Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Severia85    20/11/2015    1 recensioni
Voldemort ha vinto la guerra e, tra le altre cose, sta portando avanti una politica di purificazione del sangue. Per questo motivo, obbliga i giovani maghi e le giovani streghe a sposarsi e a mettere al mondo figli, anche contro la loro volontà. Questa storia racconta la vicenda di Daphne e di come cerchi di affrontare la situazione.
Questa fic è stata scritta per il contest “Daphne” indetto da Matilde di Shabran che purtroppo non ha avuto sufficienti partecipanti.
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Daphne Greengrass, Theodore Nott, Voldemort
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Da VII libro alternativo
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
TRA LE BRACCIA DEL DOLORE
 
Era sola, nella propria stanza. Seduta alla toilette, evitava di guardarsi nello specchio. Con gesti lenti e precisi, Daphne si arrotolò la manica sinistra della tunica verde che indossava. Rimase qualche istante ad osservare la pelle bianca del braccio, poi, senza esitazioni, vi appoggiò la lama di un pugnale e premette, facendola scorrere. Il dolore fu immediato e intenso, ma la strega non si fermò, assaporandolo fino in fondo. Il dolore fisico era diventato, da qualche tempo, il suo più caro amico, in quanto era l’unico in grado di lenire la sofferenza della sua anima, di trasportarla altrove, lontana da quella realtà. Osservò il sangue scorrere lungo il braccio, scuro e denso. Maledisse quel sangue che la rendeva così speciale: puro e allo stesso tempo dannato.
Un leggero bussare alla porta, risvegliò la ragazza dai suoi pensieri.
“Daphne, posso entrare?”
“Un momento.”
Con pochi movimenti di bacchetta, risanò la ferita e pulì il sangue.
“Vieni pure.”
Sua sorella superò la soglia con un espressione allegra: con una mano si accarezzava dolcemente il ventre rigonfio. La maternità l’aveva resa ancora più bella di quanto non fosse già, facendo sfigurare Daphne, più bassa e con qualche chilo di troppo. Tra pochi mesi, Asteria avrebbe portato a termine il proprio compito, quello che il nuovo regime aveva assegnato ad ogni donna di sangue puro: procreare. Da quando l’Oscuro Signore aveva trionfato su Potter, aveva imposto una politica di purificazione del sangue e, visto che molti Nati Babbani venivano privati della bacchetta, imprigionati oppure uccisi, era necessario rinfoltire la popolazione magica di molti maghi e streghe di sangue puro. Asteria era stata data in moglie a Draco Malfoy e, insieme, avevano concepito un figlio che sarebbe presto venuto al mondo.
“Che cosa stai facendo?” le domandò la sorella. “La sarta ti sta aspettando di sotto.”
“Arrivo.” Rispose Daphne, cercando di disegnarsi sulle labbra un sorriso.
Tra due giorni, avrebbe subito la stessa sorte e doveva mostrare di esserne orgogliosa e felice. A malincuore, lasciò il suo pugnale e si diresse verso il salone.
 
