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Autore: bluerose95    12/12/2015    5 recensioni
Anche se non gliel’ho insegnato personalmente, questo l’ha decisamente preso da me¸ pensò Killian, e poté giurare che il suo petto sarebbe scoppiato se quel bambino non avesse smesso di inorgoglirlo. Che scoppiasse pure, anzi, quello era suo figlio, se non doveva scoppiare per lui, per chi altri, allora?
Henry ha sempre vissuto con sua madre a Storybrooke, coccolato e amato da tutti, ma con un vuoto incolmabile nel cuore. Già una volta aveva fatto quella domanda a sua madre, ma quando questa non gli aveva risposto aveva deciso di non chiederglielo più. O almeno così è stato fino a quando non ha trovato una scatola con una foto strappata, un anello, degli spartiti e altre cose che non aveva mai visto in vita sua, sebbene sapesse con certezza a chi appartenessero.
E allora inizia l'Operazione Cigno Bianco, una missione che sconvolgerà nuovamente le vite di Emma e di suo padre, un uomo che non sapeva nemmeno della sua esistenza e aveva creduto che il suo bel cigno fosse volato via nel momento in cui aveva più bisogno di lei.
Perché quando lasciarsi andare è spaventoso, bisogna accettare che l'amore ci guidi verso casa.
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Henry Mills, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2
 
Regina appoggiò la tazza di caffè sulla scrivania di marmo nero, lo sguardo che vagava disperato sui vari fogli sparsi davanti a lei. Emma era decisamente più brava di lei a trovare le persone, ma non poteva andarle a chiedere di trovare il padre di suo figlio.
Sospirò sconsolata e afferrò riluttante un altro fascicolo. Ne aveva già letti una dozzina, ma sembravano non finire mai, tutti possibili candidati a essere il padre di Henry, tutti appartenenti alla stessa confraternita.
Quel giorno – o, per meglio dire, il giorno prima, essendo passata la mezzanotte già da un bel po’ di tempo – aveva rintracciato la compagna di stanza di Emma all’università grazie a Henry e alle domande innocenti che aveva posto alla madre, ma la donna le aveva detto solamente che non si vedevano quasi mai per incompatibilità di orari e abitudini, sebbene fosse abbastanza sicura che frequentasse un ragazzo di una confraternita. Non era poi stata sua coinquilina per molto, in quanto Emma, nel giro di un anno, era andata ad abitare per conto suo, molto probabilmente con questo ragazzo.
Aveva poi telefonato a una sua amica di New York che di tanto in tanto faceva dei lavori per lei e le aveva chiesto di recuperare, in modo discreto, i file di tutti gli studenti entrati o già presenti nella confraternita nell’anno in cui Emma si era iscritta all’università.
E ora quei fascicoli erano impilati davanti a lei, fra quelli probabilmente avrebbe trovato il padre di Henry.
Avevano optato per una strada ovvia, invece che interrogarli tutti avevano scartato i meno probabili utilizzando il gruppo sanguigno di Henry e quello di Emma. Dopotutto, la genetica non si poteva cambiare da un giorno all’altro.
Sentì due mani sulle sue spalle e subito si rilassò, abbandonandosi a quel massaggio. « Quanti te ne mancano? » le domandò Robin chinandosi sul suo orecchio. Aveva messo a letto Roland e Henry, non era il caso di tenerli svegli fino a tardi anche se era sabato.
Avevano scremato i fascicoli, in origine una cinquantina, arrivando così a quindici possibili candidati – il che era già più di quanto avessero potuto sperare, ma purtroppo non era abbastanza.
