Note: ShikaIno nata senza motivo, ho
iniziato a scrivere e non ho più smesso. Leggermente Lime sul finale. C’è
qualche parolaccia, anche. Au, ovviamente, perché è periodo che mi è presa con
‘sta fissa.
A me piace, ma tanto, perché l’ho
sentita nel cuore dalla prima parole fino all’ultimo
punto.
A voi il severo
giudizio.
Tears and
Rainbow
A
Silvia,
non era la fic che
volevi,
che mi avevi
chiesto,
perché quella l’ho immaginata in
un modo
tutto mio, e non la continuo
finché non trovo
l’ispirazione
perfetta.
Quindi spero che nell’attesa
questa
ti possa far
sorridere,
perché l’ho scritta d’un
fiato,
perché me la sentivo nelle
vene.
Perdonandomi del terribile
ritardo.
Si sentiva come un groppo in gola,
un peso enorme che le inondava il petto, le schiacciava i polmoni, le impediva
qualsiasi movimento, perché aveva paura che qualcosa dentro di lei si potesse
spezzare, spaccare irrimediabilmente.
Il suo cuore batteva furioso e
rimbombava dentro al suo corpo, come un martello troppo insistente; cercava di
mantenere il suo respiro calmo, non lasciando trapelare alcun segno del fatto
che fosse sveglia da più di mezz’ora ormai. Vedeva a stento, oltre le tende
della finestra, che un temporale infuriava all’esterno dell’edificio sbattendo
contro i vetri; percepiva quella pioggia fredda anche sulla sua pelle in qualche
modo, e un brivido le percorse tutta la spina dorsale, facendola stringere
ancora di più fra le spalle nude.
Dietro a lei, sentì le lenzuola
bianche muoversi, strusciare contro qualcosa.
Shikamaru si era svegliato, e lei
non sapeva minimamente cosa fare, come comportarsi, se parlarne, se tacere, se
prendere i suoi vestiti a terra o semplicemente far finta di dormire ancora un
po’, aspettare che lui scendesse a lezione e poi sgattaiolare via come una
ladra.
Ma forse si era scordata che il
ragazzo con cui aveva appena passato la notte aveva un’intelligenza fuori dal
comune e una vista precisa, che gli consentiva di individuare anche i più
piccoli dettagli di una persona. Perché Shikamaru sapeva perfettamente che lei
era sveglia da molto, lo poteva dedurre dalla sua postura rigida su un fianco,
oppure dai suoi capelli sistemati con cura su una spalla, o ancora il suo
respirare quasi impercettibile; e nonostante sapesse questo, decise di non
chiamarla, di non toccarla.
Si limitò a osservare il soffitto
color panna della sua stanza, chiedendosi che ore fossero, quanto tempo avesse
dormito, se fosse il caso di andare a lezione quel giorno. Domande stupide che
non avevano bisogno di una risposta immediata, ma a cui lui pensava per deviare
la sua mente su qualcosa che non fosse la ragazza, Ino, che riposava accanto a
lui.
Dei rumori strascicati giunsero
alle orecchie di entrambi i ragazzi, e Shikamaru poté capire che Neji si era
alzato e stava cominciando a ripassare per le materie di quella giornata;
prendendo la palla al balzo, si alzò dal letto mettendosi un paio di pantaloni
trovati per caso sul pavimento, e facendo piano uscì dalla sua
camera.
Ino sentendo il piccolo rumore
della porta che si richiudeva, trasse un sospiro di sollievo e si girò supina
nel letto, sentendo le lacrime affiorarle negli occhi, scacciandole malamente
con i polsi delle mani. Si lasciò andare a un pianto silenzioso, cercando ti
attenuare i singhiozzi col cuscino, mentre il suo corpo sussultava, le gambe si
piegavano e lei voleva solamente poter tornare indietro e cancellare quella
notte, che aveva la dannazione di essere stata magnifica.
Senza pensarci troppo – non doveva
farlo assolutamente – si alzò dal letto, cercando nell’oscurità della stanza i
suoi abiti, infilandoseli senza cura. Non poteva restare ancora, perché alla
luce dell’alba le cose hanno tutto un altro aspetto, tutto un altro sapore e non
c’è tempo per piangersi addosso, per fingere che le cose vadano bene, quando
evidentemente non è così.
