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Autore: piccolo_uragano_    17/11/2015    6 recensioni
“Perché ogni volta che c’è in giro Lord Voldemort facciamo figli io e te, Martha?”
Martha accennò un sorriso. “Perché ogni volta che io e te facciamo figli c’è in giro Lord Voldemort, Sirius?”
Remus trattenne una risata. “Ed è per questo che sono vent’anni che ti ripeto che è quella giusta.”
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Non è una di quelle storie tutte miele e amore in cui Sirius trova la sua perfetta metà e vissero tutti felici e contenti. Martha darà a Padfoot del filo da torcere, insegnandogli ad amare e a restare.
(Si parte dal 1976 fino a poco dopo la battaglia di Hogwarts; in teoria è finita, dopo anni, ma in pratica.....)
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio | Coppie: James/Lily, Remus/Ninfadora
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ti amo più di ieri e meno di domani.'
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Marie Grace Wilson Redfort morì la notte tra il ventisette ed il ventotto settembre, senza soffrire,  in una casa di cura, pochi giorni dopo che suo nipote Robert ebbe festeggiato quindici splendidi anni di vita. Le prime a varcare la soglia della clinica, dopo la notizia, furono le figlie, due donne bellissime e assolutamente diverse tra loro. Certo, avevano disposto loro che, quando fosse giunto il momento, l’avessero lasciata andare. Era sempre così, sussurravano le infermiere: non si è mai pronti, non davvero. La secondogenita, quella con i capelli più chiari, disse che suo marito si stava occupando dei bambini, ma che sarebbe arrivato presto.  Intanto, le infermiere le indicavano: aveva sentito tutti Marie dire che le sue figlie avevano studiato in Scozia, in un collegio per bambini prodigio –disse che la più grande apriva la credenza con lo sguardo, e che la loro amica si faceva sbocciare i fiori nelle mani – ma quella notte le due Redfort sembravano due comunissime donne inglesi, che se ne stavano a testa alta davanti ad un dolore a cui erano state preparate dalla malattia stessa.
Il medico di turno rimase colpito dalla compostezza con cui la minore delle due si chinò sul corpo della madre, le accarezzò i capelli e le baciò un bacio in fronte. La prima, quella con i capelli più scuri, non era nemmeno entrata nella stanza.
Dopo un paio d’ore, le infermiere videro entrare un uomo bellissimo con dei boccoli scuri, con accanto un ragazzo quasi identico che pareva troppo grande per essere suo figlio, mentre una bambina identica ai primi due teneva stretta la mano di quello che – le infermiere ne erano certe – era suo padre. Accanto ai tre, però, c’era un ragazzino che non assomigliava né a nessuno dei nuovi arrivati, né a una delle Redfort: nonostante questo, sembrava quello più addolorato di tutti.
Quando arrivarono alla stanza di Marie, in fondo al corridoio del terzo piano, la più giovane delle sorelle sembrò illuminarsi: strinse a sé l’uomo (che le baciò la fronte) ed il ragazzo (che le accarezzò i capelli), poi tese la mano al ragazzino con gli occhiali e baciò il naso della bambina, mentre le infermiere si chiedevano quanti anni avessero i due genitori, e soprattutto quanti anni avesse il ragazzo che ora stringeva quella che, evidentemente, era sua zia, la quale si era concessa di piangere.
Una delle infermiere, quella dai capelli rossi, stava per domandare alla sua collega perché una donna così bella e affascinante come la prima delle figlie di Marie non avesse un marito e dei figli bellissimi come la sorella, o perlomeno non avesse un marito o un compagno. Proprio mentre quella stava per rispondere, un uomo con dei vestiti pieni di toppe uscì dall’ascensore, e mostrando un volto pieno di cicatrici, corse a stringere la primogenita. Fu un abbraccio diverso, come se la vita della donna dipendesse da quello strano uomo. Fu anche, per le infermiere, bellissimo da vedere: era evidente che quella fosse una famiglia strana, certo, ma legata da qualcosa di più forte dal sangue.
