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Autore: TheDoctor1002    10/12/2015    2 recensioni
Artemis conosce il mare. Lo ha solcato in lungo e in largo quando era in marina, vi ha disseminato terrore una volta cacciata e ancora oggi, dietro l'ombra del suo capitano, continua a conoscerlo.
Il suo nome è andato perduto molti anni fa: ora è solo la Senza-Faccia. Senza identità e senza peccati, per gli altri pirati è incomprensibile come sia diventata il secondo in comando degli Heart Pirates o cosa la spinga a viaggiare con loro. Solo Law conosce le sue ragioni, lui e quella ciurma che affettuosamente la chiama Mama Rose.
Ma nemmeno la luce del presente più sereno può cancellare le ombre di ciò che è stato.
Il Tempo torna sempre, inesorabile, a presentare il conto.
"Raccoglierete tutto il sangue che avete seminato."
//
Nota: trasponendola avevo dimenticato un capitolo, quindi ho riportato la storia al capitolo 10 per integrarlo. Scusate per il disguido çuç
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Corazòn, Donquijote Doflamingo, Eustass Kidd, Nuovo personaggio, Pirati Heart
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 7: Voti (parte 1)

Artemis non si sarebbe mai aspettata di ritrovarsi in quella situazione quando, dopo Marineford, aveva scelto di restare.
Fuggire ancora avrebbe comportato un ricovero più lungo, ma grazie alle cure di Law non avrebbe avuto nulla da temere: riprendersi sarebbe stato un gioco da ragazzi. 
"Ci rincontreremo, Eustass-chan" gli aveva promesso e così aveva deciso fin da Impel Down quando, durante il suo delirante sogno seguito all'intervento su Luffy, aveva scoperto che Kidd sarebbe certamente arrivato una volta finita la guerra dei Vertici.
La ragione della sua presenza poteva essere facile da indovinare: la testa di Barbabianca era senza dubbio tra le ipotesi più gettonate, tuttavia lei non sapeva per quale ragione avrebbe finito per trovarsi lì quando tutti ormai avevano abbandonato il campo di battaglia.
Voleva sapere per quale ragione il destino aveva scelto di farli incontrare proprio a Marineford, proprio alle pendici dell'Inferno. 
"Curioso come il nostro incontro sia dipeso solo dalla mia scelta di restare: seguendo la rotta per raggiungere la mia meta ho finito per tracciarla io stessa."
Trasse un respiro e lasciò che quel che aveva già vissuto prendesse a scorrerle addosso come una pioggerella fine, cercando le parole per descrivere a Kidd i frammenti di tempo che aveva attraversato per giungere a lui, su quella nave e in quella notte. 
"L'isola da cui provengo è l'isola di Artoj." Iniziò lei "Se le informazioni che ho su di te sono corrette, dovrebbe essere poco distante dalla tua terra natale, quindi presumo tu la conosca"
"É l'isola degli artisti, giusto?"
"Proprio lei. I miei genitori erano scultori piuttosto famosi nell'ambiente e mia sorella Helene era un'abile pittrice, prima di entrare in Marina. Io non me la cavo bene con le arti, sono più portata per cose legate alla logica e alle scienze. Non che i miei genitori mi biasimassero, ma sapevano che nella mia terra natale non c'era posto per me e accettarono la mia idea di seguire le orme di Helene. Lei tornò in una bara due anni dopo. Fu un colpo per tutti, soprattutto per mia madre. Non superò mai del tutto la cosa e mi proibì di entrare in Marina. Fu l'unica volta in vita mia in cui le disubbidii: stravedevo per mia sorella, era il mio idolo. Era sempre stata brillante, aveva ereditato la bellezza di nostra madre e la gentilezza di nostro padre. Lei voleva proteggere gli indifesi, per questo si era unita al baluardo della giustizia e io avrei dato qualunque cosa per essere un decimo di ciò che era lei. Dopo i funerali, chiesi a Sengoku in persona di arruolarmi. Dovevo essere la quattordicenne più determinata che si fosse mai messa sulla sua strada, perchè perfino lui non sapeva che dire, sembrava spiazzato. Sentivo che prendere il posto di Helene era il mio compito, il solo modo di riuscire a fare qualcosa di buono con la mia vita. 