Trovò la sua tracolla e con
sguardo basso uscì dalla camera di Shikamaru, attraversò il piccolo salottino
dove Neji stava ripassando e se ne andò, non dicendo niente, non salutando, non
accorgendosi nemmeno che Nara era rimasto accanto alla porta della sua stanza,
sentendola piangere e non sapendo che fare, perché di entrare dentro e
consolarla non se ne parlava nemmeno. Gli avrebbe urlato contro, o peggio
schiaffeggiato.
Neji sollevò la testa dai suoi
appunti di algebra, e posò il mento su una mano, osservando il compagno di
stanza che a petto nudo era rimasto inchiodato al suo posto. Non era da lui
farsi gli affari degli altri, non gli era mai interessato e lo trovava alquanto
poco cortese; vivendo con altri due ragazzi all’università, aveva stabilito
delle regole chiare sulla convivenza, su ragazze che entravano e uscivano, su
festini clandestini e tutto quello che avrebbe potuto urtare i suoi
nervi.
Conosceva abbastanza bene le
abitudini di Shikamaru, per sapere che se decideva di portarsi a letto una
donna, andava sempre altrove a consumare, più per privacy che per un favore nei
confronti suoi e di Kiba; e proprio perché conosceva bene Nara, che sapeva che
non era una cosa usuale vedere Ino uscire dalla sua stanza, in lacrime e con i
vestiti dismessi. Ormai, arrivato al suo ultimo anno, Neji Hyuuga sapeva tutto
di tutti – volente o nolente – e non aveva mai visto Shikamaru e Ino andare
oltre a un abbraccio, per dimostrarsi affetto. Nemmeno un bacio sulla guancia
quando si salutavano.
Il loro era un equilibrio delicato
che era stato costruito sulla base di anni di conoscenza. Lei era sempre stata
la ragazza al centro delle attenzioni, delle invidie, delle gelosie e tutte le
volte ne era uscita a testa alta, più forte di prima e con la popolarità alle
stelle; lui era il genio, quello che all’apparenza non vale niente, ma che
affascina a suo tempo, per i suoi modi di fare disinvolti, non studiati,
strascicati e insofferenti. Shikamaru sapeva come piacere alle ragazze, per
quanto non le sopportasse, e una volta conosciuto meglio si poteva anche
considerare un vero e proprio bastardo.
Ma questa era una cosa che veniva
in secondo piano.
Per questo la sua amicizia con Ino
non era mai stata idilliaca, soggetta a critiche, a litigi, ad accuse, a scenate
di qualsiasi genere; era il prezzo da pagare quando si crede di conoscere
qualcuno da una vita, ma in realtà si sa veramente poco l’uno
dell’altro.
Come Shikamaru che non sapeva
forse che Ino, oltre a tutta la sua bellezza e apparenza, aveva anche un
cervello per niente male, che le aveva permesso di entrare in quella università
senza problemi, mentre lei non si era mai accorta che le sue amiche liceali, a
loro tempo, almeno una volta nella loro vita avevano sognato di passare una
notte con Nara.
Piccole cose, piccole scoperte che
li avevano spiazzati, e avevano visto entrambi fare un passo indietro verso
quello che credevano scontato.
Così erano entrati all’università,
consapevoli di essere amici e di non esserlo davvero, fino in fondo, e che una
vita passata assieme non basta a conoscersi. A volte nemmeno loro potevano dire
di sapere realmente chi fossero.
Avevano deciso di iniziare di
nuovo da capo, mettere un punto alle loro vite fatte di incomprensioni e cecità
rimaste al liceo, e iniziare pezzo per pezzo a ritrovarsi come amici, come
confidenti, come persone ormai adulte che si aiutano quando c’è bisogno, a
ritrovare loro stessi. Ma quell’equilibrio delicato esisteva, perché niente è
perfetto, e nemmeno la loro lunga amicizia; bastava che qualcuno sgarrasse,
facesse un passo falso per mandare tutto all’aria, che perdesse il senso delle
cose e facesse qualche stupidaggine.
