e la rabbia raggiungere picchi epici. Cosa cavolo sarebbe costato a quello stupido dirmi chiaro e tondo che avrebbe pranzato coi suoi amici? Invece se n'era stato muto come un pesce ed aveva imboccato la sua via. Non pretendevo che abbandonasse tutte le sue conoscenze e le sue abitudini per stare con me, ma almeno... almeno cosa? Se ne ero rimasta tanto delusa era ovvio che sperassi che decidesse di pranzare in mia compagnia. 
Sbuffai seccata dalla vocina nella mia testa intenta a sgridarmi. 
Sì, d'accordo lo ammettevo. Avrei voluto che rinunciasse ai suoi amici e che stesse con me. Ebbene sì, ero egoista e viziata. Oltre che stupida... 
Abbassai la testa e guardai con sguardo vitreo il mio piatto. 
Non potevo pretendere che tutto il suo mondo ruotasse attorno a me, esattamente come non avrebbe dovuto fare il mio. Io avevo Clarice, lui avrebbe dovuto avere i suoi amici. Le amicizie e la nostra relazione dopotutto erano due sfere separate, e non per questo una avrebbe dovuto prevalere sull'altra. Ed era anche naturale che non mi avesse avvertita, ma che fosse andato dritto verso il suo solito tavolo. 
Sospirai e rialzai il capo per puntarlo verso la fila in movimento.
Clar mi venne incontro con una breve corsetta ed un sorriso dispiaciuto. << Scusa ci ho messo un bel po'. Ti si sarà raffreddato tutto >> ipotizzò osservando il mio vassoio.
Sorrisi serena e scossi la testa. << Non ti preoccupare, ho talmente tanta fame che mi mangerei pure il piatto. >> Risi insieme a lei e ci recammo ad un enorme tavolo già occupato da altri studenti, ma che fortunatamente aveva ancora qualche posto libero. 
Clar si sedette davanti a me e rilasciò uno sbuffo spossato. << Finalmente. Mio Dio, c'è sempre troppo casino qui >> borbottò impugnando la forchetta.
Annuii in completo accordo con le sue parole ed infilzai un rigatone al pomodoro. << Perché anche tu sei venuta così tardi a mensa? >> le chiesi mente mi portavo la pasta alla bocca. Che schifo, era pure scotta e mezza sfatta oltre che fredda. Nella mia scuola la pasta aveva sempre fatto schifo. Non sapevano cuocerla o ogni santo giorno si dimenticavano di tirarla fuori dall'acqua in tempo. Per quel motivo, dopo il mio primo pranzo risalente a quattro anni prima, mi ero sempre rifiutata di riprenderla. Il fatto che in quel momento me la ritrovassi nel vassoio denotava quanto mi fossi concentrata su David piuttosto che su quello che avrei dovuto mangiare. A furia di pensarlo in continuazione mi sarei intossicata ed avrei fatto la fine di Giulietta. 
<< Ero con Kevin in giardino >> rispose la mia amica, risvegliandomi dalla natura tragica dei miei pensieri. 
Il mio sguardo si fece scherzosamente malizioso. << Ah ah >> pronunciai sospettosa. << E che ci facevate con questo freddo là fuori? >> 
Dovevo ammetterlo: ero curiosissima di quei due. Innanzitutto perché come coppia erano adorabili, in secondo luogo perché pensarli e vederli insieme mi faceva emozionare come una sognante ragazza davanti ad un film romantico. Insomma, ero diventata una fan sfegatata della loro storia. Se si fossero lasciati avrei sofferto come un cane. 
Sorrise imbarazzata e m'indicò con la forchetta. << Signorina Anderson, le sue domande stanno diventando indiscrete >> asserì ridacchiando. 
<< E dai >> mi lamentai ridendo. << Dimmelo, sono la tua migliore amica. >> Sfoderai il mio sguardo più tenero col fine d'impietosirla ed in risposta alzò gli occhi al cielo divertita. 
<< E va bene, ok, te lo dico >> acconsentì sollevando le mani in segno di resa. Per poco non saltellai sul posto come una bambina a cui hanno regalato il suo giocattolo preferito. 
