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Autore: Socrata    04/12/2015    2 recensioni
Non era una storia come tante, come invece cercava di ripetersi ogni volta che lui tornava a tormentarla.
Lo aveva conosciuto al primo anno d'università: sostituiva il professore alle lezioni di Diritto Privato. Era osannato da tutte, ma lei lo reputava troppo innamorato di se stesso per trovarlo interessante. Eppure, fu proprio lui a chiamarla quando rifiutò il voto all'esame: era luglio del 2009.
Da allora era iniziata la loro strana relazione, fatta più di intenzioni, di parole mai dette e di delusioni che di qualcosa di reale.
Un rapporto che in bene o in male, mentre Dante era divenuto ormai professore associato, era arrivato sino alla preparazione al concorso di magistratura di Eleonora.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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seconda lezione 2.0

Signorina, si è divertita a preparare quest’esame?”, mi disse con un sorriso soddisfatto sulle labbra.

Moltissimo!”, risposi spontanea e solare. Ci tenevo a quella prova, l’avevo studiata con vivido interesse e amore incondizionato. Il professor Testa prese il mio libretto, ma non prima di chiedermi con aria di finta sfida:

Ah, da dove viene la parola vittima?

Da vinctus! Essere vinto
Perfetto…

E così dicendo sotto i miei occhi sognanti scrisse un trenta e lode, che lessi con le labbra incredula, mentre i miei amici, ai primi banchi echeggiarono con un tono di voce eccessivamente alto “TRENTA E LODEEEE????!”. Effettivamente non era facile prendere un voto alto in quella materia, ma per me era stato molto più semplice innamorandomi dell’insegnante e della materia.

Scesi dal piano rialzato dove si trovava la cattedra e salutai i miei compagni, avrei scoperto amaramente col tempo che non avrei dovuto fidarmi di nessuno di loro.

Come sempre, finita una prova, presi il telefono e chiamai prima mia madre, poi le mie due zie, che facevano coppia ormai da quindici anni, e mia nonna. Mi lasciavo sempre le chiamate migliori alla fine, così chiamai la mia più cara amica:

Ehi Ale!

Oh secchioncella! Allora?? Hai preso sto trenta??

Veramente no..”
Come no??? Dai è irrealistico! Chi devo picchiare?

Ale..ho preso trenta e lode!” E scoppiai in una risata che contagiò anche lei dall’altra parte del telefono.

Sei sempre la solita, teppista! Brava! Senti ora scappo in aula, ci vediamo nel week end ok?

Va bene! A dopo!

Alessandra era una matricola di ingegneria civile ed era il mio esatto opposto, anche fisicamente. Lei era mora corvina, occhi scuri, alta, con una siluette invidiabile e la carnagione scura. Io dal canto mio, ero rossa ramata, occhi cangianti tra il verde e il nocciola, statura decisamente bassa, sebbene non fossi così bassa da prendere epiteti come “nana”, “gnoma” et similia e avevo una pelle troppo chiara che i più poetici definivano diafana, i più sinceri pallida.

Alessandra era poi una persona estremamente pacata e razionale, in realtà lo ero anche io ma spesso non riuscivo a limitare le mie emozioni più forti e questo ci portava a discutere, come quella volta in secondo liceo che rimase piuttosto storica negli anni del gruppo.

Non posso crederci, Ale! Veramente tu vuoi che il nostro Paese resti così???! Non ti interessa nulla che ci sia qualcuno che ci sta mangiando il futuro??
Eleonora, che cavolo vuoi?? Ma valla a sconfiggere tu la mafia! Te e il tuo codice etico del cazzo! Non puoi pretendere che siano tutti come te!”.

Alla fine a distanza di anni, ancora ci ridevamo sopra.

Il nostro non era affatto un rapporto facile, anzi, spesso eravamo dovute venirci incontro. Così diverse eppure così complementari, avevamo fatto della nostra diversità un punto di forza e dopo cinque anni a lavorare su noi stesse al liceo, ora mi sentivo sicura della nostra amicizia.

