Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: StarFighter    14/11/2015    4 recensioni
Lilllehammer, un piccolo villaggio nel centro della Norvegia, è braccato da un lupo feroce, che durante le notti di luna piena fa mattanza di bestiame e semina il panico tra gli abitanti. La caccia al lupo è aperta e Anna non vede l’ora di partecipare, per vedere con i propri occhi il mostro che insidia ogni favola. Quello che si nasconde nel folto del bosco però è un segreto più grande di lei, qualcosa che cambierà per sempre la sua vita.
Storia scritta a quattro mani con Adriana, alias Amberly_1.
Genere: Angst, Dark, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna, Elsa, Granpapà, Hans, Kristoff
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1


“Kristoff…Kris!”la bambina dalle trecce rosse continuava a chiamare col fiatone, mentre correva, cercando di raggiungere l’amico.
Kristoff intanto, senza il minimo sforzo, continuava a correre, sordo ai richiami della bambina dietro di lui, che con un ultimo sforzo affrettò il passo e gli si gettò addosso, prendendolo alle spalle.
“Whoa!” si lamentò il bambino, cadendo carponi nell’erba alta del prato dietro la chiesa.
La bambina cominciò a ridere di gusto, mostrando la bocca per metà sdentata. “Ti ho detto di rallentare! Ti ho chiamato mille volte ma tu non hai ascoltato.”
“Scusa, Anna.”le rispose il bambino, scrollandosi la terra dai calzoni.
“Certo che sei velocissimo, Kris.”
Il bambino scrollò le spalle, non trovando nulla di anomalo nelle sue capacità: correva veloce da quando aveva imparato a camminare, era nella sua natura.
“Sei tu che sei troppo lenta.” la prese in giro a cuor leggero, senza la minima malizia.
Anna strappò un mucchietto d’erba e gli saltò di nuovo in spalla, cercando di imboccargli gli steli verdi. “Rimangiatelo.”
“Anna!”urlò, cercando di togliersela di dosso e quando finalmente ci riuscì, l’amica ruzzolò ad un paio di passi di distanza, ma si alzò subito senza il minimo danno.
“Certo che sei proprio una furia.”la rimproverò, sputacchiando pezzi d’erba “Ho trovato! D’ora in poi ti chiamerò furia scatenata.” Esclamò Kristoff soddisfatto. “Ti piace?”
“Che?!” fece offesa Anna, mettendo il broncio ed incrociando le piccole braccia al petto.

“Furia scatenata, ti si addice molto.” Rise Kristoff. “Elsa sarà di sicuro d’accordo con me.”
“Uffa, non è giusto!” si lamentò Anna.
Accorgendosi del reale fastidio dell’amica, cercò di rimediare. “Andiamo Anna, non te la prendere. Stavo scherzando.”
“Se non vuoi che me la prenda, dovrai farti perdonare in qualche modo.”
“Certo, in che modo?” le rispose, ma subito si pentì d’aver accettato: le idee balzane di Anna li mettevano sempre nei guai e di solito era sempre e solo lui a farne le spese; mentre lei se la cavava con una ramanzina, lui era costretto a pulire l’altare e tutti i paramenti usati da Pabbie per celebrare.
Il viso di Anna si illuminò. “Dovrai scalare il Grande Albero e spiare oltre i confini della foresta.”
“Il Grande Albero? Ma è impossibile.”
“Hans ci è riuscito.”
Kristoff valutò l’idea e alla fine accettò “Lo farò.”