La seconda Redfort informò le infermiere che la madre non avrebbe voluto un funerale, ma una semplice cremazione per poi essere seppellita accanto al marito. Loro annuirono e rinnovarono le loro condoglianze, mentre guardandola, si chiedevano quale fosse la storia di quella strana famiglia.

Kayla se ne stava seduta a fissare il fuoco, quasi rannicchiata su sé stessa. Silente aveva concesso loro di passare a casa qualche giorno, per farsi forza a vicenda e lasciare che la perdita provocasse loro il dolore che doveva. Così, la giovane Serpeverde, dopo dieci ore in quella clinica piena di infermiere guardone, aveva convinto il padre a portarli a casa. Ora Harry prendeva a pugni il sacco da box che Robert teneva in camera, mentre il primogenito se ne stava steso sul letto al contrario, tirando in aria quella che un tempo era stata una pallina da tennis, mentre il capofamiglia aveva deciso di metterci a cucinare per far passare il tempo, continuando a cercare di capire come funzionasse il feletono (“Telefono, papà!”) per potersi tenere in contatto con la moglie e la cognata. Remus, in quanto insegnante, era dovuto tornare al castello.
“Kayla! Quel dannato feletono cosa vuole? Cioè, perché urla?”  strillò Sirius dalla cucina.
“Sta suonando. Vuol dire che la mamma ti sta chiamando!”
Sirius si precipitò in salotto, davanti al telefono fisso posato sul mobile dell’ingresso. “E che devo fare?” domandò guardando la ragazzina.
“Alzare la cornetta, portarla all’orecchio e dire ciao alla mamma.”
Sirius alzò la cornetta, dubbioso, fissando il filo che la collegava alla base come se ne avesse paura. Fissò poi la cornetta, come se si aspettasse qualcosa, quindi, su invito di Kayla, l’avvicinò all’orecchio. “Martha, tesoro?” domandò.
“Ciao, sto arrivando. La cremiamo domani. I ragazzi come stanno?” disse la voce di Martha dall’altra parte. Era fredda, distante.  
Sirius fissò Kayla, chiusa in sé stessa a fissare il fuoco, e pensò ai due maschi, rintanati di sopra. “Riccio.”
“Come?”
“Lo disse una volta Lily: Tu e Martha vi chiudete a riccio.”
“In quale occasione?”
“Gennaio del ’77.” Ricordò lui.
Era un periodo orribile da ricordare: dando retta alle parole di Regulus, Sirius aveva lasciato Martha, costringendo James, Remus, Rose e Peter ad organizzare dei turni per rimanere con entrambi, perché sia lui che lei stavano malissimo. Senza contare che Lily e Martha avevano litigato, e la rossa si rifiutava di scusarsi, mentre il suo orgoglio faceva a pugni con quello di Martha, distrutto dalla rottura con Sirius.
Sentì Martha esitare dall’altra parte del telefono. “Sto arrivando.” Ripeté poi, e attaccò.
Sirius fissò il telefono muto, di nuovo. “Kayla, fa tu-tu-tu-tu-tu …”
“Vuol dire che la mamma ha chiuso la telefonata.”
“Oh.” Disse lui. “E che devo fare?”
“Posare la cornetta e metterla dove l’hai trovata quando suonava.” Rispose lei, senza smettere di guardare il fuoco.
Lui si perse a guardare sua figlia: aveva dodici anni, ormai, ma non smetteva di stupirsi guardandola  e trovando ogni giorno un nuovo particolare che gli ricordasse Regulus o Walburga, ma, allo stesso tempo, aveva le stesse espressioni ed i modi di muoversi di Martha: era la perfetta fusione tra lui e sua moglie. Con questo pensiero, si avvicinò alla bambina e, con un gesto, le chiese se potesse sedersi accanto a lei: la piccola Black, in risposta, batté il palmo della mano sul posto libero accanto al suo, e quando il padre si fu seduto, lei gli si accoccolò sul petto, scoppiando a piangere.
Poco dopo, Robert e Harry scesero le scale, chiedendo della cena. Si voltarono verso il salotto ed entrambi furono colpiti dalla vista di Kayla in lacrime: non era una cosa che succedeva spesso. Anche da bambina, Kayla piangeva pochissimo. Così, Robert, spinto dall’istinto di proteggerla, si sedette accanto a Sirius, e Harry si sedette accanto alla piccola Serpeverde.
