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Autore: Elpis Aldebaran    24/02/2009    5 recensioni
Raccolta di fanfiction per voglia mia, per compleanni, per eventi, per qualsiasi cosa.
1. Prefazione
2. NejiTen
3. ShikaIno
4. ShikaIno
5. MinatoKushina - Seconda Classificate al contest "MinatoKushina Genin" indetto da Mala_Mela e Rory-chan.
6. NejiTen
7. KibaHina
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kushina Uzumaki, Yondaime | Coppie: Kiba/Hinata, Neji/TenTen, Shikamaru/Ino
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Note: ShikaIno nata senza motivo, ho iniziato a scrivere e non ho più smesso. Leggermente Lime sul finale. C’è qualche parolaccia, anche. Au, ovviamente, perché è periodo che mi è presa con ‘sta fissa.

A me piace, ma tanto, perché l’ho sentita nel cuore dalla prima parole fino all’ultimo punto.

A voi il severo giudizio.

 

 

 

 

Tears and Rainbow

 

 

 

A Silvia,

non era la fic che volevi,

che mi avevi chiesto,

perché quella l’ho immaginata in un modo

tutto mio, e non la continuo finché non trovo

l’ispirazione perfetta.

Quindi spero che nell’attesa questa

ti possa far sorridere,

perché l’ho scritta d’un fiato,

perché me la sentivo nelle vene.

Perdonandomi del terribile ritardo.

 

 

 

Si sentiva come un groppo in gola, un peso enorme che le inondava il petto, le schiacciava i polmoni, le impediva qualsiasi movimento, perché aveva paura che qualcosa dentro di lei si potesse spezzare, spaccare irrimediabilmente.

Il suo cuore batteva furioso e rimbombava dentro al suo corpo, come un martello troppo insistente; cercava di mantenere il suo respiro calmo, non lasciando trapelare alcun segno del fatto che fosse sveglia da più di mezz’ora ormai. Vedeva a stento, oltre le tende della finestra, che un temporale infuriava all’esterno dell’edificio sbattendo contro i vetri; percepiva quella pioggia fredda anche sulla sua pelle in qualche modo, e un brivido le percorse tutta la spina dorsale, facendola stringere ancora di più fra le spalle nude.

Dietro a lei, sentì le lenzuola bianche muoversi, strusciare contro qualcosa.

Shikamaru si era svegliato, e lei non sapeva minimamente cosa fare, come comportarsi, se parlarne, se tacere, se prendere i suoi vestiti a terra o semplicemente far finta di dormire ancora un po’, aspettare che lui scendesse a lezione e poi sgattaiolare via come una ladra.

Ma forse si era scordata che il ragazzo con cui aveva appena passato la notte aveva un’intelligenza fuori dal comune e una vista precisa, che gli consentiva di individuare anche i più piccoli dettagli di una persona. Perché Shikamaru sapeva perfettamente che lei era sveglia da molto, lo poteva dedurre dalla sua postura rigida su un fianco, oppure dai suoi capelli sistemati con cura su una spalla, o ancora il suo respirare quasi impercettibile; e nonostante sapesse questo, decise di non chiamarla, di non toccarla.

Si limitò a osservare il soffitto color panna della sua stanza, chiedendosi che ore fossero, quanto tempo avesse dormito, se fosse il caso di andare a lezione quel giorno. Domande stupide che non avevano bisogno di una risposta immediata, ma a cui lui pensava per deviare la sua mente su qualcosa che non fosse la ragazza, Ino, che riposava accanto a lui.

Dei rumori strascicati giunsero alle orecchie di entrambi i ragazzi, e Shikamaru poté capire che Neji si era alzato e stava cominciando a ripassare per le materie di quella giornata; prendendo la palla al balzo, si alzò dal letto mettendosi un paio di pantaloni trovati per caso sul pavimento, e facendo piano uscì dalla sua camera.

