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Autore: MissKiddo    06/12/2015    2 recensioni
Isabel Sanchez Torrès è la figlia del torero più famoso ed acclamato di Spagna. L'unico problema? Lei odia la corrida. Non capisce come possa piacere tale vigliaccheria. Per queste ragioni i rapporti con i suoi genitori sono difficili.
Ma dopo un terribile incidente riuscirà a sistemare le cose nella sua famiglia? E se il posto di suo padre venisse preso da un affascinante ragazzo dagli occhi blu? Lei potrà innamorarsi di un ragazzo che segue le orme di suo padre? Non vi resta che scoprirlo leggendo la storia, vi aspetto.
Tratto dalla storia:
Finalmente la corrida era giunta alla terza ed ultima parte: “Tercio de muleta”. Ruben stava sudando, aveva perso molte forze per tenera a bada il toro. Per fortuna le corse mattutine avevano aumentato la sua capacità polmonare. Il toro era sfinito, presto sarebbe arrivata la sua ora. Ruben prese la spada, fissava gli occhi del toro, provava rispetto per l'animale. Si era battuto con orgoglio e forza, ma doveva ucciderlo.
[CAPITOLO BONUS MATRIMONIO ALL'INTERNO!]
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 15

Matrimonio annullato

Isabel non vedeva e non sentiva Ruben da una settimana, la settimana più brutta della sua vita. Pensò a lui ogni singolo giorno, e molto spesso le venne voglia di chiamarlo ma resistette a quell'impulso. Anche se era tutta colpa di Marisol lei lo considerava comunque un tradimento.
Stava bevendo un succo di frutta nel grande salotto dei suoi genitori e si accarezzava distrattamente la pancia che giorno dopo giorno cresceva sempre di più. «Isa, come ti senti?» chiese Amanda sedendosi accanto a lei. «Uno schifo! Quel bastardo mi ha tradita!» esclamò lei irritata.
Amanda sospirò, in quella settimana Ruben aveva chiamato molte volte e si era presentato nella loro casa il giorno precedente ma Isabel non aveva nessuna intenzione di vederlo. «Forse dovreste parlare, in fondo è tutta colpa di quella ragazza, lui non c'entra niente. Non mi sembra il caso di buttare tutto all'aria nelle condizioni in cui sei...» Isabel si alzò dal divano indispettita. «Dovrei stare con lui solo perchè sono incinta? Te l'ha detto papà, vero? Una ragazza madre porterebbe vergogna per la famiglia...» proprio mentre finiva di parlare, Diego entrò nella stanza. «Calmati, Isa. Farai stare male le bambine» lei ubbidì e si sedette. «Voglio parare con Isabel, puoi lasciarci da soli?» chiese Diego rivolgendosi a sua moglie. Amanda annuì e li lasciò soli. «Come ti viene in mente di dire certe cose? Non mi importa niente di quello che potrebbe dire la gente, io voglio solo il tuo bene. Se vorrai lasciarlo, io ci sarò e mi prenderò cura di te e delle mie nipotine, ma devi esserne certa. Non credo che tu abbia smesso di amarlo» Isabel iniziò a piangere, le parole di suo padre la fecero commuovere. Lo abbracciò stringendolo forte, fino a fargli perdere il fiato. «Ti voglio bene, papà» disse lei tra le lacrime. «Anch'io piccola. Ma dimmi, cosa pensi di fare?»
«Non lo so, sono sicura di una cosa soltanto; il matrimonio è annullato» Diego rimase in silenzio ed annuì. «Ma dovrai dirglielo di persona, almeno questo, se lo merita».

 

Ruben visse quella lunga settimana come un incubo ad occhi aperti. Cercò di chiamare Isabel molte volte e ogni suo rifiuto lo esasperava tanto da lanciare il cellulare sul muro.
La sua vita era totalmente distrutta; non mangiava più, non si lavava e la barba iniziava a crescergli sul viso. La grande casa che aveva comprato con Isabel, adesso gli sembrava troppo grande e troppo silenziosa. Aveva combinato un bel casino, aveva perso la donna che amava e anche le piccole bambine che stavano crescendo dentro di lei. Quando Isabel gli aveva detto che erano due gemelle il suo cuore sembrò fermarsi, ma il miscuglio di emozioni non gli permise di dire niente.
Camminava avanti e indietro per la stanza, sembrava uno dei molti tori che lui soleva uccidere durante la corrida. «Dannazione!» urlò alla stanza vuota dando un pugno sul muro. Se in quel momento avesse avuto tra le mani Marisol l'avrebbe sicuramente strozzata. Proprio mentre stava per dare un altro pugno al muro sentì il campanello suonare. Corse le scale velocemente pensando che potesse essere Isabel, ma quando arrivò alla porta vide che era sua madre. «Posso entrare?» chiese lei notando le profonde occhiaie di suo figlio. «Certo, vieni».
Dolores vide lo stato di trascuratezza della casa e di Ruben stesso, sospirò guardandosi intorno. «Sei uno stupido! Non vedrò mai i miei nipotini!» Ruben abbassò il viso, si vergognava di se stesso. «Io non c'entro niente, lo vuoi capire?» urlò lui. Improvvisamente non riuscì più a trattenersi, iniziò a piangere. Si sentiva ridicolo ma era bello poter sfogarsi.
Dolores vedendo suo figlio così addolorato lasciò perdere e andò ad abbracciarlo. «Tesoro, troveremo una soluzione. Hai provato a parlare con lei?»
«Si, ma non vuole. Dio, mi manca tantissimo». Rimasero abbracciati per alcuni minuti, e sua madre gli accarezzò amorevolmente i capelli.
Quando Ruben ebbe pianto tutte le sue lacrime, Dolores lo esortò a farsi una doccia corroborante. «Io sistemerò casa e ti preparo qualcosa da mangiare» aggiunse poi mettendo i piatti nella lavastoviglie. Ruben ubbidì e si diresse al piano di sopra.