“Stavo pensando” disse Robert “a quando avevo otto anni e la nonna ha provato a cucire alla babbana dei miei pantaloni, quelli che faceva zia Rose, incantati per crescere con me. Ti ricordi, Kayla?”
La piccola sorrise. “Sì.” Disse. “Ricordo come la mamma cercava di spiegarle che si sarebbero riparati da soli, appena tu li avresti messi.”
Sirius le accarezzò la testa. “Io stavo pensando a quando le abbiamo detto che la mamma era incinta di Robert.”
Harry lo guardò, curioso. “Come  reagì?”
“Non bene: eravamo giovani, e il mondo magico era in guerra. Mettere al mondo un bambino era un rischio enorme.”
“E i nonni che vi hanno detto?” domandò Kayla.
“Beh” iniziò a raccontare Sirius “nonno Robert si prese un colpo, mentre Marie scoppiò a piangere. Charlus, invece …”
Meno di un’ora dopo, Martha li trovò così: rannicchiati davanti al fuoco a ricordare Marie come meritava. Senza dire niente, si sedette ai piedi del divano e raccontò ciò che lei ricordava: una mamma premurosa e attenta, una moglie innamorata e una donna forte. Raccontò anche del primo incontro di Robert e Marie, di come lui, imprudente, si fosse Smaterializzato davanti a lei.  I tre ragazzi risero, mentre Sirius e Martha continuavano a guardare il fuoco con nostalgia: Marie Redfort sarebbe mancata davvero a tutti.

Hogwarts, si disse Kayla, era sempre quella. Non si era accorta della morte di sua nonna, non aveva mutato niente delle sue mura o delle sue statue: era pronta ad accoglierla, come sempre. Se ne stava seduta in biblioteca con un vecchio libro e troppi pensieri quando, dal nulla, sentì qualcuno schiarirsi la voce dietro di lei. Si voltò con poca voglia, senza fingere di sorridere, ma non poté fare a meno di mostrarsi sorpresa quando vide Draco Malfoy.
“Ciao Black, scusa …”
“Kayla.” lo corresse lei. “ ‘Black’ è troppo generico.”  Si giustificò poi.
“Si, Kayla.” si corresse lui, per niente a suo agio con quell’imbarazzo. “Mi dispiace per … tua nonna.”
Kayla piegò un sopracciglio. (Aveva davvero detto ‘mi dispiace’?) “Oh, grazie.”
“Sì, sai anche io ho perso mio nonno l’anno scorso e posso capirti.”
Da quando si era scusato con lei per averla ingiustamente accusata di essere l’Erede di Serpeverde, Draco era strano con lei: non la insultava, non la prendeva in giro, e se la incrociava in dormitorio distoglieva lo sguardo.
“Di cosa è morto tuo nonno?” domandò, facendogli segno di sedersi.
Lui si guardò attorno, poi decise di accettare l’invito. “Vaiolo di drago.” Rispose, sistemando i libri. “Tua nonna?”
“Una malattia babbana che ti cancella la memoria.”
Lui non abbassò lo sguardo, ma era evidente che non sapesse cosa aggiungere. Così, Kayla decise di toglierlo da quell’imbarazzo. “Quando inizia il Quidditch?”

“Kayla!” esclamò Robert, sedendosi accanto a lei a cena. “Che ci facevi in biblioteca con Malfoy?”
“Tu mi segui?”
“Io ti tengo sempre d’occhio, ragazzina!” rispose nuovamente Robert, tagliando la bistecca. “Quel tipo non mi piace.”
“Nessun Serpeverde ti piace.” Replicò la sorella.
Lui non seppe come rispondere, ma in quel momento anche Harry giocò a fare il fratello iperprotettivo. “Quello meno di tutti, Kayla.” poi si voltò a guardare il tavolo degli insegnanti. “Ma Remus dove è?”