Regina sospirò, reclinando il capo per guardare il marito negli occhi. « Ancora troppi, a parte utilizzare i possibili gruppi sanguigni non ho altri indizi. Henry è un bambino intelligente, ma potrebbe non significare nulla e i voti di suo padre potrebbero non essere rilevanti. Oltretutto, ce ne sono un sacco con i capelli neri o castani. In poche parole, siamo a un punto morto. »
Robin ridacchiò continuando a massaggiare le spalle contratte della moglie. Sapeva che ci metteva l’anima, perché un po’ era un caso personale e, dopotutto, Henry era comunque parte della sua famiglia. « Hai pensato di chiamare uno di questi ragazzi e chiedere se conosce Emma? Magari uno di loro ha qualche informazione in più. Oppure, se vuoi scoprire di più su quella foto che ti ha fatto vedere Henry, puoi cercare le foto di vari eventi dell’epoca. Certo, New York avrà balli di gala a non finire, ma per permettersi un abito del genere Emma deve aver avuto o il tempo per cucirlo o i soldi per comprarlo, e da quello che vedo, non è per niente economico. Quindi, o gliel’hanno prestato, o glielo ha regalato il suo fidanzato. »
Gli occhi di Regina si illuminarono. « E quindi deve essere uno di buona famiglia. »
« Oppure ha fatto fondo a tutti i suoi risparmi. »
Regina si alzò di slancio e si volse a baciare Robin. Era stato fin da sempre il suo eroe, e anche ora l’aveva salvata dal punto morto in cui si trovava. « Ti ho già detto quanto ti amo? »
Lui sorrise contro le sue labbra. « Potresti ripetermelo al piano di sopra, chiunque tu scegliessi come vittima delle tue telefonate a quest’ora della notte ti maledirebbe» »
« Ma potrei cercare l’evento… »
Robin scosse il capo, appoggiandole un dito sulle labbra. « No, no, Regina, per oggi hai fatto abbastanza, inoltre Henry domani ti vorrà lucida quando riprenderemo a sfogliare i candidati. »
Sentendo improvvisamente tutta la stanchezza di quel giorno diffondersi in lei, Regina si abbandonò all’abbraccio del marito, lasciando che la trascinasse verso la loro camera da letto, troppo concentrata a baciarlo per opporsi.
 
Quella mattina si era alzato presto, Roland dormiva ancora accanto a lui e dal piano di sotto non proveniva alcun rumore. A piedi nudi si era quindi diretto verso l’ufficio di Regina, sul tavolo erano abbandonate le cartelline dei vari candidati. Alzò gli occhi al cielo, sembrava più una gara che una ricerca, ma non aveva altro modo per definirli.
La sera precedente Henry aveva studiato tutti i volti di quegli uomini, qualcuno aveva attirato la sua attenzione, ma non voleva farsi delle illusioni, non ancora. Si sedette quindi davanti alla scrivania e prese un fascicolo a caso, ignorando i fogli sparsi che Regina doveva star studiando prima di andare a dormire.
Aveva preso un certo Walsh, ma arricciò il naso nel guardare la sua foto, aveva un che di scimmiesco, qualcosa in lui gli ricordava un macaco. Sperò di non sbagliarsi nel dire che quello non poteva assolutamente essere suo padre. Ripose il fascicolo sulla pila da cui l’aveva preso e prese la foto di sua madre, rigirandosela più volte tra le dita.
Si domandò cosa avrebbe fatto Emma se le avesse proposto di indossare nuovamente quel vestito, sempre che ce l’avesse ancora. Probabilmente sarebbe svenuta sul posto. Magari ce l’aveva lui, e ogni volta che lo guardava o guardava l’altra parte della fotografia si rattristava per la sua perdita.
Sì, Henry era un romantico, un sognatore, e credeva davvero che suo padre lo avrebbe accolto a braccia aperte. Non poteva non essere così, non poteva credere diversamente, temeva che altrimenti le cose non sarebbero andate come voleva lui, temeva che non avrebbe più visto sorridere sua madre come faceva in quella foto.
Con un sospiro, Henry si alzò e fece il giro della scrivania, sedendosi al posto di Regina. Dovette inginocchiarsi sopra la morbida poltrona di pelle nera per riuscire a torreggiare almeno un poco sulle scartoffie sparse davanti a sé. Si chiese cosa stesse cercando la sua madrina, fra i dati personali c’era sì lo stato civile, ma non le storielle sentimentali di ogni ragazzo.
Però…
Però si mettevano i recapiti telefonici per i numeri d’emergenza e, dato che sembrava che i suoi genitori avessero convissuto per qualche tempo, era altamente probabile che in quei fogli vi fosse il nome di Emma.