A fare la cazzata, ci aveva
pensato Shikamaru.
Neji non ricordava i dettagli di
quella sera, ma rammentava le parti importanti, quelle che servivano a capire
quando Ino, facendo finta di niente –che è il modo che le riusciva meglio –
aveva cominciato a staccarsi da Nara, in punta di piedi.
Era una sera in cui pioveva forte,
proprio come quella mattina. A volte, il caso..
Neji si stava preparando per
uscire e svagarsi dopo una settimana di esami e studio; Kiba era già uscito da
un pezzo, pronto alla conquista del gentil sesso, e il loro piccolo appartamento
universitario era deserto e silenzioso, regnava una pace invidiabile quando quel
terremoto dell’Inuzuka non era presente.
Shikamaru era entrato di fretta,
tutto bagnato nonostante indossasse l’impermeabile verde, gocciolando sul
pavimento ad ogni passo. Aveva lo sguardo rivolto verso terra e l’aria
abbattuta, ma Neji non se ne preoccupò, continuando a sistemarsi il colletto
della camicia davanti allo specchio del salottino. Nara si tolse l’indumento
bagnato e si diresse nel bagno per prendere un asciugamano pulito, da strofinare
sui capelli bagnati; si era seduto su una poltrona sbuffando e aprendosi una
lattina di birra. Tutto normale, pensò Neji, a parte per la
birra.
Shikamaru non beveva per hobby,
preferiva l’acqua e l’alcool se lo lasciava per feste e occasioni importanti,
quindi il giovane Hyuuga trovò inusuale quel gesto, ma aveva un appunto e doveva
uscire, non aveva certo tempo per pensare a quel piccolo
dettaglio.
Dopo una serata conclusa bene,
dopo aver riaccompagnato Tenten nella sua stanza e averle lasciato una promessa
sulle labbra, Neji aveva varcato la soglia dell’appartamento alle tre di notte e
accendendo la luce, si era chiesto se quel bicchierino di rum al locale gli
avesse dato il colpo di grazia.
Shikamaru era nella stessa
identica posizione in cui l’aveva lasciato, l’unica variante era il numero di
lattine di birra vuote e riverse sul pavimento. Dopo essersi accertato che Kiba
non era in rientrato e probabilmente non lo avrebbe fatto fino all’alba quando
la ragazza di turno lo avrebbe scacciato, il giovane Hyuuga aveva avvicinato la
seconda poltrona del salotto davanti a Nara, invitandolo con un muto gesto a
confidarsi, se voleva.
Il ragazzo col codino chiuse gli
occhi arrossati e per qualche secondo riordinò le idee, cercando le parole
giuste con cui affrontare l’argomento; voleva parlarne, doveva sentire un parere
e guarda caso Neji faceva per lui, era abbastanza discreto da non spifferare
niente a nessuno ed era abbastanza sveglio e indisponente da non essere di
parte.
Raccolse una grossa boccata d’aria
e decise a togliersi ogni dubbio che lo assillava.
«Tu sei innamorato, Neji?» la
domanda colse di sorpresa il ragazzo, che non poté fare a meno di spalancare gli
occhi.
«E di chi?»
«Con quante ragazze stai uscendo,
di grazia?» fu la retorica domanda del Nara. Probabilmente l’ora assurda non
aiutava a rispondere seriamente alle sue domande.
«Ah, scusa.. » disse Neji
mettendosi comodo, perché ormai aveva capito che non avrebbe rivisto il suo
letto prima di un’ora.
«Bhe, non credo.. o meglio, non lo
so ancora.»
«Ma lei ti
piace?»
«Sì. Molto.» dichiarò. Shikamaru
sbuffò: se Hyuuga era una persona fidata e riservata, dalla’altra parte era una
vera impresa parlare con lui con frasi lunghe e sensate.
«E come hai fatto a
capirlo?»
«Quante birre hai bevuto, Nara?»
adesso nello sguardo del ragazzo c’era solo scetticismo.
«Non è una domanda stupida, ti ho
solo chiesto come hai fatto a capire se Tenten ti piace. Okay, è carina, ma
poi?»
