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Autore: MissKiddo    07/12/2015    2 recensioni
Isabel Sanchez Torrès è la figlia del torero più famoso ed acclamato di Spagna. L'unico problema? Lei odia la corrida. Non capisce come possa piacere tale vigliaccheria. Per queste ragioni i rapporti con i suoi genitori sono difficili.
Ma dopo un terribile incidente riuscirà a sistemare le cose nella sua famiglia? E se il posto di suo padre venisse preso da un affascinante ragazzo dagli occhi blu? Lei potrà innamorarsi di un ragazzo che segue le orme di suo padre? Non vi resta che scoprirlo leggendo la storia, vi aspetto.
Tratto dalla storia:
Finalmente la corrida era giunta alla terza ed ultima parte: “Tercio de muleta”. Ruben stava sudando, aveva perso molte forze per tenera a bada il toro. Per fortuna le corse mattutine avevano aumentato la sua capacità polmonare. Il toro era sfinito, presto sarebbe arrivata la sua ora. Ruben prese la spada, fissava gli occhi del toro, provava rispetto per l'animale. Si era battuto con orgoglio e forza, ma doveva ucciderlo.
[CAPITOLO BONUS MATRIMONIO ALL'INTERNO!]
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Si, siamo arrivati alla fine. Questo sarà l'ultimo capitolo de “L'Ultima corrida”. Sono felice di aver portato a termine questo progetto, ma sono anche triste. Mi sono affezionata molto ai nostri due protagonisti e mi dispiacerà non scrivere più le loro vite. Ciò non toglie che potrei pensare ad un sequel, voi cosa ne pensate? Ma adesso vi lascio al capitolo, ci vediamo in fondo per i ringraziamenti...

 

 

Capitolo 16

Dimmi che non vuoi morire


Erano passati due mesi, due lunghissimi mesi. Isabel non sentiva e non vedeva Ruben dall'ultima volta che era stato a casa sua. Non credeva che stare male per amore fosse così struggente, certo, nei romanzi ne parlano e anche in TV ma viverlo è molto diverso.
Passava le giornate come se fosse in un sogno, le sembrava di vivere la vita di un'altra persona. L'unica cosa che le tirava su il morale era la gravidanza. Ormai era arrivata al quinto mese e le gemelle iniziavano a farsi sentire, tiravano calci e a volte faceva male ma sentirle era un'emozione grandissima. Ogni volta che una delle due si faceva sentire Isabel pensava a Ruben e tutto quello che si stava perdendo. Avrebbero potuto vivere quell'esperienza insieme, essere uniti più che mai e invece stavano diventando due perfetti sconosciuti.
Quel mattino si era svegliata tardi, non era riuscita a dormire, ma non era una novità, non riusciva a dormire da ormai due mesi. Stava bevendo un tè in cucina e guardando fuori vide che era una splendida giornata, sarebbe dovuta uscire a fare due passi ma scacciò subito quell'idea. Non aveva voglia di fare niente. Sospirò e chiuse gli occhi. “Passerà mai questo dolore?”, pensò tristemente.
Il suono del campanello le fece aprire gli occhi, in casa non c'era nessuno a parte lei quindi si alzò e andò alla porta. Quando vide Armando sulla soglia si innervosì. «Che ci fai qui?» Armando si schiarì la voce, era in imbarazzo. «Sono venuto in pace, volevo soltanto parlarti» Isabel rifletté. In fondo non c'era niente di male nel parlare con lui. «Vieni pure». Si diressero verso la cucina, così lei poté finire la sua colazione. Armando rifiutò il tè ma prese uno dei pasticcini. «La pancia è cresciuta molto, ho saputo che sono due gemelline»
«Già. Ma non prenderla alla larga, dimmi il motivo per cui sei venuto qui» rispose lei bruscamente. Armando sorrise. «Si, hai ragione. Volevo solo dirti che è stata tutta colpa mia. Non sapevo che Marisol odiasse così tanto Ruben, mancavo da qui da molto tempo, lo sai anche tu. Se avessi saputo la verità non le avrei mai detto niente» Isabel rise, una risata amara. «Infatti non ce l'ho con te! Tu non hai obbligato Ruben a baciarla»
«Ma è stata lei a baciarlo, lui l'ha allontana immediatamente. Era un po' brillo per l'addio al celibato ed è andata così. Vi amate, io lo so. Da quanto non vedi Ruben?»
«Da almeno due mesi...»
«Beh, dovresti vederlo adesso. Non lo chiamano più per le corride perchè è sempre ubriaco, va in giro di notte e crea risse per tutta la città. Ieri gli hanno spaccato il labbro...» Isabel lo interruppe. «E sta bene adesso?» chiese sinceramente preoccupata. Le faceva male sapere quelle cose. «Si, sta bene. Ma per quanto tempo potrà andare avanti così?»
«Non lo so, ma sappi che neanche per me è una passeggiata! Sto portando avanti una gravidanza da sola e dopo che avrò partorito sarà ancora peggio»
«Io non voglio obbligarti, ma dovresti pensare molto seriamente a tutta questa faccenda» Isabel annuì con la testa. «Ci penserò, te lo prometto».
Isabel accompagnò Armando alla porta, era arrivato il momento di salutarsi. «Armando, cerca di proteggere Ruben...» disse lei con un filo di voce. «L'ho sempre fatto e lo farò anche adesso, stai tranquilla». Dopo essersi salutati Armando tornò alla sua macchina e partì.