Henry sorrise, raggiante, mentre si affrettava a controllare ogni fascicolo alla ricerca dei numeri da chiamare in caso di emergenza, una scarica di adrenalina gli percorse le vene, elettrizzandolo.
In quel momento, sulla porta dell’ufficio apparve Robin con ancora addosso una maglia a maniche corte verde scuro e i pantaloni del pigiama, le braccia conserte al petto mentre guardava il ragazzo con un sorriso. « Dalla tua espressione sembra che tu abbia trovato qualcosa. »
« Non ancora, » disse Henry alzando solo per un attimo gli occhi sul suo padrino per poi riportarli sui fogli che aveva in mano, « solo un’intuizione. Numeri d’emergenza. »
Robin capì all’istante, sorpreso ancora una volta dall’intelligenza di quel bambino. Senza di dire nulla afferrò un fascicolo e controllò rapidamente tra i vari recapiti telefonici, ma non trovò il nome di Emma da nessuna parte. Ne prese un altro, e poi un altro ancora, fino a quando non vide “Emma Swan” stampato accanto a un numero di telefono.
« Trovato! » esclamò Henry nello stesso istante in cui stava per aprire bocca.
« Com’è possibile? Anche io l’ho trovato. » Fece il giro della scrivania, le sopracciglia aggrottate, e si mise a confrontare i due numeri di telefono, ovviamente identici. Poi guardò i nomi sui due fascicoli.
Liam e Killian Jones.
Probabilmente erano fratelli, ecco il perché del gruppo sanguigno simile, anche se non era sempre così tra fratelli.
Quello però era un bell’intoppo che nessuno di loro aveva previsto. Tuttavia, fortunatamente, c’era un modo per sapere con chi dei due Emma fosse andata a convivere.
« So che sarà difficile aspettare, Henry, ho avuto un’idea su come capire con chi usciva tua madre. Però dovrai aspettare, prima ci vuole una bella colazione. »
Con un sorriso a trentadue denti, Henry si alzò e abbracciò Robin. « Vado a svegliare Roland. Posso avere i pancakes alla cannella, per favore? »
Robin annuì con un sorriso mentre scompigliava i capelli a quello che oramai era diventato per lui un figlio acquisito e lo osservò correre fuori dall’ufficio con la speranza che lo rendeva raggiante come il sole.
Se ne andò in cucina, dove preparò i pancakes e le cioccolate calde per i più piccoli e caffè per lui e Regina. Gli piaceva la tranquillità famigliare, ma tutto quel mistero e quelle ricerche gli ricordavano un po’ la vita spericolata che aveva vissuto prima di incontrare Regina.
Sogghignò, le aveva praticamente stravolto la vita, e in meglio. All’inizio aveva solo avuto intenzione di derubarla, ma aveva trovato pane per i propri denti, tosta com’era. Tuttavia non l’avrebbe mai cambiata per nessun motivo al mondo, l’amava così com’era. Le aveva aperto gli occhi, insegnandole quali fossero le bellezze della vita, portandola nei boschi lì attorno e insegnandole a tirare con l’arco, e lei gli aveva fatto trovare un posto nel mondo dopo aver girovagato per tutta l’America, un inglese trapiantato nel Nuovo Mondo.
Con un sospiro innamorato, Robin versò cioccolata e caffè nelle varie tazze mentre suo figlio e il suo figlioccio erano scesi facendo un gran chiasso con il loro vociare e preparavano la tavola. I due parlottavano dell’imminente uscita del settimo episodio di Star Wars tutti eccitati, spensierati come dovevano essere i bambini di quell’età.
Sentì Regina entrare e si volse verso di lei, regalandole un sorriso dolce e, mentre l’osservava sedersi al solito posto, rischiò di bruciare i pancakes alla cannella di Henry.
Servì tutti, dividendosi tra pancakes e uova strapazzate con bacon e, finalmente, si sedette anche lui, ascoltando con attenzione le varie congetture dei due bambini sul film che sarebbero presto andati a vedere.
« Rimpiangi ancora di avergli permesso di prendere quella spada laser? » domandò a Regina con uno sguardo divertito da sopra la tazza di caffè.