«Ma poi niente. È carina,
spigliata, divertente e io mi trovo bene con lei. Non ci sono delle motivazioni,
è così e basta.»
«Non mi sei di
aiuto..»
«E tu non sei chiaro. Qual è il
tuo problema?» Neji vedeva la difficoltà del compagno ad aprirsi, a rivelare
troppo del suo problema; poteva giurare di aver visto le rotelline del suo
cervello girare come pazze, quasi fino a staccarsi dall’intero
ingranaggio.
«Ho combinato un casino, cazzo..»
lo sentì mormorare poco dopo, mentre si prendeva la testa tra le mani,
disperato, «.. lo sapevo che la cosa non poteva andare, era evidente..»
continuava a ciarlare, a imprecare, a distruggersi.
«Nara..»
«Io credo, ma spero di sbagliarmi, di essermi
innamorato.»
Neji lo osservò serio, pensando a
quest’ultima dichiarazione che di per sé non era così tremenda: insomma, può
capitare.
«Ho la sensazione che il pezzo
tragico debba ancora venire..» disse Hyuuga piegando la testa di
lato.
«Ino.»
Un solo nome aveva fatto luce su
tutto e Neji non avrebbe potuto interpretare tutto quello come qualcosa di sì
grave, ma forse anche peggio; perché è una regola non scritta, ma che tutti
sanno nel loro profondo.
Mai, mai, innamorarsi della
tua migliore amica.
Non avere migliori amici del sesso
opposto, e se proprio non puoi farne a meno, cercateli che non siano belli e
attraenti.
Dire che Nara si era scavato la
fossa da solo, rispecchiava perfettamente tutto ciò.
Presa la consapevolezza di quanto
era accaduto, Neji aveva potuto assistere all’incredibile forza di volontà di
Shikamaru per non lasciar trapelare niente di quello che provava.
Poteva vedere il suo tentare di
non guardarla troppo durante il pranzo in mensa, il suo continuare a mostrarsi
insofferente nei suoi confronti, subirsi le sue confidenze senza poter battere
ciglio, vedere il ragazzo di turno che se la sbatteva senza poter far altro che
stringere i pugni e sopportare.
Continuava ad andare a letto con
chi gli capitava sotto mano, solo per appagare il bisogno fisico e per illudersi
–ah, dolce illusione- di fare l’amore con Ino.
E lei, che era pur sempre donna e
capiva sempre qualcosa in più solo per un fattore genetico, si era resa conto
che qualcosa non andava, che fra lei e Shikamaru si era eretta una barriera, una
muraglia, una protezione da parte di lui. Era andata avanti settimane facendo
finta di niente, sperando che un giorno quella tensione fra di loro,
quell’essere in continuazione attenti a tutto quello che dicevano e facevano,
sparisse d’un botto come era arrivata, riportandoli al loro delicato equilibrio
di sempre.
Ma il tempo per essere ciechi era
già finito al liceo e Ino voleva risposte.
Neji non sapeva come poi la
ragazza era finita nel letto di Shikamaru, sicuramente non era andata come quei
due pensavano la sera prima.
«Posso chiedere come.. o
preferisci di no?» chiese Hyuuga chiudendo definitivamente il suo quaderno di
appunti di algebra.
Shikamaru si passò una mano dietro
la nuca e senza dire niente si infilò nel bagno, perché forse l’acqua della
doccia avrebbe spazzato via la sensazione di stronzo che si sentiva
addosso.
Perché amare non è mai bello, il
più delle volte chi ama soffre e non c’è sollievo dopo, non c’è beatitudine per
chi si è fatto del male, non c’è mai pace. E non impari mai dalla prima volta
che ti innamori, perché non è come la varicella, che presa una volta non torna
più. Tutte le volti soffri, cadi e ti fai male, ti rialzi e ti arrampichi sulla
scala dell’Amore ancora più in alto, così che quando cadi di nuovo, il male è
sempre maggiore, e non ti uccide, no, ti farà male per sempre, una punizione
divina ed eterna.