Daphne si guardò nel grande specchio: il vestito da sposa le cadeva fino alle caviglie, elegante e prezioso. Si trattava di una tunica color argento, stretta sotto i seni e con una profonda scollatura rotonda, sia sul davanti che sulla schiena. I bordi erano impreziositi con piccoli smeraldi che lo facevano luccicare ad ogni movimento. L’abito la slanciava e mascherava i fianchi abbondanti: in un’altra situazione, la strega si sarebbe sentita davvero contenta. Ora, una lacrima le scese lungo la guancia, senza che potesse fermarla.
“Oh, tesoro, non fare così, o mi commuovo anch’io!” esclamò la sorella, resa particolarmente sensibile dalla gravidanza.
Per fortuna, non aveva intuito l’amarezza che si celava dentro quella piccola goccia salata.
Sua madre le appoggiò le mani sulle spalle e, con lo sguardo fiero, le disse: “Sei davvero bellissima.”
Daphne chiuse gli occhi per un momento, ripensando alla lama che tagliava la sua pelle e al sangue che scorreva: tra pochi minuti avrebbe potuto trovare di nuovo sollievo.
La sarta fece le ultime modifiche all’orlo del vestito, poi la lasciò libera.
La strega si diresse a passo deciso verso lo scalone che l’avrebbe riportata nella sua stanza, tuttavia fu richiamata da una voce maschile.
“Daphne, sei uno splendore.”
“Blaise. Come mai qui?” rispose, mordendosi la lingua per non imprecare.
“Sono il testimone dello sposo: è mio preciso dovere assicurarmi che tu stia bene.” Le disse, sfoderando un sorrisetto sornione.
“Come puoi vedere, sto bene. Ti ringrazio del pensiero.” Rispose, facendo mostra di tutta la propria educazione aristocratica. Non sopportava Zabini: lo trovava viscido, crudele e approfittatore, come gran parte dei maghi Purosangue in quel periodo, sempre pronti ad ubbidire al loro Signore per ricevere onori e favori.
“Agitata?”
“Non direi.”
“Molto bene: Theodore ne sarà contento.” Ridacchiò. “Tua sorella?”
“È in sala, con mia madre.” Rispose controvoglia: non apprezzava l’interesse del mago nei confronti di Asteria.
“Grazie. Ci vediamo dopodomani!” la salutò, strizzando l’occhio.
Daphne salutò il ragazzo con un mezzo inchino e, sforzandosi di non correre, salì le scale. Solo quando ebbe chiuso la porta della propria stanza alle sue spalle, si sentì al sicuro. La conversazione con Blaise l’aveva indisposta ancor di più: sapeva bene a cosa si riferiva il ragazzo nel chiederle se era agitata. Nella sua voce, c’era una nota maliziosa che non aveva provato nemmeno a nascondere. La strega si spogliò, restando completamente nuda. Osservò il suo corpo, soffermandosi sui seni e sul ciuffo di peli scuri che le spuntavano tra le cosce. Si sdraiò sul letto e aprì le gambe: si sentiva a disagio in quella posizione, eppure sapeva di non avere scampo. Restò così e, con un incantesimo di appello, si procurò il pugnale. Lo affondò nell’interno coscia, lì dove la carne era più morbida e bianca. Il dolore si diffuse in tutto il corpo, arrivando al cervello e bloccandole qualunque possibilità di pensare razionalmente. La sua mente vagò, ritornando ad Hogwarts, alla luce verdognola della Sala Comune e alle chiacchiere allegre, scambiate vicino al camino.
 
***
 
Il gran giorno era arrivato: in casa Greengrass tutti si muovevano in modo frenetico, controllando che ogni cosa fosse a posto.
La cerimonia si sarebbe svolta nella futura abitazione della coppia, in modo che, una volta terminato il rito e i festeggiamenti, i due potessero consumare il matrimonio più agevolmente. Il Signore Oscuro in persona avrebbe presenziato.
Daphne aveva trascorso la notte a praticarsi tagli e poi a richiuderli, fino a quando, all’alba, ormai stremata, era caduta in un sonno leggero e agitato. Alla mattina, sua madre si era lamentata delle occhiaie, tuttavia le aveva fatte sparire con una crema densa.
Quando indossò il vestito, rischiò di scoppiare in lacrime, ma riuscì a trattenersi. Sentiva che stava perdendo la libertà e la giovinezza: tra poche ore, avrebbe sposato un uomo che non amava e  sarebbe diventata soltanto una sorta di incubatrice per neonati Purosangue. Nessuno le aveva mai domandato se quel destino la rendesse felice e, tantomeno, se amasse il suo futuro sposo. L’Oscuro aveva deciso e la sua volontà era legge. Come avevano potuto credere, nei giorni precedenti la vittoria, che con Voldemort al potere le loro vite sarebbero state migliori? Avevano rinunciato alla libertà, per servire un padrone che prendeva decisioni al posto loro: erano diventati schiavi. Si erano scelti una splendida gabbia dorata, fatta di agi, potere e ricchezze, ma pur sempre una gabbia.
Con un incantesimo restrinse le scarpe, così che le facessero male ai piedi: voleva che il dolore le fosse accanto, quel giorno.
Tutta la famiglia partì in carrozza: gli ultimi istanti di libertà per una giovane strega.
 