Lei dischiuse le labbra, in pigiama e con i capelli spettinati non sembrava affatto l’austero sindaco che era, ma quel suo atteggiamento inflessibile era parte del suo passato, e Robin amava anche quello, a modo suo, perché senza quello non l’avrebbe trovata così tenace e pronta a lanciargli una sfida alla quale non si era tirato indietro. Tuttavia, sapeva che dietro quell’espressione fintamente disgustata c’erano solo amore e divertimento.
« Io non rimpiango nulla, basta solo che non la usi contro le porcellane cinesi, » sibilò lanciando un’occhiata minacciosa al figlio, ancora immerso nella discussione con il suo migliore amico.
Robin le prese la mano. « Non rimpiangerai nemmeno ciò che stiamo facendo quando Emma lo verrà a sapere? » Conosceva già la risposta, ma vedeva che quella era anche una battaglia di Regina, e voleva farsi carico di ogni sua paura, come sempre.
« No, Robin, » mormorò in modo che solo lui potesse sentirla, « Henry merita di sapere chi è suo padre, per quanto brutto potrebbe rivelarsi. Se non lo troviamo ora non smetterà di cercarlo, e se non lo aiutiamo, potrebbe farlo da solo, e preferisco che Emma incolpi me sapendo che però l’ho protetto piuttosto che lui se ne vada da solo a New York o dovunque egli viva ora. »
« A tal proposito, » disse Robin ripulendo il proprio piatto dalle uova strapazzate, « io e Henry abbiamo trovato due candidati perfetti. »
Regina aggrottò le sopracciglia. « E come? » Mentre pronunciava queste due parole percepì l’euforia montare, erano sempre più vicini alla verità, e questo le infondeva anche gioia, perché presto il suo caro Henry avrebbe potuto, nel migliore dei casi, avere anche un padre a cui volere bene e che ricambiasse il suo amore.
« Numeri d’emergenza. »
Le labbra di Regina si dischiusero in un sorriso accattivante, di quelli che solo lei sapeva fare, irradiando orgoglio. « E chi sarebbero questi due? Un momento, perché sono due? »
« Sono fratelli. Liam e Killian Jones. »
Regina si chinò verso il marito. « Quindi, probabilmente, il nostro Henry è un Jones. Non suona male, no? »
« Speriamo che suoni bene anche al Jones in questione. »
Come se l’incantesimo si fosse spezzato, Regina sospirò e ritornò ai suoi pancakes imbevuti di sciroppo d’acero. « Spero solo di non avergli dato false speranze, se così fosse non potrei mai perdonarmelo. »
« Dirlo ora non servirà a nulla. Però, come hai detto tu, è meglio così. Almeno sarà una discussione tra adulti, quando avverrà. Mi domando solo se David e Mary Margaret sappiano chi sia. »
Regina lo guardò arcuando un sopracciglio. « Lei di sicuro sì, non so perché, ma ne sono convinta, nasconde qualcosa. David invece non credo, o all’epoca sarebbe volato a New York e avrebbe ucciso con le sue mani quell’uomo. »
Robin si appoggiò allo schienale della sedia, incrociando le braccia al petto. « Già, mi sarebbe piaciuto vedere la scena, » sogghignò pensando allo sceriffo pronto a difendere l’onore della figlia a ogni costo.
Quando Emma era tornata in grande segreto da New York era rimasta a casa dei suoi genitori, solo in pochi sapevano che si trovava a Storybrooke, e ancor meno persone sapevano che fosse incinta, almeno fino a quando non era più riuscita a tenerlo segreto.
Regina era stata tra le prime a saperlo le era rimasta accanto come un’amica, insieme a Ruby, Elsa e Anna, facendo in modo di alleggerirle il cuore, nessuna aveva chiesto nulla, lasciando che si sfogasse solo se lo avesse desiderato. Non l’aveva ovviamente fatto e si era come rinchiusa in se stessa, dando tutto l’amore che aveva al figlio che portava in grembo.
Regina sogghignò. « Spero solo di star facendo la cosa giusta. »
« Sicuramente, » la tranquillizzò Robin prendendole la mano e accarezzandole il palmo con il pollice.