E l’acqua scorreva sul suo corpo,
tiepida, e lui cercava di lavarsi il profumo della pelle di Ino che gli era
rimasto addosso nella notte, voleva cancellare la sensazione delle sue labbra
dal viso, voleva semplicemente rimuovere ogni cosa di quella notte; perché per
lui era stata magnifica, per quelle ore in cui avevano fatto l’amore, si era
quasi illuso che forse c’era una possibilità si scampare al dolore, che forse il
suo amarla non era del tutto sbagliato.
Ma quando la mattina aveva aperto
gli occhi e l’aveva vista adagiata sul suo materasso, aveva capito che in fondo
quella scena non stonava, anzi, Ino sembrava esser disegnata sui quel materasso,
tanto quell’immagine di lei era azzeccata e perfetta in quel momento. Ma fu solo
un pensiero sfuggente, l’ennesima prova che avevano fatto qualcosa di
assolutamente sbagliato, errato, un qualcosa da non
ripetere.
L’equilibrio si era
rotto.
E sotto l’acqua della doccia,
Shikamaru pensò che doveva cominciare ad abituarsi alla sua assenza, di non
avere più una testolina bionda che gli saltellava attorno, che si vestiva sempre
troppo leggera per la stagione, che aveva bisogno di dimostrare al mondo quanto
oca potesse essere, perché in quel modo era più facile.
E fu quasi grato che Ino fosse
così: perché se avesse mostrato alla gente la sua vera personalità, il suo
essere fragile e il suo essere combattiva assieme, forse avrebbe avuto molti più
pretendenti e lui più seccature per la testa.
Ino Yamanaka non era attenta quel
giorno.
Aveva saltato l’ora di storia alla
prima ora, sbagliato il test di metà trimestre di matematica, e adesso era stata
invitata dal professore a uscire dall’aula di scienze.
Con le lacrime agli occhi,
cercando si trattenersi almeno finché non avesse raggiunto il bagno delle
ragazze, prese di fretta le sue cose e scusandosi nuovamente col suo docente si
allontanò dagli occhi indiscreti dei suoi compagni di corso che la osservavano
con curiosità.
Voci maligne già si inventavano
storie da telenovela dove lei poteva essere rimasta incinta e non sapeva chi
fosse il padre, oppure era finita ubriaca nel letto di qualche sfigato, o di un
uomo sposato.
Tutte cose che lei aveva imparato
a ignorare e che adesso non le importavano.
Non riuscì ad arrivare al bagno,
ma si buttò con la schiena contro gli armadietti di metallo e lentamente si fece
scivolare a terra, chiedendosi del perché stesse piangendo, del perché non
facesse altro che ripensare a Shikamaru, alle sue mani sul suo corpo, al modo
con cui l’aveva guardata tutta la notte, a come suonasse bene il nome “Ino” se
pronunciato con un sospiro nel suo orecchio, a come era bello fare l’amore con
qualcuno anziché solo sesso.
E non riusciva a capacitarsi di
tutte quelle emozioni e pensieri che le stavano affollando la testa, perché fino
all’ultimo, da quando era entrata nella sua stanza per chiarire, aveva sperato
che lui non si fosse innamorato davvero, che lei come al solito aveva volato con
la fantasia.
Ci aveva sperato
davvero.
Ma lui, davanti alle sue accuse,
non aveva potuto più negare e aveva deciso di togliersi la maschera una volta
per tutte; l’aveva guardata negli occhi, seduto sul letto, e le aveva detto
quello che non si dovrebbe mai dire a un’amica.
Forse è meglio se per un po’ non
ci vediamo, sul serio Ino.
E lei come una piccola ingenua
aveva fatto ancora finta di non capire, perché non era pronta a togliersi dal
viso quel velo di apparenza che si ostinava a portare.
Perché? Ti ho forse fatto
qualcosa? Ho sbagliato? Sono venuta qua per parlarne e per
rimediare.
Lui si era alzato lentamente,
incatenando i suoi occhi scuri a quelli di lei chiari, belli e non più
innocenti.
Io mi sono innamorati di te. Lo
capisci o no? Non fare la finta tonta, non adesso.
E si era ritrovata con le spalle
al muro, incapace di pensare e di dire qualcosa di
sensato.