Si schiarì la voce e si sporse sul tavolo per farsi più vicina. << Stamattina dopo essere scesi dal pulmino non ci siamo più visti. Purtroppo il lunedì non abbiamo mai le stesse lezioni >> dichiarò con una smorfia. << Ma prima della pausa pranzo siamo andati a fare una piccola passeggiata in giardino. Ci siamo fermati sotto un albero a parlare e... come cavolo si dice? Insomma, coccolarci. Ma nulla di che, cioè, voglio dire, solo baci. È inutile che fai quella faccia da chi la sa lunga, perché non c'è stato altro >> concluse con una linguaccia. 
<< Quale faccia? >> domandai con finto stupore. Risi per la sua espressione eloquente e giocherellai con la forchetta. << A parte gli scherzi, sono felice che le cose tra voi vadano bene. All'inizio ero un po' titubante e lo sai. Non mi fidavo di Kevin. Però poi si è rivelato essere un bravo ragazzo realmente interessato a te, quindi... >> Scrollai le spalle. << Già lo sapete che avete la mia benedizione >> terminai lasciandomi andare contro lo schienale della sedia. Le feci l'occhiolino e lei mi restituì un sorriso caloroso.  
<< Per me è davvero importante che tu veda di buon occhio Kevin. Ti considero come una sorella, perciò se sapessi di non avere il tuo appoggio ci starei male >> confessò abbassando gli occhi sul piatto. << All'inizio non sapevo come darti la notizia, ma poi quando mi hai chiesto cosa ci fosse tra me e Kevin con quel sorriso malizioso ho capito che avrei potuto fare affidamento su di te. >> Rialzò la testa e mi fissò seria. << Stavi rispettando i miei sentimenti senza giudicarmi. Questo è quello che fanno le sorelle, e per me è valso tantissimo. Quindi grazie, Sarah. >> 
Le sorrisi dolcemente ed annuii. << Grazie a te, Clar. Anche per me tu sei una sorella. >> 
Ci osservammo per qualche secondo in silenzio, sorridendoci reciprocamente; dopodiché Clar si buttò i capelli dietro la schiena e si piantò un'espressione furbesca sul viso. << Ma a proposito di coppie... >> iniziò a dire incrociando le mani sotto al mento. << Sono arrivata prima che accadesse il fattaccio, eh? >> 
Corrugai la fronte e le rivolsi uno sguardo interrogativo. Se si stava riferendo al fatto che avessi quasi messo le mani addosso a Jessica-la-serpe non afferravo il concetto di coppia. 
Alzò gli occhi al cielo e rise della mia faccia. << Eri troppo concentrata per accorgetene, solo qualcuno di esterno avrebbe potuto rendersi conto che te e David vi stavate spudoratamente spogliando con gli occhi. E sono sicura che di lì a poco sareste passati a farlo con le mani. >> Fece roteare il bicchiere e sollevò un sopracciglio in una muta sfida a dirle il contrario. 
<< Oh >> affermai sorpresa. Be' in effetti i miei pensieri in quel momento avevano ruotato solo sul modo più appropriato per saltargli addosso. Ma era piuttosto imbarazzante sapere che Clar lo avesse notato e che soprattutto fosse stato tanto evidente. Anche se, da una parte, sapere che David mi stesse spogliando con lo sguardo riusciva a provocarmi dei piacevoli dolori allo stomaco. I condor stavano di nuovo svolazzando. 
<< Mi fate spazio? >> Alzai la testa ed i miei occhi si posarono su Kevin, accanto a Clar e con un vassoio pieno zeppo tra le mani. 
La mia amica scivolò di lato con la sedia e lo aiutò a non far rovesciare il contenuto di nessun piatto sul tavolo. Li osservai con un sorriso intenerito sulla bocca. Erano adorabili pur senza far niente per esserlo. 
Il ragazzo di Clar si sedette e rilasciò uno sbuffo seccato. << Il coach doveva scocciarmi proprio durante la pausa pranzo. Che cavolo? Non poteva farmi chiamare durante le ore di lezione? Perlomeno avrei saltato quella pacchia >> si lamentò prima di riempirsi la bocca con enormi pezzi di carne. 