 

Ruben era seduto in un bar. Portava degli occhiali scuri e un cappello con visiera per non farsi riconoscere. Il labbro inferiore gli faceva male, ma era sopportabile. Stava bevendo un caffè e presto avrebbe preso qualcosa per quel terribile mal di testa.
Non ricordava molto degli ultimi due mesi, la maggior parte del tempo era ubriaco. Ma sapeva molto bene che la sua vita stava andando a rotoli. Il grande torero era diventato un ubriacone, da quanto tempo non lavorava? Sospirò e continuò a bere il suo caffè.
Poco dopo entrò nel bar un ragazzo sulla ventina, andò verso il bancone e Ruben sentì cosa diceva. «Ehi, ma quello non è Ruben Ruiz Lopez? Il torero?» il barista si voltò verso Ruben e lo fissò. «Bah, non lavora da mesi. A dire la verità non mi è mai piaciuto...».
Ruben sentì tutta la conversazione, e iniziò ad infuriarsi. Si alzò di scatto e andò verso quei due idioti. Quando se li ritrovò di fronte, guardò prima l'uno e poi l'altro. Non ne valeva la pena, meglio lasciar perdere. Pagò in contanti e uscì all'aria aperta.
Camminò per ore senza una meta, stava fuggendo da se stesso. «Ehi, Ruben! Sono qui!». Quella voce gli era familiare, alzò lo sguardo e vide Diego. Negli ultimi mesi aveva parlato con lui molte volte, era l'unica persona che gli era rimasta accanto. «Diego, buongiorno...» Diego lo guardò dalla testa ai piedi. «Di nuovo una rissa?» chiese preoccupato. «Se ti dico che sono caduto dalle scale non mi crederesti...»
«Infatti, non ci credo»
«Aiutami, Diego. Devo fare assolutamente qualcosa... come sta Isa?» Diego alzò gli occhi al cielo. «Sta bene e anche le bambine. Santo cielo Ruben! Ti stai rovinando la vita! Adesso vieni con me». Diego si voltò e Ruben lo seguì.

 

Ruben non faceva palestra da mesi, e adesso che si trovava sopra quel tapis roulant si sentiva molto meglio. Diego l'aveva portato in palestra ma lui non ne capiva il motivo. «Avanti, corri! Butta giù tutto quell'alcool che hai ingerito» urlò Diego nell'orecchio del ragazzo. «Perché mi sta facendo correre?» chiese Ruben con il fiato corto. «Perché presto affronterai una corrida». Ruben sgranò gli occhi, gli sarebbe piaciuto da matti tornare nell'arena. «E come?»
«Ho parlato con alcuni organizzatori, sono riuscito a farti ottenere un ingaggio. Ma ti avverto, ti hanno preso solo perchè hanno rispetto per me. Inoltre vogliono darti il toro più grande che hanno e dovrai vedertela da solo, niente aiutanti, niente difese. Pensi di farcela?» Ruben rimase in silenzio, sapeva che era pericoloso ma a nessuno sarebbe importato se fosse morto. Finalmente aveva un scopo per andare avanti. «Non ti deluderò» disse correndo ancora più velocemente.