La sala era addobbata con fiori e nastri di raso. Al centro, era collocato un tappeto verde, su cui avrebbero camminato i futuri sposi, fino a raggiungere la piattaforma sulla quale, un mago alto e particolarmente magro, con il naso aquilino, avrebbe officiato la cerimonia. Ai lati, parenti e amici e, naturalmente, Lui. Voldemort era già seduto, al posto d’onore, pronto a godersi la funzione. I Mangiamorte che pian piano arrivavano si inginocchiavano ai suoi piedi, baciando l’orlo della tunica. I più importanti tra loro potevano anche permettersi di scambiare qualche parola con lui. L’Oscuro li salutava con un sorriso serpentesco, godendosi gli onori ricevuti. Nulla poteva turbare la sua soddisfazione: avere ucciso Potter, averlo schiacciato come un lurido verme strisciante, gli aveva dato potere e la certezza dell’invincibilità. Qualche stupido mago tentava ancora di ribaltare la situazione, ma non aveva possibilità: presto, avrebbe annientato anche quel inetto di Paciock e tutto il suo miserabile esercito.
Voldemort fu distratto dalla musica che annunciava l’arrivo dello sposo, in abito scuro. Poco dopo, a passo lento, fece il suo ingresso la sposa. Daphne fissava un punto davanti a sé senza vederlo davvero, eppure le serviva per poter proseguire e raggiungere il suo promesso. I piedi le procuravano fitte di dolore, tuttavia non sembravano sufficienti per distrarla da quello a cui stava andando incontro.
Non sentì quasi nulla delle parole del mago che officiava, troppo concentrata sul continuare a respirare, operazione che il suo corpo non sembrava più in grado di svolgere da solo. Si accorse appena della presenza di Theodore al suo fianco: non notò i suoi capelli castani appena tagliati, né gli occhi scuri e fieri. Si limitò a dargli la mano al momento giusto e a muovere le labbra per pronunciare la promessa. Blaise e sua sorella erano al loro fianco, sorridenti e felici, ignari del tormento che lacerava Daphne.
La strega ritornò alla realtà quando il marito la baciò con passione, infilandole a forza la lingua in bocca. Improvvisamente, sentì la musica e le chiacchiere degli ospiti e ne rimase sconcertata. Poi, fu trascinata sulla pista da ballo, tra le braccia di Theodore. Daphne ballò, con i piedi martoriati nelle scarpe strette. Immaginò le piaghe sanguinanti sulla pelle sottile e ritornò con la mente ad Hogwarts, al Ballo del Ceppo, a quel bel ragazzo tedesco, con gli occhi chiari: quando l’aveva invitata a ballare, la sua mano le era sembrata grande e sgraziata, tuttavia si era dimostrata dolce e gentile. Il giovane l’aveva fatta danzare, sollevandola e facendola sentire leggera come una piuma. Era stata felice allora.
Il silenzio calò inaspettatamente, interrompendo le danze e facendo gelare il cuore di Daphne.
“Miei cari sposi,” esordì l’Oscuro Signore, con voce melliflua. “Ritengo che sia ormai giunto il momento di festeggiare il vostro matrimonio in maniera privata e di contribuire ad ingrandire e purificare il nostro nuovo, magnifico mondo.”
Dagli ospiti si levò un applauso e qualche risatina maliziosa.
Theodore e Daphne fecero un leggero inchino al loro Signore, poi si diressero verso il piano superiore. Pochi scalini separavano la strega dal suo destino: avrebbe preferito andare incontro alla morte, ma sapeva che scegliere tale strada avrebbe significato il disonore e la caduta in disgrazia di tutta la sua famiglia, compresa sua sorella e il bambino che aspettava. Non voleva questo.
 
