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Autore: StClaire    11/12/2015    4 recensioni
Maisie è la classica ragazza di diciassette anni. La sua vita si divide tra scuola e amiche, compiti e feste, famiglia e compagni e il ragazzo dei suoi sogni. La sua vita scorre tranquilla come al solito fino a che non le viene imposto di lasciare la sua camera per ospitare la prima figlia del compagno della madre, che ha le fattezze di un bellissimo ragazzo. Maisie, dopo una bugia di troppo, si ritroverà a chiedere ad Alexis "Alex" di tenerle il gioco e farle da fidanzato.
Da quel momento, tra disguidi, baci e ambigue relazioni, inizia per Maisie un'avventura che le scombussolerà più di quanto lei avrebbe mai potuto sospettare.
Dal testo:
«Devo chiederti scusa!», urlò Maisie improvvisamente.
Lei si girò «Scusa per cosa?», chiese Alexis curiosa, fermandosi sul vialetto di casa.
«Anch’io quando ci siamo scontrate all’aeroporto ti ho scambiato per un ragazzo!» disse Maisie tutto in un fiato.
«L’avevo capito», sorrise, e le fossette spuntarono insieme al sorriso, «Beh, almeno ti piacevo?»
La domanda spiazzò Maisie, ma la risposta usci da sola.
«Si!», forse lo disse con troppo entusiasmo, perché lei rise.
«Questo è l’importante», disse avviandosi verso casa.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Capitolo 16
-Nights-

*
 
Sembrava passata un’eternità dall’ultima volta che aveva visto il sole. Quel giorno era alto, luminoso e anche abbastanza caldo. Sembrava che la primavera si fosse anticipata un po’. Maisie guardò fuori dalla finestra della sua stanza, seduta sul letto con i libri di testo intorno. Aveva da studiare troppe cose, neanche si ricordava quando gli insegnanti avessero spiegato tutta quella roba.
Sbuffò lasciandosi cadere sul letto. Non aveva nessunissima voglia di studiare, il cielo la invitava a uscire, ma con chi? Mia e Jody erano chissà dove con chissà chi. E in casa non c’era nessuno. Alex le aveva detto che sarebbe tornata in serata e che voleva vedersi un film con lei.
Maisie avvampò al solo pensiero. Solo una volta avevano deciso di guardare un film insieme, e della trama ci aveva capito ben poco.
Stava quasi per addormentarsi con il sorriso sulle labbra, quando improvvisamente Maisie sentì la porta di casa spalancarsi con furia. Si alzò di scatto dal letto e si avvicinò alla porta per scendere giù, ma le voci che sentì la fecero tornare sui suoi passi.
 «Cate! Ragiona, non vedo il perché di questo…»
Paddy. Erano Paddy e sua madre.
Sua madre stava rispondendo qualcosa, ma Maisie non sentiva niente. Aprì la porta lentamente e cercò di avvicinarsi alla rampa di scale facendo meno rumore possibile. Voleva capire di cosa stessero parlando. Sua madre era entrata in casa come una furia e non aveva mai sentito, in tutti quegli anni, Paddy e sua madre discutere così. Le voci erano alte ma indefinite.
Mentre Maisie scendeva un paio di scalini, la porta di casa si aprì nuovamente e sua sorella Alice entrò in casa. Era bianchissima. Alice lanciò un’occhiata alla cucina e poi salì le scale.
«Che ci fai in mezzo alle scale?» le domandò con voce stanca.
Maisie la guardò entrare in camera e la seguì. Era bianca come la neve.
«Ma ti senti bene?»
Alice fece segno di no con la testa. Maisie sentiva il cuore che le batteva forte. Se fosse stato un malore dovuto a…
«Mi è venuto il ciclo, fortissimo, sto male!» sospirò Alice.
Maisie sentì come se il nodo alla gola si fosse sciolto.
«Menomale!» esclamò.
Alice strabuzzò gli occhi mentre lanciava il suo zaino sul letto.
«Come meno male?» sbottò Alice «Ti sto dicendo che mi sento malissimo!»
«Va beh!» balbettò Maisie «Almeno non sei incinta!» esclamò. Lo disse così, velocemente, senza pensarci.
Alice la guardò con la bocca spalancata.
«Maisie, ma sei scema? Come potrei essere incinta!» Alice aveva lo sguardo paonazzo «Lo sai come funzionano certe cose, vero?».
Maisie arrossì imbarazzatissima. Farsi fare la predica da sua sorella non era il massimo a cui aspirare.
«Stavo scherzando!» rispose prontamente Maisie «Ti prendevo in giro!» aggiunse cercando di dare un tono sicuro alla voce.
«Va beh…» Alice si sedette sul letto «Che succede di sotto?» le domandò, riferendosi a Paddy e alla loro madre.
Maisie alzò le spalle.
«Non lo so. Li ho solo sentiti entrare e sbraitare a proposito di qualcosa d’indefinito».
Non le piaceva quando due persone litigavano. Da quando lei e Alexis avevano, più o meno, chiarito, cercavano sempre di evitare il discorso Emma/Amber. Almeno tra loro due, ma Maisie sentiva che c’era qualcosa che ancora non andava. Il problema è che lei avrebbe incontrato Amber a scuola e Alexis avrebbe incontrato Emma all’università. Alexis le aveva fatto promettere che sarebbe stata con gli occhi ben aperti e attenta ad Amber, ma a Maisie sembrava una sciocchezza.
Alexis sarebbe stata attenta a Emma?
«Ultimamente stanno litigando spesso, non trovi?» le domandò Alice. Sembrava quasi triste.
Maisie alzò le spalle, ma non ebbe il tempo di rispondere perché la porta di casa si aprì di nuovo, con forza.
Lei e Alice si alzarono di scatto.
«MA TI SEI FOTTUTO IL CERVELLO?».
Alexis, quella era Alexis.
Maisie e Alice uscirono velocemente dalla camera e si affacciarono alle scale.
«Dico io, ma che cazzo ti è saltato in testa?» continuò Alexis rivolta al padre. Dire che era adirata era un eufemismo. Maisie e Alice si azzardarono a scendere ancora un po’, ma nessuno le notò.