Alessandra non era affatto facile, era guardinga, pacata e razionale, non si fidava facilmente delle persone, le lasciava entrare con estrema difficoltà nella sua vita. Io ricordo di averci messo diversi mesi prima di iniziare a conoscerla davvero, sebbene dal Novembre del primo anno fossimo compagne di banco. Lei amava tutelarsi, riusciva a stare sempre tre passi avanti a me e a capire chi aveva di fronte, io non ci riuscivo. Mi fidavo sempre troppo delle persone e lei me lo diceva sempre, arrabbiandosi. Perché vedete, Alessandra aveva un motivo per difendersi: sapeva poi amare incondizionatamente. Una volta superata la sua barriera, lei ti dava tutta se stessa e sarebbe venuta dall’altra parte del mondo se solo io ne avessi avuto bisogno.

Era un’amica formidabile, sebbene non fosse quasi mai d’accordo con me, ma senza di lei probabilmente avrei fatto molte più cazzate. Lei così calma e serafica, io così chiassosa e estroversa: alla fine, eravamo due facce della stessa medaglia e dopo averci conosciuto, nessuno metteva in dubbio che si trattasse di amicizia.

Chiusa la telefonata con Ale, tornai da Marco e dai miei compagni per salutarli, stranamente avevo finito un esame in un orario più che decente, quindi avevo veramente voglia di tornare a casa e riposarmi un po’, magari giocando a qualche videogioco o vedendo qualche anime.

Avevo deciso che a una cosa non volevo rinunciare: alla parte più fanciullesca di me, il fatto di essere una brava studentessa, non cozzava, a mio avviso, con la mia passione per anime, manga e videogiochi.

Con un sorriso goliardico mi diressi verso l’uscita dell’università, era mezzogiorno, camminavo spedita con la testa piena di pensieri: avevo finito la sessione e gli esami erano andati decisamente tutti per il meglio. Dovevo avere un sorriso stampato in faccia non indifferente che mi rendeva irrilevante qualsiasi cosa di negativo mi succedesse accanto. Forse ero semplicemente troppo presa dal mio ottimismo per rendermi conto che qualcuno mi stava guardando, appoggiato elegantemente ad un muro del corridoio, nascosto in mezzo ad altre giacche e cravatte.

Si incamminò verso di me e mi sorpassò, ma non me ne accorsi finché un forte profumo di colonia non mi invase. Per un attimo mi fermai e cercai di capire da dove potesse venire quell’odore, ma non trovai nessuno accanto a me né nelle vicinanze perché lui aveva già girato l’angolo, diretto al vecchio edificio dove si trovava il dipartimento di diritto privato.

***

Ed eccomi lì, a rincorrere l’autobus e a pregare con gli occhi il guidatore di aprire le porte: purtroppo anche pensare molto intensamente “per favore, per favore, per favore apri!”, non aiuta una povera ragazza di Roma, perennemente in ritardo, a salire sull’autobus che ha appena perso per arrivare puntuale alla lezione di diritto privato.

Mentre con passo spedito, a tratti correndo, raggiunsi la facoltà e mi fiondai sui grossi schermi che indicano le aule preposte alle specifiche materie. Peccato che la schermata scorreva sempre molto lentamente, Andiamo! Andiamo! Andiamo!, pensavo fra me e me ed ecco finalmente:

 

ORE

AULA

MATERIA

PROFESSORE

14,30

1. 06

Istituzioni di diritto privato

Prof. Lupo

Perfetto! Aula 1.06! Dove cavolo sta l’aula 1.06??? Chi l’ha mai sentita??

Cercai di respirare con calma, ero in ritardo solo di quindici minuti alla prima lezione del corso più importante del primo anno e in occasioni simili, pensavo ad Alessandra che mi diceva “Non ti impanicare! Respira ed espira!” e lo ripeteva tipo mantra, cominciai a calmarmi, tutto volevo tranne che un atto di panico in mezzo al corridoio.

Ehi, ti vedo in difficoltà. Cerchi le lezioni del professor Lupo?

Mi girai per vedere il mio salvatore, l’angelo sceso dalla terra per venire in mio soccorso, con quella voce suadente e quella sicurezza tipica del figaccione in un anime di bassa lega. Mi trovai, invece, di fronte un ragazzo poco più alto di me, dall’aspetto dubbio e dall’abbigliamento confuso, ma con un sorriso sincero, gli fui estremamente grata per avermi notato.

