“Signorina,
si è divertita a preparare quest’esame?”,
mi disse con un sorriso
soddisfatto sulle labbra.
“Moltissimo!”,
risposi spontanea e solare. Ci tenevo a quella prova, l’avevo
studiata con
vivido interesse e amore incondizionato. Il professor Testa prese il
mio
libretto, ma non prima di chiedermi con aria di finta sfida:
“Ah, da
dove viene la parola vittima?”
“Da
vinctus! Essere vinto”
“Perfetto…”
E
così dicendo sotto i miei occhi sognanti
scrisse un trenta e lode, che lessi con le labbra incredula, mentre i
miei
amici, ai primi banchi echeggiarono con un tono di voce eccessivamente
alto “TRENTA E LODEEEE????!”.
Effettivamente
non era facile prendere un voto alto in quella materia, ma per me era
stato
molto più semplice innamorandomi dell’insegnante e
della materia.
Scesi
dal piano rialzato dove si trovava la
cattedra e salutai i miei compagni, avrei scoperto amaramente col tempo
che non
avrei dovuto fidarmi di nessuno di loro.
Come
sempre, finita una prova, presi il
telefono e chiamai prima mia madre, poi le mie due zie, che facevano
coppia
ormai da quindici anni, e mia nonna. Mi lasciavo sempre le chiamate
migliori
alla fine, così chiamai la mia più cara amica:
“Ehi
Ale!”
“Oh
secchioncella! Allora?? Hai preso sto trenta??”
“Veramente
no..”
“Come no??? Dai è
irrealistico! Chi devo
picchiare?”
“Ale..ho
preso trenta e lode!” E scoppiai in una risata che
contagiò anche lei dall’altra
parte del telefono.
“Sei
sempre la solita, teppista! Brava! Senti ora scappo in aula, ci vediamo
nel
week end ok?”
“Va
bene! A dopo!”
Alessandra
era una matricola di ingegneria
civile ed era il mio esatto opposto, anche fisicamente. Lei era mora
corvina,
occhi scuri, alta, con una siluette invidiabile e la carnagione scura.
Io dal
canto mio, ero rossa ramata, occhi cangianti tra il verde e il
nocciola,
statura decisamente bassa, sebbene non fossi così bassa da
prendere epiteti
come “nana”, “gnoma” et similia
e avevo una pelle troppo chiara che i più
poetici definivano diafana, i più sinceri pallida.
Alessandra
era poi una persona estremamente
pacata e razionale, in realtà lo ero anche io ma spesso non
riuscivo a limitare
le mie emozioni più forti e questo ci portava a discutere,
come quella volta in
secondo liceo che rimase piuttosto storica negli anni del gruppo.
“Non
posso crederci, Ale! Veramente tu vuoi che il nostro Paese resti
così???! Non
ti interessa nulla che ci sia qualcuno che ci sta mangiando il futuro??”
“Eleonora, che cavolo vuoi?? Ma
valla a
sconfiggere tu la mafia! Te e il tuo codice etico del cazzo! Non puoi
pretendere che siano tutti come te!”.
Alla
fine a distanza di anni, ancora ci
ridevamo sopra.
Il
nostro non era affatto un rapporto facile,
anzi, spesso eravamo dovute venirci incontro. Così diverse
eppure così
complementari, avevamo fatto della nostra diversità un punto
di forza e dopo
cinque anni a lavorare su noi stesse al liceo, ora mi sentivo sicura
della
nostra amicizia.
Alessandra
non era affatto facile, era guardinga,
pacata e razionale, non si fidava facilmente delle persone, le lasciava
entrare
con estrema difficoltà nella sua vita. Io ricordo di averci
messo diversi mesi
prima di iniziare a conoscerla davvero, sebbene dal Novembre del primo
anno
fossimo compagne di banco. Lei amava tutelarsi, riusciva a stare sempre
tre
passi avanti a me e a capire chi aveva di fronte, io non ci riuscivo.
Mi fidavo
sempre troppo delle persone e lei me lo diceva sempre, arrabbiandosi.
Perché vedete,
Alessandra aveva un motivo per difendersi: sapeva poi amare
incondizionatamente. Una volta superata la sua barriera, lei ti dava
tutta se
stessa e sarebbe venuta dall’altra parte del mondo se solo io
ne avessi avuto
bisogno.