«Che succede?» domandò Cate.
«È quello che vorrei sapere anch’io!» sbottò Alexis, rivolgendosi a Paddy, lanciandogli il proprio cellulare.
Paddy lo prese al volo, con stupore.
«Leggi…» gli intimò Alexis. Tremava dalla rabbia.
L’espressione di Paddy passò dallo stupore, all’incredulità, alla… colpa. Maisie non gli aveva mai letto tutte quelle cose in faccia. Anzi, Paddy era stato, per lei e Alice, un padre, ma adesso, che porgeva il cellulare ad Alexis, aveva un’espressione che lo rendeva irriconoscibile.
«Ma dico io, come ti è venuto in mente di dirglielo!».
«Dirgli cosa?» sussurrò Alice a Maisie, forse a voce troppo poco bassa, visto che Cate alzò la testa di scatto.
«Ragazze!» esclamò incredula «Che cosa ci fate qui?» ma prima che Maisie e Alice potessero rispondere, Cate aggiunse «Andate in camera vostra! Subito!».
Alice fece una faccia offesa e sì voltò facendo ondeggiare i lucidi capelli neri. Maisie rimase ancora un secondo, Alexis alzò lo sguardo e le sorrise impercettibilmente. Era un sorriso stanco ma Maisie si sentì quasi rassicurata da quel sorriso, così si fece forza e si voltò tornando in camera sua.
Alice si era già sdraiata a letto, lamentandosi dei crampi alla pancia.
«Secondo te che è successo?» le domandò Maisie.
Alice si alzò, appoggiandosi ai gomiti.
«Non lo so. L’ultima volta Alexis e Paddy hanno litigato per lui aveva detto qualcosa alla madre».
«Che cosa?» domandò Maisie.
«Non lo so» rispose Alice «Mo’ che ci penso, Alexis aveva urlato qualcosa tipo “Non lo volevo sapere neanche io, sei pazzo!” o roba del genere…».
Maisie annuì. Di sotto non volava una mosca. Maisie si ricordò di quello che le aveva detto Alexis “Mi ha costretto a venire qui, diceva che gli dovevo almeno questo”.
Doveva costarle davvero tanta fatica stare in quella casa. All’inizio Maisie non ci pensava, e poi lei aveva sempre fatto la parte della ragazza forte. Anche nell’autogrill, la prima volta che ne parlarono, lei disse che non le importava niente, ma forse non era così.
Diede un ultimo sguardo al suo tema, ma lo distolse subito. Non era dell’umore adatto per lo studio. E poi erano in pieno week-end.
Guardò Alice che si era addormentata. Aveva delle ciglia lunghissime. Le sembrava così piccola. Aprì lentamente il cassetto, tra le cartacce varie c’era ancora la confezione vuota. Avrebbe dovuto disfarsene.
Improvvisamente il cellulare iniziò a squillare. Maisie si precipitò a rispondere, non voleva svegliare sua sorella.
«Alex?» sussurrò.
«Ehi, che fai?»
«Ma dove sei?»
«Al parco, fuori casa».
Aveva un tono di voce bassissimo.
«Che ci fai lì?» domandò Maisie.
«Niente, ero uscita. Ti va di andare fuori a fare un giro?»
«O-ok» balbettò semplicemente Maisie.
«Ti aspetto qui allora, a dopo.»
«A dopo».
Maisie chiuse la telefonata. Le sembrava così strano. Si preparò velocemente, il cielo fuori era diventato scuro e già sapeva che il calore del sole di quel giorno era andato via. Indossò il suo giaccone e uscì dalla stanza. Scese velocemente le scale e si affacciò alla cucina.
«Mamma, io esco…».
Paddy e Cate erano seduti al tavolo della cucina. L’uomo si teneva la testa tra le mani e sembrava che non l’avesse nemmeno sentita parlare.
«Va bene, tesoro. Non fare tardi» le rispose sua madre dedicandole un sorriso tirato.
Maisie annuì appena e poi lasciò la casa.
Fuori faceva ancora freddo ed era già buio. Avanzò il passo per riscaldarsi un po’. Il parco non era lontano, era alla fine del viale provato di casa loro ed era ben illuminato.
Appena arrivò all’entrata del parco, Maisie la notò subito.
Era seduta a gambe incrociate sul serpentone di marmo intorno all’albero principale del parchetto. Aveva tirato su lo scalda-collo, e le si vedevano solo gli occhi. Erano, se possibile, ancora più neri.
«Ciao» mormorò Maisie.
Fu come se Alexis si fosse ripresa da qualche incanto.
«Ehi» rispose abbassandosi lo scalda-collo «Tutto ok?».
Maisie annuì.
«A te?» le domandò. Si sentiva quasi in imbarazzo.
«Ho passato momenti migliori» ammise, alzandosi e prendendole le mani «Sei gelata» aggiunse.
Maisie annuì, ma era sorpresa. Di solito Alexis rispondeva sempre in modo preciso e conciso. Lapidaria. Non diceva mai qualcosa che lasciasse intendere altro. A parte questa volta.
«Dove vuoi andare?» le domandò Alexis.
«Non lo so» rispose Maisie. Era vero. Avrebbe voluto essere in camera sua, con Alexis. Al caldo.
«Io direi di andare in uno dei soliti bar, di cui questo paese è pieno» consigliò Alexis.
«Guarda che è una città, non un paese» ribatté Maisie.
Alexis la guardò sorridendo.
«Lo so, ma un giorno ti porto a Washington con me, e ti faccio capire perché dico così!».
Maisie sorrise.
Alexis non parlava quasi mai di Washington, né del suo passato lì, ma l’idea di visitarla, con Alexis, era un sogno a occhi aperti.
Iniziarono a dirigersi verso il centro, parlando di tutto, tranne che della loro famiglia. Alexis aveva messo un braccio intorno alle spalle di Maisie e lei si sentiva al sicuro, protetta.
Il cellulare di Alexis aveva squillato numerose volte, e lei, numerose volte aveva rifiutato.
«Chi è?» domandò Maisie spazientita, data che era già la terza volta da quando si erano sedute al bar.
«Gelosa?» le domandò ghignando Alexis.
Maisie sbuffò.