Ino sentendo il piccolo rumore della porta che si richiudeva, trasse un sospiro di sollievo e si girò supina nel letto, sentendo le lacrime affiorarle negli occhi, scacciandole malamente con i polsi delle mani. Si lasciò andare a un pianto silenzioso, cercando ti attenuare i singhiozzi col cuscino, mentre il suo corpo sussultava, le gambe si piegavano e lei voleva solamente poter tornare indietro e cancellare quella notte, che aveva la dannazione di essere stata magnifica.

Senza pensarci troppo – non doveva farlo assolutamente – si alzò dal letto, cercando nell’oscurità della stanza i suoi abiti, infilandoseli senza cura. Non poteva restare ancora, perché alla luce dell’alba le cose hanno tutto un altro aspetto, tutto un altro sapore e non c’è tempo per piangersi addosso, per fingere che le cose vadano bene, quando evidentemente non è così.

Trovò la sua tracolla e con sguardo basso uscì dalla camera di Shikamaru, attraversò il piccolo salottino dove Neji stava ripassando e se ne andò, non dicendo niente, non salutando, non accorgendosi nemmeno che Nara era rimasto accanto alla porta della sua stanza, sentendola piangere e non sapendo che fare, perché di entrare dentro e consolarla non se ne parlava nemmeno. Gli avrebbe urlato contro, o peggio schiaffeggiato.

Neji sollevò la testa dai suoi appunti di algebra, e posò il mento su una mano, osservando il compagno di stanza che a petto nudo era rimasto inchiodato al suo posto. Non era da lui farsi gli affari degli altri, non gli era mai interessato e lo trovava alquanto poco cortese; vivendo con altri due ragazzi all’università, aveva stabilito delle regole chiare sulla convivenza, su ragazze che entravano e uscivano, su festini clandestini e tutto quello che avrebbe potuto urtare i suoi nervi.

Conosceva abbastanza bene le abitudini di Shikamaru, per sapere che se decideva di portarsi a letto una donna, andava sempre altrove a consumare, più per privacy che per un favore nei confronti suoi e di Kiba; e proprio perché conosceva bene Nara, che sapeva che non era una cosa usuale vedere Ino uscire dalla sua stanza, in lacrime e con i vestiti dismessi. Ormai, arrivato al suo ultimo anno, Neji Hyuuga sapeva tutto di tutti – volente o nolente – e non aveva mai visto Shikamaru e Ino andare oltre a un abbraccio, per dimostrarsi affetto. Nemmeno un bacio sulla guancia quando si salutavano.

Il loro era un equilibrio delicato che era stato costruito sulla base di anni di conoscenza. Lei era sempre stata la ragazza al centro delle attenzioni, delle invidie, delle gelosie e tutte le volte ne era uscita a testa alta, più forte di prima e con la popolarità alle stelle; lui era il genio, quello che all’apparenza non vale niente, ma che affascina a suo tempo, per i suoi modi di fare disinvolti, non studiati, strascicati e insofferenti. Shikamaru sapeva come piacere alle ragazze, per quanto non le sopportasse, e una volta conosciuto meglio si poteva anche considerare un vero e proprio bastardo.

Ma questa era una cosa che veniva in secondo piano.

Per questo la sua amicizia con Ino non era mai stata idilliaca, soggetta a critiche, a litigi, ad accuse, a scenate di qualsiasi genere; era il prezzo da pagare quando si crede di conoscere qualcuno da una vita, ma in realtà si sa veramente poco l’uno dell’altro.

Come Shikamaru che non sapeva forse che Ino, oltre a tutta la sua bellezza e apparenza, aveva anche un cervello per niente male, che le aveva permesso di entrare in quella università senza problemi, mentre lei non si era mai accorta che le sue amiche liceali, a loro tempo, almeno una volta nella loro vita avevano sognato di passare una notte con Nara.

Piccole cose, piccole scoperte che li avevano spiazzati, e avevano visto entrambi fare un passo indietro verso quello che credevano scontato.

Così erano entrati all’università, consapevoli di essere amici e di non esserlo davvero, fino in fondo, e che una vita passata assieme non basta a conoscersi. A volte nemmeno loro potevano dire di sapere realmente chi fossero.