Perché Shikamaru doveva rovinare
tutto? Ci avevano messo un sacco di tempo a ritrovarsi, a essere amici come un
tempo. Lei ci aveva creduto fino in fondo in quell’amicizia
rinnovata.
Non mi aspetto che tu ricambi e
non lo pretendo. Vorrei solo che tu mi stessi lontana per un
po’.
Lui aveva smesso di guardarla
negli occhi, si era voltato e aveva spostato la sua attenzione fuori dalla
finestra, mentre dei nuvoloni carichi di pioggia
avanzavano.
Da quanto sai questo? Perché non
me ne hai parlato?
Era arrabbiata, nonostante non ne
avesse nessun motivo. Si sentiva tradita. O forse era
altro.
Perché mai? Per vederti urlarmi
contro che sono un povero sciocco, che stavo rovinando tutto, che forse era solo
una scusa per scoparti? Credimi Ino, se tu stasera non fossi venuta qui, io mi
sarei portato i miei sentimenti nella tomba.
Adesso anche il suo sguardo color
nocciola era furioso, perché non le avrebbe permesso di giocare con la sua
pazienza e con quel poco di amor proprio che gli era
rimasto.
Ino gli era andata incontro e gli
aveva puntato un dito minacciosa, perché anche lei ci stava male, perché a
nessuno piace perdere un amico.
Non ti avrei urlato un bel niente!
Io ti voglio bene, dannazione! Come puoi credere che ti avrei voltato le spalle,
come puoi?
Shikamaru aveva fatto un passo
nella sua direzione e la vicinanza evidenziava maggiormente quanto lui fosse
alto in confronto a lei.
Proprio per il fatto che mi vuoi
“solo bene”! Che credi, che solo tu sei quella che perderà qualcosa, che perderà
una persona? Io ci perdo molto di più!
Ino per la prima volta, aveva
seriamente desiderato di prenderlo a calci nel fondoschiena. Lo aveva preso per
il bavero della maglia minacciosa e lo aveva avvicinato al suo
volto.
Non fare la vittima, Nara! Con me
certi giochetti non funzionano! Io non ho intenzione di perderti come persona, è
chiaro? Non voglio, non pensare minimamente di mettermi in un angolo, non lo
accetto!
Lui a quel punto era scoppiato e
con violenza l’aveva messa al muro, così da farle vedere anche fisicamente chi
era superiore, chi aveva ragione e chi comandava in quella
camera.
Sei egoista, Ino, sai quanto costa
per me starti vicino e non poterti toccare? Sai quanto mi costa trattenermi
tutte le volte che mi sei vicina dal sentire il profumo dei tuoi capelli? Riesci
minimamente a immaginarlo? Io non posso starti accanto con i pensieri che ho su
di te, non ho abbastanza autocontrollo. Quindi non costringermi a fare cose di
cui potrei pentirmi.. e adesso esci, non abbiamo altro da dirci al
riguardo.
Shikamaru si era allontanato,
lasciando che lei se ne andasse da quella camera. Ma Ino non si era mossa,
ancora indignata e lo guardava torva, ancora con la voglia di prenderlo a
botte.
Dimostramelo, allora. Perché tu
hai autocontrollo, solo che sei troppo pigro per
usarlo.
Nara fremeva, perché Ino non
capiva assolutamente che stava rischiando. Perché doveva essere così
cocciuta?
Non provocarmi, non ti conviene.
Sul serio.
Lei questa volta non aveva
risposto, ma si era portata le mani ai fianchi in segno di
sfida.
E Shikamaru non aveva più pensato,
aveva sconnesso tutto e l’aveva accontentata, come faceva sempre, anche in
quella situazione. L’aveva baciata con foga, prendendole il viso fra le mani,
intrappolandola fra il suo corpo e la parete, sentendola spaesata e scioccata,
le sue mani più piccole e fredde che si posavano sulle sue grosse e
tiepide.
Si era staccato poco dopo,
prendendo aria e pronto a ricevere un cazzotto nel naso, ne era
sicuro.
Ma Ino era come paralizzata,
respirava con fatica e guardava il basso, come se nel suo cervello ci fosse
qualcosa di sconvolgente che non la lasciava parlare, capire cosa le fosse
appena capitato.