Con un sorriso dolce e ricolmo di gratitudine, Regina finì la propria colazione e ascoltò distrattamente il chiacchiericcio dei bambini, rimuginando su quanto dovesse essere profondo il dolore di Emma. Si chiese ancora una volta se l’avrebbe mai perdonata, ma non era solo quello a tormentarla. Era anche il possibile esito di quelle ricerche. E se il padre di Henry fosse morto? Era possibile che avesse una sua famiglia e, se fosse stato così, l’avrebbe comunque accettato come suo figlio? Avrebbe messo in dubbio la paternità? Amava ancora Emma o l’aveva dimenticata?
Non ne era certa, ma aveva la sensazione che nessuno dei due avesse dimenticato l’altro. Sembrava stupido, fin troppo romantico e melenso, ma aveva capito che l’amore di Emma era genuino, che non era mai mutato in tutti quegli anni.
Difatti Emma non aveva mai avuto più alcun appuntamento, bensì aveva dedicato gli ultimi dieci anni al lavoro e al figlio che amava più della sua stessa vita.
Con un sorriso amaro sulle labbra, Regina finì il proprio caffè e si alzò, lasciando la cucina solo dopo aver dato un bacio sulla fronte ai due bambini per poi dirigersi nel proprio ufficio dove l’aspettavano i fascicoli dei fratelli Jones. Si sedette sulla poltrona e si rilassò contro lo schienale mentre sfogliava la cartella di Liam Jones.
Aveva i capelli ricci e gli occhi azzurri, sembrava intelligente, e dai suoi voti era effettivamente così, ma… Regina trasalì, perché in mano le finì un certificato di morte, redatto tre anni dopo questa.
Aggrottò le sopracciglia, com’era possibile che fosse stato dato per morto dopo tre anni? Forse, all’epoca, nessuno sapeva chi fosse, ma… perché tre anni?
Scosse il capo, a questo punto sperava non fosse lui il padre di Henry. Era egoistico da parte sua, ma non voleva dargli una tale delusione, perché questo l’avrebbe fatto stare peggio. Fosse era proprio perché era morto che Emma non ne aveva mai parlato. Però era anche vero che quando era stato redatto il certificato di morte Henry aveva già tre anni, sebbene la morte coincidesse con il periodo in cui era tornata a Storybrooke.
Scosse il capo, riordinando i pensieri e passò alla cartella di Killian Jones nella quale non trovò, fortunatamente, alcun certificato di morte. Non aveva tuttavia mai finito gli studi, dalla foto somigliava al fratello, anche se i suoi occhi erano molto più blu di quelli di Liam e i capelli più scuri, oltre al fatto che aveva un viso un po’ più magro, il tutto reso dannatamente affascinante da un sorriso malizioso.
Non sembrava affatto un candidato perfetto, ma era l’unico che al momento era ancora in vita. Avrebbe dovuto chiamarlo, ma lui avrebbe potuto mentirle, dire che per lui non era mai esistita alcuna Emma Swan. In questo caso sarebbe stata una conferma, ma non voleva dare nulla per scontato.
Determinata, guardò l’orologio, erano appena passate le nove, ma avrebbe tirato giù dal letto qualcuno, anche a costo di chiamare tutti e cinquanta i numeri, sempre che nel frattempo non li avessero cambiati. Afferrò la cartella di un certo Walsh, cercò il suo numero di telefono e lo compose.
Ci vollero sette squilli prima che una voce assonnata rispondesse. « Pronto? Chi è? »
« Salve, sono Regina Mills, lei non mi conosce, ma forse può essermi d’aiuto. Può sembrarle strano, ma mi è stato detto che forse lei poteva sapere qualcosa riguardo alla mia amica, Emma Swan. »
« Emma Swan? Io non conosco nessuna Emma Swan. »
Regina alzò gli occhi al cielo. Ovvio, come poteva aspettarsi che si ricordasse di una ragazza che non aveva mai frequentato e che forse aveva conosciuto dieci anni prima? « Ha ragione, mi scusi, tuttavia credo frequentasse un ragazzo che conoscete, un certo Jones… »
Udì un borbottio dall’altra parte del telefono, un’imprecazione e qualcosa – forse l’anta di un armadio – sbattere con forza. « Senta, non so chi lei sia e come abbia ottenuto il mio numero. Non che me ne importi, dato che non sta chiedendo di me, quindi le risponderò francamente: ricordo il Jones di cui sta parlando, ricordo anche la sua ragazza, era pazzo di lei, ma non so proprio dove si trovi ora. »
« Un attimo solo, » si affrettò a dire Regina prima che Walsh potesse riattaccare, « quale dei due era, Killian o Liam? »
« Che domande, » sbuffò lui, seccato, « Killian Jones, ovviamente. »
Ovviamente. Regina sorrise, un sorriso a trentadue denti. « Grazie infinite, » disse compiaciuta, chiudendogli il telefono in faccia, non voleva dare a quel bifolco quella soddisfazione.