«Non è nessuno. Sono mia madre e Paddy che si alternano al telefono…» mormorò stanca.
«Cos’è successo?» le domandò Maisie.
Alexis alzò le spalle.
«Non lo so neanche io, in realtà» sospirò «Paddy ha detto a mia madre del matrimonio, e di un altro fatto loro e lei non l’ha presa molto bene» disse sorridendo amaramente.
Poi senza che Maisie dicesse niente continuò.
«Mia madre non si è mai ripresa del tutto, da quando Paddy se n’è andato. Quando siamo ritornate in America è andata in cura. Non mangiava, era sempre più magra, non si alzava dal letto e non usciva di casa.» Alexis si fermò solo perché la cameriera portò loro quello che avevano ordinato «Si era creata una prigione, perfetta. Il nostro medico di famiglia disse che era depressa, e che avrebbe dovuto assumere determinati farmaci, ansiolitici, antidepressivi e cose così» sbottò versando lo zucchero nel suo caffè «I miei nonni materni cercavano di non farmelo pesare, ma io vivevo con lei, ed eravamo sole. Ero abbastanza grande per capire che stava male, che stava soffrendo, per colpa di mio padre» Alexis fece un sorso. Maisie, per conto suo, non aveva ancora toccato niente. Era la prima volta che Alexis si apriva così. Le vedeva gli occhi lucidi, fissi su un punto indefinito del tavolo di legno.
«Ma forse» continuò «Non ero abbastanza grande per capire che a volte la colpa non è di una sola persona. Così, eccomi qui, sono cresciuta odiando mio padre e provando pietà per mia madre.» Alexis assunse un’espressione frustrata «Con il tempo le cose sono migliorate, più o meno. Mia madre ha provato a rifarsi una vita, io continuavo a esistere cercando di non ricordarle con chi mi aveva concepito» continuò a sorridere amaramente «Il problema è che lei se lo ricordava, oh, eccome. Abbiamo un rapporto strano, io e mia madre. Una specie di amore e odio. Più odio che amore. Siamo una famiglia, irrimediabilmente e siamo legati, indissolubilmente, e facciamo parte ognuno della vita dell’altro. Per quanto ci abbia provato, non sono mai riuscita a staccarmi né da mia madre né tantomeno da mio padre, visto che sono qui.»
Maisie l’ascoltava, rapita. Non aveva mai pensato che la situazione di Alexis potesse essere così… stancante. La ammirava. La guardava e vedeva una ragazza che era dovuta crescere da sola. Lei non ci sarebbe mai riuscita.
«Paddy parlava sempre di te…» disse Maisie.
«Davvero?» le domandò Alexis sorpresa.
Maisie annuì.
«È vero. Quando avevo tipo dieci o undici anni, tu ti sei diplomata, e mi ricordo che Paddy non parlava d’altro. Non ti avevamo mai conosciuta, neanche mia madre, ma sapevamo tutto di te, che voti prendevi, cosa studiavi, che corsi frequentavi, quale macchina fotografica ti aveva regalato lui per natale, dove eri andata in vacanza, cosa avevi fatto in vacanza. Tutto.»
Maisie fece una pausa, per studiare l’espressione di Alexis. Sembrava sinceramente sorpresa.
«Dicevo, tu ti sei diplomata e dovevate fare una conversazione su Skype. Perché lui non era potuto venire, per colpa del lavoro, al tuo diploma.»
Alexis annuì.
«È vero, mi ricordo. Mi ricordo anche…»
«Che quella conversazione non c’è mai stata, perché tu non hai mai chiamato, o risposto.» concluse Maisie «Ti giuro, è stato bruttissimo per lui» aggiunse poi «Credo si sia ripreso solo quando gli hai regalato quelle fotografie. Ha fatto disegnare le cornici e le ha costruite lui. Le spolvera lui personalmente lo sai?»
«Non l’ho fatto per torto o altro. C’era una ragione per cui non lo chiamai né mi feci sentire in qualche modo. E lui lo sa» Alexis aveva lo sguardo molto serio «Spesso» continuò «Mia madre ha, come dire, delle crisi, degli esaurimenti nervosi…» disse insicura «Il che significa che deve riprendere “la cura”» disse sprezzante «Quindi praticamente ricomincia tutto un ciclo fatto di dottori, sedute, psicofarmaci e il resto…»
Alexis sospirò, sembrava stanca.
«Non puoi darti la colpa di tutto questo!» esclamò Maisie.
«Non è che mi do la colpa, è solo che adesso mia madre ha avuto un’altra delle sue crisi, e io sono qui, lontana miglia e miglia» mormorò «Per questo mi sono incazzata!» esclamò a un tratto «Paddy sa quanto è fragile mia madre, e lui che fa? La chiama per invitarla al matrimonio e per dirle…» Alexis si bloccò guardando Maisie «Ai miei occhi è stato perfido» sbottò concludendo.
«Mi dispiace» mormorò Maisie.
Alexis aggrottò le sopracciglia.
«Perché?» domandò.
Maisie alzò le spalle, iniziando a balbettare qualcosa d’incomprensibile.
«Per quello che è successo alla mia famiglia?» le domandò Alexis posando la tazza di caffè sul tavolo.
Maisie annuì impercettibilmente.
Alexis sorrise dolcemente.
«Non è mica colpa tua, o di tua madre. So a cosa stai pensando» aggiunse vedendo l’espressione di Maisie «Che se Cate e Paddy non si fossero mai incontrati, tutto ciò non sarebbe successo.»
Maisie la guardò in silenzio, annuendo. Aveva sempre pensato che Paddy fosse stato una specie di dono dal cielo, per sua madre, ma la sua felicità era costata la tristezza di qualcun altro. E quel qualcuno, era Alexis.
«L’ho pensato anch’io, sai?» ammise Alexis sistemandosi sulla sedia «Ma non ha senso. La verità è che a volte le persone impazziscono a stare insieme. I miei erano finiti prima che Paddy incontrasse tua madre.»
«Perché pensi che Paddy l’abbia invitata al matrimonio? Io non credo che l’abbia fatto per… cattiveria» domandò Maisie.
Alexis inspirò profondamente.