Poi senza sapere perché, per quale
assurda ragione, lo aveva ribaciato e aveva lasciato che nel corso della loro
lotta fatta di baci e di sospiri, lui le togliesse i vestiti e l’adagiasse sul
letto.
Ino, in terra nel bel mezzo del
corridoio B dell’ala est dell’università, si rese conto di qualcosa che prima le
era sfuggito, troppo presa a dare la colpa a Shikamaru.
Era una cosa così semplice e
naturale che per un attimo ne rimase sorpresa e quasi affascinata, perché era
vero che aveva un cervello, ma l’idiozia spesso e volentieri prendeva il
sopravvento su tutto il resto.
Raccolse la sua cartelletta da
terra e di corsa raggiunse il suo armadietto, sbattendoci dentro tutto senza
troppi riguardi. Si fiondò fuori l’università sotto la pioggia, correndo fra il
fango e le pozzanghere del prato, raggiungendo i dormitori; vide Sakura uscire
dalla loro stanza e chiederle dove stesse andando sporca e bagnata, ma Ino non
le rispose, salendo le scale fino al quinto piano, senza mai
fermarsi.
Bussò alla porta che portava il
numero 295 e attese che Shikamaru l’aprisse e se non l’avesse fatto avrebbe
sfondato la porta a pedate, perché sapeva che il ragazzo aveva un’ora buca e
sapeva che preferiva passare il suo tempo a oziare nella sua stanza, sdraiato
sul letto con lo sguardo al cielo se il tempo era bello, leggendo un libro
altrimenti.
Nara non si fece attendere e con
una lentezza che apparteneva caratteristicamente a lui, aprì la
porta.
«Non dovresti esseri qui.» le
disse.
«E sei bagnata.» fece
poi.
Ma Ino non lo ascoltava, perché
era già entrata nell’appartamento senza tante cerimonie aveva sbattuto la porta
d’ingresso.
Shikamaru aprì gli occhi e la
prima cosa che vide furono i suoi azzurri che lo fissavano, curiosi e timorosi
insieme.
Se ne stava sopra di lui,
completamente sdraiata, e sentiva i suoi seni che gli premevano il petto, le
loro gambe intrecciate, i loro respiri sincronizzati.
«Adesso non fai finta di
dormire..» le sussurrò piano, prendendo una ciocca dei suoi capelli tra le dita.
Ino sorrise, facendo leva sulle braccia e sollevandosi da lui, che adesso la
osservava rapito, estasiato da quanto bella fosse, forse di
più.
La ragazza portò il viso sopra
quello di Shikamaru e lo baciò, perché in quel momento era la cosa giusta da
fare, perché questa volta non era stato un errore, questa volta era stato tutto
perfetto, voluto, goduto fino in fondo, e il risveglio era stato decisamente
migliore.
Nara sorrise e le passò le mani
sulla schiena, sentendo la pelle fresca e liscia, morbida e perfetta. La sentì
dondolare su di sé, mentre i suoi respiri tornavano affaticati e i baci roventi
di una passione che non si era ancora dissolta, che ancora bruciava nelle loro
vene.
Avevano perso così tanto tempo a
essere amici, a trovare un loro equilibrio come confidenti, che forse l’unica
cosa giusta che avrebbero potuto fare era chiedersi se loro due, Shikamaru e
Ino, erano davvero fatti per essere solo amici.
E secondo Shikamaru, avevano perso
fin troppo tempo.
L’afferrò per le natiche e con un
gesto secco invertì le posizioni, portandola sotto il suo
corpo.
Lei sorrise, ancora e
ancora.
E pensò che sicuramente un sorriso
valeva molto più di mille lacrime.
E che l’arcobaleno appena
spuntato, era senza dubbio il sorriso del cielo.
"Oh invadimi con la tua bocca bruciante,
indagami, se vuoi, coi tuoi
occhi notturni,
ma lasciami nel tuo nome navigare e dormire."
PABLO
NERUDA
Naruto © Masashi
Kishimoto
Tears and
Rainbow © Coco Lee