Serie TV > Once Upon a Time
Segui la storia  |       
Autore: eugeal    10/11/2015    0 recensioni
Regina aveva creduto di aver trovato il suo lieto fine con Robin Hood, ma lo ha visto dissolversi quando Emma ha salvato Marian, riunendola al marito.
Guy di Gisborne è tormentato dai sensi di colpa dopo aver ucciso Marian, l'unico amore della sua vita.
Cosa avranno in comune questi cuori oscuri?
Genere: Angst, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lady Marian, Regina Mills, Robin Hood, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
- Mamma, cosa ha? È malato?
Henry prese un biscotto al cioccolato e lo addentò distrattamente.
Regina lanciò uno sguardo verso le scale che portavano al piano superiore e scosse la testa.
- È sconvolto. Ha visto una persona che credeva essere morta.
- E non dovrebbe essere contento che invece non lo sia?
- Non è così semplice, Henry. Nel luogo da dove proviene quella persona è veramente morta, quella che ha visto deve essere un'altra versione o qualcosa del genere.
- Ah, una specie di universo parallelo. Secondo il mio libro, Guy è morto tanti anni fa, ucciso da Robin Hood.
- Davvero?
Henry finì di mangiare il biscotto, si pulì le mani dalle briciole e prese il libro delle favole, appoggiandolo sul tavolo perché anche la madre potesse vederlo.
- Guarda, era un assassino mandato dallo sceriffo di Nottingham per uccidere Robin Hood, ma alla fine è stato lui a morire.
Il ragazzo osservò l'illustrazione: rappresentava Robin che veniva sfidato a una gara di tiro con l'arco da un uomo vestito con abiti ricavati dalla pelle di un cavallo, con tanto di orecchie e criniera.
- Questo è lui, ma è vestito in modo strano, non trovi?
Regina sfiorò il disegno con un dito, pensierosa.
- È lui, ma allo stesso tempo non lo è. Ti ha detto che non viene dalla foresta incantata, vero?
- Già. Mamma?
Regina lo guardò.
- Anche il “nostro” Guy è un assassino?
Henry aspettava la sua risposta e per un attimo Regina fu tentata di mentire per timore che il figlio potesse chiederle perché lo avesse portato a Storybrooke, ma non voleva ingannarlo.
- Credo di sì.
- Però non sembra cattivo.
- Non tutti gli assassini lo sono. - Mormorò Regina, non del tutto convinta. Lei era cambiata, ma non si sarebbe considerata uno dei “buoni”. Se lo fosse stata davvero, non avrebbe mai pensato di evocare un uomo capace di uccidere Marian, anche se poi aveva cambiato idea quasi subito.
- O se lo sono possono pentirsi delle loro azioni e cambiare. - Disse Henry, con convinzione. - Devi aiutarlo, mamma.
- Io? Perché io?
- Tu puoi capirlo e credo che ti ascolterà. E poi io ora devo andare a scuola.
Henry si alzò e prese lo zaino e si avviò verso la porta, ma si fermò prima di uscire, prese una tavoletta di cioccolata da una tasca dello zaino e tornò indietro per metterla in mano alla madre.
- Dallo a Guy da parte mia, credo che gli piaccia.

Il sole del deserto, troppo luminoso sull'intonaco bianco delle case gli feriva gli occhi e sul vestito di Marian sembrava ancora più abbagliante.
La ragazza era una chiazza bianca nella luce impietosa e lo sguardo di Guy si spostava dal rosso delle sue labbra all'azzurro intenso dei suoi occhi, attratto inesorabilmente da tanta bellezza.
Quanto amava la morbida pienezza di quelle labbra e la vita che splendeva in quello sguardo! Guy avrebbe potuto perdersi per ore a osservare ogni minimo dettaglio del viso di Marian, sognando di poterlo sfiorare con le labbra, di accoglierla nel suo abbraccio e coprire di baci ogni centimetro della sua pelle candida.
Ma sotto il sole del deserto, anche Marian sembrava diversa: il suo sguardo, che aveva sempre visto il buono che c'era in lui, ora era duro, sprezzante e la sua bocca, di solito così dolce e tenera, era distorta in una piega crudele e rideva di lui.
Non ricordava le parole che erano uscite da quelle labbra, la sua mente si rifiutava di ricordarle, ma ognuna di esse gli aveva trafitto il cuore e annebbiato la mente.
L'unica cosa che ricordava dopo era il peso inerte del corpo di Marian tra le sue braccia e il rosso accecante del sangue che si era allargato su quel vestito candido, intorno alla lama della sua spada.
Guy non avrebbe mai potuto scordare l'ultimo sguardo che Marian aveva posato su di lui: nei suoi occhi lui aveva sempre visto riflessa la sua parte migliore, come in uno specchio incantato, ma in quel momento tutto quello che era riuscito a vedere era solo l'immagine di un assassino.