Era
un’amica formidabile, sebbene non fosse
quasi mai d’accordo con me, ma senza di lei probabilmente
avrei fatto molte più
cazzate. Lei così calma e serafica, io così
chiassosa e estroversa: alla fine,
eravamo due facce della stessa medaglia e dopo averci conosciuto,
nessuno
metteva in dubbio che si trattasse di amicizia.
Chiusa
la telefonata con Ale, tornai da Marco
e dai miei compagni per salutarli, stranamente avevo finito un esame in
un
orario più che decente, quindi avevo veramente voglia di
tornare a casa e
riposarmi un po’, magari giocando a qualche videogioco o
vedendo qualche anime.
Avevo
deciso che a una cosa non volevo
rinunciare: alla parte più fanciullesca di me, il fatto di
essere una brava
studentessa, non cozzava, a mio avviso, con la mia passione per anime,
manga e
videogiochi.
Con
un sorriso goliardico mi diressi verso l’uscita
dell’università, era mezzogiorno, camminavo
spedita con la testa piena di
pensieri: avevo finito la sessione e gli esami erano andati decisamente
tutti
per il meglio. Dovevo avere un sorriso stampato in faccia non
indifferente che
mi rendeva irrilevante qualsiasi cosa di negativo mi succedesse
accanto. Forse
ero semplicemente troppo presa dal mio ottimismo per rendermi conto che
qualcuno
mi stava guardando, appoggiato elegantemente ad un muro del corridoio,
nascosto
in mezzo ad altre giacche e cravatte.
Si
incamminò verso di me e mi sorpassò, ma
non me ne accorsi finché un forte profumo di colonia non mi
invase. Per un
attimo mi fermai e cercai di capire da dove potesse venire
quell’odore, ma non
trovai nessuno accanto a me né nelle vicinanze
perché lui aveva già girato l’angolo,
diretto al vecchio edificio dove si trovava il dipartimento di diritto
privato.
***
Ed
eccomi lì, a rincorrere l’autobus e a
pregare con gli occhi il guidatore di aprire le porte: purtroppo anche
pensare
molto intensamente “per favore, per
favore, per favore apri!”, non aiuta una povera
ragazza di Roma,
perennemente in ritardo, a salire sull’autobus che ha appena
perso per arrivare
puntuale alla lezione di diritto privato.
Mentre
con passo spedito, a tratti correndo,
raggiunsi la facoltà e mi fiondai sui grossi schermi che
indicano le aule
preposte alle specifiche materie. Peccato che la schermata scorreva
sempre molto
lentamente, Andiamo! Andiamo! Andiamo!,
pensavo fra me e me ed ecco finalmente:
ORE
|
AULA |
MATERIA |
PROFESSORE |
14,30 |
1.
06 |
Istituzioni
di diritto privato |
Prof.
Lupo |
Perfetto!
Aula 1.06! Dove cavolo sta l’aula
1.06??? Chi l’ha mai sentita??
Cercai
di respirare con calma, ero in ritardo
solo di quindici minuti alla prima lezione del corso più
importante del primo
anno e in occasioni simili, pensavo ad Alessandra che mi diceva
“Non ti impanicare! Respira ed
espira!” e
lo ripeteva tipo mantra, cominciai a calmarmi, tutto volevo tranne che
un atto
di panico in mezzo al corridoio.
“Ehi,
ti vedo in difficoltà. Cerchi le lezioni del professor Lupo?”
Mi
girai per vedere il mio salvatore, l’angelo
sceso dalla terra per venire in mio soccorso, con quella voce suadente
e quella
sicurezza tipica del figaccione in un anime di bassa lega. Mi trovai,
invece,
di fronte un ragazzo poco più alto di me,
dall’aspetto dubbio e dall’abbigliamento
confuso, ma con un sorriso sincero, gli fui estremamente grata per
avermi
notato.
“Sììì!
Ti prego aiutami!” Dissi sull’orlo della
disperazione. Evidentemente non si
aspettava tanta sincerità e scoppiò a ridere di
gusto:
“Stai
tranquilla! Il professor Lupo non viene mai in orario, anzi
è probabile che non
sia ancora arrivato o che proprio non ci sia! L’aula 1.06 non
è in questo
edificio, ma nel vecchio che si trova qui affianco. È facile
da trovare, è al piano
terra, ma vieni, ti accompagno. A proposito, che maleducato: mi chiamo
Emanuele..” e mi porse la mano.