Clar rise e gli passò una mano fra i capelli per pettinarglieli, io invece sollevai un sopracciglio e lo guardai basita. << Certo che la tua finezza nel mangiare supera quella delle principesse Disney >> affermai sarcastica. 
Kevin sollevò la testa e mi piantò i suoi scuri occhi castani addosso. Mi fissò con le guance piene come quelle di un criceto ed uno sguardo serio, quasi glaciale. Di colpo spalancò la bocca e mi mostrò i pezzi di carne spappolata che risiedevano sulla sua lingua. 
<< Ma che schifo! >> esclamai voltandomi di scatto. Con quello avevo la prova concreta che si trattasse di un troglodita a tutti gli effetti. 
Sentii Kevin ridere e controllai con la coda dell'occhio che avesse richiuso le sue fauci. Perfetto, sembrava avesse anche ingurgitato quella rivoltante poltiglia marrone. 
Gli rivolsi un'espressione schifata ed in risposta mi arrivarono una risata divertita di Clar ed un sorrisetto beffardo del suo ragazzo. 
<< Così, Anderson, la prossima volta ci penserai due volte prima di offendere i miei modi aristocratici di mangiare >> asserì sollevando entrambe le sopracciglia a mo' di avvertimento. 
Avrei voluto ribattere che i suoi modi erano tutto fuorché aristocratici, ma mi zittii per evitare che turbasse il mio stomaco con un altro gesto simile a quello. 
<< Certamente >> risposi con un teatrale sorriso angelico. Misi in bocca alcuni broccoli già conditi col limone ed esaminai il loro colore decisamente pallido. Non volevo sapere cosa fosse successo a quei poveri broccoletti, in alcuni casi era meglio rimanere all'oscuro e farsi poche domande. 
Di colpo, come un elastico lasciato improvvisamente, la mia mente scattò a ritroso riproponendomi un ricordo particolarmente piacevole.
Ti prendo a schiaffi e poi ti stendo con un calcio dove so io, avevo affermato con un tono di sfida.
Abbiamo già appurato che sono più veloce di te, broccoletta.
Come mi hai chiamata?
David mi aveva rivolto uno sguardo divertito e mi aveva baciata sul collo. Broccoletta. La mia broccoletta, aveva poi ribadito con un tono estremamente dolce. 
Mio Dio, ma che caldo faceva in quella mensa? Mi sentivo sciogliere sotto le luci al neon di quella stanza come burro al sole. 
<< Sarah, perché sei arrossita? >> Cosa? Ero arrossita? Perché il mio corpo non rispettava la mia volontà e faceva come accidenti gli pareva? 
<< Pensi a cose zozze, eh Anderson? >> mi stuzzicò quello stupido di Torn. 
<< Ma che dici? Magari non si sente bene >> lo riprese la mia amica tirandogli uno schiaffetto sul braccio. 
Alzai lo sguardo su quei due e mi schiarii la voce per recuperare un minimo di dignità. Che figura pietosa. << No, sto bene. Mi è solo preso caldo >> inventai, accompagnando le mie parole da un'alzata di spalle. Sarei voluta scappare in quel preciso istante o rifugiarmi sotto al tavolo, invece me ne rimasi lì ad essere studiata come un extraterrestre. 
<< Strano, Anderson, perché siamo in pieno inverno >> dovette puntualizzare quell'idiota di Kevin. Cos'avevo detto poco prima? Che lo avevo rivalutato? Baggianate. Era un troglodita deficiente e sempre lo sarebbe stato. 
Lo fulminai con un'occhiata tutt'altro che amichevole ed arricciai le labbra per trattenermi dal prenderlo a schiaffi. << Senti un po', ma te non avevi tanta fame? Ingozzati con i tuoi tocchi di carne da cavernicolo e stai zitto. >> Perfetto, ero stata il più gentile possibile. Clar avrebbe dovuto apprezzare il mio sforzo. 