Avevano deciso di iniziare di nuovo da capo, mettere un punto alle loro vite fatte di incomprensioni e cecità rimaste al liceo, e iniziare pezzo per pezzo a ritrovarsi come amici, come confidenti, come persone ormai adulte che si aiutano quando c’è bisogno, a ritrovare loro stessi. Ma quell’equilibrio delicato esisteva, perché niente è perfetto, e nemmeno la loro lunga amicizia; bastava che qualcuno sgarrasse, facesse un passo falso per mandare tutto all’aria, che perdesse il senso delle cose e facesse qualche stupidaggine.

A fare la cazzata, ci aveva pensato Shikamaru.

Neji non ricordava i dettagli di quella sera, ma rammentava le parti importanti, quelle che servivano a capire quando Ino, facendo finta di niente –che è il modo che le riusciva meglio – aveva cominciato a staccarsi da Nara, in punta di piedi.

Era una sera in cui pioveva forte, proprio come quella mattina. A volte, il caso..

Neji si stava preparando per uscire e svagarsi dopo una settimana di esami e studio; Kiba era già uscito da un pezzo, pronto alla conquista del gentil sesso, e il loro piccolo appartamento universitario era deserto e silenzioso, regnava una pace invidiabile quando quel terremoto dell’Inuzuka non era presente.

Shikamaru era entrato di fretta, tutto bagnato nonostante indossasse l’impermeabile verde, gocciolando sul pavimento ad ogni passo. Aveva lo sguardo rivolto verso terra e l’aria abbattuta, ma Neji non se ne preoccupò, continuando a sistemarsi il colletto della camicia davanti allo specchio del salottino. Nara si tolse l’indumento bagnato e si diresse nel bagno per prendere un asciugamano pulito, da strofinare sui capelli bagnati; si era seduto su una poltrona sbuffando e aprendosi una lattina di birra. Tutto normale, pensò Neji, a parte per la birra.

Shikamaru non beveva per hobby, preferiva l’acqua e l’alcool se lo lasciava per feste e occasioni importanti, quindi il giovane Hyuuga trovò inusuale quel gesto, ma aveva un appunto e doveva uscire, non aveva certo tempo per pensare a quel piccolo dettaglio.

 

Dopo una serata conclusa bene, dopo aver riaccompagnato Tenten nella sua stanza e averle lasciato una promessa sulle labbra, Neji aveva varcato la soglia dell’appartamento alle tre di notte e accendendo la luce, si era chiesto se quel bicchierino di rum al locale gli avesse dato il colpo di grazia.

Shikamaru era nella stessa identica posizione in cui l’aveva lasciato, l’unica variante era il numero di lattine di birra vuote e riverse sul pavimento. Dopo essersi accertato che Kiba non era in rientrato e probabilmente non lo avrebbe fatto fino all’alba quando la ragazza di turno lo avrebbe scacciato, il giovane Hyuuga aveva avvicinato la seconda poltrona del salotto davanti a Nara, invitandolo con un muto gesto a confidarsi, se voleva.

Il ragazzo col codino chiuse gli occhi arrossati e per qualche secondo riordinò le idee, cercando le parole giuste con cui affrontare l’argomento; voleva parlarne, doveva sentire un parere e guarda caso Neji faceva per lui, era abbastanza discreto da non spifferare niente a nessuno ed era abbastanza sveglio e indisponente da non essere di parte.

Raccolse una grossa boccata d’aria e decise a togliersi ogni dubbio che lo assillava.

«Tu sei innamorato, Neji?» la domanda colse di sorpresa il ragazzo, che non poté fare a meno di spalancare gli occhi.

«E di chi?»

«Con quante ragazze stai uscendo, di grazia?» fu la retorica domanda del Nara. Probabilmente l’ora assurda non aiutava a rispondere seriamente alle sue domande.

«Ah, scusa.. » disse Neji mettendosi comodo, perché ormai aveva capito che non avrebbe rivisto il suo letto prima di un’ora.

«Bhe, non credo.. o meglio, non lo so ancora.»

«Ma lei ti piace?»

«Sì. Molto.» dichiarò. Shikamaru sbuffò: se Hyuuga era una persona fidata e riservata, dalla’altra parte era una vera impresa parlare con lui con frasi lunghe e sensate.