********************


“Anna, perché l’hai fatto?”
L’ultima cosa che le serviva in quel momento era una strigliata di capo da parte della madre. Il male alla gamba era insopportabile e non riusciva a smettere di piangere. L’unica cosa che voleva era un abbraccio e forse anche un bacio e la rassicurazione che presto quel dolore sarebbe passato. Ma la mamma insisteva a non darle nulla di tutto ciò.
“Perché sei saltata giù dal Grande Albero? Avrai fatto un volo di almeno cinque metri, santo cielo! Avresti potuto romperti l’osso del collo!”
“Kristoff lo fa sempre.” Blaterò sottovoce, asciugandosi le lacrime con la manica della camicia.
“Cosa?” indagò ancora la mamma.
“Kristoff lo fa ogni volta e non gli è mai successo nulla. Niente, nemmeno un graffio.” Si lamentò, mentre le lacrime riprendevano a caderle dagli occhi ormai rossi.
Idunn sospirò demoralizzata a quelle parole. I due bambini erano l’uno l’ombra dell’altra e facevano tutto assieme, anche gettarsi giù dagli alberi a molti metri dal terreno a quanto pareva. Il problema era che non sempre le situazioni in cui si cacciavano erano salutari.
Legò stretta la fasciatura attorno alla gamba della figlia. Anna strinse forte i denti per non urlare.
“Kristoff è più grande di te, più forte e più alto. Non devi imitarlo, non è da brave signorine arrampicarsi sugli alberi o scorrazzare nel fango dopo la pioggia.”
“Ma io...”cercò di controbattere.
“Non c’è nessun ma,  Anna. Sarai fortunata se non rimarrai zoppa a vita, dopo questa caduta.” Il tono sempre dolce della madre era alterato da qualcosa che la bambina non riusciva a decifrare. Un tremito sul fondo della gola impediva alla donna di alzare la voce contro la figlia.
“Mamma?”
Idunn distolse lo sguardo dalla gamba fasciata della bambina. “Scusa.”le sussurrò tra le lacrime “Non essere arrabbiata con me.”
“Oh, tesoro.”la strinse forte al petto, stando attenta a non farle male “Non sono arrabbiata con te. Mi hai solo spaventata.”
Ecco l’abbraccio di cui aveva bisogno. “Tu ed Elsa siete le cose più preziose che abbia, non potrei sopportare di perdervi.” Le spiegò carezzandole i capelli ancora sporchi di terra a causa della caduta.
“Prometti che farai attenzione e che cercherai di non metterti più in certi pasticci.” Anna annuì.
 “E che non imiterai più Kristoff, né Hans o chiunque altro dei ragazzini di Lillehammer.” Idunn sapeva che chiederle una cosa simile sarebbe stato come tagliarle le gambe, riusciva a leggerlo negli occhi tristi di Anna e nella sua piccola fronte aggrottata. Quindi ritrattò la promessa “Almeno fin quando non sarai completamente guarita?”
Un mezzo sorriso si aprì sul volto della bambina “Te lo prometto.”
 
**********************
Era nella foresta. Riusciva a sentire gli aghi di pino e la terra umida sotto i piedi nudi.
La luna occhieggiava ipnotica nel cielo altrimenti buio. Nessuna stella a rischiarare l’oscurità.
Qualcosa gli premeva al centro del petto, qualcosa che presto o tardi non sarebbe riuscito più a controllare, qualcosa che sarebbe balzato fuori in maniera prorompente, alterando l’immobilità del sottobosco: era lui l’unica cosa in movimento. Eppure gli sembrava quasi di star fermo.
Una forza irresistibile gli stirava le zampe, costringendolo a procedere sempre più veloce. Più veloce, sempre di più, saltando gli ostacoli sul suo cammino senza difficoltà.
Il bubbolare di un gufo sulla sua testa arrestò la sua corsa. Le zampe anteriori si piantarono nel terreno e il muso scattò in alto, verso il rapace che planava tra i rami alti degli alberi.
Il verso dell’uccello era opprimente, come un martellare ritmico alle sue orecchie. Il suono amplificato oltre l’immaginabile, come se il gufo fosse bellamente appollaiato sulla sua spalla e gli stesse bubbolando direttamente all’orecchio destro.
Kristoff, sembrava chiamarlo.
Kristoff!, gli urlò.
Kristoff, svegliati!
 
******************
“Andiamo, non è poi così difficile.” Cercò di convincersi Anna, ridendo nervosamente tra sé.
Il fiume ghiacciava puntualmente ogni anno e lei, in quattordici anni di vita, non aveva mai imparato a domare quell’elemento. I pattini che suo padre le aveva portato da uno dei suoi tanti viaggi nelle città oltre la foresta, rimanevano appesi nell’armadio per tutto l’inverno a prendere polvere.  Rare volte si era lasciata convincere da sua sorella a prendere parte ad un pomeriggio di giochi sul ghiaccio, e quella era una di quelle volte.
Elsa, Kristoff e Hans, prodigi sui pattini, scivolavano allegri sulla superficie gelata del fiume. Anna inspirò profondamente, cercando di racimolare un po’ di coraggio, prima di mettere piede sul fiume. La lama scivolò in avanti e lei perse l’equilibrio per una frazione di secondi.
“Suvvia Anna, è semplicissimo. Tieni i piedi così.” Le indicò la sorella da qualche metro di distanza, cercando di incoraggiarla.
Anna, con le braccia aperte ai lati del busto per tenersi stabile sui pattini, cercò di muovere un passo dopo l’altro per raggiungere il resto del gruppo.
“Andiamo Anna, ti daremo una mano noi.”
“Hans, se continui a viziarla e a trattarla come una bambina, non imparerà mai.” Disse seria Elsa, al ragazzo che si stava avvicinando con grazia ad Anna.