<< Colpita nel segno, eh? >> insistette rivolgendomi uno sguardo compiaciuto. 
<< L'unico che tra poco verrà colpito sei tu >> ribattei minacciosamente. Addio gentilezza e toni pacati. Se quel troglodita voleva sfidarmi in antipatia avrebbe miseramente perso. In quanto a frecciatine, acidità e risposte secche potevo essere una vera e propria macchina da guerra. Non gli sarebbe convenuto mettersi contro la sottoscritta. 
Kevin sorrise divertito e scosse il capo incredulo. << Chissà cosa ci trova David in te >> osò dire rigirando la forchetta tra i suoi spinaci. 
Sollevai un sopracciglio ed assottigliai lo sguardo. << È la stessa cosa che mi sono chiesta quando Clar ti ha messo gli occhi addosso. >> Me le toglieva proprio di bocca. E pensare che fino a dieci minuti prima stavo parlando bene di lui. Tutto fiato sprecato. 
<< Siete proprio amici per la pelle >> considerò la mia amica annuendo piano. Mi volsi a guardarla temendo che fosse rimasta ferita dal modo in cui avevo trattato il suo ragazzo, ma la luce divertita che vidi nelle sue iridi mi fece tirare un sospiro di sollievo. 
Kevin fece spallucce ed ingoiò ciò che aveva in bocca. << In fondo in fondo, ma proprio in fondo, la Anderson non è male. >> Issò il capo e mi rivolse un sorrisetto sghembo. << Sei spassosa. >>
Distesi le labbra e scrollai le spalle per fargli il verso. << In fondo in fondo, ma proprio in fondo, Torn non è male. >> Assunsi un'espressione altezzosa e volsi la testa di lato con un colpo secco ed il naso all'insù. << Ma non sei spassoso >> conclusi ironicamente. 
Tornai a guardarli e mi unii alla loro risata. 
Ecco, quello era uno dei momenti che avrei ricordato per il resto dei miei giorni. Non si trattava di niente di eclatante, ma di un semplice attimo di spensieratezza e libertà. Ed era esattamente quella la libertà che desideravo dopo settimane trascorse in una prigionia sia fisica che mentale. 
Tra le nostre risate ed il caos generale che riempiva la sala, per un attimo spostai lo sguardo alla ricerca di una sola persona. Il cuore mi svolazzò per tutto il petto non appena mi resi conto che un paio di occhi ambrati mi stavano già osservando da lontano con un piccolo sorriso pennellato sulle labbra. 
Gli sorrisi di rimando ed agitai debolmente una mano per salutarlo. Abbozzò un cenno del capo nella mia direzione e dopo vari secondi trascorsi ad esplorarci con gli sguardi si voltò verso i suoi amici che stavano reclamando la sua attenzione. 
Abbassai la testa con un'espressione trasognata e ripresi a mangiare i miei pallidi broccoli senza notare le occhiate che mi lanciava Clarice. Ero troppo concentrata su un'unica persona per accorgermi di ciò che mi circondava. Succedeva sempre così quando David era vicino a me. Esistevamo solo io, lui e la gioia che mi regalava. 
Ed in quel momento pensai che niente avrebbe potuto scalfire la mia felicità. Assolutamente niente. 













Angolo autrice:

Buonasera! XD
Spero che il capitolo vi sia piaciuto! 
Nonostante l'abbia ricorretto, mi auguro che non abbiate trovato molti errori >\\< qualcuno sfugge sempre -.- quei maledetti sono insidiosi come le zecche!
Volevo inoltre ringraziarvi per il grandissimo affetto che avete dimostrato per questa storia *_* ne sono rimasta colpita! *^* 
GRAZIE MILLE!! <3 
Adesso mi dileguo ahahah, così la smetto di rubarvi tempo >.< 
Alla settimana prossimaaaaa!! <3 
Un bacione gigantesco e tanti tanti baci! 

Ps: ricordo che chi volesse entrare a far parte del gruppo Facebook deve cliccare qui ---> Gruppo Facebook

Federica~ 



  
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