«E come hai fatto a capirlo?»

«Quante birre hai bevuto, Nara?» adesso nello sguardo del ragazzo c’era solo scetticismo.

«Non è una domanda stupida, ti ho solo chiesto come hai fatto a capire se Tenten ti piace. Okay, è carina, ma poi?»

«Ma poi niente. È carina, spigliata, divertente e io mi trovo bene con lei. Non ci sono delle motivazioni, è così e basta.»

«Non mi sei di aiuto..»

«E tu non sei chiaro. Qual è il tuo problema?» Neji vedeva la difficoltà del compagno ad aprirsi, a rivelare troppo del suo problema; poteva giurare di aver visto le rotelline del suo cervello girare come pazze, quasi fino a staccarsi dall’intero ingranaggio.

«Ho combinato un casino, cazzo..» lo sentì mormorare poco dopo, mentre si prendeva la testa tra le mani, disperato, «.. lo sapevo che la cosa non poteva andare, era evidente..» continuava a ciarlare, a imprecare, a distruggersi.

«Nara..»

«Io credo, ma spero di sbagliarmi, di essermi innamorato.»

Neji lo osservò serio, pensando a quest’ultima dichiarazione che di per sé non era così tremenda: insomma, può capitare.

«Ho la sensazione che il pezzo tragico debba ancora venire..» disse Hyuuga piegando la testa di lato.

«Ino.»

Un solo nome aveva fatto luce su tutto e Neji non avrebbe potuto interpretare tutto quello come qualcosa di sì grave, ma forse anche peggio; perché è una regola non scritta, ma che tutti sanno nel loro profondo.

Mai, mai, innamorarsi della tua migliore amica.

Non avere migliori amici del sesso opposto, e se proprio non puoi farne a meno, cercateli che non siano belli e attraenti.

Dire che Nara si era scavato la fossa da solo, rispecchiava perfettamente tutto ciò.

 

Presa la consapevolezza di quanto era accaduto, Neji aveva potuto assistere all’incredibile forza di volontà di Shikamaru per non lasciar trapelare niente di quello che provava.

Poteva vedere il suo tentare di non guardarla troppo durante il pranzo in mensa, il suo continuare a mostrarsi insofferente nei suoi confronti, subirsi le sue confidenze senza poter battere ciglio, vedere il ragazzo di turno che se la sbatteva senza poter far altro che stringere i pugni e sopportare.

Continuava ad andare a letto con chi gli capitava sotto mano, solo per appagare il bisogno fisico e per illudersi –ah, dolce illusione- di fare l’amore con Ino.

E lei, che era pur sempre donna e capiva sempre qualcosa in più solo per un fattore genetico, si era resa conto che qualcosa non andava, che fra lei e Shikamaru si era eretta una barriera, una muraglia, una protezione da parte di lui. Era andata avanti settimane facendo finta di niente, sperando che un giorno quella tensione fra di loro, quell’essere in continuazione attenti a tutto quello che dicevano e facevano, sparisse d’un botto come era arrivata, riportandoli al loro delicato equilibrio di sempre.

Ma il tempo per essere ciechi era già finito al liceo e Ino voleva risposte.

Neji non sapeva come poi la ragazza era finita nel letto di Shikamaru, sicuramente non era andata come quei due pensavano la sera prima.

«Posso chiedere come.. o preferisci di no?» chiese Hyuuga chiudendo definitivamente il suo quaderno di appunti di algebra.

Shikamaru si passò una mano dietro la nuca e senza dire niente si infilò nel bagno, perché forse l’acqua della doccia avrebbe spazzato via la sensazione di stronzo che si sentiva addosso.

Perché amare non è mai bello, il più delle volte chi ama soffre e non c’è sollievo dopo, non c’è beatitudine per chi si è fatto del male, non c’è mai pace. E non impari mai dalla prima volta che ti innamori, perché non è come la varicella, che presa una volta non torna più. Tutte le volti soffri, cadi e ti fai male, ti rialzi e ti arrampichi sulla scala dell’Amore ancora più in alto, così che quando cadi di nuovo, il male è sempre maggiore, e non ti uccide, no, ti farà male per sempre, una punizione divina ed eterna.