Gisborne si svegliò con un grido angosciato e si girò nel letto tanto bruscamente da cadere di peso sul pavimento. Si guardò intorno tremando e ricordò di essere in quella strana città del futuro dove Marian era ancora viva ma non era la stessa Marian che lui aveva ucciso.
Era lei e non era lei allo stesso tempo, poteva capirlo dallo sguardo che per un attimo aveva incrociato il suo. La donna che aveva incontrato non lo conosceva, i suoi occhi non si erano illuminati né di simpatia né di odio nei suoi confronti, si erano posati per un attimo su di lui con la vaga curiosità che si riserva a uno sconosciuto mai visto prima.
Era viva e per un attimo aveva sperato di essersi sbagliato, che quello nel deserto fosse solo un incubo generato da una mente malata o che il colpo della sua spada non fosse stato letale come aveva creduto, ma quell'attimo era passato in fretta come era venuto.
La sua Marian era morta, uccisa dalle sue stesse mani, e quella era un'altra donna identica a lei, uno scherzo crudele del destino che metteva ancora di più in evidenza l'orrore del suo gesto.
Guy pensò che avrebbe dovuto alzarsi dal pavimento e cercare di mantenere almeno un minimo di dignità, ma non ne aveva la forza, il dolore che provava era troppo forte per riuscire a sopportarlo. Forse sarebbe diventato completamente pazzo, ma non aveva importanza, forse la follia gli avrebbe donato un po' di pace.
Afferrò la coperta e se la strinse addosso, raggomitolandosi sul pavimento.
Aveva freddo.
Aveva solo tanto freddo.

Regina bussò alla porta senza ottenere alcuna risposta e, dopo aver aspettato per un po', si limitò ad aprirla e a entrare nella stanza in penombra.
Vide subito il letto vuoto e per un attimo pensò che Guy di Gisborne fosse andato via, fuggito chissà dove o tornato in qualche modo nel suo mondo, poi sentì il suono del suo respiro affannato e fece qualche passo all'interno della stanza, cercandolo con lo sguardo.
Lo vide steso a terra, semi nascosto dal letto e si avvicinò cautamente a lui.
Era avvolto in una coperta e tremava convulsamente. Regina poteva vedere le chiazze di sangue che macchiavano la moquette del pavimento e la lana chiara della coperta e cercò di capire da dove provenisse.
- Sei ferito?
Guy sussultò al suono della sua voce e aprì gli occhi per guardarla.
- Vai via. Lasciami solo. - Disse in un sussurro spezzato, alzandosi a sedere e cercando di arretrare per allontanarsi da lei. Rinunciò a muoversi quando la sua schiena toccò il letto: per fuggire avrebbe dovuto alzarsi in piedi e aggirare Regina e lui semplicemente non ne aveva la forza.
Rimase immobile e non si mosse nemmeno quando la donna sedette a terra accanto a lui e gli prese una mano per esaminarla.
Regina osservò le lacerazioni e i graffi che segnavano il palmo e il dorso della mano di Guy. Il cavaliere fece un debole tentativo di sottrarsi al suo tocco, ma lei glielo impedì stringendo la presa sul suo polso. La pelle dell'uomo era calda sotto le sue dita e Regina si chiese se avesse la febbre.
- Cosa ti è successo? Come ti sei procurato queste ferite?
Per un po' sembrò che Guy non le avrebbe risposto, poi l'uomo parlò a bassa voce, senza guardarla. - Queste mani sono sporche di sangue... Queste sono le mani di un assassino...
Regina passò le dita sulle ferite, usando la magia per risanare la pelle e Guy la guardò, spaventato.
- Se sono già sporche di sangue non c'è bisogno di aggiungervene altro, non trovi? - Disse Regina, in tono calmo. - Fare del male a te stesso non riporterà in vita nessuno.
- Cosa puoi saperne tu?! - Gridò Guy, improvvisamente furioso. - Hai la tua vita perfetta, un figlio, questa casa lussuosa, come puoi capire quello che provo io?! Hai idea di quante vite ho spento?
Puoi immaginare cosa si provi a sapere che l'unica cosa che si è capaci di fare è distruggere e terrorizzare la gente? Come puoi sapere come ci si sente quando l'unico amore della tua vita è morto per colpa tua?! L'ho uccisa, l'ho uccisa con le mie mani e il rimorso non serve a nulla, lei è sempre morta!
Si fermò per un attimo, soffocato dal pianto e fissò Regina con aria di sfida.
- Ecco, ora sai chi sono, sai chi hai lasciato entrare in casa tua! Un assassino con le mani grondanti di sangue! E adesso che lo sai cacciami via come un cane, rimandami all'inferno da cui mi hai tirato fuori e lasciami morire perché davvero io non merito altro!
Guy chiuse gli occhi, aspettandosi che Regina usasse la sua magia per rimandarlo a Nottingham oppure per incenerirlo e non vide che invece di essere disgustata come si aspettava, la donna lo stava guardando con uno sguardo triste.