Theodore le aprì la porta della grande stanza padronale, facendola entrare per prima. Daphne si voltò a guardare il raffinato letto a baldacchino, dandogli le spalle.
“Daphne?” dalla voce, sembrava nervoso anche lui. “Sai quello che dobbiamo fare ora, vero?”
“Sì.”
“Sei vergine?”
“Sì.”
“Beh, non preoccuparti, ok?”
Sembrava davvero a disagio: anche a lui quelle nozze erano state imposte e anche su di lui gravava il peso del concepimento: doveva metterla incinta quella notte stessa.
“Vuoi che ti spogli o preferisci fare da sola?”
Senza rispondere, la ragazza cominciò a sfilarsi la tunica, mentre il suo sposo faceva lo stesso. Restò solo con le mutandine: si vergognava troppo per toglierle. Theodore le si avvicinò da dietro, iniziando a baciarle il collo e a palparle i seni. Daphne si irrigidì immediatamente, incapace di godere di quel contatto.
“Rilassati.” Le sussurrò nell’orecchio. La sua mano prese a scendere, fino a raggiungere la sua intimità. “Non ti farò male, promesso.”
Daphne si liberò, allontanandosi di qualche passo e lasciando il mago perplesso.
“Senti,” gli disse la giovane. “Possiamo fare in fretta e saltare questi... queste cose?”
Voleva che fosse qualcosa di rapido e doloroso: il dolore non la spaventava, anzi le avrebbe permesso di affrontare ciò che andava fatto.
“Ehm, d’accordo.” Le rispose Theodore. “Se è questo che vuoi.”
La strega annuì, si tolse le mutandine e si sdraiò sul letto. Anche il marito si tolse i boxer, rivelando la propria erezione pulsante. Si sdraiò sopra di lei, divaricandole le gambe.
La penetrò con un unico colpo, provocandole un dolore intenso che, dal basso ventre, le si diffuse in tutto il corpo. Da quel momento, Daphne fu solo parzialmente consapevole del peso del mago sopra di lei, dei suoi movimenti e delle sue spinte che si facevano via via più rapide. La sua mente prese a vagare e ritornò all’infanzia, alle corse in giardino con la sorella.
Il dolore si attenuò quando Theodore si sollevò da lei, lasciandosi cadere sul letto, con il respiro affannato. Non si parlarono e rimasero fermi, tanto che la strega pensò che lui si fosse addormentato. Non poté fare a meno di domandarsi se avesse concepito: la data del matrimonio era stata fissata in modo da coincidere con il suo periodo più fertile. Una cosa che l’aveva disgustata, ma non aveva potuto opporvisi. Forse, già in quel momento, una vita microscopica si stava formando dentro di lei: sarebbe riuscita ad amare quel bambino? Sarebbe riuscita a guardarlo crescere e diventare uomo, solo perché entrasse poi al servizio dell’Oscuro?
“Daphne?” la chiamò Theodore, dopo un po’. “Sei sveglia? Pensavo che dovremmo rifarlo: sai, per essere sicuri.”
La strega chiuse gli occhi, sentendo la tristezza pervaderla.
Con una dolcezza che non si sarebbe aspettata, il marito la fece girare su un fianco, e aderì al suo corpo. Mentre l’accarezzava, sentì la sua erezione crescere. Si mise distesa a pancia in giù e aprì le gambe per facilitarlo. Usò prima le dita, per farla bagnare, poi la penetrò e cominciò a spingere. Daphne affondò il viso nella coperta e lasciò che le lacrime sgorgassero dai suoi occhi. Non provava abbastanza dolore per fuggire da lì. Avvertì ogni gesto, ogni carezza lasciva. Udì i grugniti di piacere del marito e il suo respiro affannoso. Poi lo sentì venire dentro di lei e capì che, almeno per il momento, avrebbe avuto un po’ di pace.
 
Quando il respiro di Theodore si fece regolare e fu certa che si fosse addormentato, Daphne si alzò ed evocò il proprio pugnale. Con il suo fedele compagno, andò nel bagno e riempì la vasca. Si sentiva sporca e infreddolita. Si immerse nell’acqua calda, senza però riceverne beneficio. Si lasciò scivolare, fino a mettere la testa sott’acqua e così rimase fino a quando non sentì che i polmoni stavano per scoppiarle.
A quel punto, riemerse e prese a tagliarsi l’avambraccio: si procurò quattro profondi tagli, lungo tutta la lunghezza dell’arto, poi lo appoggiò al bordo della vasca, osservando il sangue mescolarsi con l’acqua. Appoggiò la testa all’indietro e pian piano, cullata dal dolore che lei stessa si era procurata, si addormentò.
 
__________________________________________ 
N.d.A.
Questa fic partecipa al contest “Daphne” indetto da Matilde di Shabran.
Il mio pacchetto prevedeva di far sposare Daphne con Nott, senza che lei volesse, ambientando la storia in un mondo in cui Voldemort avesse vinto. Inoltre dovevo inserire Blaise e utilizzare il genere drammatico.
Non conosco personalmente nessuno che si procuri dolore apposta, ma ho sentito parlare del problema e ho deciso di inserirlo come espediente usato da Daphne per fuggire al suo destino. Il finale è aperto: lascio a voi decidere se la strega morirà nella vasca oppure si salverà. O magari scriverò io un seguito.
Ho immaginato che Asteria, nonostante fosse più giovane, si sia sposata prima perché più bella (Draco, obbligato a sposarsi, la preferisce a Daphne).
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Severia85