E l’acqua scorreva sul suo corpo, tiepida, e lui cercava di lavarsi il profumo della pelle di Ino che gli era rimasto addosso nella notte, voleva cancellare la sensazione delle sue labbra dal viso, voleva semplicemente rimuovere ogni cosa di quella notte; perché per lui era stata magnifica, per quelle ore in cui avevano fatto l’amore, si era quasi illuso che forse c’era una possibilità si scampare al dolore, che forse il suo amarla non era del tutto sbagliato.

Ma quando la mattina aveva aperto gli occhi e l’aveva vista adagiata sul suo materasso, aveva capito che in fondo quella scena non stonava, anzi, Ino sembrava esser disegnata sui quel materasso, tanto quell’immagine di lei era azzeccata e perfetta in quel momento. Ma fu solo un pensiero sfuggente, l’ennesima prova che avevano fatto qualcosa di assolutamente sbagliato, errato, un qualcosa da non ripetere.

L’equilibrio si era rotto.

E sotto l’acqua della doccia, Shikamaru pensò che doveva cominciare ad abituarsi alla sua assenza, di non avere più una testolina bionda che gli saltellava attorno, che si vestiva sempre troppo leggera per la stagione, che aveva bisogno di dimostrare al mondo quanto oca potesse essere, perché in quel modo era più facile.

E fu quasi grato che Ino fosse così: perché se avesse mostrato alla gente la sua vera personalità, il suo essere fragile e il suo essere combattiva assieme, forse avrebbe avuto molti più pretendenti e lui più seccature per la testa.

 

Ino Yamanaka non era attenta quel giorno.

Aveva saltato l’ora di storia alla prima ora, sbagliato il test di metà trimestre di matematica, e adesso era stata invitata dal professore a uscire dall’aula di scienze.

Con le lacrime agli occhi, cercando si trattenersi almeno finché non avesse raggiunto il bagno delle ragazze, prese di fretta le sue cose e scusandosi nuovamente col suo docente si allontanò dagli occhi indiscreti dei suoi compagni di corso che la osservavano con curiosità.

Voci maligne già si inventavano storie da telenovela dove lei poteva essere rimasta incinta e non sapeva chi fosse il padre, oppure era finita ubriaca nel letto di qualche sfigato, o di un uomo sposato.

Tutte cose che lei aveva imparato a ignorare e che adesso non le importavano.

Non riuscì ad arrivare al bagno, ma si buttò con la schiena contro gli armadietti di metallo e lentamente si fece scivolare a terra, chiedendosi del perché stesse piangendo, del perché non facesse altro che ripensare a Shikamaru, alle sue mani sul suo corpo, al modo con cui l’aveva guardata tutta la notte, a come suonasse bene il nome “Ino” se pronunciato con un sospiro nel suo orecchio, a come era bello fare l’amore con qualcuno anziché solo sesso.

E non riusciva a capacitarsi di tutte quelle emozioni e pensieri che le stavano affollando la testa, perché fino all’ultimo, da quando era entrata nella sua stanza per chiarire, aveva sperato che lui non si fosse innamorato davvero, che lei come al solito aveva volato con la fantasia.

Ci aveva sperato davvero.

Ma lui, davanti alle sue accuse, non aveva potuto più negare e aveva deciso di togliersi la maschera una volta per tutte; l’aveva guardata negli occhi, seduto sul letto, e le aveva detto quello che non si dovrebbe mai dire a un’amica.

Forse è meglio se per un po’ non ci vediamo, sul serio Ino.

E lei come una piccola ingenua aveva fatto ancora finta di non capire, perché non era pronta a togliersi dal viso quel velo di apparenza che si ostinava a portare.

Perché? Ti ho forse fatto qualcosa? Ho sbagliato? Sono venuta qua per parlarne e per rimediare.

Lui si era alzato lentamente, incatenando i suoi occhi scuri a quelli di lei chiari, belli e non più innocenti.