Sììì! Ti prego aiutami!” Dissi sull’orlo della disperazione. Evidentemente non si aspettava tanta sincerità e scoppiò a ridere di gusto:

Stai tranquilla! Il professor Lupo non viene mai in orario, anzi è probabile che non sia ancora arrivato o che proprio non ci sia! L’aula 1.06 non è in questo edificio, ma nel vecchio che si trova qui affianco. È facile da trovare, è al piano terra, ma vieni, ti accompagno. A proposito, che maleducato: mi chiamo Emanuele..” e mi porse la mano.

Piacere, Eleonora! Grazie, ma davvero non c’è bisogno che ti scomodi! Penso di avere tutto chiaro”. Bugia, enorme bugia. Non ho mai avuto il minimo senso dell’orientamento e sono capace di non trovare la strada che è la parallela di quella su cui sto, ma per fortuna il mio principe azzurro alla Shrek non mi credette.

Non preoccuparti, ho comunque delle cose da fare in dipartimento. Insomma, sei una matricola, eh?

Voleva fare conversazione, bene. Perché le persone poco loquaci mi mettevano sempre a disagio, mi piaceva conoscere le persone. Il genere umano mi incuriosiva, tutto.

Sì, primo anno! Com’è il professor Lupo?” Mentre ci incamminavamo uno affianco all’altro, non trovai argomento più pertinente che l’esame più importante per chi si trovava ad iniziare.

Lui si passò la mano sul mento, alzò gli occhi verso l’alto come a cercare una sorta di ispirazione, forse per trovare le parole più idonee e alla fine, soddisfatto della conclusione raggiunta, iniziò:

Beh, il professor Lupo è una maledizione in questa università. Lo sanno tutti ed è inutile che te lo nasconda: l’esame con lui è difficile, ma non è un professore che va ad umore, come accade spesso purtroppo. Ma non ti aspettare la clemenza, fa diritto privato e non scherza. La sua commissione poi.. tutta siciliana come lui, tutti ferrei e non troverai nessuno disposto a farti sconti.

In particolare ci sono due assistenti che se puoi è meglio se li eviti: Dante Palermo e Andrea Mari. Uno più stronzo dell’altro, credo che ci trovino gusto a metterti in difficoltà! Però sono convinto che studiando, si passa!

Ok, Dante Palermo e Andre Mari. Nel frattempo avevamo superato le librerie alla sinistra della facoltà di giurisprudenza e mi trovavo di fronte un edificio imponente, degli anni ‘60 ma ben tenuto: finestroni grandi, un cortile d’ingresso e uno stile ricercato. Mi piaceva, era accogliente, con le braccia dell’edificio che ti correvano attorno, sembrava quasi ti volesse abbracciare e al centro c’erano due bellissimi alberi: un salice piangente e una magnolia.

Emanuele avanzò verso il cortile, camminando in mezzo ai due grandi alberi e salì la piccola rampa di scala, mentre io ancora estasiata guardavo l’ambiente intorno a me con il naso all’insù.

Cosa c’è qui?? Come mai, pur facendo giurisprudenza da sei mesi, non conoscevo questo posto?

Questo era l’edificio utilizzato prima per la facoltà di economia, ora però c’è una nuova sede molto più moderna. Come puoi vedere è diventato una specie di scatolone che raccoglie corsi di quelle facoltà che non hanno abbastanza spazio. Principalmente troverai lezioni di diritto privato e scienze della formazione. Ecco perché molto studenti non vengono spesso. È un ottimo posto in cui studiare..

Stavo per salire a mia volta le scale, quando notai qualcuno, in piedi, dietro il vetro di una finestra del primo piano, non si vedeva bene perché delle grosse tende bianche nascondevano la figura e non avrei saputo dire con esattezza se si trattasse di un uomo o una donna perché il sole in quella posizione mi entrava prepotentemente negli occhi. Cercai di indagare ancora per qualche istante, prima che Emanuele richiamasse la mia attenzione:

Eccoci qui, è facile da trovare: basta salite le scale del cortile e ti trovi davanti l’aula 1.06!

Rinunciai al piccolo mistero di quella giornata e lo raggiungi. Scoprii, con estremo sollievo, che effettivamente le lezioni non erano ancora cominciate e un frastuono veniva dai banchi.

Ora ti saluto matricola, devo andare. In bocca al lupo!