 

Quella sera Diego tornò molto tardi a casa, pensò che sua moglie e sua figlia stessero dormendo ma quando entrò nel salotto vide Isabel seduta sul divano con un libro tra le mani. «Ancora sveglia?» Isabel sorrise. «Le bambine non mi lasciano dormire. Ma tu perchè sei tornato a casa così tardi?» Diego si tolse la giacca e raggiunse sua figlia. «Ho incontrato Ruben...»
«È messo male? Questa mattina è venuto a trovarmi Armando, mi ha detto tutto» Diego confermò ciò che aveva detto Armando. «Non voglio che si rovini la vita» disse infine Isabel. «Beh, l'ho convinto a tornare sull'arena, presto potrà partecipare ad una nuova corrida» Isabel strinse i denti. «Bene, finalmente farà l'unica cosa a cui tiene! Incredibile!»
«Almeno smetterà di bere e finirà con le risse. Non hai detto anche tu che non vuoi che si rovini la vita?» Isabel rimase in silenzio, suo padre aveva ragione. Per la prima volta pensò che forse si era comportata troppo duramente con lui. «Voglio incontrarlo» Diego rimase stupito da quell'affermazione, poi sorrise. «Da oggi sarà tutti i giorni in palestra».

 

Isabel si svegliò molto presto, suo padre le aveva detto che Ruben sarebbe andato in palestra alle sei del mattino. Prese la macchina e facendosi coraggio arrivò alla
palestra.

Rimase in macchina per almeno un'ora, tamburellava le dita sul volante. Era molto tesa, che effetto le avrebbe fatto rivederlo dopo due mesi? Forse era meglio tornare a casa e non disturbarlo. E se l'avesse offesa? Quella situazione la stava facendo impazzire. “O la va, o la spacca”. Scese velocemente dalla macchina e si diresse verso l'ingresso della palestra.
Mentre saliva le scale che portavano al piano di sopra il suo cuore accollerò e il suo respiro si fece affannoso. Un misto di emozioni presero possesso di lei. Aveva voglia di rivedere quegli occhi azzurri che l'avevano fatta innamorare ma ne aveva anche paura. Poi finalmente lo vide, stava saltando la corda. Era molto sudato e i capelli gli aderivano alla testa. Goccioline di sudore gli scendevano lungo gli avambracci muscolosi. Per un momento pensò che non era abituato a vederla con quel pancione scomodo e ne fu imbarazzata. «Ciao» gracchiò Isabel.
Ruben si voltò verso di lei, rimase impietrito. Rivederla gli faceva male ma era un dolore piacevole. La osservò nei minimi particolari, ma i suoi occhi si fermarono sulla pancia ormai grande. Isabel notò dove stessero guardando i suoi occhi e arrossì. «Ciao, Isa» rispose lui fermandosi e andandole incontro. «Incredibile! Le bambine sono cresciute!» Ruben si abbassò e posò l'orecchio sul pancione. Isabel si irrigidì ma lo lasciò fare, quelle erano anche figlie sue. «Sono il vostro papà!» esclamò di nuovo lui. «Ti trovo bene, pensavo peggio» disse lei guardandolo negli occhi. «Solo per merito di tuo padre»
«E per merito di mio padre rinizierai a fare il torero»
«Già. La corrida più pericolosa di tutte!» esclamò lui emozionato. Isabel non capiva, a cosa si stava riferendo? Suo padre non le aveva detto niente. Chiese spiegazioni e quando Ruben le disse come stavano le cose iniziò a girarle la testa. Come poteva suo padre mandarlo incontro a quel pericolo? Poteva morire. Quella considerazione la lasciò senza fiato. Chi voleva prendere in giro, lei lo amava ancora, lo amava come il primo giorno. «Ruben, non farlo!»
«Perché non dovrei? In fondo non ho niente da perdere» Isabel capì che era una frecciatina nei suoi confronti. «Smettila. Vuoi farti ammazzare? Pensaci bene». Ruben si voltò e le diede le spalle. «Anch'io ti avevo chiesto di pensarci bene eppure tu hai deciso di darci un taglio» Isabel si innervosì. «Non c'entra niente, è un'altra cosa!»
«Quindi se ti chiedessi di tornare con me accetteresti?» Isabel sospirò. «Non puoi chiedermi questo! È un ricatto»
«Beh allora puoi anche andare, io farò quella corrida che ti piaccia oppure no» Ruben aveva alzato la voce e lei strinse i pugni. Ruben non poteva chiedergli questo. «Bene, anzi, benissimo. Fatti pure ammazzare!» urlò lei scendendo le scale per tornare alla macchina.