Robert lanciò una veloce occhiata alla luna piena riflessa nel soffitto della Sala Grande. “Non saprei.” Disse, poi. “Magari non aveva fame.”
“Che giorno è oggi?” domandò Hermione, dubbiosa.
“Mercoledì.” Rispose Ginny. “Perché?”
Hermione scosse la testa. “Niente, niente.” Tornò a fissare la bistecca. “Devo ancora studiare Rune!”
Robert e Ron la guardarono con aria perplessa. “Miseriaccia, Hermione!” esclamò il rosso. “Tu non puoi seguire Rune!”
“Ho un orario ad incastro, Ronald.” Rispose secca lei.
“Ad incastri contemporanei?” ironizzò Robert.
“Non mi sembra siano fatti tuoi, Robert.” Lo freddò lei. Poi si alzò, annunciando che non aveva fame.
“La tua amica è strana, fratello!” esclamò il giovane Malandrino, e Harry fu quasi sicuro che l’avesse guardata allontanarsi.

Hermione ripose il pesante volume di Storia della Magia nello scaffale. Non aveva ancora finito il compito di Pozioni, doveva ripassare Artimanzia, e … notò un’inconfondibile chioma corvina china su un libro. Quello non poteva di certo essere … “Robert?” esclamò.
Lui si voltò di scatto, facendole segno di stare in silenzio. “Non si deve sapere che sono qui!” rispose.
Lei sorrise e gli si avvicinò, pimpante. “Che cosa porta Robert Black in biblioteca?” domandò sedendosi davanti a lui.
“Una ragazzina che viaggia nel tempo.”  Rispose lui, tenendosi la testa con la mano. “Devo capire come fai.”
“Io non viaggio nel tempo Robert Black.” Precisò lei. “Sono solo molto astuta.”
“Sei molto imprudente, invece, secondo me. Dove la tieni?”
“Che cosa?”
“Le Giratempo.” Rispose lui. “Stando a questi cosi …”
“Si chiamano libri.” Precisò nuovamente lei.
“Si, questi libri, puoi aver usato solo una Giratempo.”
“Mi dispiace, Robert: io non so nemmeno cosa sia, una Giratempo.”
“Bugia: non esiste un oggetto magico di cui tu non sappia l’esistenza.”
“Perché dici così?” domandò, chinando la testa.
“Perché quando sei arrivata qui sapevi già tutto di tutti, figurati se non sai cosa è una Giratempo! Ne usi una più o meno tutti i giorni!”
“Questa è una tua teoria.” Precisò lei, sporgendosi verso di lui, intrigata da quel dibattito. “E, per curiosità, da quanto sei al corrente dell’esistenza di queste … come hai detto che si chiamano?”
Robert alzò gli occhi al cielo. “Va bene, Hermione: mezz’ora, più o meno. Ma non fingere che non sia vero.”
Lei si morse il labbro. “Te lo dico se mi dici come fai a sapere sempre dove sono tutti.”
“No.” rispose lui categorico. “Segreti troppo grandi per te, bimba.”
“Allora dimmi di che genere di malattia mensile soffre Remus.”
Fu Robert a mordersi il  labbro. Era quasi dicembre, ormai, ed era ovvio che lei se ne sarebbe accorta. Lui e Sirius lo avevano previsto, senza farne parola al diretto interessato: avrebbe rifiutato l’incarico. Contro ogni previsione, Hermione era arrivata alla conclusione prima di quanto si aspettasse.
“Segreti troppo grandi per te, bimba.” Ripeté.
“Chiamami ancora bimba e ti lancio una Fattura.”
“Non oseresti.” Ringhiò lui.
Lei fece per rispondere, quando si rese conto di essere pericolosamente vicino al suo viso. Sentiva il suo respiro sul viso e per la prima volta, si permise di ammirare i leggendari occhi dei Black. Uno schiarimento di voce li fece voltare: era Remus, che li guardava con aria Malandrina. “Robert, avrei bisogno di parlarti.”

Robert si sedette comodamente dietro la scrivania di Remus, il quale, davanti alla porta, sorrideva. “Staresti bene, come professore.”