Crepi! Grazie per avermi accompagnato! Buona giornata”. Stavo per entrare quando una domanda mi venne in mente e mi girai verso le spalle della mia guida che aveva già iniziato a percorrere il lungo corridoio e alzando la voce, gli chiesi

Ehi Emanuele, ma tu come hai fatto a superare questo esame??

Si girò di tre quarti e sorridendomi mi rispose:

Io?? Beh io sono dell’altro canale!”. Sorrisi sinceramente per la spontaneità e per la linguaccia che mi aveva fatto e mi decisi ad entrare in aula, dove trovai i miei compagni già seduti a chiacchierare.

***

La lezione era iniziata con più di quaranta minuti di ritardo. Il Professor Lupo era un uomo sui sessanta, con uno spiccato accento siciliano, che sicuramente aveva ormai abbandonato l’entusiasmo dell’insegnamento. Ricordo ancora quando ci disse che il diritto privato, in particolare il diritto di famiglia, andava studiato vedendo Beatiful perché là sì che ci sono intrecci non indifferenti.
Il professore era arrogante e le sue lezioni erano estremamente difficili da seguire, non solo per la complessità della materia in sé, ma perché non spiegava in modo lineare, spesso salvata le lezioni e amava ridicolizzarci come quella volta, ad una delle sue prime lezioni, in cui ci chiese la differenza tra atto e negozio giuridico.

Non c’è nemmeno un genio fra di voi?” chiese scocciato e Marco, accanto a me, iniziò a diventare intollerante nei confronti di tanta arroganza. Mi disse qualcosa all’orecchio che mi fece ridere e mi procurò un brivido, d’altronde era il ragazzo con cui uscivo ai tempi ma il professore non apprezzò lo scambio e interruppe il suo sproloquio per chiedere a Marco cosa ci fosse di divertente nel contratto.

Beh professore, onestamente mi chiedo come potremmo riuscire a rispondere alle sue domande, o più semplicemente a capire se il corso è appena iniziato e non abbiamo ancora neanche le basi per comprendere quello che ci sta dicendo”. Marco era intelligente, ma tremendamente presuntuoso.

Oh, un temerario dunque! E secondo lei ridendo risolve la questione?

No, ma magari confrontandomi con la mia collega riuscirei a capire più che se ascoltassi.

Perfetto. Dramma. Ora sì che l’esame lo avrei passato l’anno del mai, grazie Marco. Di cuore. Stavo pensando alle peggiori torture a cui sottoporlo quando il professor Lupo si rivolse anche a me:

Lei condivide la posizione del suo collega?

Presi un importante respiro e risposi, sapendo che sicuramente mia madre e Alessandra mi avrebbero picchiato per questo:
Temo di sì, professore. La lezione non è affatto chiara”.

Addio diritto privato, addio sogni di gloria e addio concorso in magistratura. In quel momento mi vidi a trent’anni a fare la babysitter, a lavorare in un supermercato o chissà a fare cosa, avendo abbandonato ogni speranza di laurearmi, ma purtroppo a fingere non ero mai stata una campionessa. Il professore però ci stupì:

Beh sarà una fortuna che verrò sostituito da domani, così voi non sarete costretti, come di fatto non lo siete, a sottoporvi alla mia lezione e io non sarò costretto a subirmi la vostra ignoranza.. 

A quell’affermazione, l’aula prima sopita sembrò risvegliarsi come i fiori a primavera e un vociare, prettamente femminile, iniziò ad alzarsi. Riuscii a capire qualche frase, senza però mettere a fuoco il soggetto: Speriamo venga lui!, Sì certo che viene lui, come l’anno scorso!, Ho sentito dire che è bellissimo e bravissimo, A me ha fatto l’esame lo scorso anno, tostissimo però è un fenomeno a fare lezione, Ma ce l’ha la fidanzata?, Finalmente venire qui all’ora di pranzo avrà un senso!.

Che fastidio, sembravano un branco di oche liberate dopo un anno di prigionia. Erano tutte euforiche, o almeno quasi tutte: poi c’eravamo noi, le matricole che non sapevamo assolutamente nulla. Come i mie colleghi brancolavo nel buio, eppure c’era una piccola luce, qualcosa che mi diceva che ne sapevo di più, una sensazione strana come quando hai l’impressione di aver dimenticato qualcosa ma non ricordi cosa.