Mi allenai, lavorai sodo per reggere il passo con gli altri cadetti e riuscii a farmi un nome. Sengoku aveva grandi aspettative riguardo a me e Tsuru mi prese sotto la sua ala poco dopo il mio arrivo. Iniziai a partecipare a missioni con Marine più grandi di me e mi convocarono perfino al quartier generale per qualche missione. Raggiunsi il ruolo di Comandante, tuttavia la mia carriera non durò poi tanto. Per qualche anno riuscii a portare avanti delle ricerche sul Secolo Buio, scoprendo poche informazioni per volta e cercando di collegarle per ottenere qualcosa, ma con scarso successo. Ad ogni modo, alle Alte Sfere la mia curiosità non piacque e il solo tentare di scoprire la verità fu considerato come il peggiore dei reati: distrussero tutti i miei appunti e mi convocarono dinnanzi al Gorosei, a Marijoa. Mi dissero che sapevano del ruolo che avevo giocato in alcune missioni e che potevo scegliere se morire o collaborare con loro. Ovviamente scelsi di aiutarli, ma dovetti dire addio alla mia famiglia: per non compromettere la mia copertura, venni dichiarata deceduta in azione e nessuno tranne Sengoku e il Gorosei seppe più nulla di me."
Artemis fece una pausa, prendendo un respiro profondo
"Credo di essere l'unica persona al mondo a poter dire di aver assistito al suo stesso funerale. C'erano fiori, frasi di circostanza e un sacco di ufficiali che neppure conoscevo. I miei genitori non erano lì. Ancora oggi, non riesco nemmeno ad immaginare il dolore che deve aver provato mia madre quando le fu riferito che anche la sua seconda figlia era morta. Partii per la mia missione subito dopo la funzione: mi mandarono su un'isola chiamata Spiders Mile. Un criminale stava riunendo un bel po' di potere, a detta di Sengoku, e il mio compito era passare ai Marines tutte le informazioni che riuscivo a raccogliere. Quando chiesi di entrare nella Donquixote Family, mi fecero combattere contro alcuni dei loro sottoposti. Ad assistere era venuto perfino Doflamingo, il capo di quell'organizzazione nella quale mi sarei dovuta infiltrare. Era accompagnato dai suoi ufficiali: Vergo, Trebol, Diamante e Pica. In qualche modo, riuscii ad impressionarli, ma mi giocai tutto quando l'ultimo parlò: era un omone immenso, ma aveva una vocina stridula che non c'entrava nulla con la sua corporatura. Non sapevo che ridere di lui potesse costarmi la vita e Vergo mi trovò impreparata quando si lanciò contro di me per uccidermi. Tuttavia Lui lo fermò. A quanto pare ero riuscita a fare davvero una bella figura, perché decise che meritavo di essere perdonata e riuscii ad entrare nella Family. 
Vi trascorsi sette anni. In quei sette anni passai alla Marina tutte le informazioni di cui entravo in possesso, ogni spostamento, ogni patto, ogni persona intrattenesse relazioni con noi, tutto. Ma non era mai abbastanza. Dopo poco tempo dal mio arrivo, ritornò il fratello di Doflamingo, anche lui una spia della Marina. Aveva il mio stesso compito: temevano che da sola non ce l'avrei fatta e così mandarono anche lui, che era sparito quasi quindici anni prima. Lo odiavo a morte, ma iniziammo a collaborare dopo che si prese cura di me quando mangiai il Time Time No Mi e i suoi poteri quasi mi uccisero. Furono tre settimane d'inferno, ma Rocinante non mi lasciò mai e capii che in lui non c'era nulla che lo rendesse anche solo simile al fratello. 