Afferrò la foto del ragazzo e la guardò meglio. C’era del fascino in quel ragazzo, era incredibilmente bello, doveva ammetterlo, eppure non era sicura che la sua amica potesse essersi innamorata di un tipo del genere. Certo, Emma non badava mai solo all’aspetto fisico, però c’era qualcosa di magnetico nel suo sguardo azzurro.
Aveva la stessa età di Emma, veniva dall’Irlanda e si era iscritto ai corsi d’arte. Regina arcuò le sopracciglia, scettica riguardo al fatto che Emma si fosse innamorata di un artista. Scrollò le spalle, aveva finalmente trovato il padre di Henry, era questo quello che contava.
Sempre che fosse il padre di Henry, ovviamente, e che Emma non lo avesse tradito e, per questo, se ne fosse andata, sopraffatta dalla vergogna.
Regina scosse il capo con forza, quel pensiero crudele non poteva essere vero, Emma non lo avrebbe mai fatto, ne era sicura.
Guardò l’ultimo indirizzo indicato sul fascicolo di Killian Jones, doveva trattarsi di un appartamento in centro a New York, con tutta probabilità si trattava di quello che aveva diviso con Emma. L’indomani sarebbe partita per New York con Henry, il ragazzino non l’avrebbe mai perdonata se fosse andata da suo padre senza di lui.
Proprio in quell’istante, Henry appoggiò le braccia sulla scrivania e fissò la foto di Killian Jones. Regina non capì che cosa stesse provando il bambino, aveva il labbro superiore sporco di panna, l’espressione pensosa mentre osservava la foto di suo padre. Che gli piacesse quello che stava vedendo? Che fosse invece deluso dall’esito di quella ricerca?
« Henry… »
« Domani andiamo a New York? »
« Se non te la senti… »
« No, » la interruppe subito lui, alzando gli occhi simili a quelli della madre, verdi con quel tocco di castano attorno alle iridi, « non sono deluso, è solo che… non so nemmeno io come mi sento. »
Regina si alzò, girando attorno alla scrivania per abbracciare con forza Henry. Gli appoggiò un bacio sulla fronte, stringendolo dolcemente contro di sé. « Va tutto bene, » mormorò accarezzandogli i capelli, « ora va a giocare con Roland, domani tutti e tre andremo in campeggio. »
Henry si allontanò dalla donna e lei gli strizzò l’occhio, complice, mentre osservava il sorriso del ragazzino ampliarsi. « Grazie di tutto, » le disse prima di correre da Roland con il cuore che gli batteva all’impazzata nel petto al pensiero che presto avrebbe conosciuto suo padre.

 
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Quattro. Di fanfiction su Once ne ho quattro e Dio solo lo sa quanto mi stia piacendo scriverle. Spero di postarle presto, forse non tutte subito, ma una al più presto, un'altra Modern!AU *^*
Prima che mi linciate, esperti di genetica, ho fatto una cosa che dovrebbe mettere d'accordo tutti: non potendo capire di quale singolo gruppo sanguigno potesse essere Killian, ho fatto in modo che venissero esclusi tutti gli altri gruppi che non avrebbero mai potuto essere compatibili con quello di Henry. Se vi state chiedendo perché non abbiano scelto la strada più ovvia, la risposta arriverà nel prossimo capitolo, assieme a un po' di angst e un bel po' di fluff :3
Spero di sentirvi in tanti *^*
Baci,
bluerose
   
 
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