“Piacere,
Eleonora! Grazie, ma davvero non c’è bisogno che
ti scomodi! Penso di avere
tutto chiaro”. Bugia, enorme bugia. Non ho mai
avuto il minimo senso dell’orientamento
e sono capace di non trovare la strada che è la parallela di
quella su cui sto,
ma per fortuna il mio principe azzurro alla Shrek non mi credette.
“Non
preoccuparti, ho comunque delle cose da fare in dipartimento. Insomma,
sei una
matricola, eh?”
Voleva
fare conversazione, bene. Perché le
persone poco loquaci mi mettevano sempre a disagio, mi piaceva
conoscere le
persone. Il genere umano mi incuriosiva, tutto.
“Sì,
primo anno! Com’è il professor Lupo?”
Mentre ci incamminavamo uno affianco
all’altro, non trovai argomento più pertinente che
l’esame più importante per
chi si trovava ad iniziare.
Lui
si passò la mano sul mento, alzò gli
occhi verso l’alto come a cercare una sorta di ispirazione,
forse per trovare
le parole più idonee e alla fine, soddisfatto della
conclusione raggiunta,
iniziò:
“Beh,
il professor Lupo è una maledizione in questa
università. Lo sanno tutti ed è
inutile che te lo nasconda: l’esame con lui è
difficile, ma non è un professore
che va ad umore, come accade spesso purtroppo. Ma non ti aspettare la
clemenza,
fa diritto privato e non scherza. La sua commissione poi.. tutta
siciliana come
lui, tutti ferrei e non troverai nessuno disposto a farti sconti.
In
particolare
ci sono due assistenti che se puoi è meglio se li eviti:
Dante Palermo e Andrea
Mari. Uno più stronzo dell’altro, credo che ci
trovino gusto a metterti in
difficoltà! Però sono convinto che studiando, si
passa!”
Ok,
Dante Palermo e Andre Mari. Nel frattempo
avevamo superato le librerie alla sinistra della facoltà di
giurisprudenza e mi
trovavo di fronte un edificio imponente, degli anni ‘60 ma
ben tenuto:
finestroni grandi, un cortile d’ingresso e uno stile
ricercato. Mi piaceva, era
accogliente, con le braccia dell’edificio che ti correvano
attorno, sembrava
quasi ti volesse abbracciare e al centro c’erano due
bellissimi alberi: un
salice piangente e una magnolia.
Emanuele
avanzò verso il cortile, camminando
in mezzo ai due grandi alberi e salì la piccola rampa di
scala, mentre io
ancora estasiata guardavo l’ambiente intorno a me con il naso
all’insù.
“Cosa c’è
qui?? Come mai, pur facendo giurisprudenza da sei mesi, non conoscevo
questo
posto?”
“Questo
era l’edificio utilizzato prima per la facoltà di
economia, ora però c’è una
nuova sede molto più moderna. Come puoi vedere è
diventato una specie di
scatolone che raccoglie corsi di quelle facoltà che non
hanno abbastanza
spazio. Principalmente troverai lezioni di diritto privato e scienze
della
formazione. Ecco perché molto studenti non vengono spesso.
È un ottimo posto in
cui studiare..”
Stavo
per salire a mia volta le scale, quando
notai qualcuno, in piedi, dietro il vetro di una finestra del primo
piano, non
si vedeva bene perché delle grosse tende bianche
nascondevano la figura e non
avrei saputo dire con esattezza se si trattasse di un uomo o una donna
perché il
sole in quella posizione mi entrava prepotentemente negli occhi. Cercai
di
indagare ancora per qualche istante, prima che Emanuele richiamasse la
mia
attenzione:
“Eccoci
qui, è facile da trovare: basta salite le scale del cortile
e ti trovi davanti l’aula
1.06!”
Rinunciai
al piccolo mistero di quella
giornata e lo raggiungi. Scoprii, con estremo sollievo, che
effettivamente le
lezioni non erano ancora cominciate e un frastuono veniva dai banchi.
“Ora ti
saluto matricola, devo andare. In bocca al lupo!”
“Crepi!
Grazie per avermi accompagnato! Buona giornata”.
Stavo per entrare quando
una domanda mi venne in mente e mi girai verso le spalle della mia
guida che
aveva già iniziato a percorrere il lungo corridoio e alzando
la voce, gli
chiesi
“Ehi
Emanuele, ma tu come hai fatto a superare questo esame??”