«Perché con ogni probabilità, mia madre verrà alla mia laurea. Subito dopo c’è il matrimonio. Forse voleva fare il carino, ma ha sbagliato completamente strada».
«Ma tua madre già sapeva del matrimonio, no?»
C’era qualcosa che non quadrava in tutta quella situazione.
Alexis la guardò, intensamente, come se avesse capito qualcosa. Si morse il labbro inferiore.
«Certo che lo sapeva. Ma c’è un’altra cosa… Ma non credo stia a me dirtela o meno…» disse abbassando lo sguardo.
Maisie la guardò.
«Che cosa?» domandò Maisie, quasi infuriata «Alex, che cosa?» ripeté «Avevamo detto che tra noi non ci sarebbero stati più segreti…»
Alexis si allungò verso di lei.
«Ma questo non è un segreto, Maisie!» Alexis sospirò «Non lo so neanche io…»
Alexis si lasciò cadere all’indietro, sul divanetto del bar.
«Non guardarmi così…» disse poi abbozzando un sorriso con tanto di fossette al seguito.
Maisie arrossì.
«Così come?» domandò spaesata. Come la stava guardando?
«Mi sta guardando con quegli occhi da lemure offeso… e niente…»
Maisie si mosse nella sua posizione.
«L-lemure offeso?» ripeté ancora più spesata «Che significa?»
Ma prima che Alexis potesse rispondere, due figure, ben conosciute, si avvicinarono al loro tavolo.
Maisie vide l’espressione di Alexis contrarsi e iniziò ad andare in panico.
«Maisie!» la squillante voce di Amber riempì il locale.
Amber aveva legato i suoi folti capelli biondi in una lunga treccia morbida. Era mano nella mano con Rose.
«C-ciao Amber» balbettò Maisie, presa alla sprovvista, spostando lo sguardo da Amber ad Alexis.
«Ehm» Amber sembrava in imbarazzo. Alexis e Rose avevano più o meno la stessa espressione. Cagnesca.
«Rose, questa è Maisie…»
«Già ci conosciamo» rispose lapidaria la ragazzona bruna dedicandole un’occhiata.
«Alexis, lei è Amber» disse Maisie.
Alexis fu molto più socievole di Rose. Allungò la mano e la strinse, presentandosi sia ad Amber che Rose.
«Che fate di bello?» domandò sorridendo Amber, una volta che le presentazioni furono concluse.
Maisie alzò le spalle. Sentiva lo sguardo addosso, sia di Alexis che di Rose.
«Niente, eravamo qui a chiacchierare» rispose per lei Alexis «Voi?» aggiunse.
«Noi siamo appena arrivate» rispose Amber, sorpresa dal fatto che Alexis le stesse rivolgendo la parola «Non abbiamo grandi progetti per stasera».
«Anche noi» ammise Maisie.
Era felice che Alexis non sembrasse arrabbiata, o almeno non tanto, ma voleva assolutamente sapere cosa Paddy avesse detto alla madre di Alexis.
«Credo che andremo a mangiare qualcosa» aggiunse improvvisamente Alexis.
Maisie la guardò sorpresa. Era tardi per cenare, almeno per lei.
Amber annuì, abbozzando un sorriso.
«Allora, vi auguro buona serata!» esclamò, ma sembrava delusa dal fatto che stessero per andare via. Rose, invece, sembrava felice.
Alexis ricambio con un sorriso abbozzato, lasciando sul tavolo due banconote da dieci sterline.
Maisie si alzò e Amber la salutò schioccandole un veloce bacio sulla guancia, prima di essere trascinata via da Rose.
Alexis alzò un sopracciglio contrariata.
«E poi vuoi farmi credere che non ci abbia provato con te?» sbottò, una volta fuori dal locale.
«Non ci ha provato! Già te l’ho detto…» rispose sulla difensiva Maisie.
«Sì, certo, la storia della terza incomoda…» borbottò accendendosi una sigaretta.
Maisie alzò gli occhi al cielo, era buio e le luci dei locali sembravano essere triplicate.
«Pensavo che avessimo detto che non ne avremmo più parlato» disse Maisie mettendosi di fronte a lei.
«Infatti non ne stiamo parlando».
«Davvero?» domandò sarcastica Maisie.
Alexis la guardò intensamente.
«Odio questo posto, finisci sempre per incontrare qualcuno che non vorresti vedere.» disse Alexis aspirando.
«Mi sembra che avevamo affrontato anche questo discorso» ribadì Maisie.
Alexis scosse il capo.
«Tu non capisci…»
«Che cosa?»
«Maisie, ti è mai passato per l’anticamera del cervello che il terzo incomodo nella loro relazione fossi tu?» esclamò Alexis guardandola «Ho visto come ti guarda! E soprattutto ho visto come ti guarda Rose. Se avesse potuto, ti avrebbe fulminato con gli occhi!»
Maisie la guardò incredula.
«Non penso» rispose poi, risoluta.
«No? Perché?»
«P-perché…» balbettò Maisie. Non sapeva che dire. Lo sguardo di Alexis l’aveva mandata in tilt.
«Perché non vi conoscete bene?» suggerì, in tono sarcastico, Alexis «Ti conosco abbastanza da sapere che stai pensando questo.» aggiunse «Le persone non sono tutte uguali Maisie, non tutte s’interessano all’inizio a una persona per il carattere o perché le hanno conosciute bene».
«Che intendi dire?» chiese Maisie confusa.
«Che magari le piaci, che la attiri fisicamente. Succede, che una persona s’interessi semplicemente per un fatto fisico».
«Come te ed Emma?» domandò Maisie, le uscì spontaneo.
Vide Alexis bloccarsi. Era come se una secchiata d’acqua gelata l’avesse investita all’improvviso.
«Andiamo a casa.»
Fu l’unica cosa che disse Alexis, prima di iniziare a camminare. Maisie la seguì a ruota, combattuta, tra il seguirla in silenzio, urlarle di tutto o rimanere lì, da sola.
Ma c’era stato qualcosa nel tono che Alexis aveva usato, un lampo nei suoi occhi, che la spingeva a seguirla, mansueta, cercando di capire.
«Avevi ragione, avevamo deciso di non parlarne più…»
«Solo quando fa comodo a te» sbottò Maisie interrompendola.