 

Isabel scese le scale in tutta fretta, quando raggiunse la macchina aveva il fiatone. Si sedette al posto di guida e strinse il volante tanto forte da farsi diventare le nocche delle mani bianche. “Stronzo, stronzo, stronzo”. Non riusciva crederci, si sarebbe fatto ammazzare a lei sarebbe rimasta sola. Pensò alle sue bambine che forse non avrebbero mai conosciuto il loro padre.
Rimase seduta per un'ora, non le sembrava opportuno guidare in quello stato d'animo. Quando si fu ripresa mise in moto e tornò a casa.

 

Nei giorni successi Isabel pensò solo ed esclusivamente a Ruben. Mancava solo un giorno alla corrida e lui non aveva intenzione di tirarsi insieme. Sapeva che era testardo, già all'inizio della loro relazione lei lo aveva pregato di smettere ma lui non aveva mai voluto ascoltarla. Ma adesso era diverso, era ancor più pericoloso e adesso lei stava aspettando due bambine. «Piccole mie» disse lei rivolta verso il pancione. Quando alzò gli occhi vide suo padre sulla porta. «Non ti tormentare in questo modo»
«Papà, devi dissuaderlo!» esclamò lei tremante. «Non posso, se non può avere te almeno gli rimarrà la sua passione» Diego sapeva che stava facendo del male a sua figlia ma non voleva che Ruben si lasciasse andare in quel modo. «Mi state facendo passare per carnefice, quando sono io la vittima!»
«Siete entrambi delle vittime, vittime di Marisol, ma non lo capisci?» Isabel rifletté su quelle parole, suo padre aveva ragione, ma il suo orgoglio le urlava di non ascoltarlo. «Non so che fare!» urlò Isabel. Diego l'abbracciò, la tenne stretta. «Domani verrai con me alla corrida»
«Per vederlo morire?»
«Non accadrà niente, mi fido di lui. Vederti lo renderà ancora più forte» Isabel annuì tra le lacrime. «Okay, verrò con te. Ma se succede qualcosa a Ruben non te lo perdonerà mai».

 

La mattina della corrida Ruben era molto nervoso, aveva una brutta sensazione ma pensò che fosse soltanto la tensione. Si trovava negli spogliatoi ed era già vestito per l'occasione. Guardò l'orologio e vide che mancava ancora un'ora e mezza. Sbuffò e prese un bicchiere d'acqua. Mentre stava bevendo vide la porta aprirsi ed apparve Diego. «Tutto bene?» chiese lui alzando un sopracciglio. «Ho i nervi a fior di pelle»
«Immagino. Senti c'è una persona che vuole vederti...» Diego si spostò e alle sue spalle vi era Isabel. Ruben sorrise, era venuta per assistere alla corrida. «Ciao, Ruben. Sei ancora in tempo per tirarti indietro» disse lei tutto d'un fiato. «Tu tornerai con me?» chiese lui con calma. Isabel indietreggiò di qualche passo, quell'uomo era incredibilmente stupido. «Buona fortuna...» rispose infine lei uscendo dal camerino. Ruben si schiarì la voce e poi si rivolse a Diego. «Non morirò»
«Certo che non morirai. Sei il miglior torero in circolazione» Ruben andò verso di lui e lo strinse. Si era affezionato a quel vecchio burbero. Diego ricambiò l'abbraccio e poi dopo avergli messo le mani sulle spalle gli diede un bacio sulla guancia. «Andrà tutto bene, io alla tua età ho fatto la stessa corrida e dopo la mia carriera è riuscita a decollare»
«Spero che funzioni anche con me! Adesso vai sugli spalti, ci siamo quasi» Diego uscì e si diresse all'esterno.