Per quanto mi sforzai non riuscii quel giorno ad arrivare ad alcuna conclusione soddisfacente, chiesi aiuto anche a Marco, ma i nostri tentativi non portarono da nessuna parte.

A cena, mia madre mi chiese come si era svolta la mia giornata e mi interrogò sul rapporto con Marco, avevamo sempre avuto un legame particolarmente confidenziale.

Mah, le cose vanno bene. Marco è molto intelligente, mi trovo bene con lui, è curioso come me. A volte è un po’ noioso lo ammetto e tende a fare un po’ troppo il professore, ma è un bravo ragazzo. L’unico che vale la pena avere accanto…

Ti piace?” mia madre mi scrutò attentamente.

Certo, Mamma!” Lei si fece scettica.

Uhm sarà... Però l’amore non è questo Ele, non ti vedo presa…

Lo sai che non mi faccio coinvolgere. Voglio fare il Pubblico Ministero Antimafia, onestamente una relazione ora sarebbe solo d’intralcio

Stavolta mamma Carola mi guardò dispiaciuta, abbassò gli occhi e con un soffio di voce commentò

Mi dispiace, si vede che non ti sei mai innamorata…

Mi intristiva vedere mia madre rammaricarsi per quello che era accaduto tempo fa, pensava sempre che la mia incapacità di creare legami duratori fosse colpa sua, ma stavolta convenni con lei: “Già, forse no…” e mangiai un po’ di pane. A tavola c’eravamo solo io e lei, mi sorella aveva solo sette anni e stava già dormendo, la famiglia era al completo così.

Stavo per sparecchiare, quando mia madre mi guardò dritto con i suoi occhi azzurri e la serietà con cui si rivolse a me mi stupì:

Hai solo vent’anni, Ele. Il mondo è ai tuoi piedi. Dovresti buttarti, devi essere in condizione di scegliere non di farti scegliere. Puoi avere tutto dalla vita, anche quello che ti spaventa. Non aver paura di affezionarti, sei giovane e la tua vita non finirà certo per una delusione d'amore, se fosse. Quindi prendi il coraggio e ascoltati. Non essere codarda, hai tutta una vita per stare sulle tue, per ponderare, per scegliere... Ora sei giovane, e a differenza di tanti, sei anche molto bella. Quindi prenditi quello che vuoi, o almeno provaci. Non ti accontentare, mai.”

E detto questo, se ne andrò in camera lasciandomi come un’ebete al centro della cucina con in mano ancora i piatti sporchi.

Tornò nuovamente a farmi visita quella sensazione di irrisolto che mi aveva colpito nel primo pomeriggio in aula, ma non avrei mai pensato che le parole di mia madre si rivelassero una profezia collegata a quello strano sentimento di vuoto.

 

 

 

Angolo dell’autrice: Io vi ringrazio di cuore, davvero. E’ la prima volta che scrivo qualcosa con dei personaggi originali e non mi aspettavo una simile accoglienza. Anche per messaggi privati, siete carinissime. Le recensioni, che siano positive quanto negative, mi spronano ad andare avanti e mi fanno scrivere come un fiume in piena. Avevo deciso di aggiornare una volta a settimana, ma grazie a voi, la voglia di andare avanti ha prevalso anche sul lavoro. Dunque, eccomi qui.

Lo so che il personaggio maschile ancora non si è palesato, ma non sempre la vita ci mette subito davanti l’oggetto dei nostri desideri e forse quando lo fa, neanche lo riconosciamo. Ecco, diciamo che per Eleonora sarà un’avventura difficile, ma spero che facciate il tifo per lei. Ho usato questo secondo capitolo per introdurvi meglio nella mentalità e nello stile di vita della protagonista, Alessandra e mamma Carola avranno un ruolo fondamentale per la sanità mentale di Eleonora!

Attento le vostre recensioni per sapere se vi ho annoiato o meno, cercate di portare pazienza. Lui arriverà =) Un grazie a La Birba e a Beatrice29, nonché a siuri1 che finora ha recensito ogni capitolo e la cui storia, ne approfitto per dirlo, è scritta benissimo ed è fantastica.

Al prossimo aggiornamento! Buon week end!

Soc.

   
 
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