Io mi sono innamorati di te. Lo capisci o no? Non fare la finta tonta, non adesso.

E si era ritrovata con le spalle al muro, incapace di pensare e di dire qualcosa di sensato.

Perché Shikamaru doveva rovinare tutto? Ci avevano messo un sacco di tempo a ritrovarsi, a essere amici come un tempo. Lei ci aveva creduto fino in fondo in quell’amicizia rinnovata.

Non mi aspetto che tu ricambi e non lo pretendo. Vorrei solo che tu mi stessi lontana per un po’.

Lui aveva smesso di guardarla negli occhi, si era voltato e aveva spostato la sua attenzione fuori dalla finestra, mentre dei nuvoloni carichi di pioggia avanzavano.

Da quanto sai questo? Perché non me ne hai parlato?

Era arrabbiata, nonostante non ne avesse nessun motivo. Si sentiva tradita. O forse era altro.

Perché mai? Per vederti urlarmi contro che sono un povero sciocco, che stavo rovinando tutto, che forse era solo una scusa per scoparti? Credimi Ino, se tu stasera non fossi venuta qui, io mi sarei portato i miei sentimenti nella tomba.

Adesso anche il suo sguardo color nocciola era furioso, perché non le avrebbe permesso di giocare con la sua pazienza e con quel poco di amor proprio che gli era rimasto.

Ino gli era andata incontro e gli aveva puntato un dito minacciosa, perché anche lei ci stava male, perché a nessuno piace perdere un amico.

Non ti avrei urlato un bel niente! Io ti voglio bene, dannazione! Come puoi credere che ti avrei voltato le spalle, come puoi?

Shikamaru aveva fatto un passo nella sua direzione e la vicinanza evidenziava maggiormente quanto lui fosse alto in confronto a lei.

Proprio per il fatto che mi vuoi “solo bene”! Che credi, che solo tu sei quella che perderà qualcosa, che perderà una persona? Io ci perdo molto di più!

Ino per la prima volta, aveva seriamente desiderato di prenderlo a calci nel fondoschiena. Lo aveva preso per il bavero della maglia minacciosa e lo aveva avvicinato al suo volto.

Non fare la vittima, Nara! Con me certi giochetti non funzionano! Io non ho intenzione di perderti come persona, è chiaro? Non voglio, non pensare minimamente di mettermi in un angolo, non lo accetto!

Lui a quel punto era scoppiato e con violenza l’aveva messa al muro, così da farle vedere anche fisicamente chi era superiore, chi aveva ragione e chi comandava in quella camera.

Sei egoista, Ino, sai quanto costa per me starti vicino e non poterti toccare? Sai quanto mi costa trattenermi tutte le volte che mi sei vicina dal sentire il profumo dei tuoi capelli? Riesci minimamente a immaginarlo? Io non posso starti accanto con i pensieri che ho su di te, non ho abbastanza autocontrollo. Quindi non costringermi a fare cose di cui potrei pentirmi.. e adesso esci, non abbiamo altro da dirci al riguardo.

Shikamaru si era allontanato, lasciando che lei se ne andasse da quella camera. Ma Ino non si era mossa, ancora indignata e lo guardava torva, ancora con la voglia di prenderlo a botte.

Dimostramelo, allora. Perché tu hai autocontrollo, solo che sei troppo pigro per usarlo.

Nara fremeva, perché Ino non capiva assolutamente che stava rischiando. Perché doveva essere così cocciuta?

Non provocarmi, non ti conviene. Sul serio.

Lei questa volta non aveva risposto, ma si era portata le mani ai fianchi in segno di sfida.

E Shikamaru non aveva più pensato, aveva sconnesso tutto e l’aveva accontentata, come faceva sempre, anche in quella situazione. L’aveva baciata con foga, prendendole il viso fra le mani, intrappolandola fra il suo corpo e la parete, sentendola spaesata e scioccata, le sue mani più piccole e fredde che si posavano sulle sue grosse e tiepide.

Si era staccato poco dopo, prendendo aria e pronto a ricevere un cazzotto nel naso, ne era sicuro.