 

Gli spalti erano gremiti di persone, molti erano lì perchè sapevano che quella era tra le corride più pericolose ma soprattutto erano lì per vedere il comportamento di Ruben. Tutti sapevano che negli ultimi mesi si era dato al bere e quello era uno spettacolo che non volevano perdersi.
Isabel era con suo padre e sua madre sugli spalti dedicati alle persone più in vista. Era così nervosa da tormentarsi le mani, sperava con tutto il cuore che non succedesse niente a Ruben. «Tranquilla» disse Amanda all'orecchio della figlia. «Non riesco, quello è il padre delle mie figlie». Amanda sorrise. «Allora non è vero che non ti importa più niente»
«Lo odio ma non fino a volerlo morto!» esclamò Isabel indignata.

 

Quando Ruben entrò nell'arena le persone sulle gradinate iniziarono ad alzarsi e a rumoreggiare. Molti lo applaudivano ma altri fischiarono contro di lui. Arrivò lentamente al centro dell'arena, si guardò intorno per vedere gli spettatori. Era felice di essere di nuovo lì ma stavolta non facevano il tifo per lui.
Si tolse la “montera” e la lanciò in aria per il solito rito superstizioso. Il pubblico trattenne il respiro guardando il cappello che volteggiava in aria. Quando atterrò non era dritto, e tutti sapevano che non era un buon iniziò. Il cuore di Ruben sembrò fermarsi e anche quello di Isabel.
Gli spettatori rimasero in silenzio per alcuni secondi, quel silenzio totale fu inquietante. Ruben dopo l'iniziale disorientamento riprese il cappello e lo rimise sulla testa. In fondo quelle erano solo stupide superstizioni.

 

Ruben si voltò verso il cancello del toro e aspettò. Un goccia si sudore gli scese lungo il viso, doveva trovare tutto il suo coraggio. Quando il cancello si aprì il pubblico esplose in un boato. Il toro pesava almeno sette tonnellate, e il manto completamente nero luccicava al sole. Era una bestia stupenda ma anche molto pericolosa e arrabbiata.
Ruben lo studiò per qualche secondo, poi lentamente iniziò a muoversi intorno a lui. L'animale inferocito iniziò a sbattere la zampe anteriore sul terreno. Ruben e il toro si fissarono negli occhi. Uomo e animale divennero una cosa sola, e Ruben si rese conto che poteva davvero morire, che non avrebbe mai visto le sue bambine, non avrebbe mai più rivisto Isabel e che l'avrebbe lasciata da sola. Non poteva lasciare che accadesse, improvvisamente si rese conto che non doveva trovarsi lì. Iniziò a respirare faticosamente, mille immagini li si affilarono nella testa.
Lui ed Isabel.
Isabel con il suo pancione.
La pelle nuda di lei contro la sua.
«Non posso...» disse sottovoce. Gli aiutanti di Ruben che si trovavano nelle vicinanze si guardarono non capendo cosa stesse succedendo. Dagli spalti le persone iniziarono a rumoreggiare. «NON POSSO!» urlò Ruben verso gli spettatori.

 

Isabel stava osservando la scena e, come gli altri, non capiva cosa stesse succedendo. «Cosa sta facendo?» chiese rivolta a suo padre. «Non lo so, ma c'è qualcosa che non va». Isabel si alzò in piedi per vedere meglio. Il viso di Ruben era contratto e spaventato, questo contribuì a farla cadere nel panico. Quando sentì che Ruben urlava di non poterlo fare il suo cuore iniziò a battere all'impazzata.


Il toro fu fatto entrare di nuovo nel cancello e questo mandò su tutte le furie il pubblico che iniziò a lanciare del cibo sull'arena. Ruben era ancora confuso ma tentò di riprendersi, chiese ad uno dei suoi aiutanti un microfono. Dopo pochi fu accontentato e con voce tremante si scusò. «So che volevate vedere del sangue, ma oggi non succederà. Mi ritiro». Il pubblico iniziò a fischiare, mille voci iniziarono ad urlare e sbraitare.