“Sarei il professore migliore del mondo!” esclamò il ragazzo. “Allora, Moony, cosa ti turba?”
“Pensavo di farti la stessa domanda.”
Robert sorrise. “Io sto benissimo.”
“Ah sì? La McGranitt mi ha detto che ti sei messo a studiare.”
Il ragazzo allargò il suo sorriso. “Perché lo dici come se fosse una  cosa negativa?”
“Perché per te lo è.” Fece qualche passo verso la scrivania. “Ma c’è di più: non fai togliere punti alla Casa, non giri per i corridoi di notte, e i passaggi indicati dalla Mappa sembrano non venire usati da settimane.”
“Non ti capisco, Remus: in quanto insegnante e amico dei miei genitori dovresti essere contento.”
“Sono preoccupato.” Confessò lui.
“Tu funzioni male, professore.”
Remus piegò gli angoli della bocca. “Non giri per i corridoi di notte e non usi i passaggi segreti per scappare a Hogsmeade a bere con tua cugina. Sei ancora in possesso della Mappa del Malandrino?”
“Prova a dire il suo nome, lentamente: Tonks.” Lo stuzzicò il ragazzo. “Dai, non è difficile, prova. Tonks.” Ripeté lentamente.
“Non è difficile: perché non usi più la Mappa?” insistette.
Robert allargò le braccia. “Non te lo dirò, professor Lupin.”
“Non te lo sto chiedendo da professore, ma da amico.”
“Moony, la Mappa è in buone mani.” Lo rassicurò lui.
“E se finisse in mano a Peter? Ci hai pensato?” domandò, preoccupato.
“Oh, certo: Wormtail gira per il castello a giorni alterni, non lo sapevi?”
Remus scosse la testa. “Ti credevo cresciuto, Robert.”
“Lo sono, Remus: ho dato la Mappa a mio fratello perché potesse proteggersi.”

“Ha dato la Mappa a Harry!” sbottò Remus, entrando con la Metropolvere in casa Black. Si guardò attorno, trovandola vuota. “Sirius?” domandò. Mosse dei passi incerti verso la cucina. “Martha?”
In cucina, vide una ragazza bassa, di spalle, con dei capelli tra il viola e il rosso, che ballava, facendosi un toast. Rimase a guardarla per un po’. Tonks era fantastica, in certe cose: era genuina, era aria fresca. Quando si voltò e lo vide, rivelò di avere delle cuffie e gli occhi sottolineati da due pesanti occhiaie. “Oh, Lupin!” esclamò. “Non ti ho sentito entrare.”
“Non mi sentirai mai entrare, se stai con gli auricolari.”
Lei si sedette e addentò il suo toast. “ ‘uovo CD ‘orelle Stravagarie!” borbottò.
“Sì, lo so.” Disse. “Ho detto io a Robert di mandartelo.”
La ragazza lo guardò, confusa. “Oh.” Disse, poi. “Hai fatto colazione?”
“Sì, Ninfadora: sono le tre del pomeriggio.”
“Ma è domenica!” protestò lei. “E io mi ero sforzata di essere gentile!”
“Oh, ti ringrazio, ma ho anche pranzato.” Rilanciò lui. “Sai dove posso trovare i miei amici? Robert ha …”
“Dato la Mappa a Harry. Sì, me lo ha detto. La trovo una buona mossa.”
Remus alzò gli occhi al cielo. “Per l’amore del cielo, Ninfadora, ti rendi conto che …”
“Peter non entrerà a Hogwarts: Silente non lo permetterà.”
“Non mi permetto più di dire cosa potrebbe o non potrebbe fare Peter.” Sussurrò lui, mentre lei aveva appena finito il toast.
“Scusa.” Disse. “Non ci avevo pensato.” Poi si alzò da tavola e incantò il piatto perché si lavasse da sola. “Sirius e Martha si sono dati da fare, ieri sera, e ancora dormono.”
Remus sorrise e scosse la testa. “Credono ancora di poter reggere un altro figlio?”
“Credo lo facciano più per il puro piacere dell’accoppiamento.” Contestò lei. “Fa bene allo spirito. Prova, ogni tanto.” Si avvicinò alla porta, ma prima di uscire si girò e guardò l’uomo. “Mi fa piacere che tu sia tornato a parlarmi, Remus.”