La ragazzina arrossì vistosamente e cacciò la lingua alla sorella, scatenando l’ilarità del ragazzo che le porgeva la mano.  Anna inghiottì imbarazzata.

Kristoff intanto osservava la scena da lontano, con un sorriso sornione sulle labbra, screpolate dal freddo.  “Vi consiglio di non perder tempo con lei, è una causa persa in partenza.” S’intromise finalmente nel discorso “Insomma, una furia come lei che ha paura di pattinare, non ha senso.” La schernì il ragazzo, sfidandola con lo sguardo.

Anna ringhiò “Ti faccio vedere io.” Ignorò la mano tesa di Hans e i consigli di postura di Elsa e si lanciò sul ghiaccio. Cercò di tenersi in equilibrio, sbattendo le braccia come stesse per spiccare il volo. La sorella si avvicinò per sostenerla, un secondo prima che si abbattesse in terra.
Kristoff rise, fiero degli sforzi di Anna.
“Lasciala andare, Els.” Chiamò Hans. “Coraggio Anna, cerca di tenerti su da sola.” La incoraggiò.
La ragazza provò a fare come le era stato suggerito, ma non appena sua sorella mollò la presa sulle sue braccia, cadde rovinosamente sul ghiaccio, come c’era da aspettarsi.
Tutti le si avvicinarono. Elsa e Hans ridacchiavano sommessamente, mentre Kristoff scoppiò in una fragorosa risata, che la fece tremare d’umiliazione. Anna gli lanciò un’occhiataccia e proprio quando stava per mandarlo al diavolo, lui le offrì la mano con un sorrisetto. “Ottimo tentativo, furia scatenata.”
 
******************


“Ti dona questo colore.” Le disse Hans, tirandole una delle sue trecce.
“Grazie.”gli sorrise Anna, imbarazzata da quelle attenzioni. Si tirò il cappuccio del suo nuovo mantello giù sulla fronte, fin quasi sugli occhi, tentando di mascherare il rossore improvviso che le tinse le guancie.
“È un regalo?”le chiese, tenendo un lembo del mantello tra le dita.
Anna annuì. “Mio padre me l’ha portato dalla capitale. Dice che questo colore sia il preferito tra le dame d’Europa quest’anno.” Si pentì di quelle parole non appena lasciarono le sue labbra. Ora Hans l’avrebbe vista come una ragazzina frivola, interessata solo a pizzi e nastri.
“Mi piace il rosso.” Affermò lui, facendola sospirare di sollievo, scoccandole uno dei suoi irresistibili sorrisi “Cosa ne pensi, Kristoff. Questo mantello non rende la nostra Anna ancora più graziosa?”
L’amico, rimasto in disparte, focalizzò la propria attenzione sul colore vermiglio della stoffa che avvolgeva le spalle dell’amica e del contrasto che creava con gli occhi brillanti di Anna. “Già.” Disse solo distogliendo lo sguardo.
“Laconico come sempre, amico mio. Che hai ultimamente?” lo stuzzicò Hans.
“Sto bene, tranquillo. È solo che non mi intendo di stoffe e moda, a differenza tua a quanto vedo.” Lo prese in giro, cambiando discorso.
“M’intendo solo di belle fanciulle.” Lo rimbeccò prendendo una delle piccole mani di Anna e portandosela alle labbra. “Cose che di certo tu non puoi capire. A te basta la compagnia delle pecore.”
Kristoff rimase in silenzio, lanciando uno sguardo omicida all’amico, prima che quest’ultimo scoppiasse a ridere. Anna fortunatamente non colse l’allusione  e rimase interdetta dalla reazione di Hans.
Prima che la ragazza potesse chiedere il motivo di tale ilarità, Kristoff girò i tacchi e con le mani in tasca se ne andò, lasciandoli soli.
“Perché devi sempre trattarlo così?” chiese Anna, lasciando scivolare la propria mano via dalla presa di Hans.
“Il problema non sono io. È lui! È suscettibile oltre l’inverosimile, dovrebbe imparare a ridere una buona volta.”
“Lui sa già ridere e tu dovresti smetterla di punzecchiarlo a tal modo. È il tuo migliore amico!”
“Arriva un momento nella vita d’ognuno di noi in cui gli amici perdono d’importanza, e la nostra attenzione si sposta su…altro.” Le rispose guardando nella direzione in cui era sparito Kristoff.
“E cosa sarebbe questo altro di cui parli?”s’ incaponì Anna.
Hans inspirò profondamente, respirando l’aria frizzante dei primi di novembre, che sapeva di aghi di pino e legna bruciata. Poi si voltò verso l’amica, che aspettava ancora una risposta.
Anna era cresciuta nell’ultimo anno, diventando una giovane donna piena di vita, con una vitina sottile e labbra rosse da baciare. Più di un ragazzo di Lillehammer si era fermato a fissarla quella mattina, indugiando sulle forme nascoste dal mantello rosso e lui era stato pervaso da un brivido d’orgoglio nel saperla attaccata al suo braccio. Finora era stata solo sua amica, ma ben presto sarebbe potuta diventare altro.
Le si avvicinò ancora di più, intrappolandola nel suo spazio vitale e con un gesto veloce le tolse il cappuccio dalla fronte, e si specchiò nei suoi occhi chiari. Le pupille dilatate e il respiro che le si condensava in fugaci nuvolette alla soglia delle labbra: la perfetta preda per il più temibile dei cacciatori.
“Te lo dirò quando sarai più grande.”
 