Regina osservò il viso del cavaliere, bagnato di lacrime e segnato dal dolore e si accorse con un certo stupore di non avere la minima intenzione di mandarlo via, ma che invece provava uno strano desiderio di proteggerlo da se stesso.
In quell'uomo vedeva molto di quello che lei stessa era stata in passato: un ammasso di rabbia, sofferenza e frustrazione. Solo che quell'uomo si rendeva perfettamente conto dei suoi crimini e si sentiva un mostro per ciò che aveva fatto, mentre lei aveva abbracciato volontariamente le sue colpe, gloriandosene e facendone la sua forza fino a trasformarsi davvero in un mostro.
Non aveva lasciato andare il polso di Guy durante il suo sfogo e ora si appoggiò la sua mano in grembo, facendo combaciare le sue dita con quelle dell'uomo.
Gisborne trasalì a quel tocco e si azzardò ad aprire gli occhi e guardare la mano di Regina, appoggiata alla sua.
Perché lo stava toccando? Non era disgustata da lui? Non le aveva appena detto che le sue mani grondavano sangue?
- Sono uguali. - Disse Regina.
- Cosa?
- Le mie mani e le tue. Se potessi vedere quanto sangue hanno versato queste, saresti tu a voler scappare. So bene cosa prova un assassino, credimi, perché io di sicuro ho tolto molte più vite di te.
- Come fai? - Chiese Guy dopo un po', in tono sommesso. Tutta la sua rabbia e la sua disperazione sembravano essersi sgonfiate e ora si sentiva solo esausto e vuoto.
- A fare cosa?
- A vivere. Ad andare avanti con la tua vita come se niente fosse. Come se lo meritassi? Io non voglio morire, ma ogni volta che faccio qualcosa, qualsiasi cosa, che mi faccia sentire vivo, dopo un po' mi ritrovo a pensare che Marian invece non può più farlo, che non può più fare nulla perché io l'ho uccisa…
- Ho imparato tre cose nella mia vita: non si può cambiare il passato e quasi nessuno ottiene ciò che merita, nel bene o nel male. Quando lo avrai accettato ti tormenterai di meno.
- Ne hai dette solo due. Qual è la terza?
- Me l'ha insegnata Henry. Chiunque dovrebbe avere una seconda possibilità, anche se non la merita. Non si può cambiare il passato, ma il futuro sì e per quanto male tu possa aver fatto, esiste sempre la possibilità che tu possa fare anche qualcosa di buono.
Guy rimase a guardare per un po' la mano di Regina che stringeva la sua, riflettendo sulle sue parole.
- Marian diceva che in me c'era del buono. Era l'unica che riusciva a vederlo, però. Credi che se lo cercassi riuscirei a trovarlo?
- Non lo so. Ma puoi sempre provarci. Sempre meglio di continuare a torturarti per qualcosa che è già avvenuto.
- Non posso dimenticare quello che ho fatto. Ma ricordarlo mi impedirà di versare altro sangue.
Regina annuì.
Ora Guy sembrava essersi calmato, anche se il suo sguardo era ancora pieno di dolore.
Inspiegabilmente si sentiva vicina a quell'uomo, come se fosse una versione più emotiva e innocente di se stessa.
Probabilmente Guy sarebbe rimasto sconvolto se lei gli avesse espresso quel pensiero: come si poteva definire innocente un assassino? Eppure quella era l'impressione che lei provava nel guardarlo: nonostante tutto in lui c'era una certa innocenza di fondo che era sopravvissuta nonostante i delitti commessi.
Era colpevole, certo, ma non era un uomo malvagio e non lo era mai stato, di questo ne era sicura.
Lo stesso non si poteva dire di lei, pensò Regina, improvvisamente a disagio, e, senza saperne il perché, si trovò a sperare che lui non se ne accorgesse mai.
Mise una mano in tasca, recuperò la tavoletta di cioccolato e la porse a Guy.
- Henry mi ha detto di darti questa. Era preoccupato.
- Per me? Non dovrebbe.
- Credo che anche lui abbia visto del buono in te. Henry ha questo vizio. Lo vede anche in me.
- È per questo che sei cambiata? Per non deluderlo?
- E tu come fai a sapere che sono cambiata?
Gisborne scartò la cioccolata e ne staccò un quadretto.
- Si vede. - Sorrise debolmente a Regina prima di metterlo in bocca, poi le offrì il resto della tavoletta. - Ne vuoi? Secondo Henry aiuta.
- Già, lo dice sempre. Ma forse è solo una scusa per mangiarne di più.
Rimasero seduti fianco a fianco sul pavimento della stanza in penombra dividendosi la cioccolata senza parlare e Guy si accorse che la nube di angoscia che gli aveva stretto il cuore e annebbiato la mente si era leggermente diradata.
Forse Henry aveva ragione, pensò Gisborne, masticando un altro pezzo di cioccolata.
Aiutava.
Almeno un po'.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: eugeal