Si
girò di tre quarti e sorridendomi mi
rispose:
“Io??
Beh io sono dell’altro canale!”. Sorrisi
sinceramente per la spontaneità e
per la linguaccia che mi aveva fatto e mi decisi ad entrare in aula,
dove
trovai i miei compagni già seduti a chiacchierare.
***
La
lezione era iniziata con più di quaranta
minuti di ritardo. Il Professor Lupo era un uomo sui sessanta, con uno
spiccato
accento siciliano, che sicuramente aveva ormai abbandonato
l’entusiasmo dell’insegnamento.
Ricordo ancora quando ci disse che il diritto privato, in particolare
il
diritto di famiglia, andava studiato vedendo Beatiful
perché là sì che ci sono intrecci non
indifferenti.
Il professore era arrogante e le sue lezioni erano estremamente
difficili da
seguire, non solo per la complessità della materia in
sé, ma perché non
spiegava in modo lineare, spesso salvata le lezioni e amava
ridicolizzarci come
quella volta, ad una delle sue prime lezioni, in cui ci chiese la
differenza
tra atto e negozio giuridico.
“Non c’è
nemmeno un genio fra di voi?” chiese scocciato e
Marco, accanto a me, iniziò
a diventare intollerante nei confronti di tanta arroganza. Mi disse
qualcosa
all’orecchio che mi fece ridere e mi procurò un
brivido, d’altronde era il
ragazzo con cui uscivo ai tempi ma il professore non
apprezzò lo scambio e
interruppe il suo sproloquio per chiedere a Marco cosa ci fosse di
divertente
nel contratto.
“Beh
professore, onestamente mi chiedo come potremmo riuscire a rispondere
alle sue
domande, o più semplicemente a capire se il corso
è appena iniziato e non
abbiamo ancora neanche le basi per comprendere quello che ci sta dicendo”.
Marco era intelligente, ma tremendamente presuntuoso.
“Oh, un
temerario dunque! E secondo lei ridendo risolve la questione?”
“No, ma
magari confrontandomi con la mia collega riuscirei a capire
più che se
ascoltassi.”
Perfetto.
Dramma. Ora sì che l’esame lo avrei
passato l’anno del mai, grazie Marco. Di cuore. Stavo
pensando alle peggiori
torture a cui sottoporlo quando il professor Lupo si rivolse anche a me:
“Lei
condivide la posizione del suo collega?”
Presi
un importante respiro e risposi,
sapendo che sicuramente mia madre e Alessandra mi avrebbero picchiato
per
questo:
“Temo di sì, professore.
La lezione non è
affatto chiara”.
Addio
diritto privato, addio sogni di gloria
e addio concorso in magistratura. In quel momento mi vidi a
trent’anni a fare
la babysitter, a lavorare in un supermercato o chissà a fare
cosa, avendo
abbandonato ogni speranza di laurearmi, ma purtroppo a fingere non ero
mai
stata una campionessa. Il professore però ci
stupì:
“Beh
sarà una fortuna che verrò sostituito da domani,
così voi non sarete costretti,
come di fatto non lo siete, a sottoporvi alla mia lezione e io non
sarò
costretto a subirmi la vostra ignoranza..”
A
quell’affermazione, l’aula prima sopita
sembrò
risvegliarsi come i fiori a primavera e un vociare, prettamente
femminile,
iniziò ad alzarsi. Riuscii a capire qualche frase, senza
però mettere a fuoco
il soggetto: Speriamo venga lui!,
Sì
certo che viene lui, come l’anno scorso!, Ho sentito dire che
è bellissimo e
bravissimo, A me ha fatto l’esame lo scorso anno, tostissimo
però è un fenomeno
a fare lezione, Ma ce l’ha la fidanzata?, Finalmente venire
qui all’ora di
pranzo avrà un senso!.
Che
fastidio, sembravano un branco di oche
liberate dopo un anno di prigionia. Erano tutte euforiche, o almeno
quasi
tutte: poi c’eravamo noi, le matricole che non sapevamo
assolutamente nulla. Come
i mie colleghi brancolavo nel buio, eppure c’era una piccola
luce, qualcosa che
mi diceva che ne sapevo di più, una sensazione strana come
quando hai l’impressione
di aver dimenticato qualcosa ma non ricordi cosa.
Per
quanto mi sforzai non riuscii quel giorno
ad arrivare ad alcuna conclusione soddisfacente, chiesi aiuto anche a
Marco, ma
i nostri tentativi non portarono da nessuna parte.
A
cena, mia madre mi chiese come si era
svolta la mia giornata e mi interrogò sul rapporto con
Marco, avevamo sempre
avuto un legame particolarmente confidenziale.
“Mah,
le cose vanno bene. Marco è molto intelligente, mi trovo
bene con lui, è
curioso come me. A volte è un po’ noioso lo
ammetto e tende a fare un po’
troppo il professore, ma è un bravo ragazzo. L’unico che vale la pena avere
accanto…”
“Ti
piace?” mia madre mi scrutò attentamente.
“Certo,
Mamma!” Lei si fece scettica.
“Uhm
sarà... Però l’amore non è
questo Ele, non ti vedo presa…”
“Lo sai
che non mi faccio coinvolgere. Voglio fare il Pubblico Ministero
Antimafia,
onestamente una relazione ora sarebbe solo d’intralcio”
Stavolta
mamma Carola mi guardò dispiaciuta,
abbassò gli occhi e con un soffio di voce commentò
“Mi
dispiace, si vede che non ti sei mai innamorata…”
Mi
intristiva vedere mia madre rammaricarsi
per quello che era accaduto tempo fa, pensava sempre che la mia
incapacità di
creare legami duratori fosse colpa sua, ma stavolta convenni con lei:
“Già, forse no…”
e mangiai un po’ di
pane. A tavola c’eravamo solo io e lei, mi sorella aveva solo
sette anni e
stava già dormendo, la famiglia era al completo
così.
Stavo
per sparecchiare, quando mia madre mi
guardò dritto con i suoi occhi azzurri e la
serietà con cui si rivolse a me mi
stupì:
“Hai
solo vent’anni, Ele. Il mondo è ai tuoi piedi. Dovresti
buttarti, devi
essere in condizione di scegliere non di farti scegliere. Puoi avere
tutto
dalla vita, anche quello che ti spaventa. Non aver paura di
affezionarti, sei
giovane e la tua vita non finirà certo per una delusione
d'amore, se fosse. Quindi
prendi il coraggio e ascoltati. Non essere codarda, hai tutta una vita
per
stare sulle tue, per ponderare, per scegliere... Ora sei giovane, e a
differenza di tanti, sei anche molto bella. Quindi prenditi quello che
vuoi, o
almeno provaci. Non ti accontentare, mai.”
E
detto questo, se ne andrò in camera
lasciandomi come un’ebete al centro della cucina con in mano
ancora i piatti
sporchi.
Tornò
nuovamente a farmi visita quella
sensazione di irrisolto che mi aveva colpito nel primo pomeriggio in
aula, ma
non avrei mai pensato che le parole di mia madre si rivelassero una
profezia
collegata a quello strano sentimento di vuoto.
Angolo
dell’autrice:
Io vi ringrazio di cuore, davvero. E’ la prima
volta che scrivo qualcosa con dei personaggi originali e non mi
aspettavo una
simile accoglienza. Anche per messaggi privati, siete carinissime. Le
recensioni, che siano positive quanto negative, mi spronano ad andare
avanti e
mi fanno scrivere come un fiume in piena. Avevo deciso di aggiornare
una volta
a settimana, ma grazie a voi, la voglia di andare avanti ha prevalso
anche sul
lavoro. Dunque, eccomi qui.
Lo
so che il personaggio maschile ancora non si è
palesato, ma non sempre la vita ci mette subito davanti
l’oggetto dei nostri
desideri e forse quando lo fa, neanche lo riconosciamo. Ecco, diciamo
che per
Eleonora sarà un’avventura difficile, ma spero che
facciate il tifo per lei. Ho
usato questo secondo capitolo per introdurvi meglio nella
mentalità e nello
stile di vita della protagonista, Alessandra e mamma Carola avranno un
ruolo
fondamentale per la sanità mentale di Eleonora!
Attento
le vostre recensioni per sapere se vi ho
annoiato o meno, cercate di portare pazienza. Lui arriverà
=) Un grazie a La Birba e a Beatrice29, nonché a siuri1
che finora ha recensito ogni capitolo e la cui storia, ne approfitto
per dirlo,
è scritta benissimo ed è fantastica.
Al
prossimo aggiornamento! Buon week end!
Soc.