********************
“Cos’è quella faccia?”
La scure calava sul tronco abbattuto con forza brutale, distraendolo dalla presenza assillante dell’amica alle sue spalle.
“Kristoff, sembra tu non chiuda occhio da una settimana.”
L’abbaiare del cane, il belare delle pecore nel recinto, il rintocco delle campane della chiesa, la voce di Elsa e soprattutto la mancanza di sonno lo stavano soffocando, tormentando la sua mente e le sue orecchie.
“Hai fatto ancora quel sogno? Forse dovresti parlarne con qualcuno o…”
“Basta, Elsa!” le ringhiò contro, scagliando l’ascia lontano, voltandosi a fronteggiarla “Sto bene. Non dormo da quattro giorni, ma sto bene.”
La ragazza si ricompose dall’iniziale spavento “Devi riposare. Non ti rendi conto dell’effetto che la privazione di sonno ha su di te.” Gli si avvicinò di un passo, puntandogli un dito contro “Mi hai appena urlato contro.”
“I-io non volevo. Perdona il mio scatto d’ira.”
“Vuoi parlarne?”
“No.” Fu la sua risposta secca “Anche perché non saprei cosa dirti. È tutto così confuso e…mi sembra di impazzire. Forse sono malato, una di quelle malattie incurabili che ti portano alla follia e che alla fine ti uccidono.” Girava in tondo, come un cane in gabbia, ammassando la legna che aveva già tagliato in ciocchi piccoli e regolari. Era fuori di sé. “Si, dev’essere così, altrimenti non ho una spiegazione.”
“Non dire sciocchezze, non sei malato ma solo stanco. Quello che ti ci vuole è una bella dormita e vedrai che ti rimetterai presto.” Gli sorrise benevola. “Manca una settimana al tuo compleanno e tu vuoi arrivarci, non è vero?”
“Certo.” Annuì, asciugandosi il sudore dalla fronte.
“Bene, è tutto quello che volevo sentire. Ora va a riposare prima che costringa tua madre a trascinarti dentro con la forza.” Si voltò per andarsene “E sai che ne è capace.”
“Già, di questo ed altro.” Ridacchiò tra sé al pensiero della madre che lo trascinava a letto tirandolo per l’orecchio.
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NdA: Salve gente! Avevo detto che avrei aggiornato molto presto vero? D’ora in poi non badate più a quello che dico XD Questo ritardo ovviamente è solo colpa mia, perché Adriana mi aveva inviato quello che aveva scritto circa un mese fa e io ho perso tempo a correggere e ad integrarlo con quello che ho scritto di mio pugno…faccio pena lo so. Spero di riuscire a pubblicare presto il prossimo capitolo, ma siccome devo ancora scriverlo, non sperate di vederlo molto presto da queste parti.
Ci si legge presto :)
   
 
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