Un'altra persona che detestavo era il marmocchio della Città Bianca che arrivò poco dopo. Law non era nulla di chi è oggi: era un bambino malaticcio e violento, con un'ingiustificabile sete di sangue. Era portatore della sindrome del Piombo Ambrato dalla nascita e sapeva che gli rimanevano solo tre anni, perciò decise che voleva uccidere chiunque gli capitasse a tiro, marines, civili o pirati che fossero."
"Mi sarebbe sicuramente piaciuto di più, se fosse ancora così" ridacchiò Kidd "Doveva essere davvero un bel tipino"
"Già, era un incubo di bambino. Mi rifiutai di allenarlo finchè avesse mantenuto quei propositi e questo lo portò a ricambiare il mio astio. Quando scoprii la sua storia iniziai a capirlo e cercai di fargli capire che agendo da pazzo suicida non avrebbe ottenuto niente. Feci del mio meglio per salvarlo da se stesso, tuttavia, come spesso capita nelle storie come la mia, fu lui a salvare me."

-//-//-//-

"Corazòn!" 
La sua voce risuonò come un ruggito fin nella stanza in cui Buffalo e Baby 5 erano impegnati in una partita a carte.
Nello stesso salottino, Rocinante stava dormendo un sonno pacifico, almeno finchè non fu svegliato da quel grido, rischiando di cadere dalla sua poltrona tanto era stato colto alla sprovvista. 
"Artemis-sama sembra davvero arrabbiata!" ridacchiò la bambina "Sei in un bel guaio Cora-san!"
Artemis entrò come una furia, avvolta nel suo mantello di piume bianche mentre lampi d'ira sprizzavano dai suoi occhi grigi.
Teneva tra le braccia una figura minuscola e anch'essa piuttosto risentita.
Il bambino, perché di ciò si trattava, aveva una vistosa fasciatura alla caviglia e un gran numero di lividi lungo le braccia.
Sulla fronte, un cerotto nascondeva ciò che restava di una ferita che Artemis stessa si era presa la briga di medicare.
"Donquixote Rocinante, come osi?!" continuò, strappando con un gesto rabbioso gli occhiali dal volto del suo interlocutore, per essere certa di avere la sua attenzione "Come osi gettare un mio subordinato fuori da una finestra per la quinta volta in tre giorni?!"
Lui non sembrava impressionato da quella sfuriata e sicuramente non era spaventato come lei aveva sperato.
Mentre Artemis posava Law su un divanetto, il più lontano possibile da Corazòn, lui estrasse dalla sua giacca un blocco e una penna, scribacchiando una frase piuttosto breve.
"Mi intralciava."
"Io non ho fatto niente!" rimbeccò il bambino "Ero per i fatti miei quando questo stro-"
"Law, contegno." Lo zittì lei, tranciando a metà la sua frase "E tu, signorino, faresti meglio ad entrare in quest'ottica: lui è sotto la mia protezione e responsabilità e non permetterò che tu alzi un solo dito su uno dei miei soldati più promettenti."
"Non darmi ordini." scrisse lui "Sono un ufficiale e sono il fratello di Dofli. Avrai anche il tuo drappello di uomini, ma non hai alcun potere su di me."
"Fagli ancora del male e giuro che mi dimenticherò del Patto di Sangue, Corazòn. É il mio ultimo avvertimento."
Si girò con un sospiro verso il bambino con cui era entrata, il quale continuava a lanciare a Rocinante occhiate traverse. 
"Law, Baby5, Buffalo. Venite con me, tesori miei: la cena sarà pronta tra poco, non vorrete che si freddi"
I tre lasciarono subito la stanza, avviandosi verso la grande sala dei banchetti della Family.
Artemis uscì per ultima, chiudendo la fila e lanciando un ultimo sguardo a Corazòn, prima di accostare la porta alle sue spalle.


"Lo odio." dichiarò Law mentre Artemis gli rimboccava le coperte
"È fatto così, dottorino, che vuoi farci? Non possiamo cambiarlo."
"Lo stai difendendo? Pensavo che anche tu detestassi Corazòn!"
Un sorriso velato di una certa tristezza accarezzò il volto di lei.
Sembrava nascondere qualcosa, ma il bambino non seppe spiegarsi cosa potesse essere.
"Ti vuole bene, Law. So che sembra impossibile, ma un giorno saprai. E allora capirai anche tutte le cose che adesso non sembrano avere un senso ai tuoi occhi."
Quella spiegazione non lo soddisfò affatto, anzi, l'aveva lasciato con più domande di quante non ne avesse all'inizio.
Artemis posò un bacio veloce sulla sua fronte, facendo sparire per qualche istante la sua espressione perplessa.
"Non farti troppe domande adesso, dottorino: non puoi capire un disegno finchè non lo guardi dall'esterno. Devi solo avere un po' di fiducia in me, okay?"
Lui annuì, posando la testolina sul cuscino e addormentandosi quasi nello stesso istante in cui Artemis spense le luci e chiuse la porta della sua stanza. 
Fuori, una figura alta e snella aspettava, con la schiena appoggiata al muro del corridoio.
L'uomo sembrava assonnato, ma in realtà lei sapeva bene che la sua era solo preoccupazione malcelata.
Appena la vide, estrasse dalla tasca un piccolo foglietto scribacchiato.
"Dorme?"
Artemis annuì e con alcuni rapidi gesti, fece capire a Corazòn di seguirla.
I due camminarono lungo i corridoi vuoti dell'immensa magione, passando accanto alle stanze degli altri ufficiali senza fare rumore, silenziosi come fantasmi, finchè non raggiunsero il giardino esterno.
La sola fonte di luce, unica loro guida nel buio, era la luna, la quale con i suoi pallidi raggi tingeva d'argento l'erba umida di rugiada.
In un angolo nascosto del palazzo, una parte dimenticata sul retro della sala degli allenamenti, c'era un promontorio.
Nessuno vi andava mai e perfino Artemis l'aveva scoperto dopo molto tempo dal suo arrivo.
Su quel promontorio cresceva una magnolia solitaria, forte e sconosciuta ai più.
Lei si sedette sulle sue radici, osservando inquieta le acque nere del mare di Dressrosa.
Quel posto, anche dopo anni, le restava estraneo. 
"Mi dispiace per quello che è successo stasera" disse Corazòn, rompendo il silenzio. 
"Nemmeno io volevo essere così aggressiva" rispose lei "ma non mentivo. Non se ne andranno, Corazòn. Ormai sono parte della Family e tutto ciò che possiamo fare è difenderli."
"Ora sono solo dei marmocchi, ma cresceranno, Artemis. Prima o poi Doflamingo li farà partecipare ai combattimenti, assegnerà loro delle missioni. Cosa faresti se un giorno arrivasse dal Quartier Generale l'ordine di ucciderli? Saresti in grado?"
Artemis pensò a quei tre bambini, a come le ronzassero sempre intorno.
Erano cresciuti parecchio da quando erano arrivati e le si erano affezionati come ad una madre.
Era questo che lei era per loro: una figura materna, un brandello di umanità in quel mondo crudele in cui erano stati sbalzati troppo presto. 
"Non penso riuscirei" ammise lei con voce triste "ad ogni modo, è un rischio che non corro. Ho sentito Sengoku, qualche tempo fa. Sapeva dell'annuncio di Doflamingo già da qualche mese, ma ha detto che non può fare assolutamente nulla. Fai qualsiasi cosa serva a preservare la copertura, ho le mani legate, queste sono state le sue esatte parole." 
"Ma non può farlo!" Scattò Corazòn in un moto di rabbia "E tutte le informazioni che hai passato loro? Non hanno importanza? Loro devono fare qualcosa, non possono lasciarti qui a..."
La frase gli morì in gola.
Aveva visto fin troppe volte i graffi sulla schiena di lei, una volta uscita dalle stanze di suo fratello.
Aveva asciugato le sue lacrime e l'aveva aiutata a mantenere in piedi una facciata che sarebbe stata troppo pesante per chiunque. 
"Il Gorosei dice che non basta" rispose Artemis, dopo una pausa "Vogliono farmela pagare per le ricerche sul Secolo Buio che ho fatto ai tempi della Marina. Volevo sapere troppo e il Governo Mondiale cerca sempre nuovi metodi di sbarazzarsi di quelli come me. Sanno già che il matrimonio può portare solo in tre strade diverse: mi ucciderò, Doflamingo scoprirà della congiura e mi ucciderà o scapperò, venendo meno ai miei doveri e diventando ufficialmente una disertrice. Semplicemente, non saranno felici finchè non avranno il mio cadavere."
Rocinante le rivolse uno sguardo, sentendosi terribilmente impotente dinnanzi agli eventi che li stavano travolgendo ormai da diversi anni.
Come poteva il Governo Mondiale decidere della vita di qualcuno in quel modo?
Avevano scritto il suo destino fin da quando lei aveva iniziato quelle ricerche: morire troppo giovane o passare la sua vita nel vano tentativo di fermare un folle. 
"Non è così che doveva andare" Ammise Artemis, prendendosi il viso tra le mani "Non era questo che dovevo diventare dopo la morte di Helene. Lei aveva degli ideali, pensavo che lavorasse per gente che voleva che noi fossimo al sicuro. Per cosa è morta? E per cosa morirò io? Non fermeranno Doflamingo, hanno paura di lui. Anche se glielo consegnassi, finirebbero per liberarlo. È comunque un Tenryubito, per quanto dicano che è decaduto. E il Governo Mondiale non è che un manipolo di codardi: si nascondono dalle loro stesse azioni, temono il loro stesso passato. Non voglio morire per loro. Non posso farlo, c'è ancora troppo della mia vita che non ho vissuto."
"La vivrai, Artemis." dichiarò Corazòn. 
Lei sollevò lo sguardo, incrociando quello di lui.
Poteva essere maldestro, ma quando qualcosa lo infiammava, diventava una persona completamente diversa. 
"Salpiamo quando vuoi. Mi procurerò una nave e ce ne andremo insieme lontani da quest'inferno. Nessuno saprà più niente di noi, nè Doflamingo nè il Governo: spariremo e potremo vivere in pace per il resto dei nostri giorni."
"Non posso andarmene" disse lei a mezza voce "Non posso lasciarlo qui."
Capì subito quel che intendeva.
Dopo che il Frutto del Diavolo l'aveva quasi uccisa, non aveva mai avuto il coraggio di provare i suoi poteri.
Tuttavia, aveva iniziato ad avere sogni incredibilmente vividi e, presto o tardi, si erano avverati tutti.
"Hai avuto delle visioni, Artemis?"
Lei annuì "Ho visto Law. Piangeva e i segni del Piombo Ambrato erano talmente evidenti da farlo sembrare un fantasma. Quel bambino non ha mai pianto, Corazòn, eppure in quelle visioni era disperato. Gridava, ma non sono mai riuscita a capire cosa."
"Tieni molto a lui, non è così?"
Un sorriso si dipinse sul volto di lei "Quel bambino è il mio punto debole. Ne ha passate troppe e non voglio che diventi come Doflamingo. Quel genere di forza è alimentata solo da odio e rancore, finisce per consumare chi ne fa uso. Non voglio che Law soffra ancora."
Quasi avesse sentito uno sparo, Artemis sollevò la testa, troncando il discorso a metà 
"Ho percepito qualcosa..." spiegò in un sussurro "Si è svegliato. Qualcosa non va."
Sotto lo sguardo ancora stupito di Corazòn, corse di nuovo dentro il palazzo, sparendo nell'intrico di corridoi delle stanze con una velocità impressionante.
Quando la raggiunse, lei era già da qualche tempo nella stanza di Law.
Sentiva la voce dolce di Artemis pronunciare parole rassicuranti e si appiattì contro lo stipite per ascoltare senza farsi vedere. 
"Va tutto bene, non preoccuparti" sussurrava lei, stringendo il bambino tra le sue braccia e accarezzando i suoi capelli arruffati.
Corazòn non potè fare a meno di notare che c'era qualcosa di infinitamente materno nei gesti di lei, naturali come non avesse mai fatto altro in vita sua. 
"Incubi" sillabò lei con le labbra, quando l'altro si decise ad entrare.
Law si era già riaddormentato, aveva un'espressione tranquilla sul volto e la testa posata sulle gambe di Artemis.
Lei continuava a far scorrere le dita tra le ciocche scompigliate e sempre più intrise di fili bianchi.
Per un attimo, Rocinante fu certo del fatto che sarebbe stata un'ottima madre e avrebbe dato qualsiasi cosa perché il bambino che riempiva d'attenzioni fosse il loro.
"Domani ci sarà la prova dell'abito da sposa" sussurrò lei con una certa tristezza, riportandolo alla realtà "Verrai anche tu?"
Nella sua voce non c'era la gioia che avrebbe dovuto accompagnare una domanda simile e i suoi occhi erano fissi al pavimento. 
"Anche... anche io devo provare il mio completo, quindi penso che sarò lì." borbottò in risposta, con un'espressione seria dipinta in volto. 
Artemis sorrise debolmente, allungandosi verso di lui per carezzargli la guancia con la mano minuscola, quasi a scacciare quell'aria gravosa che ormai aveva permeato la stanza.
"L'emergenza-incubi sembra finita...resto ancora un po', ci vediamo domani mattina" 
Sporgendosi appena verso di lei, Corazòn le diede un leggero bacio, macchiandole le labbra con il suo rossetto. 
"Non fare tardi" 
Si scambiarono un ultimo sorriso complice, infine Rocinante lasciò la stanza, mentre Artemis tornava a rivolgere le sue attenzioni al piccolo Law, ancora addormentato tra le sue braccia.

"Artemis-sama è pronta!" Annunciò Buffalo, entrando nel camerino dove Corazòn stava appuntando il fiore al suo occhiello.
Il bambino gongolava nel suo abito elegante e il suo sorriso si fece ancora più largo quando si rese conto di essere riuscito ad attirare l'attenzione dell'ufficiale. 
Con pochi gesti, lui gli fece capire che sarebbe arrivato presto e Buffalo si decise così ad uscire dalla stanza, lasciandolo solo. 
Da qualche minuto a quella parte, Rocinante aveva fissato in continuazione il suo viso truccato nello specchio.
Le ciocche bionde, senza il suo cappello, gli finivano costantemente davanti agli occhi, come quand'era piccolo e sua madre gliele spostava in continuazione. 
"Oh, mamma, se solo fossi qui." pensò "Forse saresti l'unica in grado di fermarlo. Lui ha sofferto anche più di me." 
"Sbrigati, Cora-san, voglio vedere il vestito di Artemis!" Borbottò Buffalo da dietro la porta, facendolo tornare alla realtà
Controllò per l'ennesima volta che il fiore fosse appuntato bene, infine si decise ad uscire.

"No, Jora ha detto che senza il suo permesso non può entrare nessuno!" Affermò ostinata Baby5, ritta davanti alla porta e con le braccia spalancate, come a difenderla. 
"Andiamo, non fare i capricci" ridacchiò Doflamingo "Sarò suo marito, ho tutto il diritto di vederla!"
"Ho detto di no, porta sfortuna vedere la sposa prima del matrimonio!"
"Oi, Corazòn! Hai sentito la novità?" scherzò lui, rivolgendosi alla figura che percorreva lentamente il corridoio fino a raggiungerli "Adesso non posso nemmeno vedere mia moglie!" 
Quella parola gli fece venire i brividi, pronunciata da suo fratello, ma fece di tutto per non darlo a vedere. 
"La bambina ha ragione, Signorino!" La voce squillante di Jora precedette la sua apparizione.
Anche lei vestita a festa, aprì la porta oltre la quale si celava Artemis quel tanto che bastava a vedere chi si apprestasse ad entrare.
"Lo sposo non può vedere il vestito della sposa. Fine della discussione. Corazòn, bambini, voi invece potete entrare."
Sia Buffalo che Baby5 corsero dentro la stanza come saette, facendo cadere Rocinante, il quale si rialzò mordendosi la lingua per non imprecare e infine li seguì, lasciando suo fratello sull'uscio e con un'espressione risentita sul volto.

"Artemis-sama! Sembri una principessa!" Commentò Baby5 meravigliata "Anche io voglio un bel vestito come il tuo!"
"Prima devi trovare qualcuno che ti sposi" la canzonò Buffalo.
Il che, come prevedibile, diede il via ad un battibecco che solo Jora fu in grado di placare. 
Artemis fece qualche passo, avvolta nel lungo abito bianco e intarsiato di pizzo.
I capelli allora argentei erano stati raccolti in un'acconciatura semplice e lasciavano completamente libero il suo volto mentre sorrideva alla bambina, ancora in ammirazione. 
"Sei un amore, Artemis!" Esclamò Jora "Il Signorino non crederà ai suoi occhi quando ti vedrà! Eppure manca...giusto, il velo! Vado a prenderlo!"
"Però glielo metto io!" Si intromise Baby5, rincorrendo la donna fuori dalla stanza, seguita da Buffalo. 
Corazòn non aveva ancora dato nessun segno che facesse intuire la sua opinione, da quando era entrato. 
"Che ne pensi?" Chiese infine Artemis, arrossendo appena.
Lui si guardò in giro, poi schioccò le dita e il vociare lontano dei bambini sparì del tutto. 
"Ha ragione, sembri davvero una principessa" rispose lui con un sorriso. 
"Ho pensato a quello che mi hai detto ieri sera" rivelò lei "e ho preso una decisione: salpiamo tra un mese esatto. Dovrebbe bastare per raccogliere tutto ciò che serve per il viaggio e prendere contatto con qualche ospedale senza che tuo fratello si insospettisca." 
"Ospedale?" Chiese Rocinante preoccupato "c'è qualcosa che devi dirmi, Artemis? Stai forse male oppure..."
"Porteremo anche Law. E troveremo una cura alla sua malattia. Dovremmo avere ancora un anno di tempo e, se ci muoviamo in fretta, possiamo ancora fare qualcosa." 
La voce di lei era così decisa che Corazòn ne rimase quasi scioccato. 
"Pensi che si farà aiutare, Artemis? Mi odia, lo sai." 
"Forse, se glielo chiederò io, accetterà. Senza di lui non mi muovo." 
Un sorriso comparve sul volto di lui 
"Di testarde come te ce ne sono poche, grazie al cielo" 
"C'è un'altra cosa che voglio chiederti." aggiunse Artemis con un ampio e luminoso sorriso, facendo tremare per un istante il cuore di Rocinante "Quando avremo finito di scappare, quando avremo trovato un posto da chiamare casa e Law sarà guarito...mi sposerai?" 
Corazòn la strinse, facendole fare una piroetta e prese il volto di lei tra le mani.
I suoi occhi castani si erano fatti appena più lucidi "Sarei l'uomo più fortunato della Grand Line, se scegliessi me"

 

   
 
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