Isabel era immobile sul letto già da mezz'ora, osservava il telefono. Avrebbe dovuto chiamarlo, ma aveva paura di risentire la sua voce. Avrebbe sicuramente ceduta, lei lo amava ancora. Sbuffò e si sdraiò sul suo vecchio letto. “La mia vita è finita”, pensò.
Dopo qualche minuti si alzò dal letto e tirò su con il naso, doveva assolutamente fare quella telefonata. Prese il cellulare, compose il numero e lo portò all'orecchio. Secondo dopo secondo sentì il cuore che le scalpitava nel petto. «ISABEL!» urlò Ruben dall'altra parte del telefono. «Ciao, Ruben» disse lei con un filo di voce. «Come stai? Le bambine?»
«Stiamo bene, ma dobbiamo parlare. Che ne dici se vieni da miei oggi pomeriggio?» lo disse tutto d'un fiato. «Certo, verrò sicuramente. Ma ti prego di creder...» Ruben non riuscì a finire, Isabel aveva già chiuso la chiamata.

 

Ruben corse velocemente verso sua madre, non poteva crederci, Isabel l'aveva chiamato. Quando arrivò in cucina raccontò tutto a Dolores. «Non essere troppo felice, sicuramente non ti darà buone notizie» disse lei. «Beh, almeno mi ha chiamato. Le farò cambiare idea».
Prima di uscire bevve velocemente un caffè. Non vedeva l'ora di rivedere gli occhi verdi di Isabel, di rivedere le sue labbra carnose. In quel momento sentì di amarla più della sua stessa vita.


Amanda aspettava vicino alla porta, presto sarebbe arrivato Ruben. Era così nervosa, vedeva sua figlia immensamente triste e sapeva che tutto sarebbe andato a rotoli. Sentì il suono del campanello e quando aprì si stupì di quanto fosse ridotto male Ruben. Le occhiaie la dicevano lunga su quanto avesse dormito in quella settimana. «Vieni pure, Isabel ti aspetta in biblioteca» Ruben entrò ma prima di avviarsi prese le mani di Amanda nelle sue. «Perdonami, Amanda. Mi sono comportato male ma sappi che io non c'entro niente» la donna lo fissò intensamente, nei suoi occhi vide che c'era onestà. Sorrise dolcemente. «Lo so, ti credo. Adesso vai, ti sta aspettando» Ruben non se lo fece ripetere due volte, si voltò e andò verso la biblioteca.
Quando entrò la trovò seduta su una poltrona, vide subito la pancia più grande e il suo cuore gemette. Lì dentro c'erano le sue bambine, le loro bambine.
Isabel alzò gli occhi e anche lei sobbalzò nel vederlo ridotto in quello stato. Ma si proibì di farsi impietosire. «Siediti pure» disse lei bruscamente. Ruben non l'ascoltò, andò dritto verso di lei. «Isabel, sei bellissima» disse con un filo di voce. «Non mi interessano i tuoi complimenti, Ruben.» rispose lei cercando di assumere un atteggiamento distaccato, ma dentro di sé si sentiva morire. Ruben si allontanò esasperato. «Dimmi di cosa volevi parlarmi»
«Come avrai immaginato, il matrimonio è annullato» Ruben chiuse gli occhi. «Diciamo che lo rimandiamo, okay? Cerchiamo di rimettere apposto le cose»
«No, per me è finita così. Io stavo male, temevo di aver perso le bambine e tu te la stavi spassando con quella sciacquetta!»
«Non me la stavo spassando. Mi ha dato un bacio ingannandomi!» Ruben stava iniziando ad urlare. Isabel si alzò dalla poltrona e lo fissò negli occhi. «È finita» disse lei. Una lacrima iniziò a rigarle il volto. «Io ti amo,ti amo davvero» rispose lui cercando di afferrarla. Isabel indietreggiò. «Va, via, ti prego».
Ruben rimase in silenzio per alcuni secondi, la fissò intensamente e avrebbe voluto abbracciarla e baciarla. Ma non voleva farla innervosire, ne andava della salute delle sue figlie. Così si voltò e andò verso la porta. Uscì senza aggiungere altro.
Isabel lo seguì senza farsi vedere e lo vide uscire. Iniziò a piangere, era combattuta, era davvero una scelta saggia? Sarebbe davvero riuscita a crescere due bambine da sola? Non lo sapeva ma in quel momento le sembrava la cosa più giusta da fare. Amanda andò verso di lei ma Isabel la fermò con un gesto della mano, voleva rimanere da sola.