 

Isabel era ancora in piedi, le parole di Ruben l'avevano impietrita. «Si ritira?» disse a suo padre. «Ma cosa diavolo sta combinando!» esclamò Diego. «Scendiamo, voglio sentire meglio» Diego annuì e si diressero nella parte inferiore dell'arena.

 

Ruben era sommerso di insulti, ma non gli importava. Aveva molte cose da dire e non si sarebbe fermato fino a che non avesse sfogato tutto quello che aveva dentro. «Sapete cos'è l'amore?» chiese rivolto al pubblico. Le persone, confuse, iniziarono a tacere poco alla volta. «Sapete cos'è l'amore?» ripeté Ruben. «No, forse solo pochi di voi conoscono il vero amore. Nella mia vita pensavo di aver provato questo sentimento molte volte, ma solo adesso so davvero cos'è l'amore. So cosa significa morire per amore, e oggi, ho capito che l'unica cosa che conto nella mia vita è Isabel, Isabel e le mie bambine. Mi scuso di nuovo con tutti voi, ma ho fatto la mia scelta. La mia scelta sei tu...» Ruben incontrò lo sguardo di Isabel e la indicò con il dito.
Isabel iniziò a piangere, stava rinunciando alla passione più grande per lei. Se questo non era un gesto d'amore non poteva immaginare niente di meglio.
«Ti amo, Isa» urlò Ruben nel microfono. Isabel corse verso di lui, anche lei lo amava, lo amava ogni giorno di più. Ruben la prese tra le braccia e l'alzò da terra.
Il pubblico iniziò ad applaudire e fece il tifo per quella coppia stramba ma emozionante.
«Ti amo anch'io!» disse Isabel. «Per sempre?» Isabel rifletté per qualche secondo. «Per sempre!».

 

Epilogo

 

Quattro mesi dopo

Ruben camminava avanti e indietro nella sala d'aspetto. Isabel era dentro da almeno quattro ore e lui iniziava a preoccuparsi, forse le bambine non stavano bene. Proprio mentre stava per perdere la pazienza, Amanda uscì dalla porta della sala parto. «Sono bellissime!» esclamò con le lacrime agli occhi. Abbracciò suo genero con forza. «Stanno bene?» chiese lui. «Benissimo, adesso puoi entrare».
Ruben sospirò ed entrò nella stanza. Isabel stava piangendo e le sue guance erano rosse per lo sforzo. Tra le braccia teneva due bambine identiche. I loro faccini rotondi e paffuti fecero tremare il cuore di Ruben, quelle bambine erano sue e già le stava amando. «Isa...» disse lui avvicinandosi. «Non sono la cosa più bella che tu abbia mai visto?» rispose lei sorridendo nonostante fosse stremata. «Si, lo sono». Ruben le baciò entrambe sulla fronte e poi baciò sulle labbra la donna che amava. «Prendile» Isabel gliele diede in braccio e lui scoprì di essere ufficialmente un padre. Quei due esserini erano suoi, completamente suoi. «Come le chiamiamo?»
«Sophia e Savannah» rispose Isabel accarezzando le loro testoline. «Sono perfette»
«Vediamo quando inizieranno a piangere se saranno ancora perfette!» Isabel rise di gusto. Ruben si voltò e la fissò. Era così meravigliosamente bella. «Ti amo, piccola mia»
«Anch'io, ma ti amerò di più quando ci sposeremo». Ruben sorrise. «Tra un mese, giusto?»
«Io ci sarò». Ruben la baciò sulle labbra ed entrambi fissarono le loro due creaturine perfette.

 

 

Spazio autrice:
Eccoci, ci siamo, questa è la fine! Spero che anche l'ultimo capitolo vi sia piaciuto, attendo le vostre recensioni. Ringrazio tutti quelli che hanno letto la mia storia, tutti quelli che l'hanno recensita e tutti quelli che l'hanno messa tra le preferite/ricordate/seguite. Mi è piaciuto scrivere questa storia e adesso ho un po' di malinconia, ma come ho detto all'inizio non escludo un sequel o magari una one-shot per descrivere il matrimonio.
Che dire, ci sentiamo!

 

Vi ringrazio di cuore,
MissKiddo

 

 

 

Se ti va di leggere qulcos'altro scritto da me ti consiglio:  Alaska: il posto in cui trovai l'amore
   
 
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