Ma Ino era come paralizzata, respirava con fatica e guardava il basso, come se nel suo cervello ci fosse qualcosa di sconvolgente che non la lasciava parlare, capire cosa le fosse appena capitato.

Poi senza sapere perché, per quale assurda ragione, lo aveva ribaciato e aveva lasciato che nel corso della loro lotta fatta di baci e di sospiri, lui le togliesse i vestiti e l’adagiasse sul letto.

 

Ino, in terra nel bel mezzo del corridoio B dell’ala est dell’università, si rese conto di qualcosa che prima le era sfuggito, troppo presa a dare la colpa a Shikamaru.

Era una cosa così semplice e naturale che per un attimo ne rimase sorpresa e quasi affascinata, perché era vero che aveva un cervello, ma l’idiozia spesso e volentieri prendeva il sopravvento su tutto il resto.

Raccolse la sua cartelletta da terra e di corsa raggiunse il suo armadietto, sbattendoci dentro tutto senza troppi riguardi. Si fiondò fuori l’università sotto la pioggia, correndo fra il fango e le pozzanghere del prato, raggiungendo i dormitori; vide Sakura uscire dalla loro stanza e chiederle dove stesse andando sporca e bagnata, ma Ino non le rispose, salendo le scale fino al quinto piano, senza mai fermarsi.

Bussò alla porta che portava il numero 295 e attese che Shikamaru l’aprisse e se non l’avesse fatto avrebbe sfondato la porta a pedate, perché sapeva che il ragazzo aveva un’ora buca e sapeva che preferiva passare il suo tempo a oziare nella sua stanza, sdraiato sul letto con lo sguardo al cielo se il tempo era bello, leggendo un libro altrimenti.

Nara non si fece attendere e con una lentezza che apparteneva caratteristicamente a lui, aprì la porta.

«Non dovresti esseri qui.» le disse.

«E sei bagnata.» fece poi.

Ma Ino non lo ascoltava, perché era già entrata nell’appartamento senza tante cerimonie aveva sbattuto la porta d’ingresso.

 

Shikamaru aprì gli occhi e la prima cosa che vide furono i suoi azzurri che lo fissavano, curiosi e timorosi insieme.

Se ne stava sopra di lui, completamente sdraiata, e sentiva i suoi seni che gli premevano il petto, le loro gambe intrecciate, i loro respiri sincronizzati.

«Adesso non fai finta di dormire..» le sussurrò piano, prendendo una ciocca dei suoi capelli tra le dita. Ino sorrise, facendo leva sulle braccia e sollevandosi da lui, che adesso la osservava rapito, estasiato da quanto bella fosse, forse di più.

La ragazza portò il viso sopra quello di Shikamaru e lo baciò, perché in quel momento era la cosa giusta da fare, perché questa volta non era stato un errore, questa volta era stato tutto perfetto, voluto, goduto fino in fondo, e il risveglio era stato decisamente migliore.

Nara sorrise e le passò le mani sulla schiena, sentendo la pelle fresca e liscia, morbida e perfetta. La sentì dondolare su di sé, mentre i suoi respiri tornavano affaticati e i baci roventi di una passione che non si era ancora dissolta, che ancora bruciava nelle loro vene.

Avevano perso così tanto tempo a essere amici, a trovare un loro equilibrio come confidenti, che forse l’unica cosa giusta che avrebbero potuto fare era chiedersi se loro due, Shikamaru e Ino, erano davvero fatti per essere solo amici.

E secondo Shikamaru, avevano perso fin troppo tempo.

L’afferrò per le natiche e con un gesto secco invertì le posizioni, portandola sotto il suo corpo.

Lei sorrise, ancora e ancora.

E pensò che sicuramente un sorriso valeva molto più di mille lacrime.

E che l’arcobaleno appena spuntato, era senza dubbio il sorriso del cielo.

 

 

 

 

 

 

                    "Oh invadimi con la tua bocca bruciante,
indagami, se vuoi, coi tuoi occhi notturni,
ma lasciami nel tuo nome navigare e dormire."
PABLO NERUDA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Naruto © Masashi Kishimoto

Tears and Rainbow © Coco Lee

 

   
 
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