 

Ruben prese la macchina e vagò per la città senza una meta, affondò il piede sull'acceleratore. Non gli importava di schiantarsi da qualche parte, anzi, forse sarebbe stato meglio così. Gli venne improvvisamente voglia di bere. Si avrebbe bevuto finché non gli si fosse annebbiata la mente, non avrebbe pensato a niente. Scrisse a sua madre dicendo che non sarebbe tornato a casa e poco dopo si fermò in un pub.

 

Il cielo era coperto, di sicuro avrebbe piovuto per tutto il giorno. Dolores osservava le nuvole grigie colme di acqua e la sua paura divenne panico. La sera precedente aveva ricevuto il messaggio di Ruben, e non se ne preoccupò, in fondo aveva bisogno di pensare, ma quando quella mattina non lo trovò a casa il suo sesto senso le disse che c'era qualcosa che non andava. Aveva provato a chiamarlo molte volte ma senza risultato. Adesso che erano da poco passate le due decise di fare qualcosa.
Prese il telefono e chiamò Diego, voleva assolutamente sapere dove fosse suo figlio. «Dolores, dimmi» rispose Diego. «Hai visto Ruben? Ieri sera non è tornato a casa e non l'ho più visto!» la sua voce fece trapelare il panico. «So che è stato a casa mia nel pomeriggio, ma è andato via dopo poco» disse lui iniziando a preoccuparsi a sua volta. «Ti prego, aiutami a cercarlo» Dolores iniziò a piangere. Diego sospirò. «Certamente. Prova a chiamare i suoi amici, io ho una mezza idea di dove possa essere»
«Grazie, Diego. Mi dispiace per tutto questo...»
«Non c'è bisogno di scusarsi, sappiamo tutti come sono andate le cose nessuno ha colpe» dopo pochi secondo chiusero la chiamata.
Diego uscì di casa senza dire niente a sua moglie e a sua figlia. La notte precedente aveva sentito una macchina sfrecciare a tutta forza di fronte casa sua e pensò subito che potesse essere Ruben. Percorse il sentiero sul retro che portava al piccolo laghetto, sperò che il ragazzo fosse lì, sapeva che per lui e sua figlia quel posto era molto importante.

 

Ruben era sdraiato sull'erba umida. La testa gli doleva e la sua bocca era completamente secca. Non riusciva neanche ad aprire gli occhi, la luce gli dava fastidio. Quella notte dopo essersi ubriacato era tornato in quel posto, lo stesso posto in cui era stato con Isabel. Ricordava perfettamente quella cavalcata, il tramonto e i profumi inebrianti.
Non trovi che sia stupendo?”
Mai quanto te”
Riviveva quei momenti, quelle parole e l'immagine del suo viso perfettamente ovale e illuminato dalla poca luce. Ruben iniziò ad urlare, stava impazzendo. «Ruben...» Diego era appena arrivato al lago e scoprì che i suoi timori erano fondati.
Ruben si voltò e vedendo Diego si accasciò nuovamente sull'erba. «Vuoi picchiarmi? Fallo pure» disse lui con voce impastata.
Diego scosse la testa e si avvicinò al ragazzo, sedendosi vicino a lui. «Mi sei sempre piaciuto, ragazzo. Ti stimo come torero, e mi sarebbe piaciuto averti come genero, sei in gamba.» Ruben si alzò di poco per poterlo vedere meglio. «Mi sento come una merda»
«Per forza, quanto hai bevuto?»
«Non ricordo!» Diego si alzò e cercò di tirare su Ruben. «Andiamo pezzo di scemo, ti riporto a casa» Ruben si mosse goffamente, aveva male ovunque. «Non dirlo ad Isa» disse mentre saliva in macchina nel posto del passeggero. «Non lo dirò a nessuno».

 

Spazio autrice:
Ed eccomi qui! Aggiornamento veloce ma, come si suol dire, è meglio battere il ferro finché a caldo. Ecco a voi il quattordicesimo capitolo. Cosa ne pensate? Vi dispiace per Isa e Ruben? Fatemelo sapere tramite una recensione! Come al solito ringrazio tutto per le recensioni e per chi segue la storia!

A presto,
MissKiddo

Se volete leggere qualcos'altro scritto da me vi consiglio:Alaska:il posto in cui trovai l'amore
   
 
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