Lui sorrise, riuscendo solo a pensare che fosse bellissima anche con addosso solo la maglietta degli Stones che le arrivava alle ginocchia e le occhiaie.

Martha se ne stava con le mani in tasca in una cabina della London Eye, mentre osservava Sirius con un sorrisetto curioso. L’ultima volta che erano stati lì, con James e Lily, Bellatrix l’aveva colpita tre  volte con una Cruciatus. “Perché qui?” domandò, osservando Londra.
“Perché volevo uscire un po’.” Mentì lui.
Lei allargò il suo sorriso. “Mi devi dire qualcosa?” ironizzò.
Lui si perse a guardare Londra, per poi finire a guardare il riflesso di sua moglie nel vetro. “Non hai mai pianto.” Sussurrò. “Tua madre è morta, così, da un giorno all’altro, senza fare rumore, e tu non hai mai pianto.” Quindi si voltò a guardarla. “Perché non hai mai pianto?”
Lei prese a guardarsi gli anfibi. “Senza fare rumore.” Ripeté. Era buffo, che a trentatré anni fosse in giro con l’eskimo e gli anfibi, accanto all’uomo più bello del mondo. Si perse a guardare i suoi occhi grigi. “Vuoi davvero sapere perché non ho mai pianto, da quando sei tornato?”
“Non piangi da quando sono tornato?” domandò lui, spiazzato.
Martha scosse la testa. “Non ho pianto perché credo di aver esaurito le lacrime negli anni in cui non ci sei stato. Non piango per mia madre perché non c’è niente di pi giusto che andarsene senza fare rumore, per una come lei.” Sospirò. “Non ho pianto perché ci sei tu, con me, ora, e tanto basta: potrei affrontare il mondo, se tu mi tenessi la mano.”
Sirius le sorrise, le passò una mano dietro le spalle e la baciò con trasporto, in mezzo a una trentina di babbani, che non sapevano se fotografare loro o il panorama. Erano come la coppia di adolescenti che erano stati in quello stesso posto, spensierati ed armati solo del loro amore. Certo, ormai era iniziato dicembre, presto i ragazzi sarebbero tornati a casa e loro avrebbero dovuto ricominciare a fare i genitori, e un loro vecchio amico, nonché traditore e causa di una loro separazione durata dieci lunghi anni, era a piede libero e probabilmente li stava cercando, perché loro stavano cercando lui, e perché certi conti non si chiudono mai davvero.
Ma quel giorno, erano solo un uomo e una donna innamorati l’uno dell’altra come il primo giorno che si divertivano come bambini. 
 
Ciao pipol :3 
Volevo scusarmi con voi: di solito pubblico con più frequenza, invece dall'ultimo capitolo è passata quasi una settimana! Mi dispiace, ma a scuola hanno preso molto sul serio gli attacchi di Parigi e io sono sommersa da temi, riflessioni e ricerche.
Detto questo, voglio anticipare i vostri insulti dicendo che mi dispiace davvero moltissimo per Marie, ma le cose non vanno sempre bene, lo sappiamo. Spero di essermi fatta perdonare con un po' di Drayla e anche un po' di Herbie, seguendo comunque il tracciato orginale del mio libro preferito.
Probabilmente nel prossimo capitolo vedremo il Natale e poi si passa alla parte salieeeente. *piccola Claude felice*
Ora, passiamo ai ringraziamenti! Ringrazio immensamente vittoriaM20, ormai mia fedele confidente, alwais, che ha passato una serata a farmi schiattare d'invida raccontandomi di aver visto Tom Felton, felpato8,da cui sto aspettando la lezione di nonricordocosa via Skype (quindi se ingrasso è colpa sua!) e poi quel tesoro di Eli aka Distretto_9_e_34. Grazie davvero!
Claude xx
P.S. Il gufo morde! https://www.facebook.com/PSil-gufo-morde-%CF%9F-127745170733062/ mi trovate qui, per qualsiasi cosa.

 
   
 
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