Alexis si bloccò di scatto.
«A me non fa comodo per niente. Tu hai detto che non volevi sapere altro e io ho accettato. Anche perché non c’è niente da capire. Abbiamo un accordo, anche se mi sembra stupido. Non mi piace scendere a compromessi. Io evito Emma, tu stai attenta ad Amber. Ma il problema adesso non sono loro».
Alexis sembrava stanca, improvvisamente Maisie si accorse delle occhiaie profonde intorno ai suoi occhi.
«Voglio farti vedere una cosa» aggiunse «Per questo voglio andare a casa.»
Maisie annuì appena e seguì Alexis. Camminarono, una affianco all’altra, in silenzio. Fino a casa.
Maisie si stava dirigendo verso la porta d’ingresso, quando Alexis la fermò.
«Che fai?» le domandò.
Maisie la guardò confusa.
«Volevo entrare…» rispose.
«Aspetta un attimo qui» disse Alexis, per poi allontanarsi verso la sua macchina.
Aprì la portiera e iniziò a cerca qualcosa dal lato del passeggero, nel cruscotto. Maisie si guardò intorno, era tutto buio. Le luci di casa erano tutte spente, segno che dormivano già tutti. Fuori faceva freddo, e Alexis era ancora intenta a cercare qualcosa in macchina.
Il rumore della portiera che si chiudeva la fece rinsavire. Guardò Alexis che avanzava verso di lei, con un sorriso stampato in faccia. Sembrava imbarazzata.
Alexis si avvicinò e sospirò.
«Non so perché, ma mi sento stupida».
Maisie la guardò senza capire. Alexis in mano non aveva niente.
«So che ti potrà sembrare strano, o non so, avventato, o un altro aggettivo a tua scelta. Ma quando l’ho visto ho pensato a te. Cosa che tra l’altro faccio sempre, ed è strano. Non mi era mai capitato prima.».
Maisie continuò a guardarla senza capire, ma sentì gli angoli della sua bocca andare in su.
«L’ho comprato qualche giorno fa, ma aspettavo il momento giusto, e forse è arrivato.»
Alexis mise una mano in tasca e cacciò un piccolo scatolino ricoperto di velluto e glielo porse.
Maisie lo prese con titubanza. Quello scatolino le ricordava vagamente qualcosa.
«Apri» la esortò Alexis.
Maisie la guardò, sorpresa.
«Apri! Quest’ansia mi sta uccidendo!» continuò Alexis.
Maisie aprì lentamente la scatolina, e una volta aperta, la sua bocca si spalancò.
Rimase forse un minuto così, con la bocca spalancata dalla sorpresa.
Era un anello, l’anello più bello che Maisie avesse mai visto. Era una fedina d’argento, sormontata da un diamante che sembrava splendere di luce propria.
Maisie iniziò a balbettare qualcosa, ma non sapeva che dire. Apriva e chiudeva la bocca, di continuo, ma non le usciva niente.
Avrebbe dovuto dire qualcosa, ma sentiva solo gli occhi inumidirsi.
«Non so se prendere le tue lacrime come una cosa buona o cattiva».
Maisie sorrise, asciugandosi le lacrime.
«N-non so che dire…» balbettò.
«Allora non dire niente…» sorrise Alexis.
Le prese lo scatolino dalle mani e tolse l’anello dal suo supporto.
«Sai perché s’indossa all’anulare sinistro?» le chiese mentre le prese la mano sinistra.
Maisie scosse il capo.
«Perché si dice che lì passi una piccola arteria, che risalendo il braccio, arriva direttamente al cuore» concluse, facendole indossare l’anello.
«Non voglio che nessuno s’intrometta tra me e te» aggiunse Alexis prendendole il viso tra le mani «Non voglio assolutamente perderti per cose che riguardano il passato, o per qualsiasi cosa accadrà nella nostra famiglia. Mi prometti una cosa?» le domandò Alexis.
«Cosa?»
«Che domani parlerai con tua madre».
Maisie la guardò confusa.
«Di cosa?» domandò.
Alexis scosse il capo.
«Non lo so» rispose, ma Maisie sapeva che significava “non posso dirtelo” «So solo una cosa, adesso.» aggiunse Alexis.
«Che cosa?»
«So solo che dovresti dormire con me, stanotte.» rispose Alexis guardandola intensamente negli occhi. Sembrava una spupplica.
Maisie arrossì all’istante.
«Non è una proposta oscena, eh!» esclamò Alexis, percependo l’imbarazzo di Maisie.
«Lo so!» rispose ridendo Maisie «È che… come facciamo?»
«Entriamo in casa, saliamo le scale e andiamo in camera mia» rispose Alexis, come se fosse la cosa più semplice del mondo.
«Dico per domani mattina…»
«Io mi devo svegliare presto, che inizio a togliere delle cose dallo studio, poiché dopo la laurea lo lascerò. Ti sveglio io e ti spedisco in camera tua.»
Maisie annuì sorridendo.
Alexis la prese per mano e si avviò verso casa. Aprirono la porta in silenzio, e ancora più silenziose salirono le scale che portavano al piano superiore.
Quando Alexis aprì la porta di camera sua, Maisie si bloccò.
«Che c’è?» sussurrò Alexis.
«Non ho il pigiama!» esclamò a bassa voce Maisie.
Maisie vide Alexis nascondere una risata. A lei la questione del pigiama sembrava una cosa seria.
«Ti do io qualche cosa…» mormorò Alexis entrando in camera.
Entrarono in camera chiudendo la porta.
Alexis accese la luce, e dopo tutto il buio, fu quasi accecante. Maisie approfittò del momento in cui Alexis cercava qualcosa da darle, per guardare meglio l’anello. Le si mozzava il fiato. Non aveva mai ricevuto un regalo tanto bello e tanto impegnativo.
«Ti piace?» le domandò Alexis, che si era accorta dello sguardo sognante di Maisie.
«Tantissimo…» rispose Maisie.
Alexis si avvicinò, porgendole una felpa e il pantalone di una tuta.
«Sono felice che ti piaccia» disse abbassandosi e baciandola.
Maisie ricambiò con dolcezza quel bacio, abbracciandosi i vestiti. Avrebbe passato il resto della notte così.
«Posso indossarlo sempre?» domandò Maisie ad Alexis.
«Certo» rispose Alexis, iniziando a svestirsi.
Maisie avvampò.
«Non pensi che…»
«Che se ne accorgeranno?» terminò Alexis per lei, indossando un pantalone e una maglia a mezze maniche.
Maisie annuì.
Alexis si sedette sul letto sospirando.
«Se siamo fortunate non se ne accorgeranno. Se dovessero farlo, beh, ci inventeremo qualcosa. Anche se credo che prima o poi dovremmo dirglielo, non pensi?» le domandò, piegando la testa di lato.
Maisie annuì.
«Dopo il matrimonio?» le domandò, titubante.
«Vuoi metterli alle strette?» scherzò Alexis.
Maisie scosse il capo.
«Non voglio che questa cosa diventi più grande di noi. Siamo io e te, giusto?»
Alexis si alzò avvicinandosi.
«Giusto» ripeté attirandola a sé e baciandola.
Maisie si alzò sulle punte, per ricambiare e godersi al meglio quel momento.
Alexis le prese da mano i vestiti che lei stessa aveva dato, e li gettò, senza staccarsi da Maisie, all’indietro, verso il letto. Poi, improvvisamente, Maisie si sentì alzare. Alexis l’aveva presa in braccio e lei intrecciò le sue gambe, dietro la schiena di Alexis.
«Così non rischio il colpo della strega ogni volta che voglio baciarti…» le sussurrò guardandola negli occhi.
«Sei tu che sei troppo alta» borbottò Maisie.
Alexis rise, lasciandola andare giù.
Maisie le fece la linguaccia, andandosi a riprendere la felpa che era finita sul letto.
Sentiva lo sguardo si Alexis addosso, e s’imbarazzava a spogliarsi. Era già successo una volta, ma erano al buio. Ma questa volta no.
Maisie prese i lembi della sua maglia e se la tolse, avrebbe voluto indossare velocemente la felpa di Alexis, ma non riusciva ad aprire i gancetti del suo reggiseno. Si sentiva stupida, stava lì, in preda al panico e con il viso paonazzo, mentre cercava di liberarsi dal quel dannato indumento. Avrebbe dovuto comprarsi quelli con i gancetti sul davanti.
Improvvisamente, il tocco delicato delle mani di Alexis la fece irrigidire.
«Ti ho spaventato?» sorrise Alexis da dietro mentre le districava i gancetti.
«N-no, è che hai le mani fredde» rispose Maisie, mentre cercava di togliersi finalmente quel coso da dosso, con meno movimenti possibili, ma il calore della bocca di Alexis sul suo collo la bloccò.
Alex disegnava piccoli cerchi con i suoi baci sul collo di Maisie, che sentì un brivido percorrerle tutto il corpo. Alexis l’abbracciò.
«Scusami» mormorò Alexis abbracciandola «Ma non ho resistito».
Maisie non rispose, si voltò quel che bastava per incontrare le labbra di Alexis e baciarla. Assaporò ogni millimetro delle labbra di Alexis, dolcemente, con calma. Le mani di Alexis l’esortarono a voltarsi, cosa che Maisie fece, senza staccarsi un solo attimo da lei. Lasciò cadere l’indumento intimo ai suoi piedi, per poi essere avvolta, di nuovo, dalle braccia di Alexis. Maisie sentiva le mani di Alexis accarezzarle con delicatezza la schiena e i fianchi, fino a su, a sfiorarle il seno nudo. Il suo corpo era percorso da fremiti di piacere.
Fecero, insieme, comandate da niente, un paio di passi verso il letto. Maisie si ritrovò sdraiata, con le mani intrecciate a quelle di Alexis, che stava delineando una scia di baci dal collo al ventre. Maisie si lasciò scappare un sospiro di piacere, quando, improvvisamente, Alexis si alzò di scatto, staccandosi, come se si fosse scottata. Afferrò la felpa che era scivolata a terra e la porse a Maisie.
«Vestiti» le disse con voce roca, ma gentile. Sembrava stranamente scossa.
Maisie afferrò la felpa che Alexis le porgeva e l’indossò velocemente. Si sentiva rossa dall’imbarazzo. Su di lei quella felpa era ridicolmente lunga.
«Non oso immaginare il pantalone» mormorò alzandosi e allargando le braccia. Le maniche erano talmente lunghe che le sue mani non si vedevano.
Alexis abbozzò un sorriso e poi si avvicinò per rimboccarle le maniche.
Maisie la lasciò fare, continuando a guardarla.
«È ora di andare a nanna» esclamò Alexis una volta finita l’operazione.
Maisie annuì in silenzio.
«Destra o sinistra?» domandò Alexis.
«Come scusa?»
«In che lato preferisci dormire?»
«Ah» Maisie ci pensò un attimo «Destra» rispose.
Alexis le fece segno di accomodarsi, alzando le coperte.
«Lo sai che era da tanto che volevo farlo?» le domandò abbracciandola da dietro, una volta che furono sotto le coperte.
«Davvero?» le domandò sussurrando Maisie.
Alexis annuì.
«Davvero».
«Perché prima ti sei… fermata?» domandò Maisie, incapace di trattenersi.
«Perché sì…» rispose Alexis dopo un po’ «Ehi, voltati» aggiunse.
Maisie ubbidì e si voltò a guardare Alexis che si era alzata, appoggiandosi ai gomiti.
Si perse nei suoi occhi così neri.
«È giusto così» le disse accarezzandole il viso, per poi porgerle un dolce e casto bacio sulla fronte.
«Dormiamo?» le domandò poi.
Maisie annuì, sorridendo leggermente.
Si accoccolò contro di lei, seguendo con la punta delle dita le linee delle figure impresse a inchiostro sulla pelle di Alexis, addormentandosi poi seguendo il regolare ritmo del suo petto.
 
*
 
Quella notte aveva dormito più che bene. Non le era mai successo di dormire con qualcuno. Certo, spesso aveva dormito con Jody e Mia, ma di certo non era stata la stessa cosa. Ora, nel suo letto, si sentiva quasi sola. Il respiro regolare di sua sorella l’accompagnava in sottofondo. Alexis l’aveva svegliata veramente presto, prima che si svegliassero tutti, molto prima. Per precauzione, aveva detto lei, prima di andarsene.
Chissà perché andare lì così presto. Si rigirò nel letto, guardandosi l’anello. Cosa significava quel regalo? La loro storia era seria, certo, ma non ufficiale, chissà se lo sarebbe mia stata. Aveva pensato, ripetutamente, a come sarebbe potuto succedere. Come si dice una cosa del genere a un genitore? Inspirò profondamente. La felpa era satura del profumo di Alexis. Gelsomino misto a qualcosa di fresco. Cosa avrebbe dovuto farne, dell’anello? Indossarlo sperando che nessuno se ne rendesse conto? Le piaceva davvero tanto quell’anello…
Decise di tenerlo, non vedeva l’ora di mostrarlo a Jody e Mia. Si sentiva come la protagonista di uno di quei film americani. Sperava solo nel lieto fine.
«Buongiorno…» mormorò sua sorella sbadigliando.
Maisie, che era seduta sul suo letto tra i libri di scuola alzò gli occhi sorridendole.
«Buongiorno. Dormito bene?»
Alice annuì.
«Come ti senti?» le domandò Maisie, riferendosi ai dolori mestruali del giorno precedente.
«Molto meglio, molto» esclamò sua sorella, con un grosso sorriso stampato in faccia. La stava fissando apertamente.
«Che c’è?» domandò Maisie posando la penna e guardandola «Perché mi fissi così?» le domandò.
Il sorriso sulle labbra di Alice si fece ancora più luminoso.
«Hai fatto tardi ieri, vero?».
Maisie sbiancò.
«Mi sono svegliata stanotte, verso l’una, e tu ancora non c’eri» le disse continuando a sorridere.
«Non lo dico a mamma, non preoccuparti!» aggiunse poi vedendo che Maisie non rispondeva.
Maisie balbettò qualcosa di indefinito cercando di prendere tempo. Che cosa avrebbe dovuto inventarsi?
«Sicura che non fossi in bagno?» domandò, cercando di sembrare sicura.
Alice si alzò di scatto andandosi a sedere sul suo letto. Avvicinò il suo viso a quello di Maisie.
«Sicurissima» sussurrò «Dimmi, con chi eri?» domandò ancora con uno strano scintillio negli occhi.
«Ma con nessuno, i soliti amici!» esclamò Maisie.
Alice arricciò il naso in modo terribilmente uguale alla loro madre.
«E quale dei tuoi amici…» iniziò avvicinandosi «Ti ha fatto questo?» domandò indicando qualcosa tra il collo e la scapola di Maisie.
«”Questo” cosa?» domandò Maisie senza capire.
Alice si allungò verso il comò affianco al letto e ne afferrò il portagioie. Lo aprì e glielo mise di fronte, in modo che Maisie potesse specchiarsi.
Maisie spalancò gli occhi, incapace di emettere qualsiasi suono.
«Oh cazzo…» mormorò.
Sul suo collo faceva bella mostra di sé un succhiotto.
Alice scoppiò a ridere alla vista dello stupore di Maisie.
«Qualcuno ha messo la firma, eh?» esclamò ridendo.
«Ma quale firma!» sbottò Maisie alzandosi e cercando un paio di pantaloni.
Ma cosa era passato per la testa di Alexis?
«Chi è?»
«Nessuno!» rispose lapidaria Maisie. Sua sorella era pericolosa e aveva già visto troppo.
Alice inarcò un sopracciglio.
«Mi stai mentendo spudoratamente!» ghignò Alice «Sei fortunata solo perché ho fame e adesso scenderò a fare colazione, ma sappi che non mi scappi!» esclamò per poi alzarsi dal letto e uscire dalla camera.
Appena fu fuori Maisie ritornò a respirare. Iniziò a saltellare sul posto in preda al panico. Cosa doveva fare? Adesso non solo doveva nascondere l’anello, ma anche quello! Corse velocemente al bagno. Qualche volta aveva visto Jody e Mia nasconderli con del fondotinta. Cercò in tutti i cassetti, ma niente. Lei non aveva mai usato un fondo tinta.
Forse tra le cose di Alice…
Corse in camera, ma si fermò di botto.
«Mamma!» esclamò, cercando di alzare il più possibile la felpa.
«Ero venuta a chiederti cosa volevi per colazione» disse sua madre sorpresa dal tono di Maisie.
«Ehm… non so, adesso scendo e vedo» balbettò avvicinandosi alla scrivania e facendo finta di controllare qualcosa tra i libri e i quaderni.
«Ma va tutto bene?» le domandò sua madre improvvisamente.
Maisie alzò lo sguardo dai suoi compiti.
«Sì» annuì sorridendo. Una volta tanto che le cose andavano bene! «Perchè me lo chiedi?»
Sua madre la guardò per un attimo.
«Perchè stamattina ho incontrato Mary, e niente...» sua madre fece una pausa «...mi ha detto che l'altro giorno ha sentito te e Alexis litigare qui fuori. Quindi mi chiedevo se fosse tutto ok. È da un po' che vi vedo strane!» disse abbozzando un sorriso.
Maisie si sentì gelare. Mary era una signora che abitava nel loro stesso viale, qualche casa più in là, verso la strada principale. I ricordi le si affacciarono agli occhi. Se Mary le aveva viste litigare, probabilmente le aveva viste anche baciarsi. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma la richiuse subito. Che avrebbe dovuto dirle?
«È tutto ok. Siamo tornate a casa insieme, ma non stavamo litigando, no…» rispose semplicemente, cercando di suonare sincera e sicura.
Cate sospirò.
«Sicuro? Eppure Mary sembrava così convinta. Neanche io le avrei creduto, è solo che ultimamente Alexis è molto… Non vorrei che ti avesse detto qualcosa, o non saprei…»
Cate scosse il capo.
«Niente, lascia perdere» disse per poi andarsi a sedere sul suo letto.
Maisie avrebbe voluto sprofondare. Sua madre voleva davvero farle qualche discorso su Alexis?
Invece di iniziare a parlare, cacciò qualcosa dalla tasca. Sembrava terribilmente in imbarazzo.
A Maisie quel cartoncino le ricordava vagamente qualcosa.
Sua madre la guardò, e poi guardò il suo comodino.
Allora Maisie realizzò.
«Ma mamma!» scattò in piedi «Non hai capito niente! Non è mica mio!» urlò rossa in viso.
Maisie si aspettava di tutto, tranne che sua madre scoppiasse a ridere. Ma era una risata quasi amara.
«Lo so che non è tuo!» esclamò «Mi chiedevo semplicemente dove l’avessi trovato.»
«C-come?» balbettò Maisie. Che significava?
«Dove l’hai trovato?» ripeté sua madre.
«Nel mobile sotto il lavello» rispose, continuando a non capire. O forse il suo era un rifiuto.
Cate sospirò.
«Ero salita qui su perché non c’era nessuno» esordì sua madre «Paddy era di sotto e volevo esserne sicura, prima di…» sospirò.
«Poi credo che sia tornata proprio Alexis, e ho buttato la confezione sotto il mobile.» concluse guardandola «Devo essermelo dimenticato, sai, avevo altro a cui pensare.»
Maisie incrociò le braccia.
«V-vuoi dire che…» balbettò Maisie.
Non riusciva a realizzare. In cuor suo sapeva di aver capito. Ma aveva bisogno di sentirselo dire da sua madre.
«Già.» disse toccandosi delicatamente la pancia.
«Sapevo che Alexis aveva capito qualcosa. Glielo leggevo negli occhi. Una sorta di ammonimento!» dichiarò Cate con le lacrime agli occhi.
«Mamma, non dire questo!» esclamò Maisie avvicinandosi alla madre «Alexis non direbbe mai niente di male!».
Sua madre tirò su col naso.
«Hai ragione» ammise Cate «Infatti lei non ha mai detto niente, ma fino adesso non ne aveva la certezza. Oh! Quella ragazza è troppo intelligente.»
«Appunto, è intelligente, non direbbe mai niente per offenderti!»
Le faceva un po’ impressione essere vicino alla madre in quel momento. Ma non impressione in senso negativo, era così strano pensare che…
«Quindi…» cominciò Maisie.
«Quindi?»
«È sicuro?»
Cate annuì, e Maisie vide subito i suoi occhi diventare languidi e addolcirsi. Una fitta di calore le attraversò il cuore. Sua madre era così bella! Certo, aveva passato, anche se di poco, i quaranta anni, non era nel fiore della giovinezza. Ma forse era vero quello che dicevano. La gravidanza rendeva le donne più belle.
«Alice lo sa?» le domandò Maisie.
Cate scosse la testa.
«Forse temo più il suo giudizio che quello di Alexis.»
«Ma mamma, perché Alexis dovrebbe giudicarti?»
«Oh, Maisie, tu non conosci tutta la storia, della famiglia di Alexis, di sua madre… È complicato. Alexis ha sofferto molto per via di Paddy, e anche per colpa mia… credi che un fratello sia quello che le manchi?»
Maisie accusò il colpo. Improvvisamente il pavimento le sembrò diventare molle. E come se avesse improvvisamente realizzato ciò che la madre le aveva detto.
«F-fratello…» mormorò allontanandosi dalla madre.
«O sorella, manca ancora un pochino per saperlo.»
Maisie annuì, come un automa. Era troppo sconvolta per dire qualsiasi altra cosa.
«Devo dirlo anche ad Alice, ti prego, stalle vicina se dovesse prenderla male.» Maisie continuò ad annuire, senza aggiungere altro e continuando a guardare il pavimento.
«Maisie?»
«Sì?»
«Credo che quella felpa sia di Alex, devo avertela messa nell’armadio per sbaglio».
Maisie la guardò, ma sentiva il suo sguardo vuoto.
«O-ok» rispose mormorando incrociando le braccia.
Appena la madre fu uscita dalla stanza, Maisie si accasciò a terra, lasciandosi andare in un irrefrenabile pianto.

 
Chiedo immensamente perdono per questo ritardo! Ma tra i giorni di festa, gli impegni personali e cene di vario tipo, sono stata super impegnata! 
Allora, come al solito spero che questo capitolo vi sia piaciuto. È un po' più lungo degli altri, ma non credo vi dispiaccia! 
Allora, molt* di voi mi hanno chiesto se ho già definito di quanti capitoli sia la storia. La risposta è no! Vi spiego il perchè...
Ho inizato a scirvere questa storia, non dico per scherzo, ma così, per caso! Ho iniziato a scriverla così e poi ho pubblicato i primi capitoli, l'ho continuata a scrivere, per grandi linee, quest'estate mentre ero in vacanza in America (per questo Alexis è di Washington!) Ho già deciso come finirà la storia, ma non so quanti capitoli impiegherò per concluderla. Anche perchè, scrivendo, a volte le idee cambiano!
Comunque non preoccupatevi! Non credo sia nelle prossime settimane la conclusione!!
Come sempre, finisco ringraziando tutti quelli che hanno scritot, recensito, letto, preferito, seguito e ricordato! Mi fate sorridere ogni volta!!
Grazie a tutt*!
Con affetto,
StClaire.

«Sei pallida» constatò Maisie.
Alexis annuì, con lo sguardo nel vuoto.
«L'avresti mai detto, che sarebbe successa una cosa del genere?»
Maisie la guardò.
«A cosa ti riferisci?»
«A tutto. A tua madre, mio padre, a noi.»
Le faceva sepre uno strano effetto quando parlavano della loro relazione. Era così solida, così vera, così vissuta. E non lo sapeva nessuno.
«Sono preoccupata» esordì improvvisamente Alexis.
«Di cosa?» domandò Maisie avvicinandosi a lei.
«Mia madre e il suo compagno hanno acquistato i biglietti per venire qui, per la laurea.»
«E questo ti preoccupa?»
«Molto» confessò Alexis. Intrecciò le sue mani a quelle di Maisie.
«Ho paura, perchè ci vedrà insieme. Secondo te quanto ci metterà a capire tutto? Mia madre è sempre stata bravissima in certe cose...»

  
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