Le bianche lapidi risplendevano bagnate dalla luce
della luna, fredde sorgevano dal terreno a monito dei mortali. Il silenzio
della morte incombeva nel piccolo cimitero di campagna. La chiesa quasi
diroccata si stagliava nera sullo sfondo circondata da rami ormai secchi. Il
vento frusciava tra le fronde spoglie.
Un'ombra lenta e silenziosa scivolava tra le tombe in
cerca della sua. Una lieve luce, apparizione in quel paesaggio di desolazione,
usciva da una cripta. Vi si insinuò dentro e iniziò a
scendere i gradini di pietra, il cuore pesante gli premeva nel petto. La tenue
luce delle candele combatteva una battaglia che era
destinava a perdere contro il buio che avvolgeva la piccola stanza.
Immobile era steso nella sua bara. Una bara.
Il viso perfetto pallido e senza vita, i ricci neri
sparpagliati, gli occhi....gli occhi non avrebbero mai
più potuto dischiudergli i loro segreti. Non avrebbe più avuto accesso alla sua
anima. Non lo aveva mai avuto e nulla potrà più cambiare, sarà così per
l'eternità.
Il dolore divenne insopportabile, un lieve sussurro
gli uscì dalla labbra
“Louis...”
Lacrime rosso sangue caddero
sul viso di Louis. Che senso aveva l'eternità?
Notte dopo notte solo, sempre solo per le strade di
Parigi, per il mondo ed il tempo, a cercare qualcosa
che ormai non faceva più parte di questa terra. Che senso aveva?
Solo adesso capiva le parole di Louis, solo adesso. Il
solito ghigno gli attraverso le labbra perfette, era
troppo tardi. Capiva il vero valore della vita, cosa fosse la vita per gli umani. Lui non aveva avuto scelta, nessuno gli
aveva chiesto se volesse diventare un vampiro era
semplicemente successo ed era stato costretto a quella vita di tenebre e
solitudine. Raccolse le gocce impure di sangue dalla guancia fredda dall'amato.
“Louis”
Ora capiva. Capiva perché non gli avesse detto che era
malato; lui non avrebbe mai accettato di perderlo e lo avrebbe trasformato
contro la sua volontà a costo di essere odiato. Capiva perché voleva rimanere
un mortale. La loro fragilità è ciò che rende i mortali preziosi, il loro essere effimeri.
Louis lo sapeva, aveva accettato la sua condizione
come un dono e non come un limite. Non aveva paura della morte. La paura invece
era l'unica cosa lo obbligava a nascondersi tutte le mattine. Ma adesso non era più solo...
Passò la mano tra i ricci di seta, si ricordò
dell'ultima volta che aveva visto quegli occhi neri, così profondi, della
rabbia che vi aveva scorto.
“Louis”
Era tornato dopo quella sera. L'unica cosa che aveva
trovato ad accoglierlo era stata una casa vuota. Se ne era andato, lo aveva
abbandonato. Aveva cercato per tutta la casa, era tornato
notte dopo notte senza alcun risultato. Ogni volta trovava sempre il vuoto.
Voleva dimenticarlo. E lui non era riuscito a trovarlo per rivedere ancora una
volta quegli occhi.
“Louis, ti prego, non lasciarmi solo....aspettami”
Silenzioso e leggero si insinuò
nella bara e prese Louis tra le braccia. Ormai era freddo come lui, non era più
il suo Louis, caldo e dolce, ma forse lo avrebbe ritrovato. Gocce di sangue
sempre più copiose macchiavano il raso bianco.
“Louis” un lieve sorriso, un lieve
sorriso felice increspò quelle labbra mortali dopo secoli. Lo baciò sulle
labbra. Non aveva più paura....
I primi raggi del sole si affacciavano sul mondo,
dissolvevano le tenebre e ricacciavano indietro il paesaggio di morte che
sorgeva con la luna, adesso quel paesaggio sarebbe stato di amore tra i vivi ed i cari defunti.
Non aveva più paura....
Il sole sempre più imponeva la sua presenza sul mondo,
i raggi avanzano sempre più vicini
Baciò quelle labbra per l’ultima volta.
Non aveva